sabato 31 ottobre 2015

31 ottobre 2015: Roma in piazza per il Kurdistan

Domani le elezioni in Turchia; intanto la catena di intimidazioni contro l'informazione curda non accenna a finire, pochi giorni fa la polizia turca ha fatto irruzione in una tv privata durante una diretta tv, secondo Human Rights Watych si tratta della repressione peggiore contro la stampa dal golpe del 1980. Ovunque manifestazioni a sostegno dei curdi contro la prepotenza di Erdogan; a Roma oggi manifestazione organizzata dall'Ufficio Informazione Kurdistan in Italia e dal Coordinamento Rete Kurdistan: l'appuntamento è in Piazza dell'Esquilino alle ore 15.00).

La Manifestazione partecipa alla giornata di Mobilitazione Globale per la Ricostruzione di Kobane e per l’apertura di un corridoio umanitario sul confine turco siriano. 
A distanza di un anno dalla liberazione di Kobane, le politiche repressive del governo turco mettono sempre più a dura prova non solo l'opposizione interna, ma anche la resistenza contro l'Isis. Oggi Roma risponde all’appello per una mobilitazione generale per la pace e la democrazia in Siria e in Turchia, contro la strategia della tensione e per una svolta nella politica del governo turco.

mercoledì 28 ottobre 2015

Non vogliamo vivere in un'Europa di muri e recinti

La Casa delle donne di Milano rivolge un appello ai gruppi e alle Case delle donne di tutta Italia, oltre che alle storiche associazioni femministe di Milano, con la speranza e il desiderio di poterci tutte incontrare presto per condividere un percorso di proposte e iniziative. 
Poter andare dove si vuole è il gesto originario dell'essere liberi, mentre la limitazione di tale libertà è stata da tempi immemorabili il preludio della schiavitù. 
Non possiamo scegliere con chi coabitare il mondo. (Hannah Arendt) 
Muri e recinti: non è l’Europa in cui vogliamo vivere 
In Europa si stanno moltiplicando i fili spinati, i muri, le recinzioni. L’esodo dei migranti si trasforma in un vero e proprio percorso di guerra, disseminato di mine non più solo metaforiche ma concrete e reali ed anche di particolari simbolici che danno i brividi, come i numeri disegnati sulle braccia, o l’accoglienza in campi nei pressi di Buchenwald. Le rotte della fuga stanno cambiando, ora sotto i riflettori ci sono quelle balcaniche via terra, ma i viaggi e le stragi via mare continuano a verificarsi. E ci sono profughi che muoiono fulminati a Calais cercando di scavalcare la rete che impedisce l’accesso al Regno Unito. Quelle donne e quegli uomini in fuga entrano nella realtà del nostro stare al mondo, i loro corpi potrebbero essere i nostri, i loro figli potrebbero essere i nostri figli, potremmo sentire lo stesso freddo, la stessa paura, la stessa fame. 
Cosa significa allora per noi essere cittadine europee? Che cosa rappresentano, per noi, confini e frontiere rispetto al diritto alla vita? Primum vivere, è la sfida lanciata da moltissime donne dei movimenti fin dall’incontro di Paestum. Un’Europa percorsa da logiche carcerarie e di confinamento non è un luogo in cui possiamo accettare di vivere. 

C’è il rischio di una profonda regressione verso momenti storici che non vorremmo mai veder tornare. Uomini e donne del volontariato e semplici persone comuni cercano in ogni modo di assistere e proteggere le ondate di profughi in continuo arrivo… ma con questi numeri è impossibile riuscirvi, se non sono le istituzioni a dare il senso di un’accoglienza umana, solidale e condivisa in tutto il suolo europeo. Ecco perché è importante che gruppi di donne come il nostro prendano parola. Qualcuna tuttavia si chiederà: perché dovremmo farlo come donne? Forse perché sappiamo bene che dietro il rifiuto dei migranti sta l’eterno rifiuto del diverso, base dell’ideologia patriarcale che ha creato gerarchie fra gli esseri umani, decretando la superiorità dell’uno sull’altro: bianco-nero, nord-sud, e prima di tutto maschile-femminile… Nel mondo politico neutro pochi sembrano comprendere che cosa sia davvero in gioco, la metamorfosi profonda e inarrestabile che le popolazioni migranti stanno producendo, un cambio epocale che muterà tutti i nostri modi di pensare, le nostre pratiche e le nostre regole di convivenza. Si tratta di andare finalmente oltre la paura e il rifiuto del diverso…
Le donne ne sanno qualcosa. 
Dobbiamo fare un salto evolutivo di civiltà, tenendo a mente quelle semplici ma bellissime citazioni di Hannah Arendt sulla libertà e sul diritto di spostarsi. Una serie di cambiamenti portati dalla globalizzazione, soprattutto nelle comunicazioni, hanno reso impossibile, oltre che inaccettabile, mantenere barriere e confini che di fatto dividono l’umanità tra chi ha il diritto di vivere e chi no
Vecchi e nuovi poteri cercano di tenere in vita questo sistema di dominio rafforzando gli strumenti del patriarcatoarmi, guerre, frontiere [il link è nostro, ndr] – contro l’avanzare di un “continente” in fuga (quasi 60milioni di persone nel mondo), mentre al contrario si fa sempre più chiara la necessità di costruire un concetto di cittadinanza inclusiva, a partire dalle concrete e materiali condizioni di vita che accomunano le persone su questo pianeta, e dal riconoscimento delle differenze individuali e collettive come ricchezza e relazione. Non è un cammino facile, si tratta di un grande lavoro, ma occorre iniziare. Il pensiero e le pratiche delle donne potrebbero contribuirvi efficacemente grazie a una storia che ha visto il nostro genere confrontarsi per millenni con l’esclusione e il non-riconoscimento. 
Proponiamo quindi alle reti e ai gruppi di donne italiane ed europee di organizzare al più presto un incontro per decidere quali parole e quali iniziative vogliamo condividere. Ne accenniamo qui alcune su cui riflettere: 
• 1. Chiediamo alla comunità internazionale di garantire corridoi umanitari e percorsi di viaggio sicuri per tutti i richiedenti asilo. In particolare chiediamo di fare pressione per chiudere quei campi in Libia e altrove dove vengono violentate le donne. 
• 2. Riteniamo giusto accogliere tutti i migranti, anche quelli cosiddetti “economici” che rischiano comunque la vita fuggendo da condizioni climatiche ed economiche rese insostenibili da responsabilità delle potenze occidentali e neo-coloniali. 
• 3. Proponiamo di avviare un percorso di riflessione per oltrepassare i confini delle regole prodotte dal sistema patriarcale che ancor oggi stanno alla base di un’idea di cittadinanza legata ad appartenenze identitarie, territoriali e nazionali. 
La Casa delle donne di Milano, ottobre 2015

martedì 27 ottobre 2015

ll salvataggio di un neonato in mare

Volete vederlo da vicino, com'è pescare un bebè dal mare, vederlo inerte e gelido, che sembra morto, e riuscire a salvarlo? volete vedere lo sguardo negli occhi di sua madre, quando lo può stringere a sè ormai fuori pericolo?
E' tutto qui:


Un bébé syrien de 18 mois sauvé de la noyade en mer Égée

Bebé clandestino. Mamma clandestina. Una mamma più fortunata di quella del piccolo Aylan e di tanti altri. Sono "clandestini"?



Ieri in un programma tv da voltastomaco ho visto un politico da voltastomaco dare la linea sulla questione del che fare, con tutti questi profughi che scappano dalle guerre: sono clandestini? sono clandestini? se sono clandestini indietro e basta, devono stare a casa loro. Un politico che minaccia di diventare premier di questo paese e che nel frattempo passa la vita in televisione, così ci abituiamo.
Purtroppo politici come questo a casa loro non stanno mai, impazzano tutto il tempo nello sforzo di trasformarci in barbari senza cuore e senza cervello. Ma nella strenua resistenza che ci tocca condurre contro questa corrente, nel tentativo di salvarsi l'anima (e salvare i nostri simili spinti alla disperazione da altre categorie di leader della stessa levatura morale e statura politica) c'è chi inventa antidoti. Gente che promuove progetti come SoS-Mediterranée; di cui su questo blog torneremo certamente a parlare. E' l'iniziativa di una nave di salvataggio, promossa da un gruppo tedesco-franco-italiano. Un piccolo gruppo con un cuore grande così, e cervello quanto basta per osare un'impresa titanica che sta rapidamente crescendo
Certo ci vuole coraggio, per mettersi in un'impresa simile; specie in un periodo in cui la cosa che più abbonda e meglio si vende è la paura. Ma come scrivevamo già qui, c'è chi dice che il contrario della paura non sia affatto il coraggio, ma l'amore - e dove c'è grande cuore, l'amore non manca.
Non dubitiamo dunque che questo progetto farà strada. Tenetelo d'occhio.
Offritegli un caffè, magari; dedicandolo col pensiero a qualcuno di questi bambini e bambine, uomini e donne; clandestini intirizziti ed esiliati dalla nostra barbarie. Anche 1 € conta.
Potete donarlo qui: SOS Mediterranée France - Moncreditcooperatif. Coop; IBAN: FR7642559000694102003894214 Codice BIC: CCOPFRPPXXX • oppure tramite la loro campagna di crowdfunding.

Sono Sophie Beau, francese, e Klaus Vogel, tedesco, lei attvista, lui capitano, gli ideatori e promotori del progetto:

sabato 24 ottobre 2015

La politica femminile fatta dagli uomini: Denis Mukwege. L'uomo che ripara le donne

ARCHIVIO/DOCUMENTI • Francamente [dice il dott. Mukwege], non capisco l’indifferenza della comunità internazionale nei confronti delle congolesi e delle donne in generale. Davvero, non riesco a capire.
Bè. Non lo capisci, dottore, precisamente perché tu capisci. Solo perché tu non solo sai - quello che sono costrette a vivere le donne, ma lo vivi insieme a loro, lo lasci penetrare in te. Quindi, a differenza di quasi tutti gli altri uomini, e della comunità del potere (fatta quasi solo da uomini), tu anche capisci. E' precisamente quel tuo capire che ti impedisce di comprendere l'indifferenza degli altri. 
Mukwege è un ginecologo congolese che ha dedicato la vita alle donne del suo paese, fra le più martirizzate al mondo dagli stupri e dalla violenza maschile, nonché dalle immani conseguenze e difficoltà sanitarie. Uno sterminio, e fra quelle che sopravvivono moltissime arrivano all’ospedale con gli organi genitali completamente distrutti da violenze inaudite; molte di quelle salvate, già curate una volta, muoiono poi in assalti successivi, o tornano in ospedale dopo nuovi stupri.
Al Panzi Hospital da lui fondato, Mukwege ne ha già soccorse e curate molte decine di migliaia; per questo, nel 2013 è stato insignito del Right Livelihood Award, o Premio Nobel alternativo, riconoscimento conferito a coloro che “offrono risposte pratiche ed esemplari alle sfide più urgenti poste dal presente”. La risposta di Mukwege è nei fatti, in una vita straordinaria; a cui Colette Brackman ha dedicato una biografia,
e poi anche un film documentario, realizzato da Colette insieme a  Thierry Michel  ["L'uomo che ripara le donne. La collera di Ippocrate"]. Un film ora in uscita nelle sale, ma che rischiava di non uscire (proprio) in Congo. Il Governo ha tentato di proibirlo, perché: colpevole di aver "travisato le testimonianze delle donne e calunniato le forze militari" (sic). Che vuoi che siano, oltre 500.000 donne stuprate in 16 anni. Ma i "fatti" di Mukwege sono anche le sue parole*; che soprattutto gli uomini dovrebbero tenere bene a mente:
"Ancor prima di qualsiasi chirurgia, è necessario soccorrere le donne psicologicamente, perché arrivano qui talmente traumatizzate che non si può iniziare nessun trattamento senza dare prima un appoggio psicologico. I colpevoli di questi crimini distruggono la vita al suo punto d’inizio. Le donne non possono più avere bambini. Così gli stupratori distruggono le loro comunità, le loro generazioni future, anche quando non uccidono le donne. Agli uomini che stuprano dobbiamo dire: non lo accettiamo. Se non stupri ma non parli contro lo stupro è come se lo accettassi. Continuerò il mio lavoro finché il mondo sarà consapevole della brutalità delle violenze sessuali compiute sulle donne durante i conflitti. E la comunità internazionale deve far cessare i conflitti nella Repubblica democratica del Congo: che non sono etnici, ma territoriali, basati sulle risorse minerali. La regione di Kivu è ricca, infatti, di coltan, sostanza usata per cellulari e portatili. Senza volontà politica la situazione non cambierà. (…). Eppure la comunità internazionale non si muove. Come si può pensare di tradire i traguardi della civiltà a tal punto da restare inerti e con le mani in mano? Non si potrà dire, come accaduto in altri momenti bui della storia, che la comunità internazionale non sapeva. Loro sanno tutto. Ma per loro è normale che la donna soffra. Come se fosse nella sua natura, come se lo stupro di migliaia di donne fosse meno grave della morte di un solo uomo. Molti uomini credono che lo stupro sia "solo" un rapporto sessuale non consenziente. Ma non è così.
È una distruzione della persona, e nella Repubblica Democratica del Congo va avanti sistematicamente da sedici anni. Sedici anni di demolizione delle donne [anni che ora sono 18, ndr], sedici anni di disgregazione di una società. E la situazione non fa che peggiorare. In ogni guerra si cerca di decimare la popolazione del nemico, di occupare il suo territorio e di indebolire la sua struttura sociale. Da questo punto di vista lo stupro è indubbiamente efficace. Accanirsi sull’apparato genitale delle donne è un modo di attaccare “la porta d’entrata della vita” stessa. La maggior parte delle giovani donne violentate non potrà più avere figli. Le altre, contaminate dall’aids e altre malattie, diventano “sorgenti di virus” e “strumenti di morte” per i loro compagni e per i bambini nati dagli stupri, che tra l’altro saranno rifiutati ed emarginati dalla comunità e forse un giorno diventeranno bambini soldato".
(* parole di Mukwege tratte da diverse dichiarazioni e interviste)
Tutta la nostra riconoscenza al dott. Mukwege, che comprende come il corpo delle donne sia il primo campo di battaglia di ogni conflitto. E che, per opporsi a tutto questo ha unito al suo duro e coraggioso lavoro di medico anche quello di attivista nella denuncia degli orrori contro le donne e nella richiesta di soluzioni del conflitto nel Congo orientale; un attivismo che i signori della guerra non gli perdonano. Nel 2012, dopo aver parlato alle Nazioni Unite chiedendo “una condanna unanime per i gruppi di ribelli responsabili delle violenze sessuali”, Mukwege sfuggi a un'aggressione armata di uomini che presero in ostaggio le figlie e tentarono di ucciderlo. Si rifugiò in Europa con la famiglia, ma fu poi convinto a tornare dalla protesta delle donne locali e da allora opera incessantemente nel suo ospedale a Panzi, dove deve vivere rinchiuso e protetto da guardie del corpo. 

venerdì 23 ottobre 2015

Mobilitazione per il clima!

Come già in miriadi di altre occasioni (l'ultima qui - ove ricordiamo che urge Piano di Emergenza Nazionale per il clima!), in vista di Parigi 2015 invitiamo a mobilitarsi. Informarsi e partecipare. 
23-24-25 ottobre sono giornate di mobilitazione per il clima con eventi in tutta Italia (flash mob, incontri, volantinaggi, aperitivi, iniziative sportive e culturali). L'obiettivo è proprio sensibilizzare quanta più gente possibile sulla posta in gioco nel COP21, il vertice ONU sul Clima che si terrà a Parigi dal 30 novembre all’11 dicembre, in modo da far confluire la massima partecipazione alla Marcia Globale per il Clima che avrà luogo a Roma il 29 novembre. Qui trovate la pagina di Avaaz sui relativi eventi.
Se volete informarvi sul vero stato del clima, se volete qualche strumento anche per i vostri studenti, ancora una volta vi rimandiamo (nuovamente), anche a questo video, che include dati reali e proposte per azioni urgenti:

Aggiungiamo da parte nostra un appello agli attivisti e alle attiviste impegnate/i in qualunque campo, perché lavoriamo tutti insieme a creare un solido asse fra gli attivismi! che veda i movimenti dellle donne, sempre, come i più efficienti e privilegiati alleati. 

martedì 20 ottobre 2015

Considero valore: battersi per il futuro del pianeta e dei nostri figli. Considero valore: la libertà di espressione

Considero valore: battersi per la difesa dell'ambiente e del territorio. Per la tutela del futuro e dei beni pubblici contro gli interessi privati. 
Nella battaglia della valle contro la TAV, vedremo ora che sarà dei collegati processi per terrorismo. Assolto al processo per "istigazione a delinquere", Erri De Luca ha dichiarato: «Confermo la mia convinzione che la linea sedicente ad Alta Velocità vada intralciata, impedita e sabotata per legittima difesa del suolo, dell’aria e dell’acqua. Questa assoluzione non è (solo) una mia vittoria, è stata impedita un’ingiustizia e ripristinata la legalità dell’articolo 21. Come ostinato cittadino di questo paese non mi sarei fatto togliere la cittadinanza da nessuna sentenza. Ora mi sento tornato uno qualunque e la Valle di Susa resta una questione che mi riguarda. Di questo processo mi rimane la grande solidarietà delle persone che mi hanno sostenuto in Italia e Francia [giornalisti e intellettuali] che non hanno mai espresso solidarietà sono degli assenti e si notano, si sono presi la responsabilità della loro assenza». 


Considero valore ogni forma di vita, la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l'assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura un pasto, 
un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, 
due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi
vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, 
riparare un paio di scarpe, 
tacere in tempo, 
accorrere a un grido, 
chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordarsi di che.
Considero valore sapere in una stanza dov'è il nord, 
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, 
la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l'uso del verbo amare e l'ipotesi che esista un creatore.

domenica 18 ottobre 2015

Tratta, schiavitù e prostituzione: un'intervista, un convegno, una chiamata urgente

Nella giornata europea contro la Tratta di esseri umani è uscita un'intervista a Maria Grazia Giammarinaro, che riportiamo di seguito integralmente. Ricordiamo inoltre l'importante convegno sul tema che, in concomitanza con questa scadenza, ha luogo a Milano.

Il convegno, organizzato da DonneinQuota, avrà luogo domani alla Casa della Cultura, per fare il punto sulla situazione di prostituzione e tratta per sfruttamento sessuale in Italia e in Europa; qui il programma completo. Ricordiamo qui inoltre che. secondo i dati Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) sono oltre un milione le persone vittime di schiavitù e tratta, in stragrande maggioranza donne e minori, sono infatti moltissimi i bambini e le bambine. E chi alimenta questo orribile commercio? Secondo l'organizzazione mondiale del Turismo almeno tre milioni di uomini si mettono in viaggio ogni anno col preciso scopo di fare turismo sessuale, E gli italiani sono fra i primi ad alimentare questo traffico. Per trovare cosa? donne e bambini-oggetto, bambine numerate e prezzate, come quella che potete conoscere in questa piccola, sconvolgente testimonianza. Una piaga da sempre aperta, sempre più purulenta, la cui cura è sempre più urgente.
Qui l'intervista a Maria Grazia Giammarinaro, giudice italiana e relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla tratta di donne e bambini, che è stata trasmessa da Radio Vaticana:


R. – Sono rapporteur delle Nazioni Unite sul traffico di persone, in particolare donne e minori, da circa un anno. Ho cercato in questo periodo di svolgere ricerche allo scopo di presentare rapporti tematici al Consiglio per i diritti umani e all’Assemblea generale dell’Onu. Sto lavorando anche su un particolare aspetto che non è stato finora molto scandagliato, ovvero il rapporto tra traffico di persone e conflitti. Oggi siamo consapevoli che una parte considerevole delle persone che, trovandosi in condizioni di estrema vulnerabilità sociale, vengono poi sfruttate in un contesto di trafficking, cercano di sfuggire alle guerre. Si tratta di persone che non hanno nemmeno un posto in cui ritornare, e per sopravvivere accettano qualunque condizione di lavoro - per esempio - o vengono sfruttate sessualmente, come accade - ahimè - alle donne e alle ragazze.
D. – Dove operano queste reti criminali che intercettano molti dei migranti in viaggio verso l’Europa?
R. – Le reti criminali si installano laddove trovano la possibilità di fare affari e si tratta delle stesse reti criminali che, in generale, sfruttano sia le persone che fuggono dai conflitti sia i migranti economici. Abbiamo grandi flussi dal Corno d’Africa, dall’Africa subsahariana, che passano poi attraverso la Libia, prevalentemente. Abbiamo poi sulla rotta a est del Mediterraneo, in questo momento, prevalentemente siriani, ma anche molte persone provenienti dall’Afghanistan, dall’Iraq, dalle zone dove è attivo il sedicente Stato islamico. Sono quindi persone che cercano di sfuggire a persecuzioni terribili, atroci.
D. – I dati raccontano oggi di un fenomeno in continua crescita che non riguarda più solo lo sfruttamento della prostituzione ma diverse altre forme di sfruttamento…
R. – Oggi il traffico è una realtà molto più complessa che include sempre di più lo sfruttamento lavorativo. Quindi anche gli uomini, i giovani uomini, i bambini vengono sfruttati nelle maniere più varie: nell’accattonaggio forzato, in attività criminali, sono obbligati a commettere crimini, a fare furti, a trasportare droga…
D. – Oltre 500 mila persone giunte nell’Unione Europea dall’inizio del 2015 a oggi: é possibile in questo flusso identificare le vittime di tratta?
R. – Si devono identificare le vittime. Questo è un obbligo che deriva da strumenti internazionali che tutti i Paesi europei hanno ratificato, come il Protocollo annesso alla Convenzione sulla criminalità organizzata. Quello che manca, purtroppo, sono procedure di ascolto all’arrivo dei migranti, che possono essere richiedenti asilo, possono essere migranti economici o qualunque altra cosa, ma ci dovrebbero essere procedure di ascolto preferibilmente affidate alle associazioni, che sono meglio attrezzate per una relazione confidenziale e amichevole con la persona interessata, allo scopo di accertare qual è la storia di questa persona. Molte persone hanno già subito violenza e sfruttamento, alcune ne portano i segni sul loro corpo.
D. – L’Unione Europea ha da poco avviato un’operazione militare per combattere gli scafisti nel Mediterraneo, si tratta di misure efficaci per combattere le organizzazioni criminali?
R. – Devo dire che purtroppo l’Unione Europea non ha finora risposto in una maniera plausibile a quella che chiamiamo “crisi” migratoria: non è una crisi, è purtroppo una componente stabile del nostro mondo. I conflitti aumentano dappertutto, diventano sempre più violenti e dunque non è pensabile che l’Europa possa tenersi fuori da tutto questo. Come l’Europa partecipa? La risposta che abbiamo è quella di 120 mila riallocazioni. E’ un passo nella direzione giusta ma siamo seri: 120 mila è un numero neanche lontanamente paragonabile alle esigenze poste soltanto dal conflitto in Siria. E quando si parla di lotta agli scafisti io ancora non so bene cosa voglia dire… La priorità per il mio mandato è salvare vite umane; se poi si riesce - non attraverso operazioni militari, ma attraverso gli strumenti investigativi, gli strumenti di giustizia - a punire gli scafisti, questa è naturalmente una cosa che può dare un colpo decisivo al trafficking. Anche da quel punto di vista devo dire che purtroppo l’attenzione non è ancora al livello giusto, ed è questo quello di cui c’è bisogno. Per dirla in forma sintetica, l’approccio non dovrebbe più essere securitario, perché è ormai chiaro che questo è un approccio prima di tutto inefficace, secondariamente non coerente con un’ottica di diritti umani e che, in terzo luogo, pone l’Europa in una posizione di assurdo isolamento rispetto a tutto quello che succede nel mondo, a cui nessuno può sentirsi estraneo.

domenica 11 ottobre 2015

In te trovo la misura per tutte le donne, anzi per tutti gli esseri umani

Lei è Lotte von Stein; lui è Wolfgang Goethe; che le scrisse innumerevoli lettere. Ne restano 1770. Nelle parole di Goethe indizi; che ci colpiscono come suggerimenti, qualcosa a cui guardare. "Non posso fare a meno di amarti, anche più di quello che dovrei, e tanto più felice sarò quando ti rivedrò. Ti sento sempre più vicina a me, la tua presenza non mi lascia mai. In te ho trovato la misura per tutte le donne, anzi per tutti gli esseri umani: attraverso il tuo amore, la misura per la sorte di ognuno.
Non è che esso mi offuschi il resto del mondo, anzi direi piuttosto che me lo schiarisce tutto quanto, e mi rende possibile di vedere nettamente come sono gli uomini, cosa pensano, cosa desiderano, cosa fanno e godono: a ognuno concedo il suo, e dentro di me mi rallegro del fatto di possedere, io, un tesoro cosi indistruttibile. A (volte) non si vedono le cose, solo perché non ci si vuole fermare sopra gli occhi, e solo quando le circostanze appaiono chiare, anche le cose assumono un interesse. Poiché l’uomo si compiace sempre di agire direttamente e se è ben animato, ama mettere in ordine, disporre ogni cosa, aumentare il silenzioso dominio della giustizia. (…) Amore mio. Addio mille volte amata.”

Antidoti contro la misoginia.

sabato 10 ottobre 2015

La strategia della tensione colpisce oggi in Turchia, ed è planetaria

Il gravissimo attentato che stamattina ha colpito Ankara si è abbattuto su migliaia di persone che stavano arrivando alla stazione per partecipare a una manifestazione che chiedeva "pace e democrazia". Ad ora lo spaventoso bilancio ufficiale è di 86 morti e 186 feriti. Ma, secondo il partito filocurdo HDP, sarebbe già salito a 97 morti e 186 feriti


Sangue elettorale, come scrive Ivan Grozny. La manifestazione era organizzata da varie formazioni sociali (KESK: Confederation of Public Sector Trades' Unions; DİSK: Confederation of Progressive Trade Unions of Turkey; TTB: Turkish Medical Association, TMMOB: Union of Chambers of Turkish Engineers and Architects). E fra queste anche l'HDP (entrato per la prima volta in parlamento con le elezioni del 7 giugno). E cosa chiedeva? chiedeva al governo per fermare i bombardamenti contro il Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan, attivo nel Sudest del paese, e attivissimo contro l'Isis nei paesi limitrofi) e per chiedere una soluzione pacifica nei rapporti fra il governo e il gruppo, bollato in Turchia come terroristico.
Nel panico che ha seguito l’esplosione, poiché i manifestanti gridavano: “Polizia assassina” la polizia ha rincarato la dose sparando in aria e picchiando, ha lanciato gas lacrimogeni e ritardato i soccorsi. E se le autorità hanno condannato l'attentato scaricandone la responsabilità a "terroristi suicidi", un Ministro turco (Eroglu) ha subito definito "terrorista" la manifestazione stessa che dalla bomba è stata colpita.

Ma il partito filocurdo Hdp punta invece il dito contro una strategia della tensione volta a colpire i curdi [già decimati dagli assedi dell'Isis]: senza mezzi termini il leader del partito Selahattin Demirtas ha dichiarato: “Siamo di fronte a uno Stato assassino che si è trasformato in una mafia”.

Manifestazioni di solidarietà spontanee hanno avuto luogo nel pomeriggio a Istanbul e in tutto il paese, con lo slogan "non ci fermeremo"; ma c'è da aspettarsi che (anche) gli attivisti di questo dissenso verranno braccati. Tutta questa violenza appare in piena continuità con le proteste di Gezi Park, e la sola strategia che sembra avere questo potere è ucciderli tutti,
Dopo il suo ingresso in Parlamento il partito filocurdo aveva già subito diversi attacchi sanguinari: dopo quello di giugno contro un suo comizio a Diyarbakir, che aveva ucciso 4 persone e il ferite altre 400, il 20 luglio la strage di Suruç contro un centro culturale filocurdo, con 32 morti, e poi all’inizio di settembre  la sede del partito ad Ankara era anche stata attaccata da nazionalisti turchi di estrema destra.
Nel frattempo i combattimenti tra il Pkk e l’esercito turco sono ripresi nel Sudest del paese, causando la morte di oltre duemila ribelli e di circa 150 fra poliziotti e militari turchi. Forze militari protagoniste di episodi come questo. E questo
E ora l'attentato di oggi, il più grave di tutta la storia del paese, precede di poco le elezioni  anticipate del 1 novembre, indette dopo quelle del 7 giugno in cui l'Akp, il Partito che da 13 anni governa il paese con pessimi risultati, ha perso la maggioranza assoluta e non è riuscito a formare alcun governo di coalizione. Ma il problema, certamente, non è solo "turco". A proposito delle scelte che il potere fa a livello economico: "Siamo governati da imbecilli", sintetizzava tempo fa Laura Tingle. Ma potremmo aggiungere: ad ogni livello siamo governati da imbecilli ostaggi delle mafie più pericolose.
E il risultato è una strategia della tensione planetaria, che operando catastroficamente ad ogni livello - economico, diplomatico, politico e ambientale - stringe la sua morsa sempre più diffusamente e più da vicino.

domenica 4 ottobre 2015

I morti in Costa Azzurra e le Cassandre. Si deve dichiarare lo Stato di Emergenza Nazionale

Mentre dalla Costa Azzurra l'uragano va verso l'Italia, questa volta partiamo dalla fine.

Signori e signore, poiché esiste uno Stato di Emergenza Climatica e Ambientale Planetario, se avessimo un Presidente del Consiglio che sa vedere, e ascoltare, sarebbe già dichiarato da un pezzo lo Stato di Emergenza Ambientale Nazionale.

Ora i morti tracimati dalle piene non sono più in qualche lontana favela, né in qualche povero paese di poveri, liquidati di default in un trafiletto.

Ora i morti sono europei (anche) in località fiori all'occhiello dei rispettivi paesi. 


Quando alcuni iniziavano ad avvertire cosa sarebbe successo (la mamma di chi scrive era già fra quelli), la replica più frequente era: "si! a sentire gli ecologisti, fra 20 anni.." Poi venne il tormentone "le stagioni non sono più quelle di una volta" - anch'esso con sfumatura ironica, come fosse la solita cazzata (assurda) assurta a neo-luogocomune. Ma in realtà, le "allarmiste" previsioni ecologiste erano addirittura ottimistiche: si stanno avverando tutte, ma in peggio. Le ecologiste (qui si, donne in prima fila) e gli ecologisti sono ancora lì - ci sono sempre stati - ma nessuno li ascoltava allora e nessuno li ascolta adesso. Eppure l'Emergenza Climatica Planetaria non la stiamo inventando noi Cassandre, è un fatto assodato e dichiarato dall'Onu. E anche da Obama. E anche dal Papa. Ed è chiara da tanto a chiunque capisca di territorio e, francamente, a ognuno che abbia un cervello. Dunque, se esiste una emergenza planetaria, ogni governante che abbia cervello dovrebbe dichiarare l'emergenza nazionale.
Ma qui no; e secondo la politica dominante, ignorante e suicida, che impera quasi ovunque, no [e diciamo quasi ovunque, perché le eccezioni ci sono].
Macché; qui (e quasi ovunque) nessuna emergenza nazionale, non vorremo mica allarmare le masse eh.
Ma quel che ci allarma, in verità, è l'irresponsabilità con cui, dove si decide, si continua a far finta di nulla. Peggio: là dove non si fa finta di nulla, e si lanciano allarmi, anche là si fa un doppio gioco.
Per questo, in vista di Parigi 2015, occorre mobilitarsi. Informarsi e partecipare.
Signori e signore, poiché esiste uno Stato di Emergenza Planetario, se avessimo un Presidente del Consiglio responsabile sarebbe già dichiarato da un pezzo lo Stato di Emergenza Nazionale. Perciò da qui, voce che grida nel deserto, (ancora) noi lo chiediamo: vogliamo si dichiari lo Stato di Emergenza Ambientale, e un Piano Nazionale per l'Emergenza Climatica, con tutto quello che ne consegue.
In primis archiviazione di tutti i progetti suicidi (e ridicoli) a partire di quelli per bombe marine e trivellazione del mare. E poi leggi serie e decreti immediati volti a salvare il territorio, a ridurre emissioni e a valorizzare l'ambiente e dunque a incentivare il turismo. Leggi che porterebbero subito alla gente lavoro, e lavoro, e lavoro, e a tutti vera ricchezza.
Cari politici, ma di quale crescita stiamo parlando? basta: smettete di promettere la luna, svendendo la Terra. 
Tanto alla luna che promettete non crediamo. Vogliamo invece la Terra: qui, e ora; la vogliamo perché non è nostra, ma degli esseri viventi presenti e futuri, dei nostri bambini e dei loro bambini.
PS : qualcuno, quasi un anno fa, fece sul clima una interrogazione al Minsitro dell'Ambiente Galletti. Si, avete indovinato: la risposta, ad oggi, è il silenzio.