sabato 30 novembre 2013

Una assoluta priorità per tutti: forzare la mano alla politica in tutto il mondo, dedicarsi alla cura del Pianeta

L'ultimo post su questo blog ad alcuni avrebbe potuto apparire catastrofista; ma a quanto pare la situazione è molto peggio di quanto già temevamo - cioè di quanto credevamo di sapere.
Vengono a galla le verità su quanto sta accadendo a Fukushima e l'allarme è di così vasta portata che la rimozione dei materiali radioattivi dai bacini del combustibile è «una questione di sopravvivenza umana». E di fronte a questa catastrofe le autorità cosa fanno? tra le proteste furiose degli abitanti, si precipitano a varare leggi volte a secretare i fatti che stanno venendo alla luce: e cioè che la bonifica del sito è un affare di proporzioni immani e dall'esito molto incerto. Si tratta di contenere radiazioni equivalenti a 14.000 volte la bomba atomica di Hiroshima. Gli scienziati non hanno idea del vero stato dei nuclei dei reattori, riassume il “Washington’s Blog” in un lungo reportage: le radiazioni potrebbero investire la Corea, la Cina e la costa occidentale del Nord America.
Se anche solo una delle piscine di stoccaggio dovesse crollare, avvertono l’esperto nucleare Arnie Gundersen e il medico Helen Caldicott, non resterebbe che «evacuare l’emisfero nord della Terra e spostarsi tutti a sud dell’equatore». Ma solo i blogger cercano da mesi di dare l’allarme: l’aspetto più sinistro è proprio il silenzio dell’informazione, la verità negata fino ad oggi dai tecnici, dai politici e dai media - rotto solo dall'informazione su internet, da cui filtrano (per chi se le cerca) le notizie di disastri già irreparabili, disseminati in modo ancora più intenso dai tifoni. Dovremmo essere tutti in piazza, una piazza planetaria che gridi loro che la smettano di derubare e azzuffarsi, e si dedichino a salvare l'organismo su cui abitano: ma quasi nessuno ne sa niente. Una follia che lascia sgomenti: la situazione è così grave che richiederebbe l'impegno totale e incondizionato di tutti i potenti del mondo: ma qualcuno avrà detto loro, almeno ora, che la loro stessa pelle è in pericolo? o penseranno di potersi rintanare in qualche bunker? e che come sempre non sia un problema loro? Il fulcro di un possibile olocausto di proporzione immani: questo è oggi il Giappone che dovrebbe ospitare le Olimpiadi 2020. Mentre si continua a vaneggiare di "crescita", si gioca alla guerra e gli impianti nucleari continuano a proliferare in tutto il mondo. E' di oggi la notizia di un nuovo terremoto, in Iran, il cui epicentro è molto vicino a una centrale nucleare: "Il Governo dice che il reattore non ha subito danni, ma è quanto dissero anche all’epoca le autorità giapponesi". Che dire? la priorità assoluta che dovremmo darci tutte e tutti sarebbe creare un solido asse fra tutti gli attivismi: quelli per l'equità di genere e i diritti, per la pace e per la sostenibilità - e concentrarci solo su questo: obbligare la politica - qui e ovunque - a un'inversione a U.
Sempre che siamo ancora in tempo.

mercoledì 20 novembre 2013

Salviamo i bambini, salviamo la terra sotto ai nostri piedi: salviamo noi stessi

Ma perché dovremmo avere una giornata particolare per ricordarci delle bambine e dei bambini? Perché se no NON ce ne ricordiamo. Punto e basta. L'umanità come organismo collettivo si ricorda una sola cosa, tutti i giorni e senza fallo: come litigare, confliggere con se stessa, distruggere la terra che ha sotto ai piedi. 
I bambini sono il nostro bene più prezioso ma anch'esso (come avviene allo stesso ambiente vitale che ci ospita), viene calpestato, svillaneggiato e - soprattutto - infarcito di veleni che non tarderanno a scoppiare. Zero educazione, zero cultura, zero prevenzione: si investe solo nel contrario di tutte queste cose: pattumiera emotiva che serve però a muovere soldi. Esattamente come avviene, letteralmente, nella gestione dei rifiuti fisici. Vi capita mai di accendere la televisione ogni tanto? solo, ed esclusivamente, stupidità, pornografia dell'apparire, e soprattutto violenza, violenza, violenza, e film dell'orrore. Questo è il cibo della mente che diamo ai nostri figli. Non parliamo poi del cibo che diamo (o non diamo), sul piano letterale.
Ogni tanto ne abbiamo piccoli segnali, e nessuno si muove! Ieri sera un nuovo servizio su Le Iene su una catastrofe di proporzione inaudita:
Ecco qual è, secondo Carmine Schiavone (ex-capoclan dei Casalesi), la cosa più grave di tutta questa terrificante vicenda: arrivavano 120, 130 Tir per volta di rifiuti tossici e nucleari: smaltire così 1 fusto di rifiuti nucleari costava, anziché 2.000.000, 200.000 lire! lì non c'era niente, hanno seppellito tonnellate e tonnellate di rifiuti tossici e fanghi termonucleari, e poi ora ci coltivano, e ci hanno costruito e la gente abita lì sopra. Io prego Iddio che i fusti nucleari non si siano ancora aperti, se no il disastro lì è - già adesso - peggio che a Chernobyl. Io non ho partecipato, già allora avevo chiaro che si condannavano a morire generazioni intere"
Poi mostra i siti sulla mappa: casa nostra, avvelenata per sempre, irrimediabilmente, per ettari ed ettari, un territorio che era vanto e bellezza del nostro paese in tutto il mondo. Ora solo veleno. Una storia da anni e anni (almeno in parte) già denunciata mille e mille volte anche da Saviano, e sempre lasciata a cadere come un dettaglio senza importanza. E per fortuna che ora, della terra dei fuochi si interessa almeno il Papa... La Campania è avvelenata, addirittura peggio della Puglia, con l'ambiente  tarantino distrutto grazie ai furti e alle omissioni dell'Ilva.
Ma come avviene a casa nostra... così avviene in tutto il mondo. Lo sapete che solo quest'anno sono stati bruciati nel deserto del kuwait 7 milioni di penumaitici - avevano ormai coperto un'area così vasta che risaltava dal satellite. E tutti i rifiuti nascosti, che non si vedono? Rendiamoci conto che la politica a cui siamo in mano ha scavato questa terra come un groviera, l'ha infarcita di rifiuti, in profondità e in superficie l'ha inzuppata di veleni, ha raso al suolo buona parte dei suoi organismi vitali, e la sta mandando a fuoco: fuoco, fiamme e alluvioni. TUTTO E' COLLEGATO da un filo diretto. Un quadro in cui rientra anche la tragedia che ha colpito in questi giorni la Sardegna.
Vogliamo fare qualcosa? Forse, potremmo partire da qui:


domenica 17 novembre 2013

Compagni in piazza, fascisti a letto: su sessismo e violenza nella sinistra

A Milano, il 9 novembre, si è tenuto un incontro indetto da 3 donne, Giulia, Marica e Silvia, che il 28 settembre 2013 hanno denunciato di essere state oggetto di un'aggressione sessista, fisica e verbale, da parte di alcuni esponenti del loro stesso movimento (quello dell'aurtonomia diffusa) - come loro stesse raccontano diffusamente qui. Spiegando fra l'altro: "abbiamo deciso di esporci pubblicamente per trasformare questo vergognoso episodio in un'occasione di riflessione condivisa, all'interno dei movimenti antagonisti, sui problemi di sessismo e fascismo nell'autonomia". 
E' stato un incontro davvero interessante, e anche l'occasione che ha consentito di raccogliere una testimonianza storica: è intervenuta infatti anche Lidia Menapace, illustre politica e nota ex-partigiana, che ha parlato senza peli sulla lingua dei portati di sessismo e violenza anche negli ambienti storici della sinistra, mettendo in luce episodi sconosciuti ai più della vita di figure del calibro di Togliatti, Nilde Iotti, Teresa Mattei. Ascoltiamola:


Insomma: la sinistra è tradizionalmente "al fianco delle donne" - e ideologicamente non può ammettere la sopraffazione maschilista, le mancanze di rispetto verso le donne, la violenza sessista...
Vero - vero anche che tra il dire e il fare ci sono i retaggi, che ci condizionano tutti/e nel profondo, tenaci soprattutto negli uomini. 

Ma una donna che era presente all'incontro, e che, sempre a Milano, frequenta i "movimenti antagonisti", fa notare come, là dove l'identificazione politica prevale su quella di genere, anche in molte donne l'azione di questi retaggi porti a forme di reticenze (e giustificazioni dei loro compagni), che fanno sentire sole le donne colpite. Traccia inoltre una riflessione guardando al futuro. Ecco il suo contributo:

Il silenzio
Ha lunghissima storia il silenzio delle donne sugli episodi di violenza. 
Sabato [9 novembre 2013, ndr] ho potuto nuovamente verificare che la parola di una donna che accusa un uomo di violenza, da sempre, nella nostra cultura patriarcale è bollata come menzogna, oppure, se violenza c'è stata, la donna è complice. (Era ubriaca, consenziente, provocatoria, etc etc).
Per me tacere equivale a cedere a questa logica, invece che combatterla. Questa giornata, con le sue contraddizioni, è un tassello nello scardinare questo dispositivo di controllo delle donne. 

La donna come vittima
C'è una grande differenza tra l'essere vittime e fare le vittime. E' necessario impedire alle donne di relegarsi o essere relegate nel ruolo di vittima. La testimonianza pubblica di un fatto violento rende giustizia a chi l'ha subito, ricordando che ciò che è successo non è un avvenimento normale o trascurabile in alcun modo. La presa di parola pubblica dovrebbe contenere in sè anche la decisione di sfidare i media sul loro terreno, invitandoli a tracciare i contorni della vicenda nel rispetto dell'integrità delle persone e non nella mistificazione dei ruoli vittima/carnefice.
Spesso una donna che reagisce con forza a una violenza viene stigmatizzata. Non si apprezza la sua forza, ma si sminuisce la violenza che ha subito. 

Dispositivi di esclusione
Il movimento esclude chi lo contesta? Sabato ho notato come le più critiche verso Giulia, Silvia e Marica fossero proprio le donne. Perché? Sembra inevitabile che la necessità di riconoscersi in un'identità collettiva, funzioni, per il nostro sesso, più sul piano della classe che del genere

Violenza e conflitto
Non sono la stessa cosa. Anzi, rimanere in conflitto nel rispetto dell'altro è antidoto alla violenza. Un comunicato provocatorio è conflittuale, non violento. Uno schiaffo invece è violento. Purtroppo sabato non c'è stato tempo di discutere della confusione che spesso si fa tra questi due termini. Ma è nel conflitto che si creano le condizioni di crescita, tramite l'affinamento delle proprie risorse tese a difendere le proprie posizioni. 
Questo a patto che non si scada nella violenza. Dopo quella fisica, la prima violenza è il non riconoscimento dell'altro come interlocutore. 
Questo comportamento ha delle analogie con il silent treatment, considerato, in psicologia, abuso psicologico grave.
Sabato, in ogni caso, nei fatti, le persone erano lì, al freddo, a parlare, al di là delle dichiarazioni.

Violenza o violenza sessista?
Secondo il mio punto di vista, la violenza non ha genere. Ciò non toglie che se mentre meno qualcuno lo insulto perchè ebreo, negro, comunista, gay o femmina, sto commettendo un atto di violenza e razzismo, violenza e sessismo.

Come andare avanti?
Essere escluse, attaccate e sminuite fa male, ancora di più dopo aver subito una violenza. Il senso di giustizia che ne nasce può essere dirompente. E' necessario però fare uno sforzo consapevole per esercitare una rabbia sana, direi pura. Questa occasione data a Milano, qualcuna l'ha riconosciuta, qualcuna no, quel che conta è che si continui a confrontarsi, affermando anche che una collera sana esiste, sono i nostri anticorpi all'ingiustizia, ma coltivando la capacità di creare dialogo anche là dove sembra impossibile.
Sara

La politica femminile fatta dagli uomini: Pepe Mujica. La cui statura si staglia ben oltre le teste di tutti i potenti del mondo

ARCHIVIO/DOCUMENTI. Sobrietà, generosità, felicità. Se i più fulgidi esempi di politicafemminile che oggi vediamo nel mondo sono maschili: da Pepe Mujica all'andazzo di vero rinnovamento preso dal Papa (incarnazione stessa di una figura, invece, storicamente e tradizionalmente schierata con quanto di più retrivo). Dobbiamo preoccuparci? o esserne felici? entrambe le cose, forse, per ragioni diametralmente opposte. 
Ma soprattutto dobbiamo valorizzare questi esempi, inchiodare ad essi i politici sordi e ciechi che fingono sempre che "di più non si possa fare". Si può, si può: eccome se si può. E - fuor dalla Chiesa, ce lo dimostra Pepe Mujica - attuale presidente dell'Uruguay: un uomo di Stato che vive come un contadino - un uomo umile la cui statura morale e politica già si staglia 3 metri sopra le teste di tutti i potenti del mondo. Uno che al governo ci arrivò sull'onda di un referendum per l'acqua pubblica e che ha inserito nella Costituzione dell'Uraguay l'acqua come diritto umano inalienabile e bene comune. Chiede Emilio Molinari: esiste un politico in Italia o in Europa che parla così e agisce così? No, non esiste, la ovvia risposta: ecco perché dobbiamo sbattere il suo esempio davati ai nostri politici senza stancarci. Grazie a Riccardo Stagliano per questa intervista, che quasi integralmente riproponiamo qui - e che speriamo di poter conservare come prezioso documento di archivio: 

25 novembre: lo sciopero delle donne

Se mi guardo attorno non vedo e, soprattutto, non sento niente. Silenzio. Da parte del governo e delle istituzioni, non un atto concreto, un cambiamento… agghiacciante situazione. Poche righe e una sintesi che fa saltare sulla sedia per efficacia ed immediatezza. Ce le ha scritte Elisabetta, da Parma, fotografando perfettamente lo spirito con il quale, ormai 5 mesi fa, abbiamo lanciato lo Sciopero delle donne. Ma lei questa mail ce l'ha scritta ieri mattina. E questo significa, drammaticamente, che tra ieri e cinque mesi fa non è cambiato assolutamente nulla.

Violeta, 48 anni, uccisa a colpi di sedia e gettata in un campo dal marito a Vallo della Lucania (Salerno); Francesca, 55 anni, misteriosamente scomparsa dalla sua villa a Follonica, il cui custode è in carcere perché sospettato di averla ammazzata; Irina, 47 anni, uccisa dal suo compagno e gettata in una scarpata a Porto Ercole… Storie di queste giorni, le solite, perché nulla muta in questo paese ingabbiato nella morsa della crisi e della legge di stabilità, della politica da salotto e del voyerismo televisivo, dei vuoti proclami e delle inutili leggi contro il femminicidio.

sabato 16 novembre 2013

Nessuna colpa! nessuna vergogna: coming out

Partito da Torino, il primo coming out delle donne che hanno subito violenza merita di estendersi e radicarsi rapidamente ovunque: le organizzatrici si rivolgono a tutte perché questa iniziativa si estenda ad altre città. Le donne che desiderano partecipare portando testimonianze (o replicando l'evento altrove) scrivano a Pensiero femminile.

Un'azione necessaria, che cade molto opportunamente a pochi giorni dalle iniziative per il 25 novembre, perché va stroncato il sottinteso che le donne cadute vittime di violenza debbano avere qualche colpa, mentre quasi niente si dice (né si fa! riguardo a una necessaria prevenzione culturale) intorno alla figura degli stupratori. Tutto questo deve finire. Come scrivono le organizzatrici:
Noi  donne che abbiamo subito violenza spesso ci sentiamo in colpa e ci vergogniamo, diventando così vittime di una nuova, meschina e a volte peggiore violenza, che ci paralizza, ci rende inermi e nasconde la nostra forza. Continuiamo a sentire la vergogna della nostra esperienza anche quando è “finita”, ed è faticoso parlarne. Temiamo che dicendolo alle altre e agli altri verremo giudicate e saremo considerate delle perdenti, “sporche”, inadeguate. Come se parlarne danneggiasse la nostra dignità per colpa di chi - senza alcun senso della dignità - ha commesso un crimine contro di noi. In questa giornata vogliamo dire a chi è causa del nostro silenzio e del nostro isolamento che non abbiamo più paura e non siamo sole.



Il 23 novembre saliamo sui palchi nelle piazze e scandendo forte insieme “nessuna colpa - nessuna vergogna”! Testimoniamo la nostra esperienza: con un solo gesto, con alcune parole o con una breve storia. Disinneschiamo la meschina e violenta arma della colpa, con orgoglio gridiamo che alla violenza siamo sopravvissute!

Ogni volta che, unite e forti, denunceremo sul palco di una piazza la nostra storia, toglieremo forza a ogni forma di violenza che tenta di annientare le donne.

mercoledì 13 novembre 2013

Dall'Egitto la battaglia femminile per ottenere documenti di identità

C'era una volta una mentalità che pretendeva di assegnare alle donne certificati di verginità, (specie se decidono di protestare), negando loro quelli di esistenza. E c'è ancora. Assegnare a una donna una carta d'identità può causarne la morte! Ecco uno dei mille incredibili spauracchi con cui si cerca di impedire alle donne egiziane di registrarsi all'anagrafe - in questo caso facendo leva sulla superstizione. Bella notizia, dunque, la recente presentazione che ha avuto luogo a Giza del programma "Citizenship Initiative”.
Perché, sembra incredibile, è necessario lottare perfino per fare ottenere alle donne  un documento di identità, che in molti luoghi non possono averli, come ancora in molti paesi non hanno documenti i cani - o gli asini da soma. Non avendo un'esistenza giuridica, possono essere ancora di più abusate e sfruttate; e sono del tutto paralizzate nelle loro iniziative: non possono nemmeno ricevere il più piccolo prestito, ad esempio.
La campagna UN Women per la registrazione delle donne egiziane era partita nel 2011, con l'obiettivo di assegnare documenti di identità a donne rurali ed emarginate in tutto lil paese; qui un bellissimo video che mostra la partecipazione e le reazioni delle donne:
E grazie al cielo la campagna non è stata fatta cadere; anzi, nel giro di 3 anni ha visto aderire l' MSAD (Ministero di Stato egiziano per lo sviluppo amministrativo), il Registro di Stato Civile del Ministero dell’Interno, il Fondo sociale per lo sviluppo e diversi protagonisti della società civile e degli organismi nazionali. 

Nella presentazione di Giza, Gülden Türköz–Cosslett, Sameera Al- Tuwaijri e Ali Abdel Rahman (rispettivamente referente del Programma per UN Women, Direttore Regionale per gli Stati Arabi e Governatore di Giza), hanno personalmente distribuito carte d’identità alle donne. Siamo qui per sostenere gli sforzi nazionali per le donne, poiché esse devono partecipare come cittadine attive nello stato egiziano. Solo con le carte d’identità è possibile accedere ai servizi forniti dallo Stato e dalle istituzioni finanziarie, senza i quali le donne e le ragazze non possono partecipare attivamente alla società”, ha dichiarato Türköz–Cosslett .
Il governatore di Giza ha osservato che questa iniziativa è di fondamentale importanza in quanto fornisce alle donne gli strumenti necessari per esercitare i loro diritti fondamentali di cittadine. A Giza il programma mira a rilasciare 50.000 carte di identità alle donne più emarginate, identificate da uno studio di rilevamento condotto da MSAD. Ad oggi, 42.212 moduli di domanda sono stati raccolti da tutto il governatorato e sono state emesse 16.000 carte di identità nazionali.
Sull'argomento vedi anche: 

giovedì 7 novembre 2013

Auguri Nadya

Auguri Nadezhda, laggiù dove sei. Da qualche parte, in Siberia, oggi Nadya compie 24 anni.

Donne contro le mafie: una lettera pubblica a Denise, figlia di Lea Garofalo

Cara Denise,
siamo donne che si sono riunite  (anche con uomini) per l'incontro pubblico a Roma dal titolo ‘Parole e azioni di donne contro le mafie’, con scrittrici, giornaliste e politiche nel quale abbiamo voluto riflettere, insieme, sulle donne impegnate nella difesa della legalità e su quelle che vivono nella illegalità, sulle donne che contrastano le mafie e su quelle che le alimentano.
E' il terzo di un ciclo sul tema Corruzione e illegalità. Il NO delle donne, iniziato nel 2012 per iniziativa di Noidonne, giornale storico delle donne italiane, e dell’associazione Noi Rete Donne). 

Un incontro con scrittrici, giornaliste e politiche nel qaule abbiamo voluto riflettere, insieme, sulle donne impegnate nella difesa della legalità e su quelle che vivono nella illegalità, sulle donne che contrastano le mafie e su quelle che le alimentano.

Sì, un incontro al femminile, anche se non precluso agli uomini. Perché le donne, oggi in Italia, sono protagoniste del bene e del male. Perché pensiamo che le donne convinte che la legalità sia l’unica strada percorribile a vantaggio della civiltà e dei diritti di tutti e tutte debbano dialogare confrontando idee, esperienze e bisogni espressi dalla società civile, e debbano stringere alleanze forti che possano contrastare la cultura dell’illegalità e della corruzione. 

Siamo consapevoli che è una battaglia durissima perché l’idea che il rispetto delle leggi sia un fastidio e non un bene comune è radicata profondamente e ha contaminato parte del tessuto della nostra società. Ma sappiamo anche che tante sono le persone che reagiscono e non si rassegnano. Sappiamo anche che contrapporsi alla forza pregnante dell’anti-stato in certe situazioni è un gesto molto più che coraggioso, richiede eroismo. È una scelta definitiva che non consente ripensamenti e che implica rotture traumatiche anche dei rapporti familiari. 

È stata la scelta di tua madre, donna che ammiriamo e di fronte alla quale ci inchiniamo con immenso rispetto. Non sappiamo cosa abbia patito nel suo intimo, ben prima che gli aguzzini la raggiungessero e la violassero brutalmente. Possiamo immaginare la sofferenza di una testimone di giustizia che ha vissuto in solitudine e privatamente l’impatto violento di un percorso che, al contrario, meritava l’attenzione e la condivisione della società tutta. 

Perché il rifiuto di Lea Garofalo è stato certo dell’oppressione del sistema malavitoso e familiare, ma è stata anche una scelta politica, nel senso più alto del termine. Lea ha pensato a te, ha voluto interrompere una trasmissione di morte salvaguardando il bene più importante per una madre: la figlia, i figli. L’essenza della vita che è generata. 

Ma noi sentiamo e pensiamo Lea come madre di tutte e tutti coloro che hanno a cuore il progresso e la democrazia. Noi sentiamo Lea Garofalo Madre Universale per aver avuto cura del bene collettivo e anche dei/delle nostri/e figlie/e. 
Il nostro dolore è civico e umano, è un grido di donne che riconoscono la grandezza di un gesto pubblico: non è paragonabile al tuo, intimo e non profanabile. Ma ci tenevamo a farti giungere questi pensieri, cara Denise, per rappresentarti una vicinanza sincera di donne che non conosci personalmente ma che vogliono legarsi a te con un filo saldo di calda amicizia. 
    
Giustamente vivi sotto protezione e non sappiamo come siano le tue giornate. Non conosciamo i tuoi sogni di giovane e le tue aspirazioni. Non sappiamo cosa possiamo fare per aiutarti, se hai bisogno di aiuto. Sappiamo che siamo disponibili ad accogliere e soddisfare tue eventuali richieste.

Prendi queste parole, intanto, come un pensiero affettuoso e al di fuori di ogni inutile retorica. Una cosa possiamo offrirtela: se vuoi e quando vorrai, possiamo ospitare su Noidonne tuoi scritti, riflessioni o pensieri che vorrai affidare alla stampa e alla lettura di tante altre persone. Sarebbe un modo per te di mantenere il filo di un discorso in nome e nel ricordo di Lea Garofalo, ma anche di pensarti come una donna che sta costruendo il suo futuro partendo dall’amore grande della sua mamma.   
   
Un sentimento cui ci uniamo come donne che vogliono condividere con te la convinzione che un mondo migliore è possibile. Insieme.

Roma, 6 novembre 2013
Seguono firme, dal Convegno "Parole e azioni di donne contro le mafie