giovedì 25 febbraio 2016

#ObiettiamoLaSanzione continua. Lettera aperta alle parlamentari

Lettera Aperta
On. Laura Boldrini
Presidente Intergruppo parlamentare per le donne, i diritti e le pari opportunità
 Gentile Presidente,
Il 22 febbraio scorso il gruppo #ObiettiamoLaSanzione è stato promotore di un tweetstorm e di una mailbombing contro il decreto n° 8 (entrato in vigore il 6 febbraio), che depenalizza il reato di aborto clandestino (disciplinato dall'Art. 19, co. 2, della legge 194/1978) ma al contempo prevede un innalzamento delle sanzioni (non più “fino a 51 euro”, ma “da 5.000 euro a 10.000 euro”). Il provvedimento varato dal Governo ha il grave torto di ignorare un ritorno preoccupante agli aborti clandestini a causa di un abnorme numero di obiettori di coscienza. Per questo motivo la protesta ha ottenuto una ampia adesione testimoniando l’indignazione di donne e uomini, attiviste e attivisti, centri antiviolenza e associazioni promotrici di diritti civili contro una sanzione ingiusta che ri-vittimizza le donne.
Il 10 marzo 2014, il Comitato Europeo dei diritti sociali ha condannato l’Italia per la violazione dell’articolo 11 della Carta sociale europea che assicura il diritto alla salute perché ha mancato di mettere in atto le misure necessarie per consentire l’interruzione di gravidanza laddove siano presenti obiettori di coscienza. Il reclamo era stato depositato l’8 agosto 2012 e ha visto la partecipazione di diverse associazioni tra cui LAIGA. Ora si è in attesa di conoscere il pronunciamento del Comitato Europeo dei Diritti sociali su secondo reclamo presentato nel 2012, dalla CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) per far rispettare i diritti delle donne ma anche i diritti lavorativi dei medici non obiettori di coscienza.
Ogni anno il Ministero della Salute trasmette al Parlamento una relazione sullo stato di attuazione della legge 194. Nonostante si riferisca che “non emergono criticità nei servizi di IVG” e si affermi che “Il numero di non obiettori risulta quindi congruo, anche a livello sub-regionale, rispetto alle IVG effettuate, e non dovrebbe creare problemi nel soddisfare la domanda di IVG”, la dura realtà che tante donne devono affrontare è ben diversa e i reclami di cui sopra lo testimoniano, così come le numerose proteste di operatori sanitari e associazioni nonché l'inchiesta andata in onda a Presa Diretta. Le percentuali a cui è arrivata l'obiezione di coscienza creano problemi, l'iter previsto dalla 194 diventa un percorso a ostacoli, i 90 giorni consentiti spesso risultano un tempo strettissimo. Le percentuali parlano da sé: la media nazionale è del 70%, raggiunge quota 93,3% in Molise e in numerose regioni si aggira dall'80% in su. Questo, in alcuni casi, comporta l'obiezione di intere strutture, pratica vietata dalla 194. La migrazione interregionale non è cosa rara e per gli aborti terapeutici c'è chi va all'estero. Chiediamo di esaminare senza indugio e in modo concreto e serio, il fenomeno degli aborti clandestini (quantificati con una rilevazione ferma al 2005 – tra i 12mila e i 15mila casi per le italiane e tra i tremila e i cinquemila per le straniere). La possibilità di acquisto di farmaci abortivi online rende la situazione ancora più pericolosa e difficile da fotografare, ma che bisogna in qualche modo arginare, proprio facilitando e rendendo realmente accessibile per tutte le donne il servizio di IVG. Non è sufficiente prevedere che le farmacie autorizzate alla vendita online abbiano un bollino di certificazione rilasciato dal ministero della Salute, perché sappiamo che le strade non sono solo quelle legali. I casi evidenti sono solo quelli che arrivano nei pronto soccorso. Questo è il quadro in cui è stato approvato il decreto di depenalizzazione dell’aborto clandestino.
Ci rivolgiamo all’Intergruppo parlamentare per le donne, i diritti e le pari opportunità affinché il parlamento al più presto intervenga sul decreto legislativo n° 8 del 15 gennaio 2016 e riduca le sanzioni alle donne stabilendo cifre simboliche come prevedeva il vecchio testo di legge, che si dia piena attuazione alla legge 194/78, imponendo una quota ai medici e ai paramedici obiettori all’atto dell’assunzione e che le attuali strutture si allineino a tale disposizione per  non incrementare il mercato degli aborti clandestini. Al fine di una corretta applicazione della legge è altresì doveroso mettere in campo azioni di prevenzione in maniera strutturata e sistematica, che si potenzino i consultori e che sia semplificato l'iter dell'aborto farmacologico, che la pratica dell'obiezione non violi il diritto alla salute psico-fisica e al rispetto delle donne.
Le promotrici di #ObiettiamoLaSanzione Anarkikka, Monica Lanfranco, Loredana Lipperini, Cristina Obber, Antonella Penati (Associazione Federico nel cuore), Lea Fiorentini Pietrogrande, Benedetta Pintus (Pasionaria.it), Barbara Bonomi Romagnoli, Maddalena Robustelli, Paola Tavella,Simona Sforza, Nadia Somma, Lorella Zanardo, La rete delle reti, Donatella Martini (Ass. Donne in Quota)

domenica 21 febbraio 2016

Sanzioni per aborto clandestino: le donne non ci stanno!

Ecco, ci siamo. L'aborto clandestino è tornato, la macelleria riapre per latitanza della sanità, la prevenzione va a quel paese, l'autodeterminazione e la sicurezza pure. E chi paga? sempre le donne, le colpevoli sono sempre loro, what else? 
Parte dal blog di Anarkikka il tamtam di #obiettiamolasanzione per far sentire le voci del dissenso sulle sanzioni stellari varate dal Governo contro le donne che ricorrono all'aborto clandestino: da “fino a 51 euro”, a “da 5.000 euro a 10.000 euro”. Questo il risultato del decreto approvato lo scorso 15 gennaio 2016 : un provvedimento che depenalizza per la donna il reato di aborto clandestino - cioè chiarisce che non c'è reato penale, appunto - innalzando però le sanzioni per chi vi ricorre. E eccoci ai vecchi tempi: nell'impossibilità di scegliere, prima della legge 194, una donna poteva scegliere fra i ferri delle mammane o le cliniche private e i viaggi a Londra; era tutta una questione di soldi. Non potendo scegliere, oggi, per svuotamento della legge a causa di abuso dell'obiezione, non avendo assistenza una donna può scegliere fra i ferri delle mammane o le cliniche private, e tenere in conto anche una bella sanzione. Resta tutta una questione di soldi, ma le donne non pagano solo quelli.
Le donne non ci stanno e oggi lo dicono lanciando un tweestorm, per domani 22 febbraio dalle 12,00 alle 14,00 e dalle 19,00 alle 21,00, a @matteorenzi @bealorenzin: #ObiettiamoLaSanzione No all’aggravio delle multe a chi è costretta all’aborto clandestino  
Queste le spiegazioni dal comunicato che sta raccogliendo adesioni:
Questo provvedimento non evidenzia le cause a monte di un ritorno preoccupante agli aborti clandestini, purtroppo sottostimati in ogni relazione ministeriale, tra cui innanzitutto un abnorme numero di obiettori di coscienza, la cui media nazionale del 70%, raggiunge in alcune regioni anche quote superiori al 90%. Invece di incrementare l’educazione ad una contraccezione diffusa e di assicurare un servizio di IVG certo ed efficiente si sceglie di colpire economicamente le donne.  
L’aggravio delle sanzioni viene venduto come un deterrente del reato, perché viene suggerito che la certezza della sanzione e la depenalizzazione possano addirittura avere funzione preventiva. Mentre l’obiettivo dichiarato è quello di dare un taglio a tutti i procedimenti che altrimenti intaserebbero la macchina giudiziaria, nel contempo non si fa luce sugli ostacoli che rendono impossibile per molte donne seguire l’iter previsto dalla legge 194.
L'elevato numero di obiettori si traduce in enormi difficoltà di accesso ad un iter sicuro e celere, con tante donne costrette ad andare in altre regioni per poter interrompere la gravidanza. Il problema è tanto acuito dal fenomeno dell'obiezione di struttura, a causa della quale interi reparti ospedalieri non praticano le IVG e non applicano la legge, che persino i giornali esteri ne scrivono.
Siamo dinanzi a uno svuotamento progressivo della 194, processo che da anni pare inarrestabile. Il nostro auspicio è che si apra al più presto un dibattito istituzionale che porti lo Stato a farsi responsabilmente e fattivamente garante del diritto ad un aborto libero, gratuito e sicuro, per consentire alle donne la scelta di diventare madri liberamente e consapevolmente. 
Chiediamo allo Stato risposte adeguate contro gli aborti clandestini e non aumenti di sanzioni economiche. Conseguentemente rivendichiamo la concreta applicazione della 194, nata per salvaguardare la salute delle donne ma ad oggi svuotata di reali tutele a causa dell’obiezione di coscienza. • Prime adesioni da persone e gruppi / Anarkikka, Loredana Lipperini, Cristina Obber, Pasionaria.it, Antonella Penati, Maddalena Robustelli, Simona Sforza blogger e attivista, Nadia Somma blogger e attivista, Lorella Zanardo, La rete delle reti femminili, Casa Internazionale delle Donne di Roma, Suny Vecchi Frigio.. unitevi qui: al blog di Anarkikka.

sabato 20 febbraio 2016

Perché non si è voluta emendare la Cirinnà in modo da blindare la stepchild contro l'utero in affitto?

Grazie a Paola Tavella per il suo pezzo sulla legge per le unioni civili che annaspa in Senato. L'incipit punta il dito, giustamente, sulla voce che circola da settimane di una imminente paternità di Nichi Vendola. Come? via utero californiano in affitto.

Ora, si chiede la Tavella, con che coraggio il Pd e Sel si presenteranno di nuovo in Senato e davanti al paese, mercoledì, e ci diranno che il ddl Cirinnà non permette e non facilita l'utero in affitto? Ha ragione da vendere. E ci dà anche una chiave per capire di più di questa legge e del groviglio delle volontà politiche che si nascondono dietro il dito generico dei diritti. Scrive Tavella: C'è un dato politico di prima grandezza dietro questa vicenda. Chi ha accusato di ipocrisia i senatori che, più o meno in buona fede, con argomenti talvolta nobili e talvolta disgustosi, si sono detti contrari alla stepchild adoption come prevista dall'articolo 5 del ddl Cirinnà perché apre all'utero in affitto, si trova con i pantaloni calati nel bel mezzo di una piazza. E se nasce un bambino in California il burlone che ha tirato giù i pantaloni a tutti è Nichi Vendola. Già è strano che si sia fatto finta di nulla davanti all'evidenza che il senatore Sergio Lo Giudice, uno degli estensori del ddl Cirinnà, ha comprato un ovocita per impiantarlo nell'utero di una donna che ha portato avanti la gravidanza in California, entrambe pratiche vietate in Italia. Sergio Lo Giudice e suo marito hanno rilasciato un'intervista a Le Iene dove hanno detto che "un bambino è una vita e non è una merce", che il pagamento della madre surrogata "non incide sulla valenza etica del suo gesto", che "è importante che da subito tra la surrogata e il neonato non ci sia un rapporto madre-figlio". Si può credere a questo punto che ci sia buona fede in chi dice che fra il ddl e la surrogacy non c'è nessuna relazione? La verità incontrovertibile è che con la stepchild due uomini uniti in base al ddl Cirinnà possono decidere di affittare un utero all'estero ed essere sicuri, già al momento del contratto preliminare, che tornando in Italia disporranno di un percorso privilegiato - quello previsto dalla Cirinnà - perché il neonato a contratto sia adottato automaticamente dall'altro padre, e abbia un certificato di nascita dove non esiste né mai è esistita una madre.
Dovremo credere all'onestà di Sel che nega questo nesso mentre il suo capo affitta un utero in California? E perché mai questi paladini della libertà non hanno fatto una battaglia a viso aperto, dicendo che l'utero in affitto è una pratica etica, da legalizzare in Italia? E che ci diranno le femministe di Sel e del Pd della sorte dei bambini nati così? A rigor di logica, se è la psiconalisi è una trascurabile sciocchezza e si può ignorare l'importanza della vita prenatale e la profondità del trauma e del dolore di un neonato separato e abbandonato dalla madre, allora saranno sciocchezze anche quelle scritte da psicologi e psicoanalisti a proposito della genitorialità gay e il favore di molti illustri specialisti all'adozione da parte di coppie delle stesso sesso. Oppure, come io credo, entrambe queste tesi sono vere e fondate. La verità è che le azioni di questi uomini politici hanno ipotecato la legge sulle unioni civili, mettendo a repentaglio i diritti di decine di migliaia di persone e, semi-affondando la stepchild adoption, che riguarda non già pochissimi privilegiati ricchi che vanno a comprare figli negli Stati Uniti ma migliaia di famiglie qualunque composte da donne e dai loro figli, ovvero la stragrande maggioranza di chi ha diritto alla stepchild di bambine e bambini generati da una madre con l'eterologa, senza affittare corpi di altri. Resta dunque da chiedersi perché non si è voluta emendare la Cirinnà in modo da blindare la stepchild contro l'utero in affitto, né riformare contestualmente l'istituto della adozione speciale per rendere impossibile procurarsi un neonato a contratto all'estero e poi far riconoscere gli effetti giuridici di questo contratto in Italia. Se l'utero in affitto venisse davvero contrastato, chi protesterebbe?
Il modo ci sarebbe, basta volerlo. Fingiamo che si presenti davanti al Tribunale dei Minori una coppia italiana che vuole regolarizzare un neonato dichiarando che la signora ha partorito inaspettatamente in Ucraina, in Nepal, in India, in Guatemala, in Belgio, in Cambogia, a Los Angeles. Basta un'analisi del Dna per scoprire se il bambino è figlio di colei che dichiara di essere sua madre, basta una visita per scoprire se lei lo ha partorito o no. E d'altra parte non è certo difficile intercettare le coppie dello stesso sesso. Allora, una volta accertata la verità, come è dovere del Tribunale, non si infliggono sanzioni penali, non si portano via bambini a nessuno, nulla di tutti questi orrori. Però si commina una sanzione amministrativa, ovvero una multa così salata che ci vorranno generazioni per pagarla.
Va aggiunto anche che i paesi dove la surrogacy è legale e possibile, ovvero dove esistono le condizioni teniche e sanitarie per attuarla ed essere affidabili agli occhi delle abbienti coppie occidentali, sono molto pochi. E quindi per evitare che siano aggirato i divieti di surrogacy nei paesi di origine dei committenti, è sufficiente stringere accordi ufficiali con i paesi meta di turismo procreativo e subordinare il rilascio del visto per motivi sanitari alla dichiarazione dell'Ambasciata che prova come la pratica che si va a fare è legale. Per esempio l'eterologa in India si può fare perché in Italia è legale, la surrogacy no perché è illegale.
È in questa direzione che si sta orientando la Francia, e così gli altri paesi europei in cui la Gpa è vietata e si intende mantenerla tale, in base alle indicazioni del Parlamento europeo che ha approvato nel dicembre scorso il Rapporto sui diritti umani che "condanna la pratica della maternità surrogata, che mina la dignità umana della donna, visto che il suo corpo e le sue funzioni riproduttive sono usate come una merce; considera che la pratica della maternità surrogata, che implica lo sfruttamento riproduttivo e l'uso del corpo umano per profitti finanziari o di altro tipo, in particolare il caso delle donne vulnerabili nei Paesi in via di sviluppo, debba esser vietato e trattato come questione di urgenza negli strumenti per i diritti umani" a disposizione dell'Ue nel dialogo con i Paesi terzi.
Ma i paesi europei che non vogliono la Gpa, fra cui ufficialmente c'è anche l'Italia, sono minacciati dalle sentenze della Corte europea dei diritti umani (Cedu), che li condanna perché non trascrivono l'atto di nascita ai bambini nati con la surrogacy pagata da loro cittadini. La Cedu non fa parte dell'Unione europea ed è un organo ben distinto dalla Corte europea dei diritti dell'uomo.
La Cedu è un organismo legato al Consiglio d'Europa, di cui fanno parte 47 stati, fra i quali molti in cui il business della maternità surrogata è fiorente e in piena espansione. I pronunciamenti dell'organismo sono al centro di un fortissimo conflitto. Il Consiglio d'Europa il 15 marzo esaminerà la relazione sulla ammissibilità della Gpa scritto dalla ginecologa e deputata belga de Sutter, contestatissima per conflitto di interessi poiché ella stessa praticante la surrogacy a pagamento nella sua clinica a Gand (in Belgio la Gpa non è né vietata né regolamentata) e anche in una clinica in India. "Da quello che sappiamo - ha detto la socialista Laurence Dumont, vicepresidente del Parlamento francese dove si è tenuta il 2 febbraio scorso una assemblea mondiale per la messa la bando della surrogacy in tutto il mondo - il documento è favorevole a una regolazione legale della Gpa nei 47 paesi che compongono i Consiglio d'Europa, e fra questi per esempio c'è l'Ucraina che ha investito moltissimo in Gpa". Quando la Cedu ha multato l'Italia e la Francia che non hanno riconosciuto documenti anagrafici ai figli della surrogacy, 7 giudici si sono espressi in maniera contraria, e fra loro l'italiano Guido Raimondi e l'islandese Robert Spano. Raimondi è il vicepresidente della Cedu. I 7 giudici contrari hanno scritto: "Se è sufficiente creare all'estero un legame illegale con un neonato per obbligare le autorità del proprio Stato a riconoscere l'esistenza di una vita familiare, è evidente che la libertà dei Paesi di non riconoscere gli effetti giuridici del ricorso alle madri surrogate - libertà che tuttavia la giurisprudenza della Corte riconosce - è ridotta a nulla".

venerdì 19 febbraio 2016

Umberto Eco, l'uomo che ci rivelò il segreto per vivere 5.000 anni

Se ne va Umberto Eco, l'uomo che ci rivelò il segreto per vivere 5.000 anni: 
Chi non legge - diceva - a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: già c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito. La lettura è un'immortalità all'indietro. 


Se ne va ma sta sempre con noi - noi che amiamo i libri perché i libri sono persone, vite intere; noi che viviamo mille, cinquemila, diecimila anni in una vita sola. 

mercoledì 17 febbraio 2016

Thérèse Clerc, la donna che sapeva amare (anche) la vecchiaia. Sognare, osare, creare.

Se ne è andata Thérèse Cler; teniamola con noi. 

Fondò le case delle Babayagas perché era strega, come tutte le donne lo sono. Facciamo dunque nostro il suo sortilegio:
felici le donne che realizzano la loro unità; loro nascono a sé stesse e partoriscono un mondo riunificato. Felici quelle che rimuovono le frontiere, la Matrice è la loro Terra, loro ritrovano le loro origini. Felici le donne che si allontanano dalle rive dei Padri, loro gettano le loro reti in acque tranquille e fanno arretrare la violenza e la guerra. Infelici quelle che usano la seduzione per raccogliere privilegi dai Padri, loro coltivano il proprio disordine, quello che genera la gerarchia e la concorrenza fra donne. Beate le donne che fanno emergere il proprio continente nero. Una nuova Terra appare e loro la fecondano.


La vecchiaia non è una malattia, è l’età della grande libertà - diceva. Fondò le "maison des Babayagas" - qui il sito ufficiale - quelle case delle streghe che speriamo si diffonderanno in tutto il mondo. Di lei, e di questo suo grandioso, delizioso, progetto, vi avevamo già parlato qui, invitando a portarlo anche Italia. In attesa giungano aggiornamenti da chi ha deciso di farlo e ci sta lavorando… teniamoci strette al cuore la storia di questa donna, la magia del suo pensiero. 


giovedì 4 febbraio 2016

Rimpasto di Governo da completare. Un richiamo al Primo Ministro Renzi: le donne diminuiscono e (ancora!) nessuna delega per le Pari Opportunità

L’attenzione dedicata nel discorso di Capodanno, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla situazione delle donne in Italia e alla stretta connessione tra le problematiche che a oggi investono la realtà femminile e i ben noti problemi sociali ed economici del Paese, induceva a non perdere ogni speranza di ottenere una Ministra per le Pari Opportunità. E invece, anche dopo il recente rimpasto, non solo ancora manca la Ministra alle Pari Opportunità, ma  neppure è stata conferita a una delle Ministre la delega alle Pari Opportunità.

L’intervento risulta doveroso dato che l’esperimento della "Consigliera alle Pari Opportunità del Presidente del Consiglio" si è concluso con le dimissioni della stessa nonché la mancata sostituzione del  Capo Dipartimento alle Pari Opportunità. Non sono più tollerabili ritardi, dopo che, come annunciato dall'NCD, sarà conferita al neo Ministro agli Affari Regionali la delega alla Famiglia.
Inoltre, se guardiamo ai numeri, è ormai definitivo l’addio al Governo 50&50: avviato con  le dimissioni, un anno fa, della Ministra agli Affari regionali e, successivamente con l'assegnazione a un uomo dell’importante Dicastero degli Affari Esteri. Ora i ministri sono di nuovo 16, ma solo 6 le donne. Per non parlare delle viceministre e delle sottosegretarie, alle quali già nella prima composizione  non era stato riconosciuto  il 50&50.
Chiediamo che la delega alle P.O. sia assegnata a una delle Ministre.
In caso contrario si dovrà prendere atto di uno spostamento dell’attenzione, in via pressoché esclusiva, sul tema della famiglia, il quale storicamente travalica e oscura la questione della parità di genere. Anni fa fu avviata un’indagine sull’assetto governativo e sul lessico dei politici in vari Stati: ne emergeva con grande evidenza che nei Paesi dove l’interesse si rivolge essenzialmente alla difesa del nucleo familiare, i diritti delle donne sono trascurati e le donne sono oppresse.
La sottorappresentanza e il “silenzio-assenza” non penalizzano soltanto le donne, perché il conseguimento della parità effettiva, dell’uguaglianza nei blocchi di partenza e la messa a frutto delle potenzialità delle donne è a vantaggio di tutto il Paese. Non considerare, nei fatti, i diritti di alcune/i non significa soltanto negare un’istanza di giustizia che trova riscontro sul fronte legislativo e esterno già a partire dai principi fissati dal legislatore costituente, fino ad arrivare agli obbiettivi di quello europeo, ma anche ricusare un’opportunità di miglioramento economico e un’esperienza di crescita professionale, collettiva e personale, che investe gli interessi di tutti. Di donne e uomini, di cittadine e cittadini: in sostanza del Paese stesso. Il Presidente del Consiglio tenga  anche a mente gli obiettivi di crescita che ci sono imposti dall’Agenda della Commissione europea per il 2020: i quali considerano la parità un traino per l’incremento dell’occupazione fino a una soglia minima del 75% e per la ripartenza economica entro il perimetro europeo.
Roma, 3 febbraio 2016
Riferimenti: info@aspettarestanca.it • d.martini@donneinquota.org

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