martedì 15 ottobre 2019

Le forze democratiche siriane curde spiegano perché sono costrette a considerare, e forse accettare, l'aiuto di Mosca e di Assad

«Il mondo ha sentito parlare per la prima volta di noi, le Forze Democratiche Siriane (SDF), solo nel caos della guerra civile del nostro paese. Di queste forze io sono il comandante in capo. Le Forze Democratiche Siriane contano 70mila soldati che dal 2015 (in realtà anche da prima: ma il 2015 è stato l'anno della storica vittoria di Kobane, città martire letteralmente rasa al suolo; ndr) combattono contro l’estremismo jihadista, contro l’odio etnico e l’oppressione delle donne. 


Sono diventate una forza di combattimento molto disciplinata e professionale. Non hanno mai sparato un solo proiettile verso la Turchia. I soldati e gli ufficiali americani, che ora ci conoscono bene, lodano sempre la nostra efficacia e abilità.
Ho sempre detto alle nostre forze: questa guerra è nostra! I terroristi jihadisti dello Stato islamico sono arrivati in Siria da tutto il mondo; siamo noi quelli che devono combatterli, perché hanno occupato le nostre terre, saccheggiato i nostri villaggi, ucciso i nostri bambini e ridotto in schiavitù le nostre donne.
Per salvare da questa grave minaccia il nostro popolo abbiamo perso 11.000 soldati e alcuni fra i nostri migliori combattenti e comandanti (e fra questi moltissime donne, ndr). Ho anche sempre istruito le nostre forze all’idea che gli americani e le altre forze alleate sono i nostri partner, e quindi dovremmo sempre assicurarci che non vengano danneggiati.
Tra l'illegalità della guerra, siamo sempre rimasti fedeli alla nostra etica e disciplina, a differenza di molti altri attori non statali. Abbiamo sconfitto Al Qaeda, sradicato lo Stato islamico e, allo stesso tempo, abbiamo costruito un sistema di buon governo basato sui governi locali, sul pluralismo e sulla diversità. Attraverso le autorità governative locali, abbiamo fornito servizi per arabi, curdi e cristiani siriaci
Abbiamo chiesto un'identità nazionale siriana pluralistica, inclusiva per tutti. È questa la nostra visione per il futuro politico della Siria: federalismo decentralizzato, nella libertà religiosa e nel rispetto delle differenze reciproche.
Le forze che comando sono ora dedicate alla protezione di un terzo della Siria contro l'invasione della Turchia e dei suoi mercenari jihadisti. L'area della Siria che difendiamo è stata un rifugio sicuro per i sopravvissuti ai genocidi e alle pulizie etniche commesse dalla Turchia contro curdi, siriaci, assiri e armeni negli ultimi due secoli.
Sono sotto la nostra responsabilità oltre 12.000 prigionieri terroristi dello Stato Islamico e sopportiamo il peso dei loro familiari radicalizzati. Proteggiamo anche questa parte della Siria dalle milizie iraniane.
Quando nessuno al mondo ci sosteneva, gli Stati Uniti ci hanno teso le mani. Ci siamo stretti la mano e abbiamo apprezzato il loro generoso supporto. E, su richiesta di Washington, abbiamo deciso di ritirare i nostri armamenti pesanti dal confine con la Turchia, di distruggere le nostre fortificazioni difensive e ritirare da quelle zone i nostri combattenti più esperti: perché, finché il governo degli Stati Uniti avesse mantenuto la sua parola con noi, la Turchia non ci avrebbe mai attaccato. Ma ora ci ritroviamo indifesi davanti alle lame turche (e su questo tradimento di Trump, anche tra le forze militari USA c'è chi si esprime indignato, come il generale Allen; ndr).
Il presidente Donald Trump promette da molto tempo di ritirare le truppe statunitensi. Comprendiamo e simpatizziamo: i padri vogliono vedere i loro bambini ridere fra le loro braccia, gli amanti vogliono sentire le voci dei loro partner sussurrare, tutti vogliono tornare a casa.
Del resto noi non chiediamo che i soldati americani combattano al nostro posto; sappiamo che gli Stati Uniti non sono la polizia del mondo. Ma vogliamo che gli Stati Uniti riconoscano l’importanza del loro ruolo nel raggiungimento di una soluzione politica per la Siria: siamo certi che Washington abbia sufficiente peso per mediare una pace sostenibile tra noi e la Turchia.
Noi crediamo nella democrazia come concetto chiave, ma alla luce dell'invasione della Turchia, e della minaccia esistenziale che questo attacco rappresenta per il nostro popolo, potremmo dover riconsiderare le nostre alleanze. Ora i russi e il regime siriano hanno avanzato proposte che potrebbero salvare la vita a milioni di persone che vivono sotto la nostra protezione. Sono promesse di cui non possiamo fidarci; ma, ad essere onesti, è difficile sapere di chi ci potremmo fidare.
È chiaro che la minaccia dello Stato islamico è ancora qui, con una rete di cellule dormienti in grado di scatenare un'insurrezione. Il gran numero di prigionieri del'Isis in un sistema carcerario inadeguato è come una bomba a orologeria che può esplodere in qualsiasi momento.
Sappiamo che dovremmo scendere a compromessi dolorosi con Mosca e Bashar al-Assad seguendo la strada di lavorare con loro. Ma se dobbiamo scegliere tra i compromessi e il genocidio della nostra gente, sicuramente sceglieremo la sua sopravvivenza.
La Siria ha due opzioni: una guerra sanguinaria, etnica e religiosa, se gli Stati Uniti lasciano senza raggiungere una soluzione politica, o un futuro sicuro e stabile - ma questo è possibile solo se gli Stati Uniti usano il loro potere e il loro peso per raggiungere un accordo prima di ritirarsi.
Il motivo per cui ci siamo alleati con gli USA è la nostra convinzione fondamentale nella democrazia. Siamo delusi e frustrati dall'attuale crisi. La nostra gente è sotto attacco e la sua sicurezza è la nostra prima preoccupazione. Rimangono due domande: come possiamo proteggere al meglio il nostro popolo? E gli Stati Uniti sono ancora i nostri alleati?».
Mazloum Abdi, generale delle forze democratiche siriane, a prevalente componente curda

Questa è la lettera con cui il generale delle SDF ha motivato di dover accettare l’aiuto della Russia e del presidente siriano Assad per fronteggiare l’invasione turca del nordest della Siria dove, lo scorso 9 ottobre, ha avuto inizio la sedicente ”Operazione fonte della pace” che altro non è che una criminale offensiva contro le forze curdo-siriane delle Ypg (Unità di protezione popolare), che da ormai 5 anni fronteggiano l'Isis con sacrifici immensi. 

sabato 12 ottobre 2019

Lettera aperta delle donne, dalla Siria del nord, alle donne di tutto il mondo

Le combattenti siriane lanciano un appello alle donne di tutto il mondo. Nelle stesse ore, l'Isis ha assassinato Havrin Khalaf, segretaria generale del Partito per il Futuro della Siria, giovane attivista, ingegnera, a capo di un movimento che era una speranza per tutto il mondo.
Come donne di diverse culture e fedi, provenienti dalle antiche terre della Mesopotamia, vi inviamo il nostro più caloroso saluto; e vi invitiamo a partecipare alle azioni per fermare la guerra di invasione della Turchia nella Siria e per superare il fascismo e il patriarcato in tutto il mondo! (in particolare l’invito, al momento della lettera, era per la Giornata mondiale d'azione del 12 ottobre, ndr). 

Vi scriviamo dal vivo della guerra nel nord est della Siria, imposta alla nostra terra dallo stato turco. Siamo sopravvvissute resistendo per 3 giorni ai bombardamenti dei caccia turchi e dei carri armati. Abbiamo visto le madri nei nostri quartieri prese di mira dai bombardamenti turchi quando escono di casa in cerca di pane per le loro famiglie. 

Abbiamo visto una granata NATO fare a pezzi la gamba di Sara, di 7 anni, e uccidere suo fratello Mohammed di 12 anni. Stiamo assistendo al bombardamento di quartieri e chiese cristiane, mentre le nostre sorelle e fratelli cristiani, i cui nonni sono sopravvissuti al genocidio nel 1915, sono ora assassinati dall'esercito del nuovo impero ottomano di Erdogan. Due anni fa, abbiamo visto che, con fondi ONU e UE, lo stato turco ha costruito un muro di confine di 620 km per rafforzare fisicamente la divisione del nostro paese e impedire a più rifugiati di cercare scampo in Europa. Ora, assistiamo al fatto che i carri armati stessi dello stato turco, i soldati e i gruppi killer jihadisti hanno rimosso parte del muro per invadere le nostre città e villaggi. 
Stiamo assistendo al modo in cui i quartieri, i villaggi, le scuole, gli ospedali e il patrimonio culturale di curdi, Ezidi, arabi, siriaci, armeni, ceceni, circassi, turkmeni e altre culture che vivono qui in comune, sono presi di mira da attacchi aerei e fuoco di artiglieria. Vediamo come migliaia di famiglie siano costrette a fuggire dalle loro case per cercare rifugio senza nessun posto sicuro dove andare. Inoltre, vediamo i commandos killer dell'ISIS attaccare nuovamente città come Raqqa, che due anni fa era stata liberata dal regime terroristico dello Stato Islamico grazie alla lotta comune della nostra gente (e lo stesso avviene ora a Kobane, che nel 2015 era stata liberata dall'Isis grazie alle forze curde, ndr). Ancora una volta, vediamo gli attacchi militari congiunti dell'esercito turco e dei loro mercenari jihadisti contro Serêkani, Girêsipi e Kobane

Questi sono solo alcuni degli incidenti che abbiamo affrontato da quando Erdoğan ha dichiarato la guerra, il 9 ottobre 2019.
Mentre l'operazione di pulizia etnica genocida della Turchia fa i primi passi, vediamo anche la coraggiosa resistenza di donne, uomini e giovani che alzano la voce in difesa della loro terra e della loro dignità. Per 3 giorni i combattenti delle forze democratiche siriane SDF, insieme a YPJ e YPG, hanno combattuto con successo in prima linea per prevenire l'invasione e i massacri della Turchia. Donne e persone di tutte le età fanno parte di tutti i campi di questa resistenza per difendere l'umanità, le conquiste e i valori della rivoluzione femminile nel Rojava. 


Come donne, siamo decise a combattere finché non raggiungeremo la vittoria della pace, della libertà e della giustizia. Per raggiungere il nostro obiettivo, facciamo affidamento sulla solidarietà internazionale e sulla lotta comune delle donne e di tutti coloro che amano la libertà.
Chiediamo di:
• fermare immediatamente l'invasione e l'occupazione della Turchia nella Siria settentrionale e orientale
• istituire una No-Fly-Zone per la protezione della vita delle persone nella Siria settentrionale e orientale
• prevenire ulteriori crimini di guerra e pulizia etnica da parte delle forze dell'esercito turco, dell'ISIS, di El Nusra e di altre organizzazioni killer jihadiste
• garantire la condanna di tutti i criminali di guerra secondo il diritto internazionale
• interrompere il commercio di armi con la Turchia
• attuare sanzioni politiche ed economiche contro la Turchia
• adottare misure immediate per una soluzione politica della crisi in Siria con la rappresentanza e la partecipazione di tutte le diverse comunità nazionali, culturali e religiose in Siria.