sabato 7 febbraio 2015

Kobane è salva. Ma ecco perché dobbiamo parlare di Kobane

Vi voglio celebrare, donne di Kobane, perché la Resistenza curda salva tutti noi. Perché avete vinto, ma della vostra vittoria quasi non si parla, e questo vuole dire qualcosa. Sorridono più credibilmente, ora, le donne di Kobane. Per molti mesi hanno resistito e continuato a sorridere, pur nelle condizioni più devastanti - e all'apparenza disperate.
Si chiama amore ogni superiorità, ogni capacità di comprensione, ogni capacità di sorridere nel dolore. Amore per noi stessi e per il nostro destino, affettuosa adesione a ciò che l'Imperscrutabile vuole fare di noi - anche quando non siamo ancora in grado di vederlo e di comprenderlo. Questo è ciò a cui tendiamo (Herman Hesse). Sarà questo? L'amore?
C'è chi dice che il contrario della paura non sia affatto il coraggio, ma l'amore - appunto - e c'è da credergli. Niente come l'amore per qualcuno, o per se stessi, dà il coraggio di reagire, a qualunque prezzo. Nel celebrare queste donne coraggiose e intelligenti, cercherò anche di spiegare perché di Kobane si deve parlare, forte e attentamente, anche in futuro.

Le donne di quelle regioni non combattono contro il fondamentalismo solo dagli ultimi mesi, contro l'Isis: sono anni che sono impegnate in prima linea in questa estenuante battaglia. Questo video, del 2012, è il primo di 3, di un documentario che accompagna a conoscere le combattenti curde e il contesto in cui si muovono:

Ora Kobane è liberata. Ma quanto hanno parlato di questa vittoria i media internazionali?
Quasi niente, se si considera la posta in gioco, che ci riguarda tutti da vicino.
Si, quasi niente davvero, se si pensa alla mostruosa ascesa dell’Isis, che ci minaccia concretamente.
E occhio: chi minaccia non è affatto un gruppetto di tagliagole e basta, ma una potenza economica che continua a crescere [né sono da meno i finanziamenti che si riversano su quell'altra organizzazione sanguinaria di Boko Haram]. Una potenza mondiale - si, è questo il più ricco partito terroristico della storia, e attualmente esistente: nutrito a miliardi da qualcosa che ha interesse a vederla crescere. Sono potenze come questa che hanno dichiarato la 3° Guerra Mondiale. A qualche "paese"? no, a tutti: la guerra è al concetto stesso di democrazia basilare.
E sapendo queste cose (ma i giornalisti di testate che appartengono a grandi multinazionali, queste cose le sapranno? o certe cose le sanno solo le suorine?) - pur sapendo queste cose, dicevo, strano che di questa vittoria si sia parlato così poco, no?
Quasi niente davvero, se si pensa che i resistenti di Kobane ci stanno difendendo tutti - come scriveva intelligentemente Charb, il direttore di Charlie Hebdo: Aujourd’hui, je suis kurde. Je pense kurde, je parle kurde, je chante kurde, je pleure kurde - oggi io sono curdo, penso curdo, canto curdo, piango curdo. I Curdi assediati in Siria non sono dei "Curdi”, sono l’Umanità intera che resiste alle tenebre. Difendono la loro vita, le loro famiglie, il loro paese ma, che lo vogliano o no, rappresentano la sola difesa contro l’avanzata dello "Stato Islamico”. Ci difendono tutti, non contro quell'Islam fantasmizzato che i terroristi di Daech non rappresentano, ma contro il gangsterismo più barbaro. Come può essere credibile la presunta coalizione contro gli sgozzatori, dato che, per diverse ragioni, molti dei suoi membri hanno condiviso con questi (gli sgozzatori, ndr), e ancora per certi versi lo fanno, interessi strategici, politici, economici? Contro il cinismo e la morte, oggi, non c’è che il popolo curdo.
Ecco cosa scriveva, Charb, prima di essere spazzato via lui stesso da quel pericolo, che aveva ben riconosciuto.
E aveva ragione. Si, stanno salvando anche noi - sarebbe stato un bel problema se avessero perso.. o no? Eppure, tutto ciò è passato quasi inosservato. Provate a chiedere un po' cosa ne sa il vostro panettiere, o qualche amico che non usa twitter. Il che è strano. Strano la cosa non abbia fatto notizia, specie si guarda  all’incredibile disparità di forze fra vinti e vincitrici/vincitori, che farebbe gridare al miracolo. E, giustamente, c'è chi non manca di notarlo! qualcuno che, già a novembre, scriveva: gli Isis stanno per essere battuti da femministe armate di armi leggere, che bevono tè. Se non è questa una prova dell'esistenza di Dio, cos'è?

La città ha vinto la sua resistenza a caro prezzo: è praticamente rasa al suolo - proprio come tante città alla fine della seconda guera mondiale.

Però ce l'ha fatta, il che - considerato che (quasi) nessuno ha fatto qualcosa di serio, per aiutare, è una specie di miracolo, non c'è che dire. Da un lato un esercito armato fino ai denti di armi pesanti - fornite da alleati potenti (pensa un po', in buona parte anche molto occidentali!) - dall’altro solo popolazione civile, senza risorse e dotata solo di armi leggere; che ha ricevuto aiuti pochi e tardivi.

La piccola, ma strategica, e altamente simbolica, Kobane era schiacciata fra i tagliagole dell’Isis e la Turchia, paese tradizionalmente nemico dei Curdi, e il cui governo filoislamico è ritenuto addirittura tra i finanziatori dello "Stato islamico" in Iraq e Siria. Seriamente, come poteva farcela?
Le sole speranze le dava proprio l'incredibile coraggio mostrato da una popolazione fuori dal comune, dalla struttura paritaria e coesa, in cui così centrali sono le donne.
 NB / documentario su combattenti curde: rimosso  > vedi nostro commento in fondo.
In questa fase la stampa ha colto l’occasione di sottolineare gli aspetti folcloristici di questa battaglia disperata.
E i sinceri sostenitori dei resistenti hanno guardato con grande apprensione, mandando solidarietà; ma senza speranze. Bernard-Henri Levy scriveva, il 12 ottobre 2014: Kobane cadrà: è questione di ore. Forse di giorni. Spiegando anche bene quale catastrofe sarebbe stata, per il mondo occidentale, questa caduta.
Un esercito di donne nella disperata battaglia per difendere Kobane dallo Stato Islamico, scriveva il Daily Mail il 17 ottobre.

Distruzioni e lutti si sono susseguiti a lungo...











Eppure no! Kobane ha resistito. Eppure...

Eppure la battaglia senza speranze è stata vinta: in modo talmente eroico da essere epico. In modo talmente epico da apparire come una sorta di prova beffarda che Dio esiste, da sventolare sotto il naso degli agguerriti assassini che, sedicenti inviati da Dio stesso, credevano di andare a una passeggiata.



Gli Isis battuti da femministe armate solo di armi leggere, che bevono tè. Se non è questa una prova dell'esistenza di Dio, cosa lo è?



Si, è stato qualcosa davvero da festeggiare!!
La notizia fantastica della vittoria contro il nuovo nazismo,  è stata confermata proprio nel Giorno della Memoria, il 27 gennaio 2015. Notizia bellissima di una vittoria mai certa, quasi imprevedibile - proprio perché tanto difficile: avrebbe dovuto scatenare una febbre nell’informazione - e dunque nei popoli! Invece è passata quasi in sordina, media ufficiali alquanto sbrigativi.
Bè, non ne hanno parlato quasi niente, specie se si pensa che la recente strage di Parigi è solo un piccolo segnale di quanto vicina, e grave, sia la minaccia di un fondamentalismo che ha già scatenato una guerra mondiale. Anche se non convenzionale, anche se scatenata su fronti e con metodi nuovi, rispetto alle guerre del secolo scorso.
Ne hanno parlato (non troppo) i giornali indipendenti, e i volonterosi peones della rete - cui ci vantiamo di appartenere…







Tra questi c'è chi si è scomodato ad andare a vedere di persona, chi ci ha mandato notizie, e chi ha documentato per noi. 


E chi ci sperava tanto da crederci; all’inizio dell’assedio Malalai Joya scriveva, alle donne di Kobane: non siete sole in questa sfida, tutti coloro che amano la libertà e il progresso sono con voi. Con la vostra lotta contro l'oppressione, voi donne siete un calcio nella pancia del'ISIS e di tutti i fondamentalisti dalla mentalità medievale, che valutano le donne la metà degli uomini, e le vedono come oggetti per soddisfare la loro brame animalesche. (..) Oggi la nostra gente, ispirata dalla vostra lotta senza paura, per stare al vostro fianco strofinerà nella polvere il muso dei terroristi talebani e Jehadi, queste efferate e crudeli creazioni degli Stati Uniti. Una nazione in cui donne coraggiose prendono le armi per combattere accanto agli uomini contro l'oppressione e la colonizzazione non sarà mai sconfitta. La vittoria è vostra! Già in passato avete schiacciato e umiliato i bruti ISIS e tutta l'umanità progressista vi ammira per questo.
Questo era vero e si, anche dai media, mentre la partita sembrava persa, qualche attenzione c'è stata. Ma come mai, al momento buono, quando la vittoria c'è stata davvero, i grandi media sono stati alquanto distratti e silenti, su una vittoria che sarebbe invece da considerare epocale?

Per fortuna c'è twitter, che ci informa. I media, distratti, sono stati anche poco appropriati: perché non hanno compreso - o fanno finta di non vedere - la straordinaria importanza del ruolo avuto dalle donne in questa epica battaglia. Perché le donne e l'Isis sono due sistemi: e sono 2 sistemi contrapposti, per ragioni politiche profonde.
E allora dunque il problema è proprio questo: l'Isis non è stato battuto dagli Stati Uniti, e nemmeno dai potenti che in territori musulmani hanno dichiarato di volerli combattere: né l'Iran né l'Arabia Saudita hanno fatto nulla. Ma da un popolo perseguitato, che i potenti fanno già fatica a riconoscere, figurarsi a ringraziare; un popolo con una visione politica molto avanzata, sul piano del rapporto fra i sessi. Perciò a nessuno, ma proprio a nessuno - se non ai veri resistenti, va di celebrare questa vittoria. In tutto ciò, il ruolo delle donne va appunto al cuore delle poste in gioco della guerra mondiale che si combatte oggi, che è diffusa, e che ha fra i suoi primi target proprio le donne - che si sia in grado di capirlo o meno. E se non siete d'accordo, prima di ancorarvi ai vostri pregiudizi, e di tirare giudizi affrettati, prendetevi la briga di andare a leggere i link di approfondimento. Questo è un post a immagini, ma il contenuto c'è, eccome: e si trova fra le righe - basta aver voglia di approfondire.
Per inciso qualcuno, anche fra gli uomini, certe cose già le capisce benissimo. Altri intuiscono qualcosa, e - apparentemente confusamente, restituiscono lucidamente il concetto di quanto certi "opposti" siano nella sostanza molto vicini.
In conclusione, la posta in gioco è alta e ci riguarda da vicino. La posta in gioco richiede di andare al cuore della violenza patriarcale per comprenderla, unico modo per sconfiggerla e superarla.


La battaglia - come ben aveva capito Charb - si gioca fra il risorgere di un un'ipotesi di civiltà e la sconfitta di ogni giustizia. 
A livello mondiale sarà ancora lunga, cruenta e difficile. Nell'area curda, dopo questa vittoria cruciale, le battaglie non sono certo finite, ma ancora in pieno svolgimento (e grazie al cielo, al momento l'Isis sembra continuare ad arretrare).

Rendiamoci conto che questa guerra è anche fra noi; ci riguarda e la combattiamo anche noi, ogni giorno: con la nostra assenza, con la nostra attenzione, noi scegliamo da che parte stare, e contiamo.


Con la vittoria di Kobane una sfida importantissima è stata vinta; è stato posto un seme che può salvarci tutti.
Grazie resistenti curdi e curde. Donne di Kobane, in particolare grazie a voi. Vi voglio ringraziare, vi voglio celebrare, vi voglio ricordare al mondo intero.
NB / idem: documentario su combattenti curde: rimosso  > vedi nostro commento in fondo.



AGGIORNAMENTO del 25 agosto 2016 • a distanza di 1 anno e mezzo, la resistenza curda ha fatto ancora molti progressi contro l'Isis; tranne il principale: lo stabilirsi di giuste alleanze. Anziché attaccare l'Isis, le più grandi forze nella regione continuano ad accanirsi contro i curdi. A partire dal potente eserciti turco (nonché strategico alleato Nato); il regime dittatoriale si è consolidato in Turchia, specie dopo il colpo di stato-farsa, sferrando contro i curdi offensive sempre più dure, in casa e fuori (e cioè in Siria); l'ultima è proprio quella di questi giorni, che vede l'esercito turco in Siria muovere proprio contro le forze curde, mentre queste sono strenuamente impegnate nella liberazione di Jarablus dallo Stato Islamico.
Perché la battaglia era, e resta, fra democrazia e teocrazia islamista: e quest'ultima, che sia imposta dall'Isis o dalla Turchia, dittatura barbarica è, e rimane.
Per inciso: come potete notare, 2 su 2 documentari sulle combattenti curde, che erano stati pubblicati in questo post, sono stati fatti sparire; e non possiamo ripostarli perché sono letteralmente, ora, introvabili; e in rete le più belle testimonianze non si trovano più. Lasciamo questo, in sostituzione; sperando che non verrà fatto sparire anch'esso:

4 commenti:

  1. bellissimo bellissimo bellissimo articolo e sono tutti complici, davvero, anche quelli che si spacciano per "peggior nemici", ma hanno la stessa mentalità, vedi Iran cosa dovremmo aspettarci da questi??
    http://www.formiche.net/2015/02/11/iran-isis-2/

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  2. l'ISIS è il Quarto Reich, alimentato a fiumi di soldoni da tutti i falsi democratici, che dalla storia non imparano mai niente
    in questi giorni si sta mangiando la Libia e minaccia direttamente l'Italia con decapitazioni di massa al grido "siamo al sud di Roma" http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/libia-scatta-il-rientro-degli-italiani-e-l-isis-minaccia-l-italia-con-video-di-decapitazioni_2095736-201502a.shtml
    e solo 5 mesi fa l'Atlantic Council scriveva si, la Libia può ancora essere salvata http://www.formiche.net/2014/11/15/libia-guerra-civile/
    ma mentre si affonda l'avidità fa man bassa, per questo non c'è salvezza che venga dall'alto

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  3. ascoltala: DILAR DIRIK EXPLAINS THE ROJAVA REVOLUTION

    http://www.kurdishquestion.com/index.php/kurdistan/west-kurdistan/dilar-dirik-patiently-explains-the-rojava-revolution/665-dilar-dirik-patiently-explains-the-rojava-revolution.html
    Laura

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  4. Update • meglio tardi che mai, oggi 17 marzo, almeno il New York Times si sveglia e decide di parlarne
    http://www.nytimes.com/2015/03/16/opinion/the-kurds-heroic-stand-against-isis.html

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