mercoledì 29 luglio 2015

Prima muoiono i pesci e poi moriamo noi. La laguna di Orbetello e le 200 tonnellate di pesci morti per il caldo

Premessa: le 200 (e oltre) tonnellate di pesci morti venuti a galla nella laguna di Orbetello (così come le ripetute altre morìe - dai fiordi al porto di Palermo - e mille altre catastrofi grandi e piccole) non sono una calamità naturale: ma solo una fra le molte conseguenze di un disastro annunciato, tutto umano.  Sono inoltre un terrificante avvertimento.

Se avanzando in miniera il tuo canarino muore, tu cosa fai: vai avanti? o ti fermi e batti in ritirata? 

E se ti ci stanno portando altri su un carro che fai, ti lasci trascinare in fondo? o provi a fermare questo assurdo viaggio verso la morte? Se vuoi fermarti ricordati: non ti salverai da solo; perciò dovremmo essere in tanti a muoverci, tutti insieme.
Al nostro Premier vorremmo dire: poiché Lei occupa  il posto di Primo Ministro, spettano in primis a Lei la responsabilità e il dovere di difendere l'Italia. Contro la barbarie, il terrorismo e l'Isis; certo. Contro la mancanza di lavoro e di sostentamento. Ma oltre all'Isis e alla disoccupazione, lo vede che ci stanno minacciando forze ancor più distruttive e potenti? sono il caldo e il gelo, le carestie, la siccità, le inondazioni e i terremoti; e i veleni, con la distruzione delle nostre risorse più preziose: il cibo e il turismo che hanno dato all'Italia quel posto, nel mondo, che ora traballa sinistramente. 
Forse, dunque, non basta riconoscere a Orbetello lo stato di calamità naturale, come richiesto dal sindaco; sarebbe ora di riconoscere che bisogna affrontare a livello nazionale un'emergenza ambientale che è globale: sarebbe ora di investire ogni energia in un piano nazionale per il salvataggio del nostro habitat: dalla terra dei fuochi agli ulivi del Salento al mare di Taranto
Sarebbe ora di riconoscere che le norme salvatrivelle sono state un errore, di sospendere immediatamente i folli piani per la trivellazione del mare e per l'estrazione del petrolio con le bombe marine. Sarebbe ora di rigettare l'illusione delle grandi opere che distruggono l'ambiente e alimentano la corruzione per impegnarsi urgentemente a riparare l'immenso danno in atto contro quello che abbiamo di più prezioso.
Sarebbe ora di ascoltare l'allarme dell'ONUSarebbe ora di azioni urgenti per il clima e il territorio.
Perché non c'è più tempo.

Solo a Orbetello i danni sono già ora stimati intorno ai 15-20milioni di euro. Davvero? no, è molto di più: non si può monetizzare la vita. Ma anche accettando il mero linguaggio del denaro, anche un bambino capisce che non serve spremere i cittadini e tagliare i servizi, se poi i soldi così "risparmiati" vanno nel vaso senza fondo di disastri preannunciati e senza fine, e della corruzione che li provoca.
La sinistra è delusa dal governo Renzi. Ma non possiamo certo contare su un nuovo governo delle destre autoritarie e xenofobe: si tratterebbe solo di schiacciare ancor più sull'acceleratore. Perciò  per l'ennesima volta ricordiamo che serve una inversione a U: governo Renzi, serve cambiare verso, ma davvero e in fretta; anzi, adesso.

Adesso. Perché esondano catastrofi climatiche ovunque.
Perché siamo stati avvisati.
Perché non c'è più tempo.

domenica 26 luglio 2015

Ricordando Rita Atria, la picciridda di Borsellino che sfidò tutti e fu abbandonata

Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita. Tutti hanno paura ma l'unica cosa di cui ho paura io è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi
Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c'è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi ed il nostro modo sbagliato di comportarsi. Borsellino, sei morto per ciò in cui credevi ma io senza di te sono mortaRita

Non erano parole vuote: dopo l'assassinio del giudice Rita restò sola, tanto sola che si gettò dalla finestra; era il 26 luglio del 1992. Aveva solo 17 anni, e aveva avuto il coraggio di un esercito. Era fimmina lingua longa e amica degli sbirri. 
Al suo funerale, il prete seppe dire solo: Signore perdonala perché ha rovinato tanti padri di famiglia (!!); grazie al cielo fra le donne presenti molte si girarono, e gli voltarono le spalle in segno di protesta.
Ma per paura di ritorsioni perfino sua madre, perfino dopo la sua morte, continuò a rinnergarla. Una donna che aveva subito dal marito-padrone e mafioso una vita di abusi e che non era stata capace di trovare una via di riscatto per sé né per questa figlia mai amata, non voluta e frutto di violenza
Resta l'associazione antimafia intitolata a Rita. è qui, e nel sostegno che ognuno di noi continuerà a dare ad associazioni come questa, che resta e continua ad agire, il segno lasciato da questa coraggiosa donna nel mondo.


martedì 21 luglio 2015

Assoluzione per stupro di gruppo: cosa dice e dove ci porta la sentenza in quelle 4 paginette ambigue e moraliste

Stiamo parlando di quello che è ormai noto come lo stupro di Fortezza da Basso. Lisa Parrini, la legale della ragazza, ha definito stupefacente la sentenza che assolve i sei uomini condannati in primo grado per stupro.

'Indagini articolate, 19 ore di deposizione della vittima, testimonianze dirette  e di persone informate dei fatti, un processo complesso hanno prodotto una sentenza di 4 paginette che assolve gli imputati perché, a quanto pare, la vittima viene giudicata una ragazza troppo disinibita per essere creduta' una che conduceva una vita non lineare'. Questa sentenza della corte di appello di Firenze porta direttamente alla conclusione logica che una ragazza facile possa essere stuprata impunemente da chiunque. E ci ricorda quella dei jeans per cui, se la donna indossa i jeans, lo stupro sarebbe impossibile; una ridicola motivazione che indignò le donne in Italia e nel mondo e portò negli Stati Uniti all'iniziativa del Denim day. 
E' triste verificarlo ma nel nostro Paese siamo tornati indietro ai tempi di  Processo per stupro e quella scritta dai tre giudici fiorentini (di cui due sono donne), è soprattutto una condanna morale inflitta alle abitudini sessuali della vittima, che con ambiguità e contraddizioni crea un precedente pericolosissimo per tutte le vittime di stupro che chiedano giustizia. 

 "La vicenda risale nel 2008, la mia assistita  aveva un rapporto di amicizia e  collaborazione con uno di loro che l'aveva invitata ad andare a bere. Era stata vista mal ferma sulle gambe e visibilmente sostenuta dal gruppo in uscita dalla Fortezza che si è allontanato. Ha dato una descrizione dettagliata dei fatti ma secondo la Corte  era una donna libera, pronta e adusa a pratiche sessuali disinibite e questo avrebbe giustificato gli imputati ad avere ritenuto sussistente il consenso ad un rapporto sessuale di gruppo con sei uomini ed una donna"
 Questo è un passaggio pericolosissimo per la libertà e la dignità delle donne perché rende lecito dedurre la loro disponibilità sessuale sulla base di comportamenti sessuali. La vittima aveva avuto due rapporti occasionali, una convivenza e una relazione omosessuale, troppo disinibita, secondo le convinzioni dei giudici, e quindi quei 6 uomini hanno potuto interpretarne il consenso!  Una sentenza che gronda morale sessista e patriarcale e che manda un messaggio alle donne: non potete vivere liberamente la vostra sessualità perché non godete di una piena soggettività; se vi sottraete alle regole della morale sessuale  allora non avete più diritto al consenso ma questo verrà gestito da altri. In soldoni: o siete un possesso di un singolo patriarca, della famiglia o di dio oppure rassegnatevi… siete di tutti. 
Ma le aberrazioni non si chiudono qua. La sentenza cita la Cassazione là dove ha specificato che avere rapporti sessuali con una persona ubriaca, in condizioni di minorata capacità fisica e psichica, equivale a costringerla. Ma poi compie un vero e proprio gioco di prestigio: siccome nel processo di appello è stato escluso che gli imputati avessero indotto  la vittima a bere con lo scopo di commettere violenza allora, oplà: lo stato di ebbrezza svanisce e la ragazza diviene "probabilmente ubriaca ma presente a sé stessa". La legale ha stigmatizzato anche l'equiparazione della testimonianza degli imputati a quella della vittima. Nel nostro ordinamento i testimoni giurano, e in caso di dichiarazioni false subiscono conseguenze penali mentre gli imputati no e possono mentire o tacere per difendersi; eppure i giudici si sono avvalsi delle dichiarazioni degli imputati per demolire quelle della vittima. 
La ragazza, infine, secondo la sentenza si sarebbe sottoposta a 19 ore di interrogatorio e sarebbe stata 7 anni in attesa della fine dell'iter processuale per una sorta di autoterapia autolesionista: doveva 'autostigmatizzarsi' per prendere le distanze da una serata "squallida". Insomma per i giudici la vittima non era ubriaca, anzi  lo era ma era "presente a sé stessa",  "era disinibita e libera"  anzi no, era moralista e si è pentita. Non fa una piega, no?
E i giudici stessi, condannano lo stupro, anzi no, lo ammettono, anzi lo negano, se la donna è scostumata; e insomma, tanto per cambiare, provoca.  

lunedì 20 luglio 2015

Assoluzione per stupro, la donna che denunciò scrive ad alcune blogger

I fatti avvennero nel 2008 a Fortezza da Basso. Una ragazza denuncia per stupro sei uomini;  questi, dopo la condanna in primo grado, sono stati oggi assolti dalla Corte D'Appello di Firenze. Una sentenza che fa discutere - così come molte altre: capita infatti che, dopo tante chiacchiere, il reato di stupro venga disinvoltamente ridimensionato. Indovinate a spese di chi, e in nome di quali argomenti? 

Nel caso in questione sono stati pubblicati alcuni stralci che rivelano appunti di tipo morale rivolti alla vittima, con i quali i giudici che hanno stigmatizzato (anziché il reato commesso) i comportamenti sessuali della donna e altre ambiguità. I giudici scrivono che la vicenda "è incresciosa" (?) ma penalmente non censurabile : negano dunque l'esistenza stessa del reato; aggiungendo che "la giovane era presente a se stessa anche se probabilmente ubriaca, l'iniziativa del gruppo comunque non fu ostacolata". Ieri la ragazza ha inviato alle blogger Eretika e a Ricciocorno Schiattoso una lettera che riportiamo anche qui, in attesa di avere il testo della sentenza e di fare un commento approfondito. 

Fortezza significa forza. Adesso non più!
Vorrei riuscire a scrivere qualcosa che abbia un senso ma non posso perché un senso, questa vicenda, non ce l’ha. Sono io la ragazza dello stupro della fortezza, sono io.
Esisto. Nonostante abbia vissuto anni sotto shock, sia stata imbottita di psicofarmaci, abbia convissuto con attacchi di panico e incubi ricorrenti, abbia tentato il suicidio più e più volte, abbia dovuto ricostruir a stenti briciola dopo briciola, frammento dopo frammento, la mia vita distrutta, maciullata dalla violenza: la violenza che mi é stata arrecata quella notte, la violenza dei mille interrogatori della polizia, la violenza di 19 ore di processo in cui é stata dissezionata la mia vita dal tipo di mutande che porto al perché mi ritengo bisessuale.
Come potete immaginare che io mi senta adesso? Non riesco a descriverlo nemmeno io. La cosa più amara e dolorosa di questa vicenda é vedere come ogni volta che cerco con le mani e i denti di recuperare la mia vita, di reagire, di andare avanti, c’é sempre qualcosa che ritorna a ricordarmi che sì, sono stata stuprata e non sarò mai piú la stessa. Che siano state le varie fasi della lunghissima prima udienza, o le sentenze della prima e poi della seconda, ne ho sempre avuto notizia dai social media piuttosto che dal mio avvocato. Come mai questo accada non lo so. So soltanto che é come un elastico che quando meno me l’aspetto, mentre sono assorta e impegnata a affrontare il mondo, piena di cicatrici, ma cercando la forza per farcela, questo maledetto elastico mi riporta indietro di 7 anni, ogni maledetta volta.
Ogni maledetta volta dopo aver lavorato su me stessa, cercato di elaborare il trauma, espulso da me i sensi di colpa introiettati, il fatto di sentirmi sbagliata, sporca, colpevole. Dopo aver cercato di trasformare il dolore, la paura, il pianto in forza, in arte, ecco un altro articolo che parla di me. E io mi ritrovo catapultata di nuovo in quella strada, nel centro antiviolenza, nell‘aula di tribunale. Tutto questo mi sembra surreale come un supplizio di Tantalo.
La memoria é una brutta bestia. Nel corso degli anni si dimenticano magari frasi, l’ordine del prima e dopo, ma il corpo sa tutto. Le sensazioni, il dolore fisico, il mal di stomaco, la voglia di vomitare, non si dimentica. Che poi quanti sforzi ho fatto per ritornare ad avere una vita normale, ricominciare a studiare, laurearmi, cercare un lavoro, vivere relazioni, uscire, sentirsi a proprio agio nel proprio corpo, nella propria città. E quante volte sono stata invece redarguita dal mio legale, per avere una “ripresa”. Per sembrare andare avanti, e non sconfitta, finita. “La vittima deve essere credibile”. Forse se quella volta avessi inghiottito più pasticche e fossi morta sarei stata più credibile? Forse non li avrebbero assolti?
Essere vittima di violenza e denunciarla é un’arma a doppio taglio: verrai creduta solo e fin tanto che ti mostrerai distrutta, senza speranza, finché ti chiuderai in casa buttando la chiave dalla finestra, come una moderna Raperonzolo. Ma se mai proverai a cercare di uscirne, a cercare, pian piano di riprendere la tua vita, ti sarà detto “ah ma vedi, non ti é mica successo nulla, se fossi stata veramente vittima non lo faresti”. Così può succedere quindi che in sede di processo qualcuno tiri fuori una fotografia ricavata dai social network in cui, a distanza di tre anni dall’accaduto, sei con degli amici, sorridi e non hai il solito muso lungo, prova lampante che non é stato un delitto così grave. Fondamentale, ovviamente.
A sette anni di distanza ancora ho attacchi di panico, ho flashback e incubi e lotto giornalmente contro la depressione e la disistima di me.
Non riesco a vivere più nella mia cittá, ossessionata dai brutti ricordi e dalla paura di ciò che la gente pensa di me. Prima la Fortezza da Basso era un luogo pieno di ricordi positivi, la Mostra dell’Artigianato, il Social Forum Europeo, i numerosi festival e fiere. Adesso é un luogo che cerco di evitare, un buco nero sulla mappa della città di Firenze.
Mi é stato detto, é stato scritto, che ho una condotta sregolata, una vita non lineare, una sessualità “confusa”, che sono un soggetto provocatorio, esibizionista, eccessivo, borderline. C’é chi ha detto addirittura che non ero che una escort, una donna a pagamento che non pagata o non pagata abbastanza, ha voluto rivalersi con una denuncia.
Perché sono bisessuale dichiarata, perché ho convissuto col mio ragazzo un anno prima che succedesse tutto ció, perché amo viaggiare e unito al fatto che non sono riuscita a vivere nella mia città dopo l’accaduto, ho viaggiato molto, proprio per quella sensazione di essere chiunque e di dimenticare la tua storia in un posto nuovo. Perché sono femminista e attivista lgbt e fin dai 15 anni lotto contro questo schifo di patriarcato che oggi come sette anni fa, cerca di annientarmi come ha fatto e fa continuamente, ovunque.
Perché mi vesto non seguendo le mode, e quindi se seguo uno stile alternativo, gothic o cose del genere, sono automaticamente tacciata per promiscua. Perché sono (?) un’attrice e un’artista e ho fatto happening e performance usando il corpo come tavolozza di sentimenti e concetti anche e soprattutto legati al mio vissuto della violenza (e sì, la Body art é nata negli anni 60, mica ieri. Che poi, qualcuno si sognerebbe forse di augurare o giustificare chi stuprasse Marina Abramovic perché si é mostrata nuda in alcuni suoi lavori?).
Ebbene sì, se per essere creduta e credibile come vittima di uno stupro non bastano referti medici, psichiatrici, mille testimonianze oltre alla tua, le prove del dna, ma conta solo il numero di persone con cui sei andata a letto prima che succedesse, o che tipo di biancheria porti, se usi i tacchi, se hai mai baciato una ragazza, se giri film o fai teatro, se hai fatto della body art, se non sei un tipo casa e chiesa e non ti periti di scendere in piazza e lottare per i tuoi diritti, se insomma sei una donna non conforme, non puoi essere creduta. Dato che non hai passato gli anni dell’adolescenza e della giovinezza in ginocchio sui ceci con la gonna alle caviglie e lo sguardo basso, cosa vuoi aspettarti, che qualcuno creda a te, vittima di violenza? Sono stata offesa non solo come donna, per ciò che sappiamo essere accaduto. Ma come amica, dal momento in cui il capetto del gruppo era una persona che consideravo amica, e mi ha ingannato. Sono stata offesa dagli avvocati avversari e dai giudici come bisessuale e soggetto lgbt, che hanno sbeffeggiato le mie scelte affettive e le hanno viste come “spregiudicate”. Sono stata offesa come femminista e attivista lgbt quando la mia adesione a una manifestazione contro la violenza sulle donne é stata vista come “eccessiva” e non idonea a una persona vittima di violenza, essendomi mostrata troppo “forte”. Sono stata offesa dalla corte e dagli avvocati avversari per essere un’artista e un’attrice (o per provarci, ad ogni modo), un manipolo di individui gretti che non vedono oltre il loro naso e che equiparavano qualsiasi genere di nudità o di rappresentazione che vada contro la “norma” (per es. scrivere uno spettacolo sulla prostituzione) alla pornografia. Mi hanno perfino offeso in quanto aderente alla moda giapponese delle gothic lolita (e hanno offeso il buon senso), quando hanno insinuato che fosse uno stile che ha a che fare con pornografia, erotismo e chissà cos’altro. Hanno offeso, con questa assoluzione, la mia condizione economica, di gran lunga peggiore della loro che, se hanno vinto la causa possono dir grazie ai tanti avvocati che hanno cambiato senza badare a spese, mentre io mi sono dovuta accontentare di farmi difendere da uno solo. E condannandomi a dovere essere debitrice a vita per i soldi della provvisionale che ho speso per mantenermi negli ultimi due anni, oltre al fatto che nessuno ripagherà mai il dolore, gli anni passati in depressione senza riuscire né a studiare né a lavorare, a carico dei miei, e tutti i problemi che mi porto dietro fino ad adesso. Rischio a mia volta un’accusa per diffamazione, anche scrivendo questa stessa lettera. Ciò che più fa tristezza di questa storia che mi ha cambiato radicalmente, é che nessuno ha vinto. Non hanno vinto loro, gli stupratori (accusati e assolti in II° ndb), la loro arroganza, il loro fumo negli occhi, le loro vite vincenti, per esempio l’enorme pubblicità fatta ai b-movie splatter del “capetto” del gruppo, sono andate avanti nonostante un’accusa di stupro. Abbiamo perso tutti. Ha perso la civiltà, la solidarietà umana quando una donna deve avere paura e non fidarsi degli amici, quando una donna é costretta a stare male nella propria città e non sentirsi sicura, quando una giovane donna deve sospettare quando degli amici le offrono da bere, quando si giudica la credibilità di una donna in base al tacco che indossa, quando dei giovani uomini si sentiranno in diritto di ingannare e stuprare una giovane donna perché e’ bisessuale e tanto “ci sta”. Quello che vince invece, giorno per giorno attraverso quello che faccio, é la voglia di non farmi intimidire, di non perdere la fiducia in me stessa e di riacquistarla nel genere umano, facendo volontariato, assistendo gli ultimi, i disabili, le persone con disturbi psichici (perché sì, anche quando si é sofferto di depressione e forse soprattutto per questo, si é capaci di essere empatia e d’aiuto).
Se potessi tornare indietro sapendone le conseguenze non so se sarei comunque andata al centro antiviolenza, da cui é poi partita la segnalazione alla polizia che mi ha chiamato per deporre una testimonianza tre giorni adopo. Ma forse si, comunque, per ripetere al mondo che la violenza non é mai giustificabile, indipendentemente da quale sia il tuo lavoro, che indumenti porti, quale sia il tuo orientamento sessuale. Che se anche la giustizia con me non funziona prima o poi funzionerà, cambierà, dio santo, certo che cambierà.
La ragazza della Fortezza da Basso

sabato 11 luglio 2015

Prostitute bambine, clienti pedofili, politica connivente, stampa ignava, conduttori faceti

Ha 15 anni, è stata portata in Italia con la promessa di farle rivedere la madre. Ha incontrato invece gli stupri e i viali di notte.
E poi ha avuto il coraggio di scappare e di denunciare gli aguzzini. Ora, ci dicono, è in "un centro di primissima accoglienza per minori": ma poi? 
Noi chiediamo che sia seriamente protetta. Quante sono? Nessuno le aiuta, tranne associazioni che operano comunque tra mille difficoltà, e la Caritas. Per una che scappa migliaia e migliaia di altre donne e ragazzine restano in trappola senza scampo - nell'assoluta indifferenza dei clienti, gente che guarda a loro con l'acquolina in bocca, il cervello nei genitali e il cuore gelido. Gente così. E tutte hanno giustamente il terrore di denunciare, perché verranno riacciuffate e se la vedranno ancora più brutta. 
Chi si ricorda il "telefono verde" a cui le donne obbligate alla prostituzione si potevano rivolgere per chiedere aiuto, chiuso nel 2010 da Berlusconi? Il traffico di donne e bambine è una tragedia immane, ma anche un grandissimo affare, per questo non si fa niente, ma proprio NIENTE di serio. 
Se lo ricordino, i giornalisti che fanno garrulo gossip parlando di "baby prostitute", invece che di clienti pedofili.
O quelli che, addirittura, scherzano sui "servizi" della prostituzione, e sulle invitanti offerte soprattutto dall'estero (corpi e talenti di donne cinesi, russe, rumene)  come al bar Sport, sviscerandone accuratamente tutti gli aspetti tranne uno: il fatto che la stragrande maggioranza della merce di cui parlano non è affatto rappresentata da spregiudicate donne libere (che lavorano altrove, e in altro modo), ma da piccole schiave disperate. Schiave.
Senza andare tanto lontano, proprio nella puntata di ieri (o dell'altroieri?) la Zanzara (programma della radio della Confindustria, non del bar Sport), ha dedicato al tema una dovizia di piccanti aneddoti e relativi commenti da consumatori. Il tema, del resto, è caro al faceto conduttore, pertanto ricorre; questa brevissima citazione, di un anno fa, è proprio sui massaggi cinesi su cui questa settimana il programma è tornato (con le modalità di cui sopra):

E chissà se, fra le belle cinesine che avete incontrate voi, eventuali frequentatori di questi servizi che magari passate di qua, ci sarà stata anche una di queste tre lavoranti?

Tutte queste cose dovrebbero ricordare anche quelli che trattano questi argomenti come notiziole da trafiletto: il lavoro della stampa è importante! fatto seriamente, potrebbe anch'esso contribuire almeno a elevare le coscienze. Serve questo per cambiare le cose. 

Qualcuno pensa che esageriamo? o - peggio, che facciamo del moralismo? ll film che segue narra una storia vera, che un pochino dà il quadro della situazione.