lunedì 23 febbraio 2015

Politica delle donne, bisogno di Dio, bisogno degli uomini di negare le donne - e associazioni di idee varie

Luisa Muraro, invitata al convegno sul tema Perché la nostra epoca ha bisogno di Dio (dove parlava in coppia con l’illustre teologo Jürgen Moltmann) racconta che della misericordia parlò brevemente citando le parole del profeta Maometto: sulla sommità del trono di Dio sta scritto che la sua misericordia è più grande della sua collera. 
Poche parole davvero, ma che dicono tutto [a partire dal fatto, forse, che i più zelanti interpreti della religione sono anche quelli che più la tradiscono, sempre]. E proseguendo, sul tema del “farsi giustizia” in relazione a chi non ha a disposizione o non vuole usare i mezzi del potere (la spada e la legge), ha notato che "si sono trovate in questa situazione le donne" - passando così a presentare la politica delle donne nei secoli, vista alla luce del femminismo di questi decenni, come una ricerca di giustizia che si situa fuori dai rapporti di forza, in contrasto con le eroine tragiche Medea e Ecuba le quali si sarebbero vendicate dei torti patiti da uomini infierendo sui figli innocenti. Da qui, dice la Muraro, veniva il titolo del suo contributo: La politica delle donne: non per vendetta ma per giustizia (con riferimento a parole di Nadia Fusini, citate nel testo). 
Il convegno era organizzato da Vita e Pensiero, per il centenario dell'Università Cattolica di Milano; ma il titolo del suo intervento, pubblicato poi sul numero speciale di “Vita e Pensiero” dedicato, era completamente stravolto: non più "La politica delle donne: non per vendetta ma per giustizia", ma "Noi donne, non solo per vendetta". E non solo “la politica delle donne” era rimossa dal titolo, ma nel corpo del testo veniva anche messa tra virgolette.
La “vendetta” forse c’entra, pensai allora, - dice Muraro - come parola evocatrice; forse in certe situazioni il fantasma della vendetta è ineliminabile. Lo squilibrio inevitabile di un mondo come quello cattolico, che continua a essere comandato esclusivamente da uomini pur essendo la Chiesa formata principalmente da donne, è una di queste situazioni. E non c’è niente da fare, bisogna starci… Mi ricordai l’interrogativo critico avanzato in un documento femminista, a proposito di quelle donne zelanti che alla violenza maschile rispondono proponendo di prendersi cura degli uomini violenti: “Ci chiediamo se non ci sia la tentazione di sciogliere la radicalità del femminismo abbassando il livello di tensione della relazione politica tra uomini e donne, che è quello che realmente produce spostamenti” (Nutrire la nostra libertà, rischiando di Claudio Vedovati e Sara Gandini). (…) Se pure fosse vero (non possiamo escluderlo a priori) che, in certe situazioni, su certi confini, vendetta e indifferenza sono risposte inevitabili, esiste tuttavia una terza possibilità, che è quella di aprire lo spazio relazionale dove la tensione che dicono Claudio e Sara, diventa praticabile. Impresa non facile. 
Dietro al tenace attaccamento maschile al potere, troppo spesso ci sono donne che credono di ottenere dei risultati mostrandosi accomodanti. L’ostacolo maggiore è un altro, tuttavia, ed è che le chiese, religiose o laiche, grandi o piccole, reclamano di preferenza l’appartenenza e praticano l’appropriazione
È un’eredità del passato rinforzata paradossalmente dall’individualismo di oggi per cui ogni differenza, se non è causa di odio, sparisce. Gli spazi relazionali non sono rimedi a questi mali, attenzione, non sono cioè luoghi fatti appositamente per lo scambio e il contradditorio tra persone che la pensano diversamente. Sono spazi aperti alla ricerca e alla libera frequentazione, con la possibilità d’incontrarsi. Non cortili, ma periferie. Due riconoscibili abitatori dello spazio relazionale sono Giacomo Leopardi e Simone Weil, più riconoscibili di altre e altri in quanto, nei loro confronti, i tentativi di appropriazione sono falliti.
Da il racconto della vendetta, su Libreria delle donne

Che commenti potremmo fare? Infiniti, forse. Chi ha orecchie per intendere, intenda, per esempio. E anche - non rinunciamo alla politica, ma facciamo una politica femminile. Non rinunciamo a essere disponibili; ma non riduciamoci ad essere accomodantiNon buttiamo via bambini con l'acqua sporca. Ma senza sconti a gente che riesce a confondere il concetto di forza con quello di brutalità, e così a rendere violento perfino Dio.
Diventiamo intelligenti nell'uso delle parole - e nella comprensione del loro uso. Teniamo da conto le parole delle persone intelligenti.  

sabato 21 febbraio 2015

Parlare civile: il peso delle parole nel linguaggio e nei messaggi mediatici

Ieri, 19 febbraio, la trasmissione "Siamo noi" ha trattato il tema del linguaggio: nella vita, sui giornali si usa un linguaggio corretto? 




Tra le parole portate all'attenzione femminicidio, raptus, delitto passionale. Ma anche negro, matto, folle, depresso, disabile; e poi culattone, culandra… eccetera. E qualcuno, anche qui, ha messo in dubbio l'opportunità di usare il termine femminicidio.
Ne hanno discusso, fra gli altri, Gabriella Facondo (conduttrice del programma), Luisa Betti, Moni Ovadia, Gianrico Carofiglio, Stefano Trasatti (direttore di Redattore Sociale), Massimo Cirri (conduttore di Caterpillar). Era inoltre presente Maria Teresa D'Abdon, mamma di una vittima di femminicidio.


Vale la pena di ascoltare quanto è stato detto. Qui l'intera puntata:


venerdì 20 febbraio 2015

La lettera del giovanissimo Saman Naseem, fra i curdi condannati a morte in Iran

La lettera di Saman non è personale, come quella che Reyaneh (giustiziata in Iran pochi mesi fa) aveva indirizzato alla mamma.
E' una fredda accusa che fa la cronaca di un trattamento disumano da parte di un sistema giudiziario dittatoriale - e particolarmente crudele.  
Saman doveva essere "giustiziato" (che ridicola parola) ieri, ma l'impiccagione sembra reinviata a sabato 21 febbraio. Al momento non si sa dove sia Saman [vedi aggiornamento a fondo pagina], e si teme una esecuzione in segreto, alla larga dalle proteste.
Esecuzione data per certa da diversi messaggi sui social, ma che per ora non trova conferme: le organizzazioni umanitarie stanno indagando. Nel frattempo di lui dobbiamo parlare, come di molte altre cose importanti e correlate. E prima di tutto bisogna dire che la resistenza curda va sostenuta dal basso, perché chi ha potere i Curdi li ignora, sul piano delle notizie, e li perseguita, nei fatti: e se tutti - Iran incluso - attaccano i Curdi dobbiamo chiederci il perché. Ricordando che, contro l'abominevole minaccia dell'Isis, e della Jihad sanguinaria, i Curdi stanno difendendo tutti.
Cara madre, Sholeh dal cuore tenero, nell'altro mondo siamo tu ed io gli accusatori, e gli altri gli accusati. Vedremo quale sarà la volontà di Dio. Così si concludeva la lettera di Reyaneh, anche lei arrestata giovanissima, e poi condannata a morte - non dall'Isis, ma dallo stesso regime chiamato in causa oggi. E questo è l'atto di accusa di Saman:
La tortura è iniziata immediatamente, con l'arrivo nell'isolamento. Una cella dalle pareti trattate con materiali speciali e progettata espressamente per torturare. Dopo un solo assaggio degli strumenti usati per la mia tortura, quelle terrificanti esperienze hanno iniziato a ripetersi nella mia mente come un film in replay. Le celle della prigione sono così piccole che ci si può appena sdraiare, con il WC separato da un muro aperto: la superficie della stanza è solo 2 metri di lunghezza e 50 centimetri di larghezza. Tutto appariva diverso, con una videocamera sopra la mia testa che registrava tutti i miei movimenti, anche nel bagno. Era l'inizio di 97 giorni di torture e sofferenze. In questo periodo sono stato torturato in ogni modo, con tutto. Nei primi giorni le torture erano talmente pesanti che non ero in grado di camminare. Tutto il mio corpo era nero e blu. Per ore stavo appeso al soffitto per le braccia e le gambe. Durante la tortura e l'interrogatorio mi tenevano gli occhi bendati e non potevo vedere i miei torturatori. Hanno tentato con ogni mezzo disumano di ottenere una confessione. Continuavano a dire che avevano arrestato la mia famiglia, che mi avrebbero seppellito con un caricatore come avevano già fatto ai miei compagni, che mi avrebbero ammazzato qui e fatto una tomba di cemento. Di notte, quando cercavo di dormire, facevano forti rumori che me lo impedivano. Avevo solo 17 anni quando mi hanno arrestato. Per tutto questo tempo non ho mai avuto alcun contatto con la mia famiglia. Hanno registrato il mio interrogatorio mentre ero sotto questa pressione e tortura, bendato e semi-inconscio. Io dichiaro che riprese e intervista sono state fatte in queste condizioni. 
Più tardi, quando un programma di news della TV nazionale iraniana (canale 1) ha trasmesso il mio appello, sono stato liberato e mandato a casa. Ma era solo una bugia e una messa in scena per il pubblico: dopo la quale mi hanno riarrestato e condannato a morte.
Il processo e ogni difesa in tribunale sono stati del tutto superficiali, perché i miei avvocati non potevano difendermi, il giudice mi ha perfino minacciato più volte di pestaggio. I miei avvocati ha dovuto dimettersi a causa delle pressioni dei servizi segreti iraniani. Alla fine, sono stato condannato a morte; e dopo la condanna della Corte di Mahabad, il 16 febbraio 2013 sono stato trasferito da Mahabad nella prigione centrale di Orumiye. Dopo 2 anni la sentenza di morte è stata confermata dalla Corte suprema. La possibilità di un nuovo processo non è ancora chiara, ma poiché la mia sentenza è definitiva la possibilità della mia esecuzione è  imminente.
Saman Naseem, prigioniero politico curdo nel braccio della morte, carcere centrale di Orumiye, Iran
Febbraio 2015
Che ne è, oggi, di Saman? Firmiamo l' appello di Amnesty per la sua salvezza, e quest'altra petizione in suo favore - mentre le speranze sono sempre più esili.
NB - a poche ore da questo post, la notizia dell'avvenuta esecuzione di Saman -  e purtroppo anche dei 2 fratelli Ali Efşarî e Habîbullah Efşarî ! è data per certa dal sito inglese di ANF News.



mercoledì 18 febbraio 2015

Car* eurodeputat*… La Risoluzione Tarabella deve essere approvata: petizione al Partito Democratico

Il 9 marzo 2015 il Parlamento europeo esprimerà il voto finale sulla Risoluzione Tarabella, sulla Parità tra donne ed uomini nell’Unione europea. 
Ma - dopo la penosa esperienza della Risoluzione Estrela, temiamo un altro tradimentoPer prevenire pericolosi passi indietro, una petizione si rivolge a Matteo Renzi, nella sua qualità di segretario del Partito Democratico:
Caro Matteo Renzi, 
si avvicina la data del voto decisivo del Parlamento Europeo per l'approvazione della risoluzione Tarabella, già votata con ampia maggioranza dalla Commissione sui diritti delle donne. 
In qualità di segretario del PD, ti ricordiamo che nel dicembre del 2013 l’eurodeputata socialista Edite Estrela aveva presentato una risoluzione che prevedeva, tra l'altro, che la Ue invitasse tutti gli Stati membri a garantire l'aborto e i diritti sessuali e riproduttivi delle donne
Ma la risoluzione non fu nemmeno votata perché, prima, fu preso in esame un ordine del giorno del PPE (appoggiato da tutti i gruppi clericali, reazionari e neo nazisti dell'emiciclo di Strasburgo), che passò per soli 7 voti: questo grazie all'astensione dei deputati del PD Silvia Costa, Franco Frigo, Mario Pirillo, Vittorio Prodi, Patrizia Toia, e David Sassoli. 
Pochi ricordano che la 194 è l'unica legge sull'aborto al mondo che porti la firma esclusivamente di politici cattolici. Quando venne pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, il 22 maggio del 1978, portava in calce la firma di cinque politici della Democrazia Cristiana, tra questi anche quella di Tina Anselmi [e infatti è una legge che, pur riconoscendo il diritto di scelta, è soprattutto preventiva, e per questo, quando ben applicata, ha ridotto drasticamente il numero degli aborti reali, ndr].
In vista del voto, le organizzazioni cattoliche che si battono contro la Salute e diritti sessuali e riproduttivi delle donne fanno pressioni sui membri del Parlamento europeo. Ti rivolgiamo questo appello affinché tu possa ricordare ai deputati del tuo partito, e che ti sono vicini per provenienza politica, la vostra storia e la storia di questo Paese perché non si ripeta la pagina inquietante della risoluzione Estrella: assicurati che il PD che siede in Europa non tradisca le donne in quelli che sono i diritti elementari di un Paese civile.
Le associazioni Laiga e Vita di donna onlus

La Risoluzione Tarabella, che prende il nome del suo estensore (l’eurodeputato belga Marc Tarabella, del Gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti & dei Democratici), è stata approvata a larga maggioranza nella FEMM (Commissione parlamentare per i diritti della donna e per l’uguaglianza di genere); la conferma definitiva si dovrebbe avere con il voto della plenaria di Strasburgo. 
La risoluzione affronta molti temi che riguardano la condizione delle donne; in particolare il congedo parentale, il gap salariale di genere, il divario pensionistico e l'implementazione di politiche proattive per l'occupazione femminile, e il diritto delle donne di disporre del proprio corpo, ove il testo insiste sul fatto che le donne debbano avere il controllo dei loro diritti sessuali e riproduttivi, segnatamente attraverso un accesso agevole alla contraccezione e all'aborto; sostiene pertanto le misure e le azioni volte a migliorare l'accesso delle donne ai servizi di salute sessuale e riproduttiva e a meglio informarle sui loro diritti e sui servizi disponibili
Perché, così come accadde per la Risoluzione Estrela, ora c'è da temere un nuovo tradimento? Perché, sul tema dell'autodeterminazione femminile che include il diritto all'interruzione di gravidanza, la Federazione delle Associazioni Familiari Cattoliche (FAFCE) ha lanciato una campagna per il No al diritto all’aborto che ha raccolto 50.000 firme in opposizione alla c.d. disposizione Tarabella.  
In risposta, un gruppo di deputati di diversi orientamenti ha lanciato l’iniziativa All of us, (sottoscritta dalle 2 eurodeputate italiane Elena Gentile ed Elly Schlein dell’Alleanza Progressista dei Socialisti & Democratici), volta a difendere il diritto della donna di scegliere in tema di gravidanza e aborto: la dichiarazione condanna tutti i tentativi di introdurre politiche regressive che limitano l'accesso delle donne ad aborti sicuri e legali, sottolineando nel contempo anche la necessità di “un’educazione sessuale di qualità” e ricordando all'Unione europea di mantenere i propri impegni in materia di aiuti e tutela dei diritti riproduttivi. 
Ma nel Pd nazionale la questione sembra interessare poco, o forse, peggio, avere al suo interno anche oppositori. E' invece il momento, per il Partito democratico, di dimostrare nei fatti la vicinanza alle donne tanto espressa a parole: tutte le donne, e tutti i politici che si dichiarano progressisti, sono chiamati a  vigilare perché non prevalgano posizioni sessiste e retrive, e la risoluzione Tarabella sia confermata in via definitiva.

sabato 14 febbraio 2015

San Valentino accanto alle donne, ai gay, alla Terra: amore contro ogni razzismo e predazione, per i diritti

Oggi, San Valentino, è la giornata di #OneBillionRising: da 3 anni mobilitazione mondiale contro la violenza sulle donne. Qui gli eventi in tutta Italia. Oggi, San Valentino, è anche la giornata di piazzate d'amore per #UnAltroSI: campagna per uguali diritti promossa dalle associazioni gay. Oggi, San Valentino, è anche la giornata di #DivestmentDay: campagna per azioni urgenti per il clima promossa dalle associazioni ambientaliste. E oggi è anche giornata dei #lenzuolibianchi in solidarietà ai migranti. Oggi, San Valentino, è la giornata per il vero amore: e l'amore è uno solo. 
L'amore è uno solo. Noi, siamo Uno. E allora uniamoci! impariamo a fare più rete, una rete che ci sostenga tutti e tutte, che ci difenda dall'invadenza della distruzione. 
La visione del mondo per compartimenti stagni è fonte di caos mentale e di arroganza. L'arroganza è fonte di distruzione e di guerre. La divisione, basata sulla contrapposizione fra diritti, fedi, certezze granitiche, è la prima arma delle forze che tendono alla distruzione della democrazia.
Le piazze che oggi si stanno riempiendo nel mondo sono tante; e non sempre vicine: in tanti e tante vorremmo stare contemporaneamente in una, due, tre piazze diverse! ...peccato ci tocchi scegliere. 
Ora; da 3 anni #OneBillionRising, che nel 2013 è riuscita a sollevare 1 miliardo di persone nel mondo, per San Valentino chiama tutti e tutte alla mobilitazione globale contro la violenza. Quest'anno, però, anche le (benemerite) organizzazioni ambientaliste, e le (benemerite) organizzazioni per i diritti gay, hanno scelto questo giorno per chiamare all'amore per il Pianeta, e per i diritti; ottima scelta! Ma, proprio in questa giornata, entrambi hanno dimenticato di coordinarsi con le donne, di cercare un'alleanza. Perché?    
Ai gay va - da sempre - tutta la vera, profonda solidarietà delle donne. Una solidarietà dal di dentro: e non solo perché molte di NOI siamo LORO, ma perché le discriminazioni che colpiscono loro sono frutto dello STESSO patriarcato violento che colpisce noi
Al Pianeta, anche, va tutta la vera, profonda solidarietà e preoccupazione delle donne. 
Azioni urgenti per il clima! quale tema globale può esserci più caro? Nessuno, perché quello è il terreno stesso di tutti i temi. Perché noi siamo pianeta. E perché noi donne sappiamo che la violenza del potere e del profitto contro la Terra è la STESSA che colpisce il genere femminile.
Le grafiche che pubblichiamo qui, purtroppo, sono corrette/completate da noi. Quest'anno gli eventi sono stati organizzati, nelle piazze e sul web, senza interpellare le donne, e senza nessun coordinamento.
Non importa! sosteniamoci lo stesso gli uni con gli altri e con le altre.
Ma - anche - da questo istante in avanti, e per ogni azione futura, lanciamo un invito: facciamo più rete, uniamoci di più, non contrapponiamo diritti che sono, in tutto e per tutto, parte dello stesso diritto.
E' ora di alzare il tiro, e farlo guardando gli uni agli altri e alle altre - farlo di più... e a proposito, per la giornata di oggi un ringraziamento particolare ad Amnesty:

Perché diritti e lotta alla violenza sono la stessa cosa. E' ora di parlarci di più; ora di creare un solido asse fra gli attivismi.
Buon San Valentino!!!

sabato 7 febbraio 2015

Kobane è salva. Ma ecco perché dobbiamo parlare di Kobane

Vi voglio celebrare, donne di Kobane, perché la Resistenza curda salva tutti noi. Perché avete vinto, ma della vostra vittoria quasi non si parla, e questo vuole dire qualcosa. Sorridono più credibilmente, ora, le donne di Kobane. Per molti mesi hanno resistito e continuato a sorridere, pur nelle condizioni più devastanti - e all'apparenza disperate.
Si chiama amore ogni superiorità, ogni capacità di comprensione, ogni capacità di sorridere nel dolore. Amore per noi stessi e per il nostro destino, affettuosa adesione a ciò che l'Imperscrutabile vuole fare di noi - anche quando non siamo ancora in grado di vederlo e di comprenderlo. Questo è ciò a cui tendiamo (Herman Hesse). Sarà questo? L'amore?
C'è chi dice che il contrario della paura non sia affatto il coraggio, ma l'amore - appunto - e c'è da credergli. Niente come l'amore per qualcuno, o per se stessi, dà il coraggio di reagire, a qualunque prezzo. Nel celebrare queste donne coraggiose e intelligenti, cercherò anche di spiegare perché di Kobane si deve parlare, forte e attentamente, anche in futuro.

Le donne di quelle regioni non combattono contro il fondamentalismo solo dagli ultimi mesi, contro l'Isis: sono anni che sono impegnate in prima linea in questa estenuante battaglia. Questo video, del 2012, è il primo di 3, di un documentario che accompagna a conoscere le combattenti curde e il contesto in cui si muovono:

Ora Kobane è liberata. Ma quanto hanno parlato di questa vittoria i media internazionali?
Quasi niente, se si considera la posta in gioco, che ci riguarda tutti da vicino.
Si, quasi niente davvero, se si pensa alla mostruosa ascesa dell’Isis, che ci minaccia concretamente.
E occhio: chi minaccia non è affatto un gruppetto di tagliagole e basta, ma una potenza economica che continua a crescere [né sono da meno i finanziamenti che si riversano su quell'altra organizzazione sanguinaria di Boko Haram]. Una potenza mondiale - si, è questo il più ricco partito terroristico della storia, e attualmente esistente: nutrito a miliardi da qualcosa che ha interesse a vederla crescere. Sono potenze come questa che hanno dichiarato la 3° Guerra Mondiale. A qualche "paese"? no, a tutti: la guerra è al concetto stesso di democrazia basilare.
E sapendo queste cose (ma i giornalisti di testate che appartengono a grandi multinazionali, queste cose le sapranno? o certe cose le sanno solo le suorine?) - pur sapendo queste cose, dicevo, strano che di questa vittoria si sia parlato così poco, no?
Quasi niente davvero, se si pensa che i resistenti di Kobane ci stanno difendendo tutti - come scriveva intelligentemente Charb, il direttore di Charlie Hebdo: Aujourd’hui, je suis kurde. Je pense kurde, je parle kurde, je chante kurde, je pleure kurde - oggi io sono curdo, penso curdo, canto curdo, piango curdo. I Curdi assediati in Siria non sono dei "Curdi”, sono l’Umanità intera che resiste alle tenebre. Difendono la loro vita, le loro famiglie, il loro paese ma, che lo vogliano o no, rappresentano la sola difesa contro l’avanzata dello "Stato Islamico”. Ci difendono tutti, non contro quell'Islam fantasmizzato che i terroristi di Daech non rappresentano, ma contro il gangsterismo più barbaro. Come può essere credibile la presunta coalizione contro gli sgozzatori, dato che, per diverse ragioni, molti dei suoi membri hanno condiviso con questi (gli sgozzatori, ndr), e ancora per certi versi lo fanno, interessi strategici, politici, economici? Contro il cinismo e la morte, oggi, non c’è che il popolo curdo.
Ecco cosa scriveva, Charb, prima di essere spazzato via lui stesso da quel pericolo, che aveva ben riconosciuto.
E aveva ragione. Si, stanno salvando anche noi - sarebbe stato un bel problema se avessero perso.. o no? Eppure, tutto ciò è passato quasi inosservato. Provate a chiedere un po' cosa ne sa il vostro panettiere, o qualche amico che non usa twitter. Il che è strano. Strano la cosa non abbia fatto notizia, specie si guarda  all’incredibile disparità di forze fra vinti e vincitrici/vincitori, che farebbe gridare al miracolo. E, giustamente, c'è chi non manca di notarlo! qualcuno che, già a novembre, scriveva: gli Isis stanno per essere battuti da femministe armate di armi leggere, che bevono tè. Se non è questa una prova dell'esistenza di Dio, cos'è?

La città ha vinto la sua resistenza a caro prezzo: è praticamente rasa al suolo - proprio come tante città alla fine della seconda guera mondiale.

Però ce l'ha fatta, il che - considerato che (quasi) nessuno ha fatto qualcosa di serio, per aiutare, è una specie di miracolo, non c'è che dire. Da un lato un esercito armato fino ai denti di armi pesanti - fornite da alleati potenti (pensa un po', in buona parte anche molto occidentali!) - dall’altro solo popolazione civile, senza risorse e dotata solo di armi leggere; che ha ricevuto aiuti pochi e tardivi.

La piccola, ma strategica, e altamente simbolica, Kobane era schiacciata fra i tagliagole dell’Isis e la Turchia, paese tradizionalmente nemico dei Curdi, e il cui governo filoislamico è ritenuto addirittura tra i finanziatori dello "Stato islamico" in Iraq e Siria. Seriamente, come poteva farcela?
Le sole speranze le dava proprio l'incredibile coraggio mostrato da una popolazione fuori dal comune, dalla struttura paritaria e coesa, in cui così centrali sono le donne.
 NB / documentario su combattenti curde: rimosso  > vedi nostro commento in fondo.
In questa fase la stampa ha colto l’occasione di sottolineare gli aspetti folcloristici di questa battaglia disperata.
E i sinceri sostenitori dei resistenti hanno guardato con grande apprensione, mandando solidarietà; ma senza speranze. Bernard-Henri Levy scriveva, il 12 ottobre 2014: Kobane cadrà: è questione di ore. Forse di giorni. Spiegando anche bene quale catastrofe sarebbe stata, per il mondo occidentale, questa caduta.
Un esercito di donne nella disperata battaglia per difendere Kobane dallo Stato Islamico, scriveva il Daily Mail il 17 ottobre.

Distruzioni e lutti si sono susseguiti a lungo...











Eppure no! Kobane ha resistito. Eppure...

Eppure la battaglia senza speranze è stata vinta: in modo talmente eroico da essere epico. In modo talmente epico da apparire come una sorta di prova beffarda che Dio esiste, da sventolare sotto il naso degli agguerriti assassini che, sedicenti inviati da Dio stesso, credevano di andare a una passeggiata.



Gli Isis battuti da femministe armate solo di armi leggere, che bevono tè. Se non è questa una prova dell'esistenza di Dio, cosa lo è?



Si, è stato qualcosa davvero da festeggiare!!
La notizia fantastica della vittoria contro il nuovo nazismo,  è stata confermata proprio nel Giorno della Memoria, il 27 gennaio 2015. Notizia bellissima di una vittoria mai certa, quasi imprevedibile - proprio perché tanto difficile: avrebbe dovuto scatenare una febbre nell’informazione - e dunque nei popoli! Invece è passata quasi in sordina, media ufficiali alquanto sbrigativi.
Bè, non ne hanno parlato quasi niente, specie se si pensa che la recente strage di Parigi è solo un piccolo segnale di quanto vicina, e grave, sia la minaccia di un fondamentalismo che ha già scatenato una guerra mondiale. Anche se non convenzionale, anche se scatenata su fronti e con metodi nuovi, rispetto alle guerre del secolo scorso.
Ne hanno parlato (non troppo) i giornali indipendenti, e i volonterosi peones della rete - cui ci vantiamo di appartenere…







Tra questi c'è chi si è scomodato ad andare a vedere di persona, chi ci ha mandato notizie, e chi ha documentato per noi. 


E chi ci sperava tanto da crederci; all’inizio dell’assedio Malalai Joya scriveva, alle donne di Kobane: non siete sole in questa sfida, tutti coloro che amano la libertà e il progresso sono con voi. Con la vostra lotta contro l'oppressione, voi donne siete un calcio nella pancia del'ISIS e di tutti i fondamentalisti dalla mentalità medievale, che valutano le donne la metà degli uomini, e le vedono come oggetti per soddisfare la loro brame animalesche. (..) Oggi la nostra gente, ispirata dalla vostra lotta senza paura, per stare al vostro fianco strofinerà nella polvere il muso dei terroristi talebani e Jehadi, queste efferate e crudeli creazioni degli Stati Uniti. Una nazione in cui donne coraggiose prendono le armi per combattere accanto agli uomini contro l'oppressione e la colonizzazione non sarà mai sconfitta. La vittoria è vostra! Già in passato avete schiacciato e umiliato i bruti ISIS e tutta l'umanità progressista vi ammira per questo.
Questo era vero e si, anche dai media, mentre la partita sembrava persa, qualche attenzione c'è stata. Ma come mai, al momento buono, quando la vittoria c'è stata davvero, i grandi media sono stati alquanto distratti e silenti, su una vittoria che sarebbe invece da considerare epocale?

Per fortuna c'è twitter, che ci informa. I media, distratti, sono stati anche poco appropriati: perché non hanno compreso - o fanno finta di non vedere - la straordinaria importanza del ruolo avuto dalle donne in questa epica battaglia. Perché le donne e l'Isis sono due sistemi: e sono 2 sistemi contrapposti, per ragioni politiche profonde.
E allora dunque il problema è proprio questo: l'Isis non è stato battuto dagli Stati Uniti, e nemmeno dai potenti che in territori musulmani hanno dichiarato di volerli combattere: né l'Iran né l'Arabia Saudita hanno fatto nulla. Ma da un popolo perseguitato, che i potenti fanno già fatica a riconoscere, figurarsi a ringraziare; un popolo con una visione politica molto avanzata, sul piano del rapporto fra i sessi. Perciò a nessuno, ma proprio a nessuno - se non ai veri resistenti, va di celebrare questa vittoria. In tutto ciò, il ruolo delle donne va appunto al cuore delle poste in gioco della guerra mondiale che si combatte oggi, che è diffusa, e che ha fra i suoi primi target proprio le donne - che si sia in grado di capirlo o meno. E se non siete d'accordo, prima di ancorarvi ai vostri pregiudizi, e di tirare giudizi affrettati, prendetevi la briga di andare a leggere i link di approfondimento. Questo è un post a immagini, ma il contenuto c'è, eccome: e si trova fra le righe - basta aver voglia di approfondire.
Per inciso qualcuno, anche fra gli uomini, certe cose già le capisce benissimo. Altri intuiscono qualcosa, e - apparentemente confusamente, restituiscono lucidamente il concetto di quanto certi "opposti" siano nella sostanza molto vicini.
In conclusione, la posta in gioco è alta e ci riguarda da vicino. La posta in gioco richiede di andare al cuore della violenza patriarcale per comprenderla, unico modo per sconfiggerla e superarla.


La battaglia - come ben aveva capito Charb - si gioca fra il risorgere di un un'ipotesi di civiltà e la sconfitta di ogni giustizia. 
A livello mondiale sarà ancora lunga, cruenta e difficile. Nell'area curda, dopo questa vittoria cruciale, le battaglie non sono certo finite, ma ancora in pieno svolgimento (e grazie al cielo, al momento l'Isis sembra continuare ad arretrare).

Rendiamoci conto che questa guerra è anche fra noi; ci riguarda e la combattiamo anche noi, ogni giorno: con la nostra assenza, con la nostra attenzione, noi scegliamo da che parte stare, e contiamo.


Con la vittoria di Kobane una sfida importantissima è stata vinta; è stato posto un seme che può salvarci tutti.
Grazie resistenti curdi e curde. Donne di Kobane, in particolare grazie a voi. Vi voglio ringraziare, vi voglio celebrare, vi voglio ricordare al mondo intero.
NB / idem: documentario su combattenti curde: rimosso  > vedi nostro commento in fondo.



AGGIORNAMENTO del 25 agosto 2016 • a distanza di 1 anno e mezzo, la resistenza curda ha fatto ancora molti progressi contro l'Isis; tranne il principale: lo stabilirsi di giuste alleanze. Anziché attaccare l'Isis, le più grandi forze nella regione continuano ad accanirsi contro i curdi. A partire dal potente eserciti turco (nonché strategico alleato Nato); il regime dittatoriale si è consolidato in Turchia, specie dopo il colpo di stato-farsa, sferrando contro i curdi offensive sempre più dure, in casa e fuori (e cioè in Siria); l'ultima è proprio quella di questi giorni, che vede l'esercito turco in Siria muovere proprio contro le forze curde, mentre queste sono strenuamente impegnate nella liberazione di Jarablus dallo Stato Islamico.
Perché la battaglia era, e resta, fra democrazia e teocrazia islamista: e quest'ultima, che sia imposta dall'Isis o dalla Turchia, dittatura barbarica è, e rimane.
Per inciso: come potete notare, 2 su 2 documentari sulle combattenti curde, che erano stati pubblicati in questo post, sono stati fatti sparire; e non possiamo ripostarli perché sono letteralmente, ora, introvabili; e in rete le più belle testimonianze non si trovano più. Lasciamo questo, in sostituzione; sperando che non verrà fatto sparire anch'esso: