sabato 21 giugno 2014

Sulla Riforma del Senato: un comunicato

Riforma del Senato: e ancora, come sempre, ignorata la parità di genere?
Sono in corso incontri tra i gruppi parlamentari, il Governo e le forze politiche, sulla Riforma del Senato, che, secondo notizie giornalistiche, dovrebbe esser composto di 100 membri, di cui 71 eletti dalle Regioni, 21 Sindaci e 5 nominati dal Presidente della Repubblica. 
Si propone di assicurare una presenza degli eletti dalle Regioni bilanciata in base al numero degli abitanti e ci si preoccupa di garantire un rapporto tra maggioranza e opposizione non dissimile da quello uscito dai risultati elettorali. Nulla viene detto sulla parità di genere.
L'Accordo di Azione Comune per la Democrazia Paritaria, che raccoglie oltre 50 tra Associazioni, Gruppi e Reti femminili (prefiggendosi l'equilibrio di genere nelle istituzioni e nei luoghi di decisione), chiede alle forze interessate e ai parlamentari come intendano garantire nella futura assemblea una rappresentanza paritaria di uomini e donne. 
Sarebbe assurdo che, nel momento in cui si mette mano alla riforma dell'ordinamento dello Stato, venissero violate le norme degli articoli 3 e 51 della Costituzione e non si tenesse conto del ruolo che le donne svolgono oggi in campo economico, sociale e culturale.  
E, in merito alle competenze del nuovo Senato, l'Accordo propone che venga inclusa la valutazione sull'impatto di genere della legislazione.
Per l'Accordo di Azione Comune 
Daniela Carlà e Marisa Rodano

venerdì 20 giugno 2014

Non solo questione di fiducia, ma di lobby. A partire dai bagni. Si, dalle toilettes dove i gentlemen fanno meeting

"Studiano e fanno carriera, perché le donne restano indietro? la risposta provocatoria di due giornaliste": una certa insulsaggine in questa recente copertina de L'Internazionale. A voi direttori di giornali, che (da giornaliste donne) ci mandate a dire che il baco è sempre delle donne, mandiamo a direprovocate meno, informate di più. Studiate anche voi, signori, magari scoprirete cosa sia il leaky pipe che affligge la carriera delle donne
Così, invece di una Catwoman piagnucolosa, paralizzata dalla scarsa autostima, in copertina metterete magari una Catwoman in azione. Forse impegnata a scrutare, appesa a un cornicione, verso la finestra di una toilette maschile. 
Si, perché fa francamente infuriare che (e parliamo de L'Internazionale, non di "Libero"): si sfrugugli ancora sulle presunte deficienze femminili, per spiegare l'esclusione delle donne. Come spiega bene Lucrezia Reichlin, la frequentazione del potere ha convinto perfino lei (mai stata "femminista"), che inizialmente è necessario fare spazio alle donne anche forzosamente, altrimenti la storia dimostra che non si muove niente, perché è la preponderanza maschile stessa che crea lo sbarramento, costruendo tutte le relazioni solo fra uomini e in ambienti al maschile, ai quali le donne non hanno accesso e nei quali, dunque, non riescono a fare network


A partire dai bagni maschili - si: proprio così: questo (scherzando, ma non troppo) lo specifica proprio lei, spiegando come, nelle istituzioni del potere, proprio nelle riunioni informali e a volte più casuali si creano relazioni e si fa lobby, e a volte si raggiungono accordi che incidono poi su ciò che si decide negli incontri ufficiali. Riunioni come quelle che si creano nelle toilette delle istituzioni (eccola! un'attività in cui le donne sono ancora scarse). E se le donne, dove si decide, continuano a essere pochissime (e dunque isolate), nei rispettivi bagni femminili si troveranno altrettanto sole. E finché nei bagni femminili, dentro ai luoghi del potere, le donne si ritroveranno sole, significherà che sono sole anche fuori, e continueranno ad avere ben più alte difficoltà a creare e fare alleanze. Per questo le donne sono "meno brave a fare network" (e dunque a consolidare autorevolezza e potere): non certo perché non lo sappiano fare, ma perché sono tagliate fuori a priori dalle reti delle relazioni.
Solo un esempio fra tanti, beninteso. E certamente, anche l'autostima conta - specie se minata fin dalla più tenera infanzia da modelli penalizzanti. Ma chi, in tema di carriere e dirigenza, vuole parlare di esclusione delle donne studi di che si tratta. Indaghi sui tubi che perdono, e i soffitti di cristallo, che impediscono l'affermazione delle donne ai vertici: nonostante queste siano ormai la maggioranza dei laureati e - contro ogni stereotipo - abbiano dimostrato grande attitudine in tutte le carriere.  
Ps… magari qualcosa potranno insegnare anche i CEO (tutti uomini), che recentemente si sono resi disponibili a portare, al Global Summit of Women del 2014, il proprio punto di vista (ancorché tutto al maschile) dei meccanismi di esclusione a cui ogni giorno assistono.
Nella foto: Founder and former CEO of Booz & Co. Shumeet Banerji, CEO of Taj-Deloitte Gianmarco Monsellato, Chairman and CEO of Technip Thierry Pilenko, former CEO of Telstra and Orange Sol Trujillo, Chairman and CEO, Societe Generale Frederic Oudea, and Sodexo CEO Michel Landel at the Male CEO Forum: Redefining the Marketplace — The Business Case for Gender Equity

mercoledì 18 giugno 2014

Mondiali, la Nazionale che potrebbe mettere l' #Italiaingiococontrolaviolenza

La prossima partita che l'Italia giocherà ai Mondiali sarà venerdì 20 giugno, contro il Costarica; quella successiva il 24 giugno, contro l'Uruguay. Oltre a quella italiana, è questa la bandiera che vorremmo vedere portare dagli Azzurri: quella contro la violenza sulle donne. 
Un segno di lutto per l'ennesima tragedia, il massacro di Motta Visconti, che il 15 giugno ha rimandato nel  mondo un'immagine devastante del nostro Paese, e per i femminicidi che subito l'hanno seguita - quello del 16 giugno a Pietra Ligure e quello del 17 a Siracusa.
Un segno di dissociazione dalla normalità della violenza, un segno di attenzione verso la strage delle donne. Cesare Prandelli: impegnati anche stavolta…

ascolta la richiesta che viene da tantissime donne italiane, che in questi giorni chiedono un' #Italiaingiococontrolaviolenzasulledonne, giocatori della Nazionale: scendete in campo con un messaggio chiaro
Con l'occasione ringraziamo - oltre a Prandelli che in tema ha già preso posizione, anche Kaka, che si è esposto in prima persona, in vista dei Mondiali, contro la violenza dello sfruttamento sessuale che sempre accompagna le trasferte sportive di questi grandi eventi. 
E a tutti - giocatori e tifosi - diciamo, anche riguardo alla violenza sulle donne: non voltatevi dall'altra parte. Mostrate al mondo un'altra Italia.  
E sia chiaro: conosciamo bene l'altra faccia dei mondiali; le violazioni dei diritti umani e gli arresti, gli sperperi di soldi pubblici, gli assassinii dei bambini strada; e su tutto questo - per quel che vale la nostra voce - abbiamo già detto e non ci stanchiamo di richiamare l'attenzione. Ma chiedere un segno in campo non significa ignorare o sorvolare su tutto ciò, per scoprire improvvisamente chissà quale "magia" del gioco. No - semplicemente sappiamo che i calciatori sono modelli. Modelli maschili, che potrebbero essere veicoli formidabili di messaggi culturali che là dove la maschitudine domina arrivano poco. Messaggi minimali, se vogliamo, ma di cui il mondo ha sete.


Consulta: nuovi giudici alla Corte Costituzionale, eleggere due donne!

Dopo la “fumata nera” del 12 giugno scorso, a breve verranno riconvocate le Camere in seduta comune, per procedere all'elezione di due nuovi giudici della Corte Costituzionale. E per l'ennesima volta ricordiamo che, in modo del tutto anacronistico (e, ci pare, anche paradossalmente incostituzionale), attualmente la Corte Costituzionale italiana conta una sola donna. 

Come osserva l'Accordo di azione comune, questo “baluardo” deve cadere. Procedere verso un riequilibrio di genere anche nella Suprema Corte è un dovere improcrastinabile, aggiungiamo qui. E’ improcrastinabile realizzare una presenza paritaria di donne e uomini e non solo all’interno della Corte Costituzionale, ma anche negli altri organismi della Magistratura, l’Istituzione che finora, nonostante le donne siano ormai in netta maggioranza, appare la meno permeabile a recepire rinnovamenti negli equilibri (o meglio dis/equilibri) di genere, là dove si decide. Fatto già altre volte rilevato, ad esempio un anno fa in occasione della nomina del nuovo Presidente di Cassazione, e riguardo a cui abbiamo già amaramente incassato ripetute delusioni.  
E inserire donne competenti non sarebbe certo una scelta difficile: anche in relazione alle nuove nomine da decidere, sono moltissime le donne che hanno tutti i requisiti professionali, culturali e morali per poter esercitare autorevolmente la funzione di giudice costituzionale.  
Vogliamo provvedere?

lunedì 16 giugno 2014

Presunto bambinicidio-suicidio di madre folle: l'assassino (anche stavolta) è il marito, indiziato anche lo Stato

Che le prime ipotesi, per 3 persone "trovate sgozzate in un bagno di sangue, arma del delitto sparita", potessero includere quella di "omicidio-suicido", cioè di un atto di follia della giovane madre morta, ha lasciato basiti, crediamo, chiunque. 
No, non era una madre pazza e ingegnosa che, dopo aver sgozzato se stessa e i bambini, ha pure nascosto bene il coltello: era l'ennesimo marito affettuoso che, semplicemente, ha programmato la strage e organizzato una messinscena. Altrettanto lascia basiti il fatto che, ad oggi, dopo il proditorio siluramento della ex-minisrra Idem e del suo metodo stroncato sul nascere, questo Paese ancora non abbia nemmeno l'ombra di un Ministero delle Pari Opportunità, né di qualunque strategia in merito alla violenza contro le donne e domestica. Ecco perché, anziché raccontare dettagli più o meno scabrosi, sulla immane tragedia dell'ennesimo femminicidio-femicidio plurimo per mano dell'ennesimo marito affettuoso, pensiamo utile diffondere la lettera di Telefono Rosa (che si aggiunge a molte altre precedenti) all'attuale Presidente del Consiglio:
Illustre Presidente del Consiglio Matteo Renzi
L'ennesima terribile tragedia ci spinge nuovamente a scriverLe.
Abbiamo cercato, nei mesi scorsi, di dirLe che la piaga della violenza sulle donne è un problema gravissimo in Italia. Abbiamo cercato di dirLe che non avere un Ministro che si occupi di dirigere politicamente e operativamente il Dipartimento per le Pari Opportunità e non avere neanche un Sottosegretario con le opportune deleghe, è un gravissimo danno all'efficacia della lotta alla violenza sulle donne che, centinaia di Associazioni, affrontano quotidianamente ed è sicuramente un gravissimo segnale di "scarsa attenzione".
Non abbiamo avuto risposte da Lei, né abbiamo avuto il piacere di incontrarLa, forse – come troppo spesso ci siamo sentite dire: il tema della violenza sulle donne (quasi sempre domestica) e, quella della violenza sui figli delle donne vittime, non è un'emergenza, né tantomeno un problema sociale.
Oggi, Presidente Renzi, noi e tutta l'Italia piangiamo l'ennesima morte assurda di due poveri piccoli innocenti e della loro madre.
Noi tutti siamo senza parole davanti al ripetitivo copione di orrore  e crudeltà,
nessuno ha potuto arginare la tragedia di queste vittime.
Ma è certo che non è vero che non si poteva fare nulla. Non è vero che queste morti innocenti non si possono evitare.
Noi abbiamo salvato, come molti altri centri anti violenza, centinaia di donne e bambini che senza il nostro aiuto, oggi non sarebbero più in vita.
Ma siamo allo stremo e continuiamo a ripeterlo inascoltate. Il lavoro della “task force” della ex Ministra Idem e della Sottosegretaria Guerra è stato bloccato, risorse economiche ridotte e incerte,nessuna strategia nazionale condivisa con chi il lavoro lo svolge ogni giorno senza fini di lucro.
Esistono delle responsabilità alle morti terribili e alla violenza che anche se si sopravvive, distrugge per sempre le vite delle donne e dei bambini.
Noi esigiamo che Lei dia delle risposte vere, politiche, formali e sostanziali a questo problema, a maggior ragione per il ruolo che a breve avremo in Europa
Roma, 16 giugno 2014

domenica 15 giugno 2014

Mineo, martire e resistente del potere patriarcale

Il senatore Corradino Mineo ha chiesto scusa per aver paragonato il premier Renzi a un bambino autistico e anche per aver detto che la ministra Boschi è il frutto della parità di genere. Quanto le scuse siano sincere e sentite nessuno di noi puo’ saperlo ma è giusto che tutte e tutti le accettino. Ma Mineo non ha detto solo questo. Ha detto che la ministra per le Riforme (naturalmente bella, giovane e secchiona) osa addirittura parlare di Riforme  con due uomini di partito del calibro di Calderoni e Berlusconi! E pensa pure di avere la capacità di farlo mentre, assicura il senatore,  lei non ce le ha.
Naturalmente Mineo esprime opinioni che in quanto tali sono appunto opinabili, ma cosa gli fa credere di potersi ergere a certificatore delle altrui capacità? Sicuramente il fatto di appartenere a quel genere, il maschile, che finora ha monopolizzato la scena pubblica e politica. E pur di difendere non le sue opinioni, ma il suo genere, è pronto a far passare Calderoli e Berlusconi come due giganti del pensiero! Ma come, proprio Mineo che di Berlusconi ci ha raccontato tutto il male possibile. E di Calderoli padre di quel Porcellum contro cui tuonare ogni dì?
C’è da chiedersi se Corradino Mineo sia stato messo e nominato senatore in Sicilia, perché è il miglior erede del principe di Salina (“Tutto cambi, perché nulla cambi”). E mica solo per quel che riguarda le riforme costituzionali, ma come campione di quel potere patriarcale che resiste e non accetta la politica del  fare e decidere in due, uomini e donne.
Allora chiamiamo le cose con il loro nome. Mineo non è il martire della Costituzione, delle purghe stalinisti e della democrazia. Se proprio martire vuole essere è del sistema patriarcale e della cultura misogina di cui  tutti stiamo pagando un presso altissimo. E noi donne di più.
Anche Pippo Civati, che pure ha avuto il merito di aver posto la questione maschile tra i temi della sua battaglia alle primarie, non ha preso il microfono per dissociarsi dalle parole misogine, offensive e volgari del senatore martire!
Ma già, si sa, tra il dire e il fare….
Cinzia Romano 

venerdì 13 giugno 2014

Le emozioni pericolose

La (in)giustizia familiare tedesca e la colpa di un’avvocata Brasiliana: essere nata in un paese extraeuropeo
J.R. è avvocata, figlia di un avvocato ed è brasiliana. Si reca in Germania per conseguire un Master in Giurisprudenza. Qui conosce un altro giovane avvocato. Si innamorano, si sposano, nascono due figli. I due giovani avvocati decidono di trasferirsi in Brasile con i due figlioletti. Lei trova subito lavoro, il marito no. Poco dopo il matrimonio entra in crisi. 
I due si separano e lui torna da solo in Germania. J.R., che ha ottenuto l’affido dei bambini, ma non vuole privarli del padre, programma presto un soggiorno di un paio di mesi in Germania, affinché i tre possano stare insieme.

Dopo poche settimane dall’arrivo in Germania, l’esperienza devastante: lo Jugendamt (Amministrazione della gioventù) le porta via i figli e i loro passaporti, accusandola di volerli rapire e portare in Brasile. E’ lo Jugendamt che ha così appena rapito i bambini, ma per il sistema tedesco è lei la rapitrice, con tutte le conseguenze che questo comporta. J.R. non può rientrare in Brasile perché non può e non vuole lasciare i bambini ancora molto piccoli, è dunque costretta a restare in Germania dove non ha lavoro, è costretta a trascurare la sua vita lavorativa in Brasile e a intraprendere una serie di azioni legali per la restituzione dei bambini. Nulla da fare. Il sistema della cosiddetta giustizia familiare tedesca funziona benissimo come sempre nel trattenere i bambini in Germania e invertire i dati di fatto: per i tribunali tedeschi il Brasile diventa il paese delle vacanze, anziché quello di residenza abituale e la Germania, dove lei e i bambini si erano recati in visita, diviene il paese nel quale i bambini avrebbero sempre vissuto e devono continuare a vivere. Lei, in quanto non-tedesca e possibile rapitrice, è solo qualcuno da allontanare e cancellare dalla vita dei bambini, così come la lingua e tutta la famiglia rimasta in Brasile. Una volta manipolata in questo modo la realtà di partenza, J.R. non potrà che perdere, così come perdono sempre i genitori non-tedeschi, in tutti i gradi di giudizio e in tutti i tribunali della Repubblica Federale di Germania. Intervistato, il prof. Astuto, spiega: “La nazionalità tedesca prevale, a detrimento dei diritti fondamentali […] due pesi e due misure, a seconda che si tratti di una madre tedesca o di una madre straniera”. Così è sempre e per tutti, genitori italiani, francesi, polacchi, spagnoli, brasiliani ….

Dopo lo shock e le azioni legali per riavere i suoi bambini, quando ancora pensava di poter dimostrare velocemente l’errore di partenza che ha portato a trattarla come una criminale, J.R. si rende conto che la parola “giustizia” in Germania ha un altro significato e soprattutto che il significato di “bene del bambino” (Kindeswohl) in quel paese significa restare nella giurisdizione tedesca con il genitore tedesco. Per salvare le apparenze, le concedono qualche visita sorvegliata, ma Ho visto i miei figli in una stanza, a condizione che non mostrassi emozioni, altrimenti non avrei più potuto incontrarli”, ci racconta J.R. ancora sconvolta. Quei pochi contatti erano solo lo specchietto per le allodole e sono durati il tempo necessario a costruire nuove accuse contro di lei. Scrivo “costruire” perché anche in questo caso, come in tutti quelli che avvengono sotto la regia del sistema di (in)giustizia familiare tedesco, i principi del diritto sono stravolti, così come anche l’onere della prova: qui l’accusa è di avere richiesto alle autorità brasiliane una copia dei passaporti dei suoi figli. Deve provare di non aver fatto una richiesta che, appunto, non ha mai fatto.



Anche la dichiarazione del Ministro brasiliano, che conferma l’inesistenza di detti nuovi passaporti, non è prova attendibile per i tribunali tedeschi e pertanto questo procedimento rimane pendente.
J.R. torna in Brasile, riprende a lavorare nel suo studio legale e continua a lottare per riavere i propri figli, coinvolgendo sempre più il governo e le autorità brasiliane. Nel 2013 partecipa come relatore al Seminario bilaterale Brasile Germania sul tema dei diritti umani presso la Facoltà nazionale di Diritto a Rio de Janeiro dove illustra, sulla base di dati e statistiche, quanto avviene nella Germania odierna e come i diritti fondamentali dei bambini vengano violati.
Ormai sono tre anni che J.R. non vede i suoi figli, ma non rinuncia e, con la competenza e la professionalità che la distingue, ha preparato una proposta di legge finalizzata a modificare la ratifica alla Convenzione dell’Aja. Non dimentichiamo che a lei, come a tantissimi altri genitori non tedeschi che vengono cancellati dalla vita dei propri figli, viene impedito di essere padre/madre proprio sfruttando la buona fede e la convinzione dell’importanza della bigenitorialità. Infatti, nonostante la separazione, molti tentano di preservare il rapporto tra i bambini e il genitore tedesco e questo viene invece sfruttato per costruire le basi di una sottrazione apparentemente legale (deutsch-legal), rendendo i bambini orfani di un genitore e monchi di una importante parte della loro cultura e della loro lingua.
Marinella Colombo
Nella foto: J.R. al Parlamento di San Paolo in Brasile 

lunedì 9 giugno 2014

Legge194 e obiezione di carriera: la campagna della Consulta di Bioetica e le ragioni, oggi, contro l'art. 9

Per la terza edizione della Campagna nazionale Il buon medico non obietta (promossa dalla Consulta di Bioetica, per il diritto di scelta delle donne in tema di interruzione di gravidanza), dal 10 al 30 giugno eventi in tutta Italia: da Lombardia, Piemonte e Liguria, a Lazio e Campania.
La Consulta chiede l'abolizione dell'art. 9. Perché? Perché l'obiezione di coscienza aveva senso all'epoca dell'approvazione della legge: quando i medici avevano iniziato la propria attività non sapendo che il diritto all'interruzione di gravidanza sarebbe stato sancito legalmente. 
Ma, a distanza di 30 anni, chi si avvia alla professione medica (e, aggiungiamo, alla specializzazione in ginecologia), dovrebbe farlo impegnandosi a rispettare il diritto delle donne. Invece, ormai, i giovani medici scelgono quasi in automatico di essere obiettori, e non per ragioni di coscienza, ma di carriera: cioè per non diversi accollare gli interventi che i loro colleghi obiettori, ormai in massiccia maggioranza, non vogliono fare. E' un circolo vizioso da cui diventa sempre più difficile uscire; basti dire che ormai i medici non obiettori sono soprattutto fra gli anziani: man mano che questi vanno in pensione la legge si erode sempre di più e le donne sono sempre più sole. 


E quel che è peggio è che l'obiezione si espande (e qui illecitamente), anche alla prescrizione della pillola del giorno dopocon gravi ricadute anche sul piano della prevenzione. Ricordiamo qui, dunque, anche la petizione per l'abolizione del codice bianco nella prescrizione della pillola del giorno dopo.
Ed ecco il Manifesto a sostegno della libertà di scelta delle donne che vogliono interrompere la gravidanza
Libere di scegliere: a partire dalla prevenzione; per arrivare all'assistenza, tempestiva e in sicurezza, se si vuole interrompere la gravidanza. E infine all'eventuale sostegno economico, in caso di difficoltà, se la si vuole portare avanti.

domenica 1 giugno 2014

Per un'informazione corretta e non misogina: rispondo a Roberto Giardina su Jugendamt

Roberto Giardina scrive da Berlino, per Italia Oggi, un articolo, dal titolo "coccole come ceffoni", che mi chiama direttamente in causa; e al quale devo pertanto rispondere. Perché parla dello Jugendamt (organismo che, purtroppo, conosco molto bene), perché cita la mia storia, e perché non è obiettivo; anzi, secondo me è anche intriso di misoginia (aggravata da esterofilia filogermanica) e fuorviante sul piano dell'informazione.
No, signor Giardina, così no; il suo articolo ha bisogno di qualche puntino sulle i.
• A partire dal fatto che, secondo la Cassazione, la signora non “aveva affatto violato la legge” (sentenza n. 12293-10) perché il genitore che non esercita l’affido non ha titolo per chiedere il rimpatrio. Certo cercare la verità a volte è molto laborioso, basterebbe però almeno sospendere il giudizio su vicende che non si conoscono con esattezza.
• Dice Giardina che “Il padre, controllarono anche le nostre autorità, li trattava benissimo, e i due piccoli erano contenti di vivere con lui”. Ah si? e chi lo ha detto? La verità è che i bambini non sono mai stati ascoltati dal tribunale per i minorenni italiani. Peraltro, in questo spezzone di video (l'unico che siamo riusciti a scaricare dai siti delle stesse TV tedesche, che nei commenti attaccano il  genitore italiano) le immagini dicono molto e contraddicono le parole: il gesto di un figlio che allontana infastidito il braccio che il genitore gli posa sulla spalla, non è per nulla coerente con quanto viene affermato, sembrerebbe piuttosto evidenziare il contrario, il disappunto per essere stato condotto a vivere dove e con chi non vuole stare. Ma pensare che si possa non voler vivere in Germania ad alcuni (e non solo tedeschi) appare evidentemente difficile.
• L’articolo continua con un'altra allusione inaccettabile: “meglio vivere isolati e perdere la scuola che essere allevati da un papà tedesco e, quindi, «nazista»”, che si lascia intendere vada attribuita alla “signora milanese” - che invece non ha mai né pronunciato, né alluso a un simile concetto.
 Comunque è vero, le madri non hanno sempre ragione. Infatti tutte le associazioni che sostengono i genitori non-tedeschi (C.S.IN. Onlus Sportello Jugendamt, Enfants Otages, CEED, Best Interest of the Child, ecc…) non fanno differenze tra genitori, mamme e/o papà che siano:

• Come non ne ha mai fatte “la signora milanese”. Di più: è lei che ha aiutato alcuni padri a far rientrare in Italia i figli sottratti da ex-compagne tedesche che (proprio in quanto ex compagne tedesche di uomini italiani), avevano già messo in moto quel meccanismo di Stato che trasforma in un atto legale ogni sottrazione verso la Germania. Perché nessun altro è andato in aiuto di questi padri? A quanto pare solo la “signora milanese” è riuscita dove gli altri hanno sempre fallito; dunque una donna che sa aiutare gli uomini meglio di altri uomini? chissà; forse per alcuni è difficile da digerire.
• Vero, peraltro, che “lo Jugendamt non fu creato dai nazisti ma risale all'inizio dell'altro secolo”: ma la signora milanese qui biasimata non ha mai detto ciò; segnala invece che Himmler, in epoca nazista, ristrutturò lo Jugendamt nella sua forma attuale (oggi sono i nostri figli a pagarne le conseguenze). E se anche l’italiano, come la matematica, non è un’opinione, basta leggere per verificare.  
• Infine, in una sorta di truffa finale ai lettori, si mescolano vicende a casaccio a sostegno di tesi arbitrarie: Roberto Giardina cita l’esempio di Claudia Renneberg, che peraltro non ha nulla a che vedere con la vicenda della “signora milanese” che si batte contro un sistema e non contro i padri. Comunque, secondo Giardina, questa signora avrebbe sottratto il figlio al padre
Falso! Chi sa il tedesco consulti i numerosi video e articoli disponibili in rete; la Renneberg aveva invece ripreso il figlio che era stato dato ad una famiglia affidataria, poi, dopo mesi di fuga, si era consegnata alle autorità e attualmente vive in una struttura insieme al proprio figlio. Interessanti i commenti dei lettori tedeschi, tutti a sostegno di questa donna e contro un sistema che appare a molti completamente fuori controllo, il sistema dello Jugendamt.
In conclusione complimenti, sig. Giardina: ritengo che lei abbia manipolato fatti e situazioni per adattarli alle sue tesi, senza attenzione alla sofferenza di tanti bambini binazionali e dei loro genitori. E, personalmente, penso che Italia Oggi dovrebbe richiedere maggior attenzione ai propri corrispondenti esteri.
“La signora milanese” da lei citata, Marinella Colombo