venerdì 13 ottobre 2017

Le parole hanno un sesso?

di Se non ora, quando? Lodi • Abbiamo letto questo articolo, interessante ma che ci trova in disaccordo: "la manomissione delle parole manomette l'identità di una donna?"

Non ci trova d'accordo  la contrapposizione fuorviante che suggerisce. Infatti quella per il linguaggio rispettoso del genere è una battaglia che non preclude quella per il rispetto e la dignità della donna 'persona'. Ancora una volta pare si affermi (politicamente corretto??) che noi donne possiamo essere 'digerite' solo nel momento in cui accettiamo i ruoli che la società 'patriarcale' ha cucito con i nostri corpi e le nostre menti. Forse ancora non è chiaro che non si tratta di questioni politicamente e grammaticalmente corrette, ma di potere.
Vogliamo ricordare che il prossimo 25 novembre sarà presentato il 'Manifesto di Venezia' che nasce dalla collaborazione anche di Cpo Usigrai e GiULiA Giornaliste su proposta del Sindacato dei Giornalisti Veneto, aperto alle adesioni di tutte/i i/le giornaliste e giornalisti. Al punto 3 recita: adottare un linguaggio declinato al femminile per i ruoli professionali e le cariche istituzionali ricoperti dalle donne e riconoscerle nella loro dimensione professionale, sociale, culturale.
Inoltre fa specie quando una giornalista sottovaluta il potere della parola. E non è neppure a conoscenza del fatto che la corretta applicazione dell'uso dei generi previsto dalla lingua italiana (come per operaia e infermiera) è sostenuto tramite i corsi di aggiornamento professionale anche dall'Ordine dei giornalisti (quello della Lombardia ha inviato a tutti gli iscritti anche un piccolo vocabolario): siamo già penalizzate dal neutro inclusivo al maschile, applichiamo almeno la grammatica base!
Secondo la logica dell'articolo dovremmo riprendere a dare del negro ai neri o agli afroamericani perché il politicamente corretto è solo un contentino ma il razzismo esiste ancora, o delle serve alle collaboratrici domestiche non riconoscendo la dignità del loro lavoro.
E’ importante declinare al femminile le professioni più remunerate e gratificate socialmente per orientare le giovani donne a credere di poter essere non solo operaie commesse maestre o contadine, ma anche sindache ministre assessore avvocate, senza dover essere viste come uomini! Le parole hanno un valore fortemente simbolico ed aiutano le nuove generazioni a immaginarsi un mondo in cui ci potranno essere tante primarie di qualche reparto ospedaliero.
Tutto questo era già stato scritto 30 anni fa da Alma Sabatini per il Governo nelle Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana, rimaste inapplicate perché per i politici, come per alcuni giornalisti/e, il corretto uso del linguaggio e della grammatica è un optional... proprio come il rispetto per le donne. Chissà a che punto saremmo oggi nell'emancipazione femminile e nel contrasto al patriarcato, se fossero state subito applicate. A partire da chi lavora tutti i giorni con le parole.
Seguite, se volete, la discussione su facebook.

giovedì 12 ottobre 2017

Solidarietà ad Asia Argento e un memo ai giudicanti

A tutti quelli che attaccano le donne che denunciano molestie e violenze: è colpa di persone come voi se le donne hanno paura di parlare. Risultato che precisamente si prefiggono i misogini conclamati.
Ma ci chiediamo come venga in mente a persone adulte senza ambizioni machiste, addirittura donne, come una stilista affermata o una che è anche una trans che potremmo definire “di successo”, di puntare l'indice contro altre donne con frasi tipo “se ti vesti in un certo modo forse stai dicendo che è quello che vuoi”, e “avresti dovuto dire no, un semplice no”. Semplice?? 
Really?  
Molti uomini e peggio ancora alcune donne, questi adulti giudicanti puntano il fallico e imperdonabile ditino del patriarcato più tossico contro delle ragazzine. Perché, allora, erano tutte giovanissime le attrici che oggi denunciano questa storia di marce consuetudini (che non ammorbano solo lo star system ma tutti gli ambienti).
A modo suo Asia aveva già denunciato narrando in un film, già 17 anni fa (solo 3 anni dopo il fatto), quello che non aveva saputo e potuto denunciare esplicitamente.


In quella scena c'era un messaggio chiaro non solo al colpevole, che l'ha riconosciuto, ma a un mondo intero, che in genere glissa. Cose che succedono, si sa. D'altronde, se ti vesti in un certo modo... se invece di tirargli uno schiaffone stai lì impalata... la vera colpevole sei tu, no? 



Ora che il segreto di Pulcinella viene a galla, ora che anche Asia, e le altre, sono donne abbastanza forti da non avere paura di parlare, si vergognino quelli che questi messaggi non raccolgono mai, per inciso. Anche dopo tanto tempo, da adulte e ormai affermate, il loro venire allo scoperto richiede ancora coraggio; come dimostrano i violenti attacchi che ora stanno subendo. 
A quelli che oggi dicono “denunciare dopo 20 anni è vigliacco, sei complice” si può rispondere solo: no, i complici siete voi, sempre. Complici degli sponsor instancabili della cultura dello stupro; perché le ex-ragazzine che denunciano adesso sono troie-vigliacche. Se avessero denunciato allora sarebbero state troie-in-cerca-di-visibilità, non è vero?








venerdì 6 ottobre 2017

Manifesto di Venezia. Per una informazione paritaria

Riportiamo di seguito il testo del Manifesto di Venezia, varato in vista del prossimo 25 Novembre; invitando ad aderire, e dando anche un suggerimento: per una corretta informazione cambiamo [anche] immagini! basta lividi per favore.
nb: l'immagine sopra è uno screenshot (da noi corretto con la frase sulla foto) della notizia sul sito della Federazione Giornalisti; che però (purtroppo) riporta l'ennesima foto di donna terrorizzata (o piena di lividi).

La violenza di genere è una violazione dei diritti umani tra le più diffuse al mondo: lo dichiara la Convenzione di Istanbul, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa nel 2011 e recepita dall’Italia nel 2013, che condanna «ogni forma di violenza sulle donne e la violenza domestica» e riconosce come il raggiungimento dell’uguaglianza sia un elemento chiave per prevenire la violenza. 

Sistematica, trasversale, specifica, culturalmente radicata, un fenomeno endemico: i dati lo confermano in ogni Paese, Italia compresa. La violenza di genere non è un problema delle donne e non solo alle donne spetta occuparsene, discuterne, trovare soluzioni. Un paese minato da una continua e persistente violazione dei diritti umani non può considerarsi “civile”. 
Impegno comune deve essere eliminare ogni radice culturale fonte di disparità, stereotipi e pregiudizi che, direttamente e indirettamente, producono un’asimmetria di genere nel godimento dei diritti reali. 
La Convenzione di Istanbul, insiste su prevenzione ed educazione. Chiarisce quanto l’elemento culturale sia fondamentale e assegna all’informazione un ruolo specifico richiamandola alle proprie responsabilità (art.17). Il diritto di cronaca non può trasformarsi in un abuso. “Ogni giornalista è tenuto al rispetto della verità sostanziale dei fatti”. Non deve cadere in morbose descrizioni o indulgere in dettagli superflui, violando norme deontologiche e trasformando l’informazione in sensazionalismo. 

Noi, giornaliste e giornalisti firmatari del Manifesto, ci impegniamo per una informazione attenta, corretta e consapevole del fenomeno della violenza di genere e delle sue implicazioni culturali, sociali, giuridiche. La descrizione della realtà nel suo complesso, al di fuori di stereotipi e pregiudizi, è il primo passo per un profondo cambiamento culturale della società e per il raggiungimento di una reale parità. Riteniamo prioritario: 
1. inserire nella formazione deontologica obbligatoria quella sul linguaggio appropriato anche nei casi di violenza sulle donne e i minori; 
2. adottare un comportamento professionale consapevole per evitare stereotipi di genere e assicurare massima attenzione alla terminologia, ai contenuti e alle immagini divulgate; 
3. adottare un linguaggio declinato al femminile per i ruoli professionali e le cariche istituzionali ricoperti dalle donne e riconoscerle nella loro dimensione professionale, sociale, culturale; 
4. attuare la “par condicio di genere” nei talk show e nei programmi di informazione, ampliando quanto già raccomandato dall’Agcom; 
5. utilizzare il termine specifico “femminicidio” per i delitti compiuti sulle donne in quanto donne e superare la vecchia cultura della “sottovalutazione della violenza”: fisica, psicologica, economica, giuridica, culturale; 
6. sottrarsi a ogni tipo di strumentalizzazione per evitare che ci siano “violenze di serie A e di serie B” in relazione a chi sia la vittima e chi il carnefice; 
7. illuminare tutti i casi di violenza, anche i più trascurati come quelli nei confronti di prostitute e transessuali, utilizzando il corretto linguaggio di genere come raccomandato dalla comunità LGBT; 
8. mettere in risalto le storie positive di donne che hanno avuto il coraggio di sottrarsi alla violenza e dare la parola anche a chi opera a loro sostegno
9. evitare ogni forma di sfruttamento a fini commerciali (più copie, più clic, maggiori ascolti) della violenza sulle le donne; 
10. nel più generale obbligo di un uso corretto e consapevole del linguaggio:
a) evitare espressioni che anche involontariamente risultino irrispettose, denigratorie, lesive o svalutative dell’identità e della dignità femminili;
b) evitare termini fuorvianti come “amore” “raptus” “follia” “gelosia” “passione” accostati a crimini dettati dalla volontà di possesso e annientamento;
c) evitare l’uso di immagini e segni stereotipati o che riducano la donna a mero richiamo sessuale” o “oggetto del desiderio” (e immagini piene di lividi, per favore, ndr);
d) evitare di suggerire attenuanti e giustificazioni all’omicida, anche involontariamente, motivando la violenza con “perdita del lavoro”, “difficoltà economiche”, “depressione”, “tradimento” e così via.
d) evitare di raccontare il femminicidio sempre dal punto di vista del colpevole, partendo invece dalla vittima nel rispetto della sua persona. 
Aderite scrivendo a: cpo.fnsi@gmail.com • Prime adesioni da:
Sindacato Giornalisti Veneto, Commissione Pari Opportunità FNSI, Commissione Pari Opportunità Usigrai, GiULiA Giornaliste, Sindacato Unitario Giornalisti della Campania, Associazione Stampa Friuli Venezia Giulia, Associazione Ligure dei Giornalisti, Associazione Stampa Subalpina, Associazione della Stampa di Basilicata, Associazione della Stampa Sarda, Associazione Stampa Toscana, Associazione Stampa Emilia Romagna Giovanna Pastega, Alessandra Addari, Domenico Affinito, Antonella Alba, Michele Albanese, Alida Amico, Raffaella Ammirati, Rosa Amorevole, Monica Andolfatto (segretaria Sindacato giornalisti Veneto), Federica Angeli, Flavio Bacchetta, Giannetto Baldi, Ida Baldi,Alessandra Ballerini, Roberta Balzotti (coordinatrice Cpo Usigrai), Emmanuela Banfo, Antonella Benanzato, Serena Bersani (segretaria Assostampa Emilia Romagna), Laura Berti, Daniela Binello, Marino Bisso, Paolo Borrometi, Sandra Bortolin, Stefano Buda, Paolo Butturini, Laura Calfapietra, Mimma Caligaris, Stefanella Campana, Valerio Cataldi, Roberta Celot, Gegia Celotti, Mara Cinquepalmi, Carmina Conte, Marina Cosi (presidente GiULiA Giornaliste), Iolanda Corradino, Stefano Corradino, Danilo Cretara, Riccardo Cristiano, Beatrice Curci, Emma D’Aquino, Graziella Di Mambro, Vittorio Di Trapani (segretario Usigrai), Lorenzo Dolce, Poljanka Dolhar, Luciana Esposito, Roberta Ferri, Tiziana Ferrario, Annamaria Ferretti, Vittorio Fiorito, Silvia Garambois, Annamaria Ghedina, Piergiorgio Giacovazzo, Benoit Girod (presidente Assostampa valdostana), Giuseppe Giulietti (presidente Fnsi), Desirée Klain, Maria Teresa Laudando, Rosa Leanza, Maria Lepri, Cristina Liguori, Natalia Lombardo, Gianpaolo Longo, Raffaele Lorusso (segretario Fnsi), Ivano Maiorella, Paolo Mainiero, Alessandra Mancuso (presidente Cpo Fnsi), Pina Manente, Maria Teresa Manuelli, Giuseppe Manzo, Marco Marincic, Elisa Marincola (potavoce Art 21), Alessandro Martegani (segretario Assostampa FVG), Giuseppe Martellotta (segretario Assostampa Puglia), Fabiana Martini, Enza Massaro, Marilù Mastrogiovanni, Roberto Mastroianni, Rossella Matarrese, Rita Mattei, Marco Mele, Andrea Melodia, Gioia Meloni, Carla Monaco, Nadia Monetti, Mattia Motta, Carlo Muscatello (presidente Assostampa FVG), Antonella Napoli, Silvia Neonato, Enzo Nucci, Gian Mario Nucci, Fabiola Paterniti, Patrizia Pennella, Giovanna Pezzuoli, Monica Pietrangeli, Salvatore Andrea Porcu, Ivo Prandin, Silvia Resta, Andrea Riscassi, Giovanni Romano, Susi Ronchi, Massimiliano Saggese, Silvia Savi, Anna Scalfati, Barbara Scaramucci (presidente Art 21), Roberto Secci, Roberta Serdoz, Luisella Seveso, Claudio Silvestri (segretario Sindacato giornalisti Campania), Danilo Sinibaldi, Raffaella Soleri, Paola Spadari, Claudia Stamerra, Francesco Strippoli, Loredana Taddei (responsabile politiche di genere Cgil), Michela Trevisan, Carlo Verna, Enrico Veronese, Sara Verta, Laura Viggiano, Francesca Visentin, Arianna Voto, Maria Zagarelli, Luciana Zenobio, Susanna Zirizotti