domenica 18 ottobre 2015

Tratta, schiavitù e prostituzione: un'intervista, un convegno, una chiamata urgente

Nella giornata europea contro la Tratta di esseri umani è uscita un'intervista a Maria Grazia Giammarinaro, che riportiamo di seguito integralmente. Ricordiamo inoltre l'importante convegno sul tema che, in concomitanza con questa scadenza, ha luogo a Milano.

Il convegno, organizzato da DonneinQuota, avrà luogo domani alla Casa della Cultura, per fare il punto sulla situazione di prostituzione e tratta per sfruttamento sessuale in Italia e in Europa; qui il programma completo. Ricordiamo qui inoltre che. secondo i dati Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) sono oltre un milione le persone vittime di schiavitù e tratta, in stragrande maggioranza donne e minori, sono infatti moltissimi i bambini e le bambine. E chi alimenta questo orribile commercio? Secondo l'organizzazione mondiale del Turismo almeno tre milioni di uomini si mettono in viaggio ogni anno col preciso scopo di fare turismo sessuale, E gli italiani sono fra i primi ad alimentare questo traffico. Per trovare cosa? donne e bambini-oggetto, bambine numerate e prezzate, come quella che potete conoscere in questa piccola, sconvolgente testimonianza. Una piaga da sempre aperta, sempre più purulenta, la cui cura è sempre più urgente.
Qui l'intervista a Maria Grazia Giammarinaro, giudice italiana e relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla tratta di donne e bambini, che è stata trasmessa da Radio Vaticana:


R. – Sono rapporteur delle Nazioni Unite sul traffico di persone, in particolare donne e minori, da circa un anno. Ho cercato in questo periodo di svolgere ricerche allo scopo di presentare rapporti tematici al Consiglio per i diritti umani e all’Assemblea generale dell’Onu. Sto lavorando anche su un particolare aspetto che non è stato finora molto scandagliato, ovvero il rapporto tra traffico di persone e conflitti. Oggi siamo consapevoli che una parte considerevole delle persone che, trovandosi in condizioni di estrema vulnerabilità sociale, vengono poi sfruttate in un contesto di trafficking, cercano di sfuggire alle guerre. Si tratta di persone che non hanno nemmeno un posto in cui ritornare, e per sopravvivere accettano qualunque condizione di lavoro - per esempio - o vengono sfruttate sessualmente, come accade - ahimè - alle donne e alle ragazze.
D. – Dove operano queste reti criminali che intercettano molti dei migranti in viaggio verso l’Europa?
R. – Le reti criminali si installano laddove trovano la possibilità di fare affari e si tratta delle stesse reti criminali che, in generale, sfruttano sia le persone che fuggono dai conflitti sia i migranti economici. Abbiamo grandi flussi dal Corno d’Africa, dall’Africa subsahariana, che passano poi attraverso la Libia, prevalentemente. Abbiamo poi sulla rotta a est del Mediterraneo, in questo momento, prevalentemente siriani, ma anche molte persone provenienti dall’Afghanistan, dall’Iraq, dalle zone dove è attivo il sedicente Stato islamico. Sono quindi persone che cercano di sfuggire a persecuzioni terribili, atroci.
D. – I dati raccontano oggi di un fenomeno in continua crescita che non riguarda più solo lo sfruttamento della prostituzione ma diverse altre forme di sfruttamento…
R. – Oggi il traffico è una realtà molto più complessa che include sempre di più lo sfruttamento lavorativo. Quindi anche gli uomini, i giovani uomini, i bambini vengono sfruttati nelle maniere più varie: nell’accattonaggio forzato, in attività criminali, sono obbligati a commettere crimini, a fare furti, a trasportare droga…
D. – Oltre 500 mila persone giunte nell’Unione Europea dall’inizio del 2015 a oggi: é possibile in questo flusso identificare le vittime di tratta?
R. – Si devono identificare le vittime. Questo è un obbligo che deriva da strumenti internazionali che tutti i Paesi europei hanno ratificato, come il Protocollo annesso alla Convenzione sulla criminalità organizzata. Quello che manca, purtroppo, sono procedure di ascolto all’arrivo dei migranti, che possono essere richiedenti asilo, possono essere migranti economici o qualunque altra cosa, ma ci dovrebbero essere procedure di ascolto preferibilmente affidate alle associazioni, che sono meglio attrezzate per una relazione confidenziale e amichevole con la persona interessata, allo scopo di accertare qual è la storia di questa persona. Molte persone hanno già subito violenza e sfruttamento, alcune ne portano i segni sul loro corpo.
D. – L’Unione Europea ha da poco avviato un’operazione militare per combattere gli scafisti nel Mediterraneo, si tratta di misure efficaci per combattere le organizzazioni criminali?
R. – Devo dire che purtroppo l’Unione Europea non ha finora risposto in una maniera plausibile a quella che chiamiamo “crisi” migratoria: non è una crisi, è purtroppo una componente stabile del nostro mondo. I conflitti aumentano dappertutto, diventano sempre più violenti e dunque non è pensabile che l’Europa possa tenersi fuori da tutto questo. Come l’Europa partecipa? La risposta che abbiamo è quella di 120 mila riallocazioni. E’ un passo nella direzione giusta ma siamo seri: 120 mila è un numero neanche lontanamente paragonabile alle esigenze poste soltanto dal conflitto in Siria. E quando si parla di lotta agli scafisti io ancora non so bene cosa voglia dire… La priorità per il mio mandato è salvare vite umane; se poi si riesce - non attraverso operazioni militari, ma attraverso gli strumenti investigativi, gli strumenti di giustizia - a punire gli scafisti, questa è naturalmente una cosa che può dare un colpo decisivo al trafficking. Anche da quel punto di vista devo dire che purtroppo l’attenzione non è ancora al livello giusto, ed è questo quello di cui c’è bisogno. Per dirla in forma sintetica, l’approccio non dovrebbe più essere securitario, perché è ormai chiaro che questo è un approccio prima di tutto inefficace, secondariamente non coerente con un’ottica di diritti umani e che, in terzo luogo, pone l’Europa in una posizione di assurdo isolamento rispetto a tutto quello che succede nel mondo, a cui nessuno può sentirsi estraneo.

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