Luisa Muraro, invitata al convegno sul tema Perché la nostra epoca ha bisogno di Dio (dove parlava in coppia con l’illustre teologo Jürgen Moltmann) racconta che della misericordia parlò brevemente citando le parole del profeta Maometto: sulla sommità del trono di Dio sta scritto che la sua misericordia è più grande della sua collera.
Poche parole davvero, ma che dicono tutto [a partire dal fatto, forse, che i più zelanti interpreti della religione sono anche quelli che più la tradiscono, sempre]. E proseguendo, sul tema del “farsi giustizia” in relazione a chi non ha a disposizione o non vuole usare i mezzi del potere (la spada e la legge), ha notato che "si sono trovate in questa situazione le donne" - passando così a presentare la politica delle donne nei secoli, vista alla luce del femminismo di questi decenni, come una ricerca di giustizia che si situa fuori dai rapporti di forza, in contrasto con le eroine tragiche Medea e Ecuba le quali si sarebbero vendicate dei torti patiti da uomini infierendo sui figli innocenti. Da qui, dice la Muraro, veniva il titolo del suo contributo: La politica delle donne: non per vendetta ma per giustizia (con riferimento a parole di Nadia Fusini, citate nel testo).
Il convegno era organizzato da Vita e Pensiero, per il centenario dell'Università Cattolica di Milano; ma il titolo del suo intervento, pubblicato poi sul numero speciale di “Vita e Pensiero” dedicato, era completamente stravolto: non più "La politica delle donne: non per vendetta ma per giustizia", ma "Noi donne, non solo per vendetta". E non solo “la politica delle donne” era rimossa dal titolo, ma nel corpo del testo veniva anche messa tra virgolette.
La “vendetta” forse c’entra, pensai allora, - dice Muraro - come parola evocatrice; forse in certe situazioni il fantasma della vendetta è ineliminabile. Lo squilibrio inevitabile di un mondo come quello cattolico, che continua a essere comandato esclusivamente da uomini pur essendo la Chiesa formata principalmente da donne, è una di queste situazioni. E non c’è niente da fare, bisogna starci… Mi ricordai l’interrogativo critico avanzato in un documento femminista, a proposito di quelle donne zelanti che alla violenza maschile rispondono proponendo di prendersi cura degli uomini violenti: “Ci chiediamo se non ci sia la tentazione di sciogliere la radicalità del femminismo abbassando il livello di tensione della relazione politica tra uomini e donne, che è quello che realmente produce spostamenti” (Nutrire la nostra libertà, rischiando di Claudio Vedovati e Sara Gandini). (…) Se pure fosse vero (non possiamo escluderlo a priori) che, in certe situazioni, su certi confini, vendetta e indifferenza sono risposte inevitabili, esiste tuttavia una terza possibilità, che è quella di aprire lo spazio relazionale dove la tensione che dicono Claudio e Sara, diventa praticabile. Impresa non facile.
Dietro al tenace attaccamento maschile al potere, troppo spesso ci sono donne che credono di ottenere dei risultati mostrandosi accomodanti. L’ostacolo maggiore è un altro, tuttavia, ed è che le chiese, religiose o laiche, grandi o piccole, reclamano di preferenza l’appartenenza e praticano l’appropriazione.
È un’eredità del passato rinforzata paradossalmente dall’individualismo di oggi per cui ogni differenza, se non è causa di odio, sparisce. Gli spazi relazionali non sono rimedi a questi mali, attenzione, non sono cioè luoghi fatti appositamente per lo scambio e il contradditorio tra persone che la pensano diversamente. Sono spazi aperti alla ricerca e alla libera frequentazione, con la possibilità d’incontrarsi. Non cortili, ma periferie. Due riconoscibili abitatori dello spazio relazionale sono Giacomo Leopardi e Simone Weil, più riconoscibili di altre e altri in quanto, nei loro confronti, i tentativi di appropriazione sono falliti.
La “vendetta” forse c’entra, pensai allora, - dice Muraro - come parola evocatrice; forse in certe situazioni il fantasma della vendetta è ineliminabile. Lo squilibrio inevitabile di un mondo come quello cattolico, che continua a essere comandato esclusivamente da uomini pur essendo la Chiesa formata principalmente da donne, è una di queste situazioni. E non c’è niente da fare, bisogna starci… Mi ricordai l’interrogativo critico avanzato in un documento femminista, a proposito di quelle donne zelanti che alla violenza maschile rispondono proponendo di prendersi cura degli uomini violenti: “Ci chiediamo se non ci sia la tentazione di sciogliere la radicalità del femminismo abbassando il livello di tensione della relazione politica tra uomini e donne, che è quello che realmente produce spostamenti” (Nutrire la nostra libertà, rischiando di Claudio Vedovati e Sara Gandini). (…) Se pure fosse vero (non possiamo escluderlo a priori) che, in certe situazioni, su certi confini, vendetta e indifferenza sono risposte inevitabili, esiste tuttavia una terza possibilità, che è quella di aprire lo spazio relazionale dove la tensione che dicono Claudio e Sara, diventa praticabile. Impresa non facile.
Dietro al tenace attaccamento maschile al potere, troppo spesso ci sono donne che credono di ottenere dei risultati mostrandosi accomodanti. L’ostacolo maggiore è un altro, tuttavia, ed è che le chiese, religiose o laiche, grandi o piccole, reclamano di preferenza l’appartenenza e praticano l’appropriazione.
È un’eredità del passato rinforzata paradossalmente dall’individualismo di oggi per cui ogni differenza, se non è causa di odio, sparisce. Gli spazi relazionali non sono rimedi a questi mali, attenzione, non sono cioè luoghi fatti appositamente per lo scambio e il contradditorio tra persone che la pensano diversamente. Sono spazi aperti alla ricerca e alla libera frequentazione, con la possibilità d’incontrarsi. Non cortili, ma periferie. Due riconoscibili abitatori dello spazio relazionale sono Giacomo Leopardi e Simone Weil, più riconoscibili di altre e altri in quanto, nei loro confronti, i tentativi di appropriazione sono falliti.
Che commenti potremmo fare? Infiniti, forse. Chi ha orecchie per intendere, intenda, per esempio. E anche - non rinunciamo alla politica, ma facciamo una politica femminile. Non rinunciamo a essere disponibili; ma non riduciamoci ad essere accomodanti. Non buttiamo via bambini con l'acqua sporca. Ma senza sconti a gente che riesce a confondere il concetto di forza con quello di brutalità, e così a rendere violento perfino Dio.
Diventiamo intelligenti nell'uso delle parole - e nella comprensione del loro uso. Teniamo da conto le parole delle persone intelligenti.
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