Scrive Valeria Fedeli che sulla parità di genere si gioca la credibilità del Pd e delle istituzioni, la qualità del processo democratico e del rilancio del Paese: La mancata modifica all’Italicum in merito alla parità di genere è una sconfitta per l’Italia. Una sconfitta che mostra provincialismo e visione miope, assenza di coraggio e attitudine, invece, a un conservatorismo difensivo e lontano dagli interessi del Paese. Una sconfitta cui è necessario rimediare nel passaggio al Senato.
Un obiettivo già difficile, e secondo Fedeli è irrealistico tentare di andare oltre - ma su questo punto non ci si può arrendere, ecco dunque l'appello che fa al proprio partito:
Si può giudicare come si vuole il testo uscito dalla Camera. Ognuno ha legittimamente la propria opinione. Il punto politico oggi è quello di evitare di riaprire la discussione in generale. Sbaglia chi pensa che su soglie o preferenze ci siano margini di modifica. (...) Inserire correzioni per garantire che la nuova legge elettorale sia effettivamente paritaria è il (solo, ndr) punto di modifica possibile nel passaggio della legge al Senato. E su questo si deve concentrare l’impegno del Pd nel costruire le condizioni politiche che rendano possibile l’intesa sulla parità di genere. Si parte già dall’esistenza di un largo fronte di battaglia, che si è manifestato nel Paese e alla Camera, e che è stato sconfitto dal voto segreto, dalla pavidità di qualche deputato e dal maschilismo di molti. È un fronte trasversale, che unisce donne e uomini di tutte le forze politiche che hanno sostenuto l’accordo e approvato la legge. Un fronte che pur rispettando l’accordo, vuole migliorarlo in un elemento significativo che incide sulla qualità intrinseca della democrazia che vogliamo realizzare anche attraverso la legge elettorale.
Vogliamo una democrazia paritaria non per un capriccio, ma perché è l’unico modo per cui davvero la nostra democrazia può accettare la sfida del cambiamento, governare le trasformazioni in atto nel Paese e nel mondo mettendo insieme le energie, le competenze e la forza di tutte e tutti.
La parità di genere non è una questione tecnica, di procedura normativa, ma una questione politica, culturale e strategica decisiva: di qualità della rappresentanza, della democrazia, della competitività e delle possibilità di rilancio dell’Italia. È una questione di valori, una questione che precede ogni riforma, e che deve essere prevista da ogni processo riformatore. Fin dal primo momento in cui si è iniziato concretamente a parlare della nuova legge elettorale, alla fine dello scorso anno, abbiamo detto - e iniziato a costruire un’alleanza larga - che, quale fosse il sistema alla fine scelto, avrebbe dovuto rispettare parità di candidature femminili e maschili e parità tra elette ed eletti.
Non si tratta di quote, di un riequilibrio statistico, di un tema di parte, di una battaglia femminile. Una legge elettorale, effettivamente paritaria dal punto di vista di genere è un modo per rendere viva e attuata la nostra Costituzione (lavorando per la rimozione degli ostacoli all’uguaglianza - art.3 - e la promozione delle pari opportunità - art.51 -), un modo per scegliere l’innovazione culturale e di sistema, per dare forza e concretezza alle speranze di cambiamento. Le forze politiche che hanno sostenuto la riforma si comportino in modo responsabile e si assumano l’onore - perché di onore si tratta, non di un onere - di una scelta storica. Il Senato, che non è interessato dalla riforma, che vedrà cambiare la propria natura e funzioni, e che per l’ultima volta si esprimerà in materia di legge elettorale, ha la possibilità di intestarsi questa innovazione, un’innovazione che fa bene all’Italia.
Un’innovazione che riguarda non solo la legge elettorale nazionale, ma anche quella per il rinnovo del Parlamento europeo, con il voto della settimana prossima sul ddl di cui sono prima firmataria per introdurre la doppia preferenza di genere. Una norma che va approvata, senza scaricare strumentalmente su di essa i malcontenti legati all’Italicum e invece facendo in modo che la legge sia attuata già dalle Europee di maggio.
Lo dico chiaramente, allora, a tutte e tutti, leader politici, senatori e senatrici, uomini e donne: sulla parità di genere ci giochiamo la credibilità nostra e delle istituzioni, la qualità del processo democratico e del rilancio del Paese, il futuro di tutte e tutti, a partire dalle ragazze e dai ragazzi che saranno cittadine e cittadine dell’Italia di domani. Pensiamo a loro quando dovremo votare, e non agli interessi di una parte politica o della parte sola maschile del Paese.