Lei si chiamava Sondos Reda Abu Bakr e aveva solo 17 anni. L'altra lei si chiamava Shaima El Sabbagh: ne aveva 34, e aveva un bimbo di 5 anni; e portava in mano dei fiori.
Loro le hanno freddate con due colpi, si direbbe deliberatamente e a sangue freddo. Tutto ciò nell'anniversario della rivoluzione egiziana del 2011; che fu purtroppo seguita dalla vittoria dei Fratelli Mussulmani, il cui presidente, Morsi, è stato presto spodestato dal colpo di Stato che ha insediato in sua vece una giunta militare. Sono state loro le prime vittime di un anniversario che ha poi portato a un bilancio gravissimo, con molti morti e feriti.
Quella nella foto è Shaima: nell'istante in cui sta per crollare a terra morta, inutilmente soccorsa da un ragazzo che cerca di sostenerla.
L'altra lei ha solo 11 anni, è rimasta solo gravemente ferita, e non ne conosciamo il nome.
Hoda Abdel-Moneim, portavoce della coalizione rivoluzionaria delle donne egiziane, ha protestato contro i continui crimini della polizia contro le donne, e condannato la giunta militare "per l'implacabile campagna di crimini brutali contro le figlie patriottiche dell'Egitto", dichiarando alla stampa che questo omicidio a sangue freddo arriva proprio nel momento in cui, si suppone, il regime festeggia un anniversario (25 gennaio 2011) spazzato via dal colpo di stato: "il messaggio della giunta militare a tutti i rivoluzionari è dunque che il colpo di stato è stato fatto solo per uccidere e stroncare la rivoluzione, eliminando ogni manifestazione rivoluzionaria in patria, anche quelle altamente civili e dignitose, salutate come benvenute da tutto il mondo. Gli uomini e le donne della rivoluzione dovrebbero rispondere a tale messaggio persistendo nella loro attività rivoluzionaria, che da quattro anni non si placa, per eliminare tirannia, dispotismo e oppressione, e per liberare l'Egitto dalla regola militare autoritaria repressiva".
Quella nella foto è Shaima: nell'istante in cui sta per crollare a terra morta, inutilmente soccorsa da un ragazzo che cerca di sostenerla.
L'altra lei ha solo 11 anni, è rimasta solo gravemente ferita, e non ne conosciamo il nome.
Hoda Abdel-Moneim, portavoce della coalizione rivoluzionaria delle donne egiziane, ha protestato contro i continui crimini della polizia contro le donne, e condannato la giunta militare "per l'implacabile campagna di crimini brutali contro le figlie patriottiche dell'Egitto", dichiarando alla stampa che questo omicidio a sangue freddo arriva proprio nel momento in cui, si suppone, il regime festeggia un anniversario (25 gennaio 2011) spazzato via dal colpo di stato: "il messaggio della giunta militare a tutti i rivoluzionari è dunque che il colpo di stato è stato fatto solo per uccidere e stroncare la rivoluzione, eliminando ogni manifestazione rivoluzionaria in patria, anche quelle altamente civili e dignitose, salutate come benvenute da tutto il mondo. Gli uomini e le donne della rivoluzione dovrebbero rispondere a tale messaggio persistendo nella loro attività rivoluzionaria, che da quattro anni non si placa, per eliminare tirannia, dispotismo e oppressione, e per liberare l'Egitto dalla regola militare autoritaria repressiva".
D'accordo su tutto... Ci convince molto meno la fiduciosa conclusione di Hoda: "mentre assistiamo a sempre più crimini da parte della giunta contro le ragazze e le donne d'Egitto, tutti apprezziamo la grandezza e nobiltà del legittimo eletto Presidente, il cui messaggio al popolo di Egitto incoraggia e promuove il rispetto per le donne [???, ndr]. Ciò induce tutti a sostenere il Presidente Morsi e a fare ogni sforzo per ripristinare, a qualunque costo, la legittimità che lui rappresenta".
Che l'alternativa proposta alla giunta militare sia un Presidente pro-sharia non può tranquillizzare nessuno.. o meglio, nessuna. Purtroppo, se fatto fuori un dittatore se ne fa un altro, se quell'altro è "religioso" si cade dalla padella nella brace. Perciò - con quel che abbiamo già visto in Irak e in Siria, quel "a qualunque costo" ci tranquillizza ancor meno.
E di tutto ciò una cosa fa veramente paura: che dietro a tutto ciò ci siano affari tali, per cui gli Stati della democrazia, quelli che a parole sanno tanto bene condannare e tracciare spartiacque, veri passi di diplomazia e di pace non ne sanno fare, né vogliono e possono farne. E' questo il vero ordine di problemi con cui è ora di cominciare a misurarci.
E di tutto ciò una cosa fa veramente paura: che dietro a tutto ciò ci siano affari tali, per cui gli Stati della democrazia, quelli che a parole sanno tanto bene condannare e tracciare spartiacque, veri passi di diplomazia e di pace non ne sanno fare, né vogliono e possono farne. E' questo il vero ordine di problemi con cui è ora di cominciare a misurarci.
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