Tempo fa la giornalista Marina Morpurgo aveva espresso, sulla propria pagina facebook, indignazione per una pubblicità di una scuola per estetiste; e precisamente quella evidenziata in basso a questa sequenza [nb.. figure da noi ritoccate con commenti, precisiamo, come anche le successive]:
Risultato? denunciata dalla proprietaria della scuola, ora si ritrova indagata, in quanto con i suoi commenti ne avrebbe danneggiato l'attività.
Da parte nostra non apprezziamo lo sfruttamento dei bambini per nessuno scopo pubblicitario. Ma questo è un sentimento soggettivo; sul piano oggettivo, invece, alcuni utilizzi di immagini infantili li riteniamo semplicemente inaccettabili: ed è il caso in cui bambini e bambine sono rappresentat* con caratteristiche di adultizzazione e sessualizzazione; in altre parole come oggetti sessuali.
Servono esempi? sono infiniti, dagli anni 50 ad oggi…
Ora, fra tutti gli esempi evidenziati nella figura, ci sembra che quello dell' "estetista" si commenti da solo. L'immagine, infatti, dovrebbe alludere a un sogno della bambina, quello di diventare estetista. Ma la piccola non è affatto ritratta mentre trucca qualcuno (la mamma, la nonna, una bambola..), bensì secondo il più trito cliché della pubblicità sessista: e cioè lei stessa, come una mini-donna ammiccante e allusiva, mentre guarda in tralice un ipotetico osservatore da arrapare.
Allora il messaggio che dalla pubblicità ci giunge forse è un altro. E se le idee chiare su come diventare mettono in scena un oggetto del desiderio in miniatura (e dunque per potenziali pedofili) non stupisce la reazione della giornalista, che (sul suo profilo privato) così scriveva: Anche io ho sempre avuto le idee chiare: chi concepisce un manifesto simile andrebbe impeciato ed impiumato... I vostri manifesti e banner sono semplicemente raggelanti. Complimenti per la rappresentazione della donna che offrite... Negli anni 50 vi hanno ibernato e poi risvegliati?
Servono esempi? sono infiniti, dagli anni 50 ad oggi…
Ora, fra tutti gli esempi evidenziati nella figura, ci sembra che quello dell' "estetista" si commenti da solo. L'immagine, infatti, dovrebbe alludere a un sogno della bambina, quello di diventare estetista. Ma la piccola non è affatto ritratta mentre trucca qualcuno (la mamma, la nonna, una bambola..), bensì secondo il più trito cliché della pubblicità sessista: e cioè lei stessa, come una mini-donna ammiccante e allusiva, mentre guarda in tralice un ipotetico osservatore da arrapare.
Allora il messaggio che dalla pubblicità ci giunge forse è un altro. E se le idee chiare su come diventare mettono in scena un oggetto del desiderio in miniatura (e dunque per potenziali pedofili) non stupisce la reazione della giornalista, che (sul suo profilo privato) così scriveva: Anche io ho sempre avuto le idee chiare: chi concepisce un manifesto simile andrebbe impeciato ed impiumato... I vostri manifesti e banner sono semplicemente raggelanti. Complimenti per la rappresentazione della donna che offrite... Negli anni 50 vi hanno ibernato e poi risvegliati?
Eh si; perché, come scrive Lorella Zanardo: viene qui utlizzata l'immagine di una bambina di 6/8 anni e (come abbiamo più volte ribadito anche nei nostri corsi), l'utilizzo di immagini infantili a scopo mercantile è inaccettabile se tali immagini prevedono un'evidente adultizzazione, in questo caso lampante. Ricordo che sarebbe invece accettabile utilizzare lo spunto del "sogno di diventare estetista" con modalità diverse creative e non offensive [vedi l'immagine, sempre nella foto, della bimba che vuole diventare "acconciatore", ndr]. E aggiunge: in casi come questo insegniamo a fare ricorso allo IAP Istituto AutoDisciplina Pubblicitaria, per chiedergli di intervenire presso l'azienda per far rimuovere la pubblicità incriminata.
In questo caso, invece, è accaduto paradossalmente il contrario: l'incriminata è una donna che, fra gli utenti che hanno incocciato il messaggio pubblicitario, ha espresso la propria disapprovazione e indignazione.
Non c'è dubbio: la scuola da tutto ciò avrà più pubblicità di quella che avrebbe avuto se nessuno avesse criticato; ma purtroppo lasciar correre significa farsi complici di una cultura che è humus della violenza, e che spesso sgorga pacificamente da iniziative non in malafede, ma semplicemente inconsapevoli. Ecco perché serve reagire.
Cosa possiamo fare, per respingere questi messaggi da un lato, e - dall'altro - sostenere la giornalista Morpurgo?
Ecco le azioni suggerite:
Non c'è dubbio: la scuola da tutto ciò avrà più pubblicità di quella che avrebbe avuto se nessuno avesse criticato; ma purtroppo lasciar correre significa farsi complici di una cultura che è humus della violenza, e che spesso sgorga pacificamente da iniziative non in malafede, ma semplicemente inconsapevoli. Ecco perché serve reagire.
Cosa possiamo fare, per respingere questi messaggi da un lato, e - dall'altro - sostenere la giornalista Morpurgo?
Ecco le azioni suggerite:
• Mandare allo IAP una segnalazione tramite questo modulo
• Partecipare alle proteste su facebook e twitter esprimendo il proprio disappunto - in modo educato e firmato, e le ragioni della solidarietà a Marina Morpurgo.
Grazie dell'articolo. Un suggerimento: ''partecipare alle proteste su facebook e twitter'' sarebbe più facile se si concretizzasse l'invito con degli indirizzi/link.
RispondiEliminaMi ha appena risposto lo IAP, condivido per informazione:
RispondiEliminaRe: Messaggio pubblicitario Scuola di formazione Professionale SiRi “Farò l’estetista ho sempre avuto le idee chiare" rilevato su affissioni nella città di Foggia nel mese di novembre 2012
La ringraziamo per la segnalazione. Desideriamo informarLa che il caso è stato già oggetto di esame da parte del Comitato di Controllo IAP, che il 30 novembre 2012 chiese all’inserzionista di ripensare la comunicazione in questione, eliminandone la ritenuta non conformità all’art.11 del Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale, in particolare al comma: ”Sono vietate rappresentazioni di comportamenti o di atteggiamenti improntati alla sessualizzazione dei bambini”.
L’inserzionista, tuttavia, che non faceva parte del sistema autodisciplinare e che aveva utilizzato un mezzo di diffusione di portata locale non tenuto all’osservanza delle norme del Codice, non aveva risposto alla richiesta e per tale ragione, non sussistendo gli elementi che determinano la legittimazione ad agire dello IAP, il caso non aveva potuto avere ulteriore seguito.
Non risulta che tale messaggio sia attualmente diffuso attraverso mezzi aderenti al nostro sistema.
Con i migliori saluti.
I.A.P.
La Segreteria
SEGRETERIA COMITATO DI CONTROLLO
Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria
via Larga 15 - 20122 Milano (Italy)
tel 02/58304941 - fax 02/58303717
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