La memoria è necessaria: dobbiamo ricordare, perché le cose che si dimenticano possono ritornare (Mario Rigoni Stern). Memoria delle orribili persecuzioni contro gli Ebrei, e anche contro gli zingari, gli omosessuali, le lesbiche, i non-ariani: i diversi di ogni genere.
La persecuzione colpisce i diversi - e dunque le donne stesse. Che - come i gay dichiarati - sono le diverse per eccellenza dal maschio dominatore. Riconoscere questo tiene lontani da dichiarazioni negazioniste come quelle di chi arriva a sostenere che "il nazismo fu largamente rappresentato dai gay perché c'erano gay nazisti nei vertici" (!): no, sig. Giovanardi: i veri diversi-dal-maschio-dominatore sono i gay dichiarati e quelli non sarebbero mai stati in quei vertici; solo gli striscianti traditori di se stessi; e lo stesso vale per le donne. Perché…
C'è dunque la memoria, e poi c'è anche il necessario portare alla luce quello che è rimasto oscuro - per esempio la particolare brutalità che il nazismo ha dedicato - indistintamente - alle donne. E che ancora dedica loro, sempre e ovunque, come ogni ideologia autoritaria. Il nazismo come l'Isis - in tutto e per tutto: alle donne le peggiori torture e la certezza dei più orrendi abusi sessuali. Dove c'è brutalità, le donne sono sempre le vittime privilegiate, poste all'apice dell'attenzione e di tutte persecuzioni. Ad esempio.
C'è dunque la memoria, e poi c'è anche il necessario portare alla luce quello che è rimasto oscuro - per esempio la particolare brutalità che il nazismo ha dedicato - indistintamente - alle donne. E che ancora dedica loro, sempre e ovunque, come ogni ideologia autoritaria. Il nazismo come l'Isis - in tutto e per tutto: alle donne le peggiori torture e la certezza dei più orrendi abusi sessuali. Dove c'è brutalità, le donne sono sempre le vittime privilegiate, poste all'apice dell'attenzione e di tutte persecuzioni. Ad esempio.
L'ordine venne da Heinrich Himmler nel 1942: istituire bordelli nei campi di concentramento nazisti. Destinati non agli ufficiali delle SS (che già godevano di altri svaghi), ma ai prigionieri. Un «premio» - questa fu l' idea, copiata dai gulag di Stalin - che potesse incrementare la loro «produttività». Tra il 1942 e il 1945 furono così creati dieci bordelli: anche ad Auschwitz, Mauthausen, Dachau, Neuengamme, Buchenwald. Eppure, di questa pagina del terrore nazista, di quest' appendice non marginale d' obbrobrio del «sistema campi di concentramento» quasi nulla è stato finora pubblicato.
Das Bordell Kz, di Robert Sommer, 35enne ricercatore cresciuto nella Germania dell' Est, è il primo vero studio sul tema. Qualcosa era già emerso, soprattutto nei primi anni dopo la guerra, quando i «bordelli», le «forzate della prostituzione» compaiono in alcune memorie dei sopravvissuti. Ma è negli anni Cinquanta, quando l' esperienza dell' Olocausto in Germania cominciò a sedimentarsi in forme di memoria condivisa - dice lo storico Hartmut Böhme - che le «schiave del sesso» restarono fuori dal canone delle «vittime» ufficiali. Né aiutò il grande sforzo di memoria compiuto dalla generazione del Sessantotto, che costrinse la Germania a confrontarsi col suo passato nazista, seguendo però altre priorità politiche. L' oblio fu il destino di queste donne. Come successe alle decine di migliaia di berlinesi stuprate dai sovietici nell' aprile-giugno 1945, rimosse per fastidio e vergogna dalla coscienza collettiva, finché il bellissimo libro Una donna a Berlino, il diario, scoperto e pubblicato da Hans Magnus Enzensberger, di una moglie stuprata a ripetizione, che neanche dopo la morte volle che venisse svelato il suo nome, diventò un caso editoriale nel 2002 [Ma ricordiamo anche, ad esempio, "la baracca dei tristi piaceri", ndr]. Sommer ha esaminato documenti in Germania, Austria, Polonia, Stati Uniti. Ha cercato le donne, ne ha trovate alcune, ma pochissime hanno accettato di raccontare. Durante la guerra, erano almeno duecento. Auschwitz arrivò a «impiegarne» 21. Non erano, in nessun caso, ebree, ma tedesche «asociali», slave, rom.
E del resto, dalla «ricompensa» gli ebrei erano esclusi, il «piacere» era riservato a detenuti politici, prigionieri di guerra, kapò, insomma a quella che agli occhi delle SS era l' élite del lager. Per di più, gli «accoppiamenti» venivano decisi su base razziale, slavi con slavi, tedeschi con tedeschi. «Per quanto assurdo possa sembrare - dice Sommer - i bordelli facevano parte integrante dell' ideologia razziale hitleriana. Non solo, ma vi si applicavano con coerenza anche le sperimentazioni mediche, gli aborti forzati, le manie igieniste dei nazisti».
Le ragazze, di norma, venivano reclutate nella prigione femminile di Ravensbrück, età media 23 anni. Quelle selezionate venivano nutrite, visitate dai medici, «ricostruite». Taglio di capelli e ritorno agli abiti civili: ad Auschwitz oltre alle camicette (proprie) ricevevano in dotazione anche corte gonne di lino bianco. Spesso veniva loro promessa la libertà dopo sei mesi, ma questo non avveniva mai. Vivevano nei Sonderbauten, speciali baracche con acqua calda e bidet. Ricevevano anche cibi migliori, frutta, e una porzione di carne quasi ogni giorno. Tutto nei Sonderbauten veniva regolato da una rigida burocrazia. Le visite avvenivano la sera durante la settimana, solo la domenica tutto il giorno. I detenuti prima d' incontrare le ragazze dovevano farsi il bagno, la stanza d' attesa era una sala medica, dove venivano periodicamente esaminate.
Qui il libro, mentre riporta con dovizia di particolari la routine quotidiana, e ricostruisce dai registri, con la precisione dello storico, la vita del bordello, davvero commuove. E si capisce perché, doppiamente umiliate, uscite dai lager queste donne abbiano taciuto. «È un' altra dimensione del terrore nazista - dice Sommer - Nei bordelli si costringevano le vittime a diventare a loro volta carnefici delle donne».
Con sistematico puntiglio - sostiene Sommer - secondo un preciso disegno. Mara Gergolet, 2009
Das Bordell Kz, di Robert Sommer, 35enne ricercatore cresciuto nella Germania dell' Est, è il primo vero studio sul tema. Qualcosa era già emerso, soprattutto nei primi anni dopo la guerra, quando i «bordelli», le «forzate della prostituzione» compaiono in alcune memorie dei sopravvissuti. Ma è negli anni Cinquanta, quando l' esperienza dell' Olocausto in Germania cominciò a sedimentarsi in forme di memoria condivisa - dice lo storico Hartmut Böhme - che le «schiave del sesso» restarono fuori dal canone delle «vittime» ufficiali. Né aiutò il grande sforzo di memoria compiuto dalla generazione del Sessantotto, che costrinse la Germania a confrontarsi col suo passato nazista, seguendo però altre priorità politiche. L' oblio fu il destino di queste donne. Come successe alle decine di migliaia di berlinesi stuprate dai sovietici nell' aprile-giugno 1945, rimosse per fastidio e vergogna dalla coscienza collettiva, finché il bellissimo libro Una donna a Berlino, il diario, scoperto e pubblicato da Hans Magnus Enzensberger, di una moglie stuprata a ripetizione, che neanche dopo la morte volle che venisse svelato il suo nome, diventò un caso editoriale nel 2002 [Ma ricordiamo anche, ad esempio, "la baracca dei tristi piaceri", ndr]. Sommer ha esaminato documenti in Germania, Austria, Polonia, Stati Uniti. Ha cercato le donne, ne ha trovate alcune, ma pochissime hanno accettato di raccontare. Durante la guerra, erano almeno duecento. Auschwitz arrivò a «impiegarne» 21. Non erano, in nessun caso, ebree, ma tedesche «asociali», slave, rom.
E del resto, dalla «ricompensa» gli ebrei erano esclusi, il «piacere» era riservato a detenuti politici, prigionieri di guerra, kapò, insomma a quella che agli occhi delle SS era l' élite del lager. Per di più, gli «accoppiamenti» venivano decisi su base razziale, slavi con slavi, tedeschi con tedeschi. «Per quanto assurdo possa sembrare - dice Sommer - i bordelli facevano parte integrante dell' ideologia razziale hitleriana. Non solo, ma vi si applicavano con coerenza anche le sperimentazioni mediche, gli aborti forzati, le manie igieniste dei nazisti».
Le ragazze, di norma, venivano reclutate nella prigione femminile di Ravensbrück, età media 23 anni. Quelle selezionate venivano nutrite, visitate dai medici, «ricostruite». Taglio di capelli e ritorno agli abiti civili: ad Auschwitz oltre alle camicette (proprie) ricevevano in dotazione anche corte gonne di lino bianco. Spesso veniva loro promessa la libertà dopo sei mesi, ma questo non avveniva mai. Vivevano nei Sonderbauten, speciali baracche con acqua calda e bidet. Ricevevano anche cibi migliori, frutta, e una porzione di carne quasi ogni giorno. Tutto nei Sonderbauten veniva regolato da una rigida burocrazia. Le visite avvenivano la sera durante la settimana, solo la domenica tutto il giorno. I detenuti prima d' incontrare le ragazze dovevano farsi il bagno, la stanza d' attesa era una sala medica, dove venivano periodicamente esaminate.
Qui il libro, mentre riporta con dovizia di particolari la routine quotidiana, e ricostruisce dai registri, con la precisione dello storico, la vita del bordello, davvero commuove. E si capisce perché, doppiamente umiliate, uscite dai lager queste donne abbiano taciuto. «È un' altra dimensione del terrore nazista - dice Sommer - Nei bordelli si costringevano le vittime a diventare a loro volta carnefici delle donne».
Con sistematico puntiglio - sostiene Sommer - secondo un preciso disegno. Mara Gergolet, 2009
Molto bello e vero. Altri suggerimenti:
RispondiEliminaTRIANGOLI DI MEMORIA
Rossi per le Politiche. Gialli per le ebree. Neri per le zingare. Neri ancora per le lesbiche. Pezzi di stoffa, cuciti sul petto delle divise. A ciascuna il suo, insieme al numero marchiato sul braccio. Nelle grandi tragedie dell'umanità, come è stata la persecuzione razziale nazifascista del Novecento, lo sterminio pianificato di milioni di esseri umani in nome di un'allucinante teorizzazione dell'antisemitismo e della “diversità” come inferiorità, spesso i particolari, i fatti che paiono meno atroci nel generale orrore, sono quelli che nel Tempo contribuiscono a raccontarne per intero la Storia, linfa per la Memoria.
L'INFERNO DELLE DONNE
I Triangoli delle prigioniere di Ravensbrück, l'inferno delle donne, sono tra questi. Quelli rossi indicavano le deportate politiche, le dissidenti, le donne della quotidiana Resistenza europea contro nazismo e fascismo. Un'aspetto dell'universo concentrazionista solo di recente approfondito in Italia. A differenza che in Germania, non c'è da noi un museo della Deportazione e della Resistenza in grado di raccogliere e trasmettere conoscenza storica sulle antifasciste italiane che pagarono con la deportazione nel lager nazista, e spesso con la morte, l'opposizione al regime di Mussolini. La ricerca storica ne ha identificate ad oggi circa mille; alcune delle quali, Lidia Beccaria Rolfi e Maria Arata Massariello, ci hanno lasciato libri-testimonianza. A loro, in una tensione morale unitaria con tutte le vittime della persecuzione nazista, le ebree, le zingare, le lesbiche, le ribelli, womeninthecity aveva dedicato l'approfondimento per la Giornata della Memoria 2013. http://www.womeninthecity.it/index.php
Altri suggerimenti
RAVENSBRUCK, LA MEMORIA E' UN LAVORO DI CURA
di Anna Paola Moretti
http://www.womeninthecity.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1268:ravensbrueck-la-memoria-e-un-lavoro-di-cura&catid=244:la-giornata-internazionale-della-memoria
ANTIFASCISTE ITALIANE DEPORTATE. UNA STORIA ANCORA DA RACCONTARE
Intervista di Nella Condorelli a Giovanna Massariello
http://www.womeninthecity.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1269:antifasciste-italiane-deportate-una-storia-tutta-da-raccontare&catid=244:la-giornata-internazionale-della-memoria
IL LAGER DELLE DONNE. BIBLIOGRAFIA
http://www.womeninthecity.it/index.php?option=com_content&view=article&id=1270:ravensbrueck-per-saperne-di-piu&catid=244:la-giornata-internazionale-della-memoria