sabato 1 agosto 2020

Il permafrost, i profitti e la pelle. Dalla crisi climatica alla crisi economica e ritorno

Un interessante articolo de Il Sole24Ore (edizione cartacea di ieri) mette il dito su quella piaga che i fautori della crescita ad ogni costo non vogliono decidersi a guardare; benché sia ben nota da tempo: gli avvertimenti anche in questo senso si susseguono.

Una piaga che viene ora riaperta dagli esiti di uno stress test condotto dagli analisti di Morgan Stanley sui maggiori gruppi russi produttori di materie prime. Lo studio doveva stimare l’impatto potenziale del riscaldamento climatico sui rispettivi indicatori finanziari e dividendi nell'immediato futuro, e i risultati sono piuttosto mozzafiato.

Ad esempio, fra i gruppi che saranno più colpiti, Gazprom nel 2022 potrebbe vedere il proprio cash flow crollare di oltre la metà: da 8,4 a 4 miliardi di dollari. Ma sono molte le società coinvolte, con interessi enormi. 
"I cambiamenti climatici nelle regioni del permafrost, che rappresentano circa il 60% della Russia, causano emissioni di immani volumi di metano e anidride carbonica, riducono la stabilità del suolo e creano rischi per le infrastrutture", afferma Morgan Stanley. "Il tasso di crescita della temperatura media annuale in Russia dal 1960 supera il tasso mondiale di 2,5 volte e di ben 3-4 volte, negli ultimi 20 anni, nelle regioni artiche. Di conseguenza, la capacità portante delle fondazioni nelle regioni chiave della produzione di idrocarburi in Russia è diminuita dal 25 al 75% rispetto al 1965-1975". Il che conferma esattamente quello che abbiamo descritto QUI: e cioè che la grave accelerazione, a cui stiamo assistendo da mesi, nello scioglimento del permafrost comporta rischi imminenti di reazioni a catena in grado di distruggere l’umanità.
Sono gravi, concreti e vicini i rischi per la sopravvivenza stessa: ma pare che ai più, se si continua a far profitti, di sopravvivere non interessi nulla
Viceversa, si sa che la paura di vedere ridurre i profitti smuove le montagne; e in questo rapporto, che mette l’accento non sui pericoli di estinzione, ma su quelli economici, ce n’è abbastanza da costringere i peggiori negazionisti a correre ai ripari. 
Ammesso che le notizie circolino… le citazioni di questo report, ad esempio, al momento si contano sulle punta delle dita, anche in ambito internazionale. Ne ha parlato The Moscow Times e, in Italia, solo la informatissima Antonella Scott del Sole24Ore. 
E sul servizio pubblico nazionale? Anche questa volta per ora nulla, il vuoto pneumatico.




Estratto da articolo su Vedomosti:
Il surriscaldamento nelle regioni del permafrost sta diventando una delle principali minacce per le infrastrutture delle maggiori società, avvertono gli analisti della banca Morgan Stanley (…) Il rischio è più rilevante per Gazprom, Novatek, Norilsk Nickel e Alrosa. La nota analitica di Morgan Stanley sui mercati delle materie prime russe fa notare come la fuoriuscita di gasolio a Norilsk abbia messo in luce il problema dei rischi climatici per le aziende russe di materie primeUno stress test condotto dalla banca ha valutato il potenziale impatto del riscaldamento nelle regioni del permafrost sulle prestazioni finanziarie e sui pagamenti di dividendi nel 2022. (…) Il tasso di crescita della temperatura media annuale in Russia dal 1960 supera il tasso mondiale di 2,5 volte e di ben 3-4 volte, negli ultimi 20 anni, nelle regioni artiche. Di conseguenza, la capacità portante delle fondazioni nelle regioni chiave della produzione di idrocarburi in Russia è diminuita dal 25 al 75% rispetto al 1965-1975. 
Esistono anche rischi significativi nella fornitura di energia; tanto che, avvertono gli analisti, si potrebbe arrivare a un arresto della produzione.
In Russia il 90% del gas, il 30% del petrolio, il 100% del palladio e il 90% dei diamanti sono estratti nelle aree del permafrost, quindi un grave impatto del surriscaldamento sulle prestazioni finanziarie e sulla capitalizzazione delle società di materie prime potrebbe diventare manifesto nel prossimo futuro, afferma il rapporto.
In termini di free cash flow (FCF), la banca ha registrato il maggior rischio in Gazprom: l'FCF della società, se non verrà affrontato il rischio climatico, nel 2022 potrebbe essere ridotto di oltre la metà rispetto all'indicatore di previsione: da $ 8,4 miliardi a $ 4 miliardi. Riguardo ai dividendi il massimo impatto potrebbe abbattersi su Norilsk Nickel: con un indicatore di previsione per i dividendi, per il 2022, ridotto della metà - a $ 1,1 miliardi.

4 commenti:

  1. ma dove si trova l'articolo de Il Sole citato? possibile che perfino l'unica testata che parla di una cosa così importante non renda reperibile il pezzo in rete?

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    1. l'articolo era sul giornale cartaceo! quindi no, non credo si possa trovare in rete; peccato

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  2. Forse plutocrati e potenti credono che creperanno solo gli altri, resteranno poveri e miserabili solo gli altri, eccetera.
    E così dappertutto: "People want a greener, happier world now. But our politicians have other ideas". That's it.
    https://www.theguardian.com/commentisfree/2020/jul/21/greener-happier-world-politicians-boris-johnson-consumerism-planet

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  3. PS firmare la petizione per una informazione decente!!!
    https://secure.avaaz.org/community_petitions/it/alla_presidenza_e_alla_direzione_generale_della_ra_chiediamo_alla_rai_di_mettere_in_primo_piano_linformazione_sulla_crisi_climatica_1/

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