David Quammen nel 2012, nel suo saggio "Spillover, l'evoluzione delle pandemie", preconizzava con precisione l'avvento di una grande pandemia a causa di un virus come Covid19. Ecco come risponde alle domande di Davide Piacenza e di Stella Levantesi sulla pandemia di oggi.
• Davide Piacenza • Stava prevedendo il futuro, o era semplicemente ciò che la scienza si aspettava fin dall’inizio?
Il mio libro essenzialmente ha predetto, in misura piuttosto precisa, ciò che stiamo vedendo: ma non sono stato preveggente, mi sono limitato a riportare in una forma composita ciò che alcuni esperti molto affidabili mi avevano preannunciato. In buona sostanza ciò che si diceva era: The Next Big One, la prossima grande pandemia, sarebbe:
1) stata causata da un virus zoonotico che
Il mio libro essenzialmente ha predetto, in misura piuttosto precisa, ciò che stiamo vedendo: ma non sono stato preveggente, mi sono limitato a riportare in una forma composita ciò che alcuni esperti molto affidabili mi avevano preannunciato. In buona sostanza ciò che si diceva era: The Next Big One, la prossima grande pandemia, sarebbe:
1) stata causata da un virus zoonotico che
2) viene da un animale selvatico,
3) verosimilmente un pipistrello,
4) probabilmente dopo essersi amplificato in un altro tipo di animale prima di passare agli esseri umani
5) poiché gli umani sono venuti forzatamente a contatto con questi animali,
6) molto probabilmente in un wet market
7) magari situato in Cina, e che
8) il nuovo virus si sarebbe rivelato particolarmente pericoloso se le persone contagiate gli avessero offerto un riparo, diffondendolo, prima di accusare alcun sintomo.
Suona familiare?
• DP Il libro mette il lettore nei panni del virus, spiegando che le alterazioni ecologiche che gli esseri umani mettono in moto con frequenza sempre maggiore creano le condizioni perfette per il proliferare di nuovi virus. Quindi nei prossimi anni dovremo preoccuparci di sempre più epidemie come questa? Sì, dovremo davvero temere nuovi scoppi di epidemie virali, e sempre più crisi come questa. La cosa peggiore che può succedere con la malattia Covid-19 è che si diffonda fino a diventare una grave pandemia globale, infettando centinaia di milioni di persone e uccidendone milioni. La seconda peggior cosa che può succedere è che riusciamo a controllarla nei prossimi mesi, limitando con successo i danni e i sacrifici… e che quindi poi i politici e altri dicano okay, visto?, era un falso allarme, non è mai stato niente di che! e usino questa lettura sbagliata e compiaciuta come scusa per non arrivare preparati alla prossima epidemia.
Le ragioni per cui assisteremo ad altre crisi come questa nel futuro sono che:
1) i nostri diversi ecosistemi naturali sono pieni di molte specie di animali, piante e altre creature, ognuna delle quali contiene in sé virus unici;
2) molti di questi virus, specialmente quelli presenti nei mammiferi selvatici, possono contagiare gli esseri umani;
3) stiamo invadendo e alterando questi ecosistemi con più decisione che mai, esponendoci dunque ai nuovi virus e
4) quando un virus effettua un salto di specie da un portatore animale non-umano agli esseri umani, e si adatta alla trasmissione uomo-uomo, beh, quel virus ha vinto la lotteria: ora ha una popolazione di 7.7 miliardi di individui che vivono in alte densità demografiche, viaggiando in lungo e in largo, attraverso cui può diffondersi.
Quando un virus degli scimpanzé, per esempio, fa il salto per diventare un virus dell’uomo, ha aumentato enormemente il suo potenziale di successo evolutivo. Un esempio? Il virus che chiamiamo Hiv-1.
• DP Perché questi virus riescono a evolvere e ad adattarsi così rapidamente? C’è modo di fermarli? Certi gruppi di virus si adattano e cambiano molto più velocemente degli altri. I più rapidi fanno parte di un gruppo di famiglie di virus noto come virus Rna a singolo filamento. Significa che i loro genomi sono composti di un singolo filamento della molecola Rna, invece che il Dna, che è a doppio filamento. Un genoma Rna a singolo filamento commette molti più errori quando si copia mentre i virus si stanno replicando: e quegli errori, che si chiamano mutazioni, sono le materie prime dell’evoluzione per selezione naturale. Il vecchio meccanismo di Darwin. Quindi questi virus Ss-Rna, in costante mutamento e adattamento, sono più capaci di trasferirsi a nuovi ospiti, come gli esseri umani, e proliferare. E tra i più noti virus Rna a filamento singolo ci sono i coronavirus.
• DP In Italia abbiamo assistito a un dibattito acceso e prolungato sulle misure precauzionali prese dal governo: il 31 gennaio l’Italia ha deciso di chiudere il traffico aereo con la Cina; molti sostengono che avremmo dovuto piuttosto mettere in quarantena tutti coloro che tornavano dalla Cina. Crede che ciò avrebbe davvero potuto evitare tutto? E ora il nord del vostro paese è chiuso: una misura drastica e rischiosa che il mondo intero sta guardando con apprensione e supporto. Funzionerà? Arresterà la diffusione del virus? Non sono un esperto di salute pubblica, non rientra nel perimetro degli scopi della mia ricerca, perciò parlerò in modo cauto e modesto, scusandomi di non poter essere più certo. La mia ipotesi è che la chiusura di per sé, che sia utile o meno, non sarà sufficiente. È accompagnata da uno sforzo urgente che mira a tracciare i contagi e i loro contatti, isolare i casi in situazioni ospedaliere dedicate, incoraggiare la quarantena domiciliare di tutti i contatti dei casi sospetti, acquisire e produrre tutte le risorse (i kit per i test, le mascherine, altro equipaggiamento protettivo, anche conosciuto come Ppe) per proteggere gli operatori sanitari che vengono a contatto coi contagiati, e applicare queste misure di supporto anche in altre parti d’Italia? Se sì, allora forse il paese si salverà dal disastro e darà al mondo un esempio di grande valore. Io di certo lo spero.
• DP Queste epidemie scavano a fondo nelle nostre nozioni individuali del sé e dell’identità, in un certo senso dicendoci che siamo solo un altro ospite di questo pianeta.. per citare ancora il suo libro: “Le persone e i gorilla, i cavalli e i cefalofi e i maiali, le scimmie e gli scimpanzé e i pipistrelli e i virus. Siamo tutti sulla stessa barca”. Ma se lo siamo, come facciamo a scendere? Non possiamo uscire da questa situazione, da questo dilemma: siamo parte della natura, di una natura che esiste su questo pianeta e solo su questo. Più distruggiamo gli ecosistemi, più smuoviamo i virus dai loro ospiti naturali e più ci offriamo come loro ospite alternativo. Siamo troppi, 7,7 miliardi di persone, e consumiamo risorse in modo troppo affamato, a volte troppo avido, il che ci rende una specie di buco nero al centro della galassia: tutto è attirato verso di noi. Compresi i virus. Una soluzione sarebbe ridurre velocemente il grado delle nostre alterazioni dell’ambiente, e ridimensionare gradualmente la dimensione della nostra popolazione e la nostra domanda di risorse.
• DPIn buona sostanza la Covid-19 è una cosa che non conosciamo ancora abbastanza (..). Come pensa che i giornali e le istituzioni dovrebbero parlare alle persone? Come si distingue una buona comunicazione scientifica e mediatica durante un’epidemia? Le istituzioni e i governi dovrebbero fidarsi dei loro scienziati, specialmente dei loro migliori epidemiologi, e dei loro esperti di sanità pubblica di lungo corso, in modo da parlare onestamente alle persone. Non devono mettere il bavaglio, zittire o riformulare ciò che dicono quegli esperti per timori che riguardano l’andamento del mercato azionario o le loro possibilità di essere rieletti. Questo è stato il grande problema nel mio paese, gli Stati Uniti, nelle ultime sei settimane. Abbiamo meravigliosi scienziati e funzionari della sanità pubblica molto saggi e misurati (ad esempio Anthony Fauci, per fare un nome prestigioso); queste sono le voci che il pubblico dovrebbe poter ascoltare, e sono certo che sia così anche in Italia. Poi, ovviamente, c’è un ruolo importante per i giornalisti e gli scrittori cauti, gente come te e me, Davide, che ascoltano la voce degli scienziati, leggono ciò che pubblicano sulle riviste scientifiche e traducono quelle materie complesse in un linguaggio chiaro e ordinario per il grande pubblico. Abbiamo l’enorme responsabilità di evitare sensazionalismi e romanzamenti col semplice intento di vendere più libri o giornali, e l’obbligo di presentare le nostre storie come costruite a partire da fatti solidi e verificabili.
David Quammen, 9/3/2020; intervistato da Davide Piacenza su Wired
• Stella Levantesi • Come avviene lo «spillover»? questo termine indica quel momento in cui un virus passa dal suo «ospite» non umano (un animale) al primo «ospite» umano. Questo è lo spillover. Il primo ospite umano è il paziente zero. Le malattie infettive che seguono questo processo le chiamiamo zoonosi.
• SL in che modo la distruzione della biodiversità e l’interferenza dell’uomo nell’ambiente creano condizioni per la comparsa di nuovi virus come il coronavirus? Nei nostri ecosistemi si trovano molti tipi diversi di specie animali, piante, funghi, batteri e altre forme di diversità biologica, tutte creature cellulari. Un virus non è una creatura cellulare, è un tratto di materiale genetico all’interno di una capsula proteica e può riprodursi solo entrando all’interno di una creatura cellulare. Molte specie animali sono portatrici di forme di virus uniche. Ed eccoci qui come potenziale nuovo ospite; così i virus ci infettano. Così: quando noi umani interferiamo con i diversi ecosistemi, quando abbattiamo gli alberi e deforestiamo, scaviamo pozzi e miniere, catturiamo animali, li uccidiamo o li catturiamo vivi per venderli in un mercato, disturbiamo questi ecosistemi e scateniamo nuovi virus.
Poi 7,7 miliardi di esseri umani sul pianeta volano in aereo in ogni direzione, trasportano cibo e altri materiali, e se questi virus si evolvono in modo da potersi trasmettere da un essere umano all’altro, allora hanno vinto la lotteria. Questa è la causa alla radice dello spillover, del problema delle zoonosi che diventano pandemie globali.
• SL La distinzione tra zoonosi e non zoonosi aiuta in qualche modo a spiegare perché l’uomo ha sconfitto certe malattie e non altre? In altre parole, è più difficile “curare” le zoonosi? E se sì, perché? Sì, è così. Il 60% delle malattie infettive umane sono zoonosi, cioè il virus è stato trasmesso da un animale in tempi relativamente recenti. L’altro 40% delle malattie infettive proviene da altro, da virus o altri agenti patogeni che si sono lentamente evoluti nel tempo insieme all’uomo. Quindi possiamo sradicare le non zoonosi, il cui virus si è adattato solo a noi e non vive in altri animali. Il caso più famoso è il vaiolo, che abbiamo sradicato e ora esiste solo nei laboratori e non circola nella popolazione umana. Siamo riusciti a farlo perché il vaiolo non vive anche negli animali. Se il vaiolo vivesse in un pipistrello o in una specie di scimmia, allora non potremmo liberarcene nella popolazione umana se non ce ne liberassimo anche in quell’animale; dovremmo uccidere tutti quei pipistrelli o curare anche loro dal vaiolo. Ecco perché possiamo sradicare una malattia come il vaiolo ed è per questo che alla fine non potremo mai sradicare una zoonosi, a meno che non uccidiamo gli animali in cui vive.
• SL Quindi, se un virus ci arriva dai pipistrelli, qual è la soluzione? Dovremmo uccidere tutti i pipistrelli? No, la soluzione è lasciare i pipistrelli in pace, perché i nostri ecosistemi hanno bisogno dei pipistrelli.
• SL Riguardo ai pipistrelli, il fatto che siano mammiferi come gli esseri umani rende più facile la trasmissione del virus da loro a noi? È proprio perché siamo entrambi mammiferi che lo «spillover» è più probabile? Sì, è così. Molti dei virus che hanno causato le zoonosi negli ultimi 60 anni hanno trovato il loro ospite nei pipistrelli. Sono mammiferi come noi e i virus che si adattano a loro hanno più probabilità di adattarsi a noi rispetto a un virus che è in un rettile o in una pianta, per esempio. La seconda ragione è che i pipistrelli rappresentano un quarto di tutte le specie di mammiferi sul pianeta, il 25%. È naturale, quindi, che sembrino sovra rappresentati come fonti di virus per l’uomo. Ci sono un altro paio di cose oltre a questo che rendono i pipistrelli ospiti più probabili, vivono a lungo e tendono a rintanarsi in enormi aggregazioni. In una grotta, potrebbero esserci anche 60.000 pipistrelli e questa è una circostanza favorevole per far circolare i virus. Un’altra cosa gli scienziati hanno scoperto da poco: il sistema immunitario dei pipistrelli è più tollerante ad «estraneità» presenti nel loro organismo rispetto ad altri sistemi immunitari.
• SL Se le epidemie della storia non sono indipendenti l’una dall’altra ma, in qualche modo, sono collegate e ricorrenti, dove vanno a finire i virus quando non presentano una minaccia diretta agli esseri umani? Questa epidemia è talmente diffusa che potrebbe non scomparire del tutto, ma provo a fare un esempio diverso: l’Ebola nel 2014 in Africa occidentale. Non conosciamo ancora l’ospite con certezza ma sospettiamo si tratti di pipistrelli. Si scatena un’epidemia che uccide migliaia di persone, medici e scienziati rispondono alla minaccia e finalmente rallentano l’epidemia che poi sparisce. Dove va a finire il virus? Se ne va? No, è ancora nell’ospite. I virus non tornano dall’essere umano all’ospite ma il virus continua a risiedere nell’ospite. E questo è ciò che accade con la maggior parte di queste epidemie. Arrivano, colpiscono gli esseri umani, le persone soffrono, muoiono, gli esperti sanitari rispondono, l’epidemia viene messa sotto controllo, l’epidemia scompare e poi passano diversi anni prima che si ripeta. Dov’è il virus nel frattempo? È nell’ospite.
• SL C’è una correlazione tra l’aumento del tasso di inquinamento in alcune zone e un impatto più forte del virus sulla popolazione di quella zona? Sì, penso che ci possa essere una correlazione tra l’inquinamento dell’aria e i danni alle vie respiratorie delle persone e quindi la loro suscettibilità a questo particolare virus. Credo che questa sia una domanda importante. (...)
• SL Un altro aspetto è che i sintomi arrivano più tardi del contagio. Questo può rendere il Covid-19 più pericolosa di altre malattie che mostrano i sintomi prima? Sì, la rende più pericolosa. Credo di aver scritto in Spillover che siamo stati fortunati con la Sars perché era un virus molto pericoloso: si diffondeva facilmente da un essere umano all’altro e aveva un alto tasso di mortalità, quasi il 10%, eppure, sarebbe stato peggio se le persone fossero state contagiose ancor prima di manifestare i sintomi. E ho scritto: «Dio non voglia che avremo a che fare con un virus grave come la Sars che si diffonde dalle persone prima che si vedano i sintomi». In questo momento abbiamo esattamente questo caso di virus. Dicono che quando un proiettile ti colpisce non senti mai il colpo, perché il proiettile arriva prima e poi il suono arriva dopo. Questo virus funziona così.
• SL la disinformazione scientifica che riguarda il coronavirus ha molti punti di contatto con le dinamiche della disinformazione climatica. Qual è la sua opinione, e quanto è importante affrontare la disinformazione scientifica? È estremamente importante affrontare la disinformazione scientifica. C’è sicuramente una sovrapposizione rispetto al cambiamento climatico. Ci sono persone che sono impazienti, arrabbiate e poco informate. Ricevono notizie da fonti inaffidabili e hanno appetito per una forma negativa di eccitazione. Hanno più interesse per le cospirazioni che per la scienza. La disinformazione si diffonde facilmente.
• SL Dov’è la soglia limite tra l’offerta di notizie accurate, credibili, trasparenti e accessibili a tutti e il bombardamento continuo di “notizie” sul virus? Esiste un limite e l'informazione può essere troppa. Viviamo in un mondo dove i media sono attivi 24 ore su 24 e vogliono (..) che la gente consulti la loro piattaforma perché hanno qualcosa un minuto prima di un’altra. È un tipo di competizione che non fa bene a nessuno (...) noi, come consumatori di notizie, dobbiamo resistere all’ossessione di sapere l’ultimo dato, l’ultimo caso, l’ultima notizia dell’ultima ora (...) abbiamo bisogno di una copertura sul coronavirus che approfondisca le cause e gli effetti, ma anche di storie che non riguardino il coronavirus (..).
• SL Che ruolo ha il sentimento di paura nelle dinamiche di comportamento collettivo durante una pandemia? La paura è umana ed è naturale. Ma non è utile. Dobbiamo imparare di più su questo virus e prendere misure adeguate per controllarlo. Dobbiamo stare attenti, poi, che l’allontanamento sociale e l’autoisolamento non portino all’allontanamento emotivo e non cominciamo a vedere l’altro come una minaccia o un nemico. Quindi distanza sociale sì, ma con una connessione emotiva.
• SL Cosa possiamo imparare da questa pandemia? Prima di tutto che le zoonosi possono essere molto pericolose e costose e dobbiamo essere preparati nell’affrontarle. Dobbiamo spendere molte risorse e molta attenzione nella preparazione (... delle cure, ndr). Studiare piani di emergenza a livello locale, regionale, nazionale e tutto questo costa denaro. L’altra cosa che dobbiamo imparare è che il modo in cui viviamo su questo pianeta ha delle conseguenze, delle conseguenze negative. Noi dominiamo questo pianeta come nessun’altra specie ha mai fatto. Ma ci sono conseguenze e alcune prendono la forma di una pandemia da coronavirus. Non è una cosa che ci è capitata. È il risultato delle cose che facciamo, delle scelte che prendiamo. Tutti ne siamo responsabili.
• SL come vede il mondo dopo il coronavirus? Cosa pensa che cambierà per le società e per la vita delle persone? Spero che alla fine anche persone come Donald Trump imparino a prendere sul serio queste cose. Dobbiamo fare degli aggiustamenti. Potrebbe essere che inizieremo a ridurre il nostro impatto in termini di clima, di tutti i combustibili fossili che bruciamo, in termini di distruzione della diversità biologica, di invasione dei diversi ecosistemi. Forse cominceremo ad avere un passo più attento e più leggero su questo pianeta. Questo è quello che spero, ed è l’unico bene che può venire da questa esperienza.
David Quammen, 24/3/2020; intervistato da Stella Levantesi su Il Manifesto
e, nel video che segue, intervistato da Fabio Fazio:
e, nel video che segue, intervistato da Fabio Fazio:
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