venerdì 28 febbraio 2014

Diritto di famiglia e proposta di legge di on. Bonafede (Mov5Stelle): approfondiamo

ARCHIVIO/DOSSIER • Il 25 gennaio scorso ho scritto un post seriamente critico indirizzato al Mov5Stelle e in particolare all'onorevole Alfonso Bonafede - ma chiarisco: il tema NON coinvolge "un" partito: ma tutti.
E.. ci riguarda tutti. 
ATTENZIONE: STIAMO PARLANDO DI DIRITTO DI FAMIGLIA
In quel post contestavo a on. Bonafede affermazioni contenute in una sua interrogazione parlamentare (che nello specifico si scagliava contro il DLgs 154, del 28/12/2013). Sono temi centrali in cui è difficile orientarsi, per questo è importante informare. E, fra i vari commenti, uno di rete-blog Politica Femminile chiedeva approfondimenti (vedi foto).
Oggi vedo questo approfondimento quanto mai necessario. Rispondo dunque all'invito con questo articolo-dossier, corredato da tutti i link necessari per documentare le mie argomentazioni; in particolare a miei precedenti articoli di approfondimento che consentono di risalire a tutte le fonti verificabili, come ogni trattazione seria (e che possa assistere anche addetti ai lavori) richiede.
E perché approfondire è ancor più necessario?
Perché le preoccupanti istanze di on. Bonafede (Mov5Stelle), vengono ora condivise anche dal gruppo "Noi con Matteo Renzi". Nientemeno, cioè, che da ambienti di governo.

Proposte di legge, parti in causa e presunti precedenti
Vediamo dunque quali sono le leggi in ballo; ma per maggior chiarezza faccio prima una premessa sull'interrogazione parlamentare oggetto della discussione: nel presentarla on. Bonafede si è fatto portavoce delle istanze di particolari gruppi/associazioni, quali
Adiantum 
I Colibrì
gruppi, insomma, che si autodefiniscono come rappresentanti dei "papà separati" - denominazione peraltro impropria dato che non tutti i "padri separati" si sentono da loro rappresentati.

Ora: nella sua interrogazione parlamentare (che contesta il “decreto filiazione”, varato dal governo Letta) Bonafede afferma che la Francia avrebbe approvato la residenze partagée paritaire, ovvero la residenza alternata (obbligatoria) per bambini con genitori separati. Ma non è vero. Quell'emendamento è stato proposto e discusso ma la Francia non l'ha approvato, bensì rigettato - come si può verificare nel sito dell'assemblea nazionale.

A questa obiezione Bonafede risponde che ciò non è rilevante: "il successivo rigetto di quella disposizione da parte di una Commissione dell’Assemblea nazionale non toglie, a mio modesto modo di vedere, alcunché, sotto il profilo politico, alla rilevanza di quanto avvenuto lo scorso settembre nell’aula del Sénat."
Vi domando: davvero non ha rilevanza, sulla vita dei cittadini di uno Stato, che, una volta vagliata, una legge venga o meno approvata? La mia modesta opinione è che c'è una gran confusione al momento fra cosa sia rilevante e cosa no. Per non parlare della confusione che c'è fra cosa è vero (ovvero ha una qualche corrispondenza nella realtà) e cosa è falso.

L'on. Bonafede, oltre ad aver presentato l'interrogazione parlamentare in cui cita una "legge" francese mai approvata, ha anche depositato una sua proposta di legge, (PDL 1403/2013che vorrebbe modificare, in Italia, proprio quegli articoli del codice civile e del codice di procedura civile che si occupano di affidamento dei figli in caso di separazione. Fra le sue proposte di modifica c'è la (nefasta) residenza alternata obbligatoria (così presentata nella proposta 1403: si permetta ai figli di avere davvero un rapporto «equilibrato e continuativo» con entrambi i genitori, cancellando la stravagante figura  - in un sistema che si vuol definire bigenitoriale - del genitore collocatario e ammettendo, di conseguenza, una frequentazione mediamente bilanciata, con pari opportunità per noi figli (noi? Ndr) di rapportarci con l'uno e l'altro genitore, e il doppio riferimento abitativo attraverso la doppia domiciliazione).

Sostenere che in Francia una simile proposta sia già realtà (cosa che di fatto non è) si configura, a mio avviso, come un modo poco ortodosso di promuoverla in Italia. A ciò si aggiunga che la mediazione e la residenza alternata sono soluzioni a volte molto positive, e percorribili anche in presenza di banali “conflitti”, ma laddove ci sia rischio di violenza la Convenzione di Istanbul le rigetta come inapplicabili per le tragiche conseguenze che possono avere. Un esempio fra tutti l'abominevole storia del piccolo Federico, cui accennerò più sotto.

Progetti di legge italiani per la residenza alternata obbligatoria
Nel corso degli anni, i principi di queste associazioni hanno ispirato diversi disegni di legge sul tema "affido condiviso", tutti basati sul principio di bigenitorialità da loro definito come "il diritto del minore di mantenere rapporti continuativi e significativi con entrambi i genitori".
Attualmente sono in attesa di essere esaminati in Parlamento, oltre alla proposta di Bonafede, il disegno di legge 1163, presentato dal sen. Sergio Divina di Lega Nord, e il disegno di legge 502, a firma del sen. Antonio De Poli - che ho già commentato qui.  

In una specie di "accerchiamento concentrico" [in atto da tempo, in un continuo carosello di nuove proposte di legge sotto diversi nomi, che continua a ripetersi con il concorso di tutti i partiti, come anche qui documentato, ndr] volto a un unico obiettivo: perché secondo tutte queste proposte il principio di bigenitorialità andrebbe realizzato concretamente attraverso la residenza alternata obbligatoria, cioè coattamente applicata anche a quelle separazioni in cui uno o entrambi i genitori si rifiutano di collaborare e imposta anche a quei minori che la rifiutano manifestando sofferenza o disagio.
E perché? Perché, secondo i suoi promotori, accettarne l’imposizione non è tanto un "diritto del minore", quanto un suo "dovere”, come spiega Marino Maglietta (ispiratore del progetto di legge 1403) in un'intervista sull'argomento: Il dubbio è se queste rivendicazioni di paternità non traducano il desiderio dell’adulto di vedere rispettato il proprio diritto, piuttosto che la preoccupazione per il danno del figlio. Per quanto mi riguarda, in pratica ha scarsa rilevanza.

Ancora su ciò che ha rilevanza o meno. Ma chiediamoci: può non avere importanza per quale ragione un padre vuole imporre la residenza alternata ai propri figli? E' forse uguale che sia perché interessato al loro benessere, oppure a qualunque ragione che non vi attiene? Ragioni che possono includere, ahimé, il voler esercitare forme di coercizione sulla ex-compagna.

E' interessante notare che se per Bonafede ha "scarsa rilevanza" il fatto che una legge sia approvata o meno, per Maglietta ha "scarsa rilevanza" se quella legge è davvero ispirata al "superiore interesse del minore" o a rivendicazioni dell'adulto. L'opinione di questi gruppi e ideologi del diritto di famiglia è che la residenza alternata corrisponda sempre e comunque al "superiore interesse del minore" coinvolto in una separazione - e questa tesi propugnano aggressivamente - benché in caso di violenza domestica (come accennato in premessa) secondo la Convenzione di Istanbul il tema nemmeno dovrebbe porsi. Il dibattito è peraltro ampiamente approfondito e la comunità scientifica (da pediatri, psichiatri infantili, esperti nel campo delle neuroscienze, psicologi dell'età evolutiva) ha sollevato forti obiezioni in merito, in generale riguardo ai bambini molto piccoli (per i problemi che il pernottamento lontano dal caregiver principale può creare al legame di attaccamento e al senso di sicurezza nel primo periodo di sviluppo), e in particolare riguardo alle situazioni in cui i genitori non sanno instaurare un rapporto di collaborazione. Di questo dò conto in un articolo che raccoglie diversi interventi. Invece di sedare la conflittualità, i fatti dimostrano che la residenza alternata nel tempo inasprisce i rapporti, a detrimento dell’equilibrio e dello stato di salute del minore. Ed è proprio per tutti questi motivi, discussi lo scorso ottobre in Francia da un gruppo di esperti, che l'emendamento di cui parla l'onorevole Bonafede è stato rigettato.

Tra gli accesi sostenitori del disegno di legge di Sergio Divina (Lega Nord) - identico nei contenuti al PDL 1403 - c'è il dott. Vittorio Vezzetti che, in un articolo dal titolo "Lo stato dell'arte in tema di domiciliazione dei figli di coppie separate", spiega i vantaggi di imporre la residenza alternata alle famiglie separate. Qui argomenta le sue tesi con una serie “di studi e di dati”; il che può convincere solo chi fa una lettura superficiale, perché nella scelta e nell’analisi di tali dati si riscontrano macroscopiche incongruenze. Le fonti da lui proposte infatti non sono pertinenti né dimostrano affatto che il doppio domicilio corrisponda al “superiore interesse del minore”, e tantomeno che contribuisca in qualche modo a "ridurre i conflitti". E mentre l’articolo riporta molte informazioni fuorvianti, omette di citare i più noti studi scientifici sul tema. Alle mie obiezioni in merito alla scientificità del suo lavoro il dott. Vezzetti ha risposto di non avere tempo per replicare, perché preferisce impiegare le sue giornate in altro modo. Ne consegue che nessuna interlocuzione seria è possibile.

Relazioni fra violenza e obbligo di residenza alternata 
L'esperienza dei paesi che hanno applicato rigidamente lo shared parenting (affido condiviso) ha condotto a risultati preoccupanti, come possiamo leggere qui a proposito dell'Australia.
Fra le conseguenze negative riscontrate c'è l'incremento della violenza a danno di donne e bambini: the reports consistently find that shared parenting reforms discourage mothers from raising family violence concerns due to the emphasis on facilitating the child's relationship with the father, and the perception that family courts will order shared care anyway (gli studi dimostrano decisamente che l'affido condiviso scoraggia le madri a denunciare episodi di violenza, a causa dell'enfasi posta sulla necessità di favorire la relazione padre-bambino e per la percezione che il Tribunale imporrà l'affido condiviso in ogni caso).

Le organizzazioni che si autodefiniscono "papà separati"
All'inizio di questo mio intervento ho accennato alle associazioni che pubblicizzano (e si direbbe abbiano ispirato) l'interrogazione parlamentare di on. Bonafede.
L'espressione "papà separati", che compare nella denominazione di molti gruppi locali e internazionali, è estremamente fuorviante, come nota anche l’articolo già citato in apertura: che - nota bene - è di un padre separato, per giunta in conflitto con la madre del bambino. Ma come uomo, e separato, si dissocia pubblicamente dalle rivendicazioni di questi gruppi; e francamente credo qualunque uomo democratico (se non paritario), lo farebbe, dopo avere approfondito l'ideologia che li ispira.

Va detto che l’organizzazione dei cosiddetti "papà separati" (che si presenta sotto numerose sigle) andrebbe collocata all'interno del più variegato movimento che si autodefinisce "per i diritti degli uomini" (ma che meglio sarebbe definire “per il contrasto dei diritti delle donne”), e che in Italia è oggi rappresentato ufficialmente dal sito "A Voice for Men Italia".
Non è necessario addentrarsi nel campo dei diritti (in pericolo) del maschio per comprendere il senso delle polemiche che ruotano attorno alla paternità e all'intervento di on. Bonafede sull'affido condiviso. L’attivismo per fare arretrare i diritti femminili, in nome di presunti “diritti maschili”, non è un fenomeno solo italiano: basta consultare wikipedia per scoprire che è promosso da organizzazioni internazionali che hanno gli stessi progetti politici, presenti un po' ovunque: già negli anni '70 in Australia agiva la Lone Fathers'Association, in Olanda troviamo lo Stichting Vader Kennis Centrum, in Gran Bretagna i Fathers 4Justice (celebri per i grotteschi costumi da supereroi e per azioni terrostiche, culminate in un progetto di sequestro del figlio del premier Tony Blair). Ce ne sono anche in Canada, negli Stati Uniti, in Francia, in Belgio, persino in Giappone...
Come emerso da indagini condotte dal governo australiano (che ne ha monitorato newsletter, forum e mailing list) questi gruppi sono in comunicazione e condividono strategie con l'obiettivo di raggiungere, ovunque sono presenti, i medesimi obiettivi politici.

Si propongono all'opinione pubblica come i rappresentanti dei genitori separati di sesso maschile - a loro avviso discriminati in caso di separazione o divorzio, a causa dello strapotere nazifemminista (!) ma – come obiettano le associazioni che prendono parte al gruppo di lavoro sulla bigenitorialità istituito in Francia per la redazione di una riforma delle leggi sulla famiglia - alla luce dei dati sensibili raccolti, le loro istanze non corrispondono affatto a quelle del genitore che pretendono di rappresentare. L'esempio della Francia, infatti, dimostra come:
• l’80% dei genitori separati decide di comune accordo dove dovranno risiedere abitualmente i figli,
• il 10% non esprime preferenze, e l'altro
• 10% è in disaccordo. Quando i genitori trovano un accordo:
• nel 71% dei casi chiedono che i figli risiedano con la madre, nel 10% con il padre e nel 19% con entrambi i genitori alternativamente; e:
• le richieste dei padri sono esaudite dai giudici nel 93% dei casi (fatto che, secondo il mio modesto parere, confuta la tesi che il padre è un soggetto penalizzato dalle autorità giudiziarie).

Padri separati e ideologia del mascolinismo
Sui cosiddetti "papà (o padri) separati" esiste un interessante documentario: "La Domination Masculine", che offre una panoramica degli ideali del mascolinismo, su cui tutte queste organizzazioni si fondano.
L’autore, Patric Jean, si è infiltrato all'interno del movimento dei cosiddetti padri separati di Montréal (Canada) e li ha indagati profondamente.
Le conclusioni della sua inchiesta sono state pubblicate su un articolo per Le Monde, di cui trovate qui la traduzione integrale.
E qui uno stralcio: ..quando mi sono infiltrato in questi movimenti a Montréal, ho potuto ascoltare nei minimi dettagli la strategia che questi militanti della causa maschile desideravano approntare sul piano internazionale (...) E’ un lungo lavoro politico appena iniziato. Ma cos’è il mascolinismo? Si tratta di un movimento, chiamato anche “antifemminismo”, che propone la restaurazione dei valori patriarcali senza compromessi: differenza radicale dei sessi e dei ruoli dell’uomo e della donna in ogni sfera sociale, supremazia dell’uomo sulla donna in famiglia, ma anche in politica, difesa della coppia eterosessuale quasi indissolubile come solo modello possibile, educazione virile dei ragazzi e, quindi, rifiuto dell’uguaglianza tra uomini e donne. I militanti del mascolinismo negano l’importanza delle violenze coniugali, dell’incesto e dello stupro, che sarebbero invenzioni delle femministe, che alcuni di loro chiamano “nazifemministe”.
Considerano i progressi delle battaglie delle donne e degli omosessuali per conseguire l’uguaglianza come la distruzione di un modello sociale che bisogna ripristinare. Poiché il divorzio viene più frequentemente richiesto dalle donne, essi auspicano un inasprimento delle condizioni per ottenerlo. La loro battaglia è dunque quella della difesa di un potere maschile ancestrale in ogni sfera sociale." (...) La loro strategia consiste nell’imperniare la loro comunicazione sui padri, impiegando due argomenti. Il primo consiste nel denunciare, talvolta in modo paranoico, la collusione tra magistrati, media, politici volta ad escludere i padri dalla vita dei figli. (...) Il secondo argomento è l’invenzione, da parte di un mascolinista che difendeva la pedofilia, Richard Gardner, della “Sindrome d’alienazione genitoriale” o PAS. [vedi, per quanto riguarda l'Italia: sentenza di Cassazione n° 7041 del 30/3/2013, ndr]. A parte il carattere nauseabondo del suo inventore, non si può che constatare che non esiste alcuna sindrome, perché nessuna facoltà di medicina o di psicologia al mondo, nessuna istituzione ha mai riconosciuto validità a questo concetto.

In ogni paese, questi gruppi iniziano la loro propaganda proponendosi come difensori dei diritti "dei padri", successivamente dei diritti dei bambini, per finire col proporsi come difensori della "famiglia", ma quale? Solo di uno specifico modello: quello non solo tradizionale, ma anche pre-diritti femminili.
Le pagine di questi gruppi, volte a obiettivi di vera restaurazione, si ammantano di buon senso all'antica: cito da un articolo pubblicato da Adiantum contro l'adozione del cognome materno: "Tutti noi perseguiamo l’innovazione e lo sviluppo dei modelli sociali, ma molti di noi continuano a preferire quella obsoleta, “preistorica” e forse monotona famiglia tradizionale...”
Il paradosso è che, se da una parte costoro si presentano come difensori del concetto "tradizionale" di famiglia, schierandosi apertamente contro i diritti LGTB ad esempio, dall’altro con le loro associazioni millantano di voler stabilire la parità fra le figure genitoriali. Per questa ragione anche molte donne cadono nell’equivoco fino a convincersi sinceramente che i loro progetti di legge possano andare verso una concreta condivisione del lavoro di cura, in linea con quella pari dignità per la quale si batte il femminismo. 
In realtà i dati empirici raccolti nei Paesi in cui l’affido condiviso costituisce già la soluzione prevalente, ove imposta a genitori recalcitranti o stabilita dalla legge, dimostrano che il lavoro di cura rimane in grande maggioranza a carico del genitore che lo svolgeva prima della separazione e presso il quale il bambino continua abitualmente a risiedere.
Uno studio condotto a Montréal, ad esempio, ha esaminato le famiglie che adottano il modello della residenza alternata liberamente scelta e paritaria (vale a dire con una ripartizione identica del tempo di affido dei bambini): rilevando che, anche in queste condizioni apparentemente ideali sul piano dell’equità e del consenso, persiste una profonda asimmetria tra padri e madri. Questa si rivela tanto sul piano economico (non viene versato alcun assegno alimentare per i figli per compensare le diseguaglianze di reddito, mentre i principali costi di mantenimento spettano alle madri) quanto sul piano della ripartizione del tempo di affido e del lavoro di cura.

Le organizzazioni dei "papa' separati" e la violenza di genere
Secondo i gruppi di "papà separati" il padre è per definizione la "vittima" di ogni separazione. E' circolata in rete una petizione che si rivolge addirittura a Papa Francesco affinché si interessi della drammatica situazione dei padri - cito: quando una famiglia con figli si distrugge rimane in vita solo la donna. (!)
Pazienza che i dati sul femminicidio parlino chiaro sui numerosi decessi di ex-compagne (ovunque nel mondo e in Italia), assassinate proprio dai compagni maschi. Per queste associazioni, violenza domestica e abusi sui minori in realtà “non hanno genere”: la violenza sulle donne è un fenomeno mediatico "gonfiato ad arte" dai mezzi di comunicazione, frutto di una sorta di isteria collettiva indotta da nazifemministe.

A riprova divulgano sui media l’assurda “notizia” che l'80-90% delle denunce presentate dalle donne sarebbero “false accuse”, inventate a scopo strumentale, per vendicarsi dell'ex-partner in sede di divorzio e per ottenere soldi. A conferma di queste percentuali ci sarebbero uno “studio” irreperibile, perché mai pubblicato, e interpretazioni di qualche magistrato, in contrasto con l’orientamento di tutti gli esperti.

La cosa, per quanto di per sé improbabile, è stata comunque indagata: diversi paesi, stimolati dalla propaganda dei gruppi di "papà separati", hanno effettuato indagini statistiche per verificare l'incidenza delle "false accuse". 
Scoprendo che le percentuali di accuse che risultano false sono drasticamente irrisorie in confronto a quelle confermate dalle indagini. Non esiste dunque nessun fenomeno di massa.
Serie ricerche condotte negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e in Gran Bretagna dimostrano semmai che, benché possa accadere, molto raramente le donne mentono in sede di divorzio quando si tratta di abusi e violenze. E’ più frequente, invece, che accuse vere vengano ritirate in cambio di risarcimenti in denaro, che le donne più in difficoltà tendono ad accettare per ovvi motivi.

Sarebbe auspicabile che simili ricerche si svolgessero anche da noi, per indagare le tesi diffamatorie che presentano la donna italiana come affetta da una pericolosa compulsione a mentire. E affermazioni come "la violenza non ha genere", irresponsabile slogan di chi vorrebbe eliminare il concetto stesso di "femminicidio".
E a riprova che "la violenza di genere non esiste" costoro denunciano il "dilagare misconosciuto di violenza femminile conto gli uomini": a  dimostrazione di questa teoria nel 2012 hanno diffuso uno “studio” privo, a detta di chi lo ha analizzato, di qualunque valenza scientifica.

In questa logica l’associazione Adiantum si è fatta promotrice di una iniziativa volta a respingere ogni accenno al termine femminicidio dal nostro ordinamento, addirittura con una petizione - in cui si legge: il termine “femminicidio”, nelle intenzioni di chi lo ha alimentato con impegno certosino ed enorme copertura mediatica, è stato continuamente propinato come l’omicidio di “donna in quanto donna”, ovvero come un comportamento violento dell’uomo in cui è il “genere” della vittima a determinare il crimine.
Questo sarebbe un atto di deliberata disinformazione che ha ammantato il processo di comunicazione sull’argomento. La convinzione che esista una "violenza di genere", secondo Adiantum, è dunque una mistificazione e il termine stesso di "femminicidio" si configura come una forma di discriminazione nei confronti degli uomini.

Nella pratica, questa tesi comporta che, se in sede di separazione compaiono denunce di maltrattamenti, si debba parlare non di "violenza domestica", bensì di "separazioni conflittuali", perché in una coppia la violenza è sempre e comunque bidirezionale: se l'uomo è violento contro la donna, allo stesso modo lei lo sarà con lui. E nel caso di una "separazione conflittuale" non ci sarebbe niente di meglio, per risolvere il problema, che un affido condiviso. La donna tenta di respingere questa soluzione denunciando rischi di violenza? Pazienza, verrà convinta con la “mediazione” obbligatoria.

A proposito di violenza, e della pretesa di superare le "separazioni conflittuali" con la “mediazione”, cito dal libro Un silenzio assordante, di Patrizia Romito: da un punto di vista ideologico, il modello di riferimento è quello della buona separazione, in cui i coniugi mettono in secondo piano i loro conflitti per il bene del bambino, bene che viene identificato a priori col mantenere rapporti costanti con entrambi i genitori, spesso nella forma dell’affido congiunto…
La pratica della mediazione richiede infatti che gli ex coniugi si concentrino sul presente e sul futuro senza rinvangare il passato e i relativi conflitti… Se la donna cerca di discuterne – per esempio, facendo presente che incontrare l’ex marito per consegnare i bambini la mette in una situazione pericolosa, o esprimendo il timore che lui li trascuri o li maltratti – verrà ripresa perché non sta alle regole e trattata da donna vendicativa e rancorosa, la stessa accusa già descritta nella sindrome di alienazione parentale e nelle false denunce di abuso in fase di separazione. Eppure questo succede e può rappresentare una strategia deliberata degli uomini violenti.
Dato che la separazione limita la possibilità di dominare e controllare l’ex partner, alcuni di loro cercano di ottenere che il tribunale imponga la mediazione familiare, proprio perché dà un’opportunità di incontrare l’ex moglie e di continuare a perseguitarla.

Certamente esistono la separazioni semplicemente “conflittuali”, ma esiste anche la violenza esercitata contro donne e bambini all'interno della famiglia: sono due cose diverse e non distinguere una situazione da un'altra può avere gravi conseguenze per gli individui coinvolti. Proprio all'incapacità degli operatori di riconoscere la differenza fra un banale "conflitto" e "violenza domestica", si devono femminicidi come quello di Rosi Bonanno.
Ancora più straziante la tragedia del piccolo Federico, massacrato a coltellate dal padre durante un “colloquio protetto”, dopo che la preoccupazioni della madre erano state bollate come “eccessi di ansia”. Ansie di una madre consapevole, in realtà, ma trattata da paranoide - e oggi impegnata nella prevenzione, proprio a partire dai terreni dell'indagine scientifica.

E ad alimentare la confusione fra "conflitto" e "violenza" ha contribuito negli ultimi anni la propaganda di tutte quelle associazioni (tra cui "Crescere insieme") che fomentano leggi e interrogazioni come quella di on. Bonafede, i cui pericoli ho cercato qui di spiegare.

In un quadro più ampio
La parità nelle famiglie italiane è ancora una chimera: nel biennio 2008-2009, ci dice l’Istat, il 76,2% del lavoro familiare delle coppie è stato a carico delle donne. Nelle famiglie in cui la donna non lavora il lavoro familiare svolto dalla donna è l’83,2%. Nelle famiglie in cui la donna lavora, è il 71,4%. L'accurata analisi di Centro Studi Red Sintesi [con i dati forniti dal Ministero dell’economia e delle finanze in relazione agli anni di imposta 2007 e 2011, quindi alle dichiarazioni dei redditi del 2008 e del 2012] dice che:
• lo stipendio delle donne è in media pari al -34% di quello degli uomini;
• le donne nel 2012 hanno dichiarato un reddito medio pari a 15.400 €, il 34% in meno dei 23.500 € percepito dai maschi (per guadagnare come gli uomini le donne dovrebbero lavorare una settimana circa in più al mese);
• il 41% delle donne si colloca nella fascia sotto i 10mila € l’anno; il 34,6% dei maschi invece in quella tra i 15mila e i 26mila €;
• le donne che dichiarano più di 55.000 € sono solo il 2%, contro il 6% dei lavoratori maschi.

Sempre l'Istat, nello studio "Condizioni di vita delle persone separate, divorziate e coniugate dopo un divorzio", cita 3 milioni e 115 mila persone che si sono separate in Italia (distribuite più nel centro-nord e nelle grandi città), notando che, di queste, nel 2009 i tre quarti degli ex-coniugi più abbienti (uomini) non hanno rispettato l'obbligo di pagare regolarmente gli alimenti per l'ex moglie o per i figli. Eppure, paradossalmente, donne e uomini non abbastanza informati finiscono per credere che i “padri separati” che si accaniscono contro le donne possano dare una risposta etica ai singoli casi (che pure esistono, non essendo le donne sante, ma come tutti gli esseri umani soggette a cattivi comportamenti), in cui ex-compagne pretendono troppo e prendono iniziative scorrette o disoneste. Facendo leva su singoli malesseri reali, e inventando fenomeni di massa inesistenti, si disegna un quadro che vedrebbe i padri messi sul lastrico da pletore di donne avide e mai paghe.

In realtà (come confermano le ricerche qui citate), a ritrovarsi in gravi difficoltà sono soprattutto le donne separate, tanto più se madri. La loro condizione economica peggiora in automatico, nel 54% dei casi, se al momento dello scioglimento del matrimonio non avevano un'occupazione a tempo pieno. E la povertà delle madri, denuncia Save the Children, ha gravi conseguenze sulla vita dei bambini.

Conclusioni
Alla luce di questi dati, ben vengano interventi che parlano di parità e possibili miglioramenti. Certo la legge 54/2006 andrebbe riesaminata e i concetti "bigenitorialità" e "superiore interesse del minore" andrebbero rivisti, ma alla luce di serie analisi delle esperienze e della letteratura scientifica disponibile.

E’ lecito chiedersi che genere di "parità" auspichi, e verso quali direzioni voglia andare, un gruppo di associazioni che, lamentandosi della "povertà" e delle discriminazioni subite dagli uomini separati, ignorano le difficoltà economiche delle donne separate, e minimizzano – quando non negano - il fenomeno della violenza di genere, reputano pericoloso parlare di "femminicidio" e sostengono le teorie di Richard Gardner sulla (presunta) sindrome da alienazione genitoriale. Promuovendo di fatto arretramento femminile e ideologie peggio che maschiliste: mascoliniste.

E credo che soprattutto debbano chiederselo gli e le esponenti dei partiti che si propongono attenzione ai diritti e a una vera democrazia. Fra loro, prime fra tutti, le donne che, trovandosi in Parlamento, dovranno esaminare quei progetti di legge e parlare anche a nome nostro, che guardiamo da fuori.

Perché ricordiamolo: el machismo mata. Ogni giorno.
Ringraziando per l'ospitalità, Ricciocorno Schiattoso, 28 febbraio 2014

Nb • dato che non di un "post" si tratta, ma di un dossier, segnaliamo qui anche questo intervento - in quanto strettamente in tema con questo post [Aggiornamento di Politicafemminile, 5 marzo 2014]:

10 commenti:

  1. Good job! Per chi fosse interessato a fonti scientifiche internazionali su cosiddetta PAS (sindrome di alienazione genitoriale) e alienazione genitoriale, qui una relazione che le tratta separatamente (di Joan S. Meier, J.D., della George Washington University Law School), accompagnata da una rassegna di ricerche stilata a cura del "National Resource Center on Domestic Violence" della Pennsylvania (Usa); le fonti sono corredate da numerosi link di riferimento:
    http://www.vawnet.org/domestic-violence/print-document.php?doc_id=3969&find_type=web_desc_AR

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  2. Voi femministe pretendete quote rosa ma pretendete anche di usare i bambini per ottenere mantenimenti negando non solo la parità genitoriale agli uomini, ma privandoli dei diritti umani e devastando la vita ai bambini

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    1. più che altro, a un lavoro serio "pretenderemmo" risposte serie, non risposte senza senso a casaccio.

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    2. se posso, una risposta seria:
      YOUNG ADULTS' PERSPECTIVES ON DIVORCE Living Arrangements Fabricius, William V; Hall, Jeff A. Family Court Review (1744-1617) 2000-10-01. Vol.38,Num.4;p.446-461
      Fabricius è uno studioso che si è distinto per essersi rivolto direttamente ai figli di genitori separati (829 studenti universitari con età media di 20 anni) basandosi, quindi, non su elementi rilevati in età infantile, bensì su elementi rilevanti in giovani che hanno formulato e riformulato i loro giudizi su ciascun genitore in base alle proprie personali osservazioni durante gli anni della loro crescita.
      Sebbene il genitore collocatario fosse in prevalenza la madre (80% dei casi), il 70% dei figli di genitori separati ritiene che la migliore soluzione sia la frequentazione equivalente tra i due genitori, percentuale di preferenza che tra i giovani che avano sperimentato una divisione equivalente del tempo coi genitori sale addirittura al 93%
      Se vuole altri studi, basta chiedermeli.

      il mio buon senso dice (qui sono "meno serio"):
      -due genitori sono meglio di uno
      -una mamma non sostituisce educativamente un padre (mamma e papà non hanno lo stesso "stampo" educativo, nella loro educazione i figli hanno bisogno di entrambi)
      -i figli non appartengono ad un genitore
      - scienza spicciola: quanti padri si vedevano 10 anni fa spingere carrozzine? (nessuno) e quanti se ne vedono oggi? (prima si vede il padre spingere, poi si guarda se c'è la madre di fianco -a me capita così)

      "residenza alternata/doppia" o qualsiasi altra formula non sono una soluzione, ma penso che l'andazzo degli ultimi anni NON possa essere definito migliore di queste proposte in questa pagina a priori osteggiate
      (PERSONALMENTE penso in realtà che si stanno facendo tante porcherie, forse per denaro ed egocentrismo, cose con le quali l'interesse dei figli non c'entra, al contrario)

      scritto da padre che ha i figli il 50% del tempo, che lavora a tempo pieno e si fa "il mazzo" per dare anche un esempio ai figli (lavoro, dignità, responsabilità, interesse reale per i figli -non per il denaro o per accentrarseli attorno-, valore dell'indipendenza...)

      cordialità

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  3. visto che entrambi i genitori hanno l'obbligo del mantenimento, più che "doppia residenza" sono dell'avviso che prioritariamente è da abolire il c.d. "assegno di mantenimento" in favore dell'obbligo dell'apertura di un conto corrente (magari con agevolazioni fisccali) intestato ad entrambi i genitori da cui attingere per il mantenimento dei figli -destinato esclusivamente al loro mantenimento-. Non la ritiene una bella idea, (molto) meno vulnerabile a strumentalizzazioni/fini personali?!

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  4. PS meno interessi personali=meno conflitti e secondo me l'equilibratura dei tempi verrebbe da sé... ;)

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  5. Sono opinabili, le argomentazioni espresse dalla blogger Ricciocorno in questa pagina, con furbo uso di grassetto e corsivo. Sono quantomeno opinabili, su alcuni punti tendenziose, e talvolta arrivano a non corrispondere al vero. Su molti punti si potrebbe rispondere, qui provo a focalizzarmi sulle critiche al dottor Vittorio Vezzetti.

    Non corrisponde al vero che Vezzetti voglia “imporre” a tutti la residenza alternata. Il suo studio ( http://www.colibri-italia.it/2012/10/affido-condiviso-linteresse-del-minore.html ) suggerisce l’adozione di tempi ragionevolmente paritari come “golden standard”, cioè come soluzione verso cui mirare nella generalità dei casi; altre soluzioni restano adottabili, come eccezioni che il giudice può scegliere motivandone le ragioni. Vezzetti stesso elenca le possibili cause di eccezione: i genitori inetti, abusanti, trascuranti, malati psichici. Non c’è l’imposizione a tutti.

    Tante presunte incongruenze denunciate dalla blogger nelle fonti del dottor Vezzetti svaniscono quando si va a leggere i testi originali, e risulta invece chiaro come é proprio la polemista Ricciocorno che forza interpretazioni illogiche, che spezzetta frasi fino a ribaltarne il significato, che sbaglia perfino elementari calcoli aritmetici. E tra poco riporterò qualche esempio.

    Esistono certo altri studi scientifici interessanti, ma chi certifica la classifica dei “più noti” ? Sembra evidente che l’anonima Ricciocorno, di cui non è noto alcun titolo né professionale né accademico, desidera sminuire e tacitare gli studi contenenti risultati che non le piacciono, e magnificare invece quelli di orientamento gradito.

    E’ falso anche che il dottor Vezzetti non abbia voluto replicare. Ha risposto proprio sul blog di Ricciocorno (come si può leggere a metà della seguente pagina, dove iniziano i commenti : https://ilricciocornoschiattoso.wordpress.com/2013/11/30/lega-nord-e-affido-condiviso/ ), entrando nel merito di alcuni punti importanti. L’anonima polemista non ha riconosciuto alcun valore alle sue precisazioni, anzi gli ha dato ripetutamente del mistificatore!... Infine (questo è vero) Vezzetti ha spiegato di non voler continuare una lunga polemica. Perché dovrebbe farlo? Oltre al suo lavoro di pediatra, continua con gli studi e presenta le sue conoscenze con ben altri interlocutori, come per esempio Anna Oliverio Ferraris, e li possiamo vedere qui esporre le loro idee in sintonia, fianco a fianco : https://www.youtube.com/watch?v=qTVlKnfAmPQ

    (... continua ...)

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  6. Vediamo allora alcuni degli studi portati a esempio da Vezzetti. Lo studio della dottoressa Anna Sarkadi ( http://www.unav.es/icf/main/top/marzo08/Sarkadi_fathersinvolvement.pdf ) dimostra l’importanza del coinvolgimento paterno nella vita dei bambini. La polemista sul blog ha definito tale studio non pertinente perché non è mirato soltanto su coppie separate. Ma è evidente che il coinvolgimento è proporzionale al tempo di compresenza. Certo non “solo” al tempo, anche ad altri fattori (atteggiamento, capacità genitoriali…); ma se il tempo a disposizione è risicato, anche le migliori intenzioni di coinvolgimento sono destinate a fallire. Perciò lo studio Sarkadi è pertinente, eccome.

    C’e’ poi lo studio americano Bauserman (una metanalisi, cioè una raccolta di diversi altri studi), che dimostra i vantaggi dell’affido condiviso con tempi paritetici, rispetto alle altre soluzioni di affido ( http://www.apa.org/pubs/journals/releases/fam-16191.pdf ). La blogger vorrebbe che non se ne tenesse conto, col pretesto che parte degli studi su cui è basato erano tesi di laurea non pubblicate. Ma lo studio Bauserman è stato pubblicato dall’American Psychological Association (APA): bene, nel blog del Ricciocorno l’APA è sempre portata come fonte di studi seri e dati attendibili. Sempre, eccetto che in questo caso. Come mai? Sarà mica perché i risultati non piacciono alla blogger?

    Di più: la critica più plateale che la blogger muove a Bauserman è basata sui numeri: ogni studio, secondo lei, si baserebbe su una media di soltanto otto bambini, e sarebbe dunque ridicolo e ininfluente. Ci chiediamo: come mai? Come mai nessuno dei professoroni dell’APA si è accorto di questa clamorosa defaillance matematica, di questa che sarebbe una beffa editoriale e scientifica ? I numeri secondo Ricciocorno parlerebbero chiaro : 1846+814 = 2660 bambini diviso 33 studi darebbe solo otto bambini per studio. Ma… basta fare il conto: la divisione dà invece 80 !! Il dottor Bauserman, l’American Psychological Association e il dottor Vezzetti sanno far di conto, è Ricciocorno che ha sbagliato la divisione. Lo studio Bauserman/APA è uno studio serio e pertinente.

    E ancora c’è lo studio Bjarnason, su vastissima scala, che ha visto coinvolti più di 180.000 (centottantamila!) ragazzi in 36 paesi del mondo, intervistati sulla loro soddisfazione di vita (http://www.nuigalway.ie/hbsc/documents/2012__ja__bjarnason__family_structures__cs_261.pdf ). Le conclusioni dello studio dicono letteralmente che “i bambini che vivono in joint physical custody riportano un più alto livello di soddisfazione di vita rispetto a ogni altra sistemazione di famiglia separata”. La blogger ha cercato di creare confusione sul significato di “joint physical custody”, ma inutilmente perché Bjarnason spiega bene che tratta di ragazzi che stanno metà del tempo con ciascun genitore. Poi la blogger ha tagliato dallo studio Bjarnason pezzi di frasi e li ha estratti dal contesto, per riassumere a modo suo i risultati, e alla fine il suo riassunto capovolge i risultati veri. E dire che Ricciocorno accusa gli _altri_ di mistificare…

    Anche se il dottor Vittorio Vezzetti ha scelto di non proseguire nella polemica, altri hanno cercato di interloquire sul blog del Ricciocorno con osservazioni come quelle qui sopra… ma lo scambio ha funzionato solo in parte. Un espediente della blogger per respingere gli argomenti sgraditi consiste nel definirli “bugie”, poi nel dirti “vedo che glissi sulle tue bugie”, e subito dopo nel mettere l’interlocutore in blacklist bannandolo per sempre. Così chi legge il suo blog pensa che il commentatore abbia esaurito gli argomenti, invece è stato buttato fuori. Questo è successo a me. Si decida la polemista Ricciocorno se vuole interloquire o no, e se accetta di farlo con chi non la pensa come lei.

    Balian

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  7. Mi accorgo che i link che ho citato nel mio intervento qui sopra non sono cliccabili,
    proviamo a far di meglio:

    Lo studio del dottor Vezzetti si trova qui

    I commenti del Ricciocorno e (a metà pagina) le risposte di Vezzetti si trovano qui

    A seguire la intervista televisiva a Anna Oliverio Ferraris insieme con Vezzetti qui

    E i tre studi citati:

    lo studio Sarkadi

    lo studio Bauserman pubblicato dall'American Psychological Association

    e lo studio Bjarnason

    Balian

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  8. Nel video la signora Betti sostiene (all'istante 19:18) che "questo è un Paese dove la violenza domestica è all'ottanta per cento".
    Intendete veramente sostenere che solo in una famiglia italiana su cinque nessuno alza le mani?
    Da dove è preso questo dato? Avete le prove?
    Mai sentito.

    Balian

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