Che linguaggio usare? come riportare obiettivamente e correttamente le notizie di violenza contro le donne? Ci sono voluti quasi 5 anni, ma finalmente, anche in Italia, il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti ha fatto proprie e condiviso le Linee Guida della Federazione Internazionale dei Giornalisti (IFJ Guidelines for Reporting on Violence against Women).
Un documento a sua volta ispirato alla Dichiarazione dell'Onu sull'eliminazione della violenza contro le donne che risale nientemeno che al 1993. Altri 20 anni ci vollero per la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica (o Convenzione di Istanbul, del 2013). Sulla carta, benché dopo infinite lotte e attese di secoli, i progressi si ottengono, ma perché poi, nella pratica, tutto questo progresso tende a restare lettera morta? perché le resistenze alla parità sono altissime; e per la stessa ragione si assiste a continue recrudescenze di quella mentalità maschilista, tesa a ricacciare le donne in un ruolo subalterno e bloccato, che è anche all'origine della violenza stessa.
Sappiamo bene come la narrazione sia in gran parte terreno della realtà che viviamo. Ed ecco in breve come viene narrata la violenza sui media:
L'adozione di questo documento è dunque un nuovo passo non trascurabile. Ne manca un altro: in tutto il farraginoso sistema degli "aggiornamenti" obbligatori per il giornalisti, inserire qualcosa di obbligatorio, e di serio, su questo tema. Per non parlare di eventuali sanzioni in caso di comportamenti inaccettabili: in questi casi, l'Ordine dei Giornalisti che fa??? al momento un bel niente, praticamente.
Ma partiamo da qui; come scrive il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti stesso, il documento richiama i giornalisti all'uso di un linguaggio corretto, cioè rispettoso della persona, scevro da pregiudizi e stereotipi, ad una informazione precisa e utile alla comprensione delle vicende e della loro dimensione sociale: adottando nei casi di femminicidio anche il punto di vista delle vittime (anziché centrarlo sulla personalità dell'omicida) e salvaguardando la loro privacy; fornendo dati e pareri di esperti utili a collocare gli atti di violenza nel loro contesto storico e culturale, contro la convinzione che "la violenza sulle donne sia una tragedia inesplicabile e irrisolvibile".
Un documento a sua volta ispirato alla Dichiarazione dell'Onu sull'eliminazione della violenza contro le donne che risale nientemeno che al 1993. Altri 20 anni ci vollero per la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e lotta alla violenza contro le donne e alla violenza domestica (o Convenzione di Istanbul, del 2013). Sulla carta, benché dopo infinite lotte e attese di secoli, i progressi si ottengono, ma perché poi, nella pratica, tutto questo progresso tende a restare lettera morta? perché le resistenze alla parità sono altissime; e per la stessa ragione si assiste a continue recrudescenze di quella mentalità maschilista, tesa a ricacciare le donne in un ruolo subalterno e bloccato, che è anche all'origine della violenza stessa.
Sappiamo bene come la narrazione sia in gran parte terreno della realtà che viviamo. Ed ecco in breve come viene narrata la violenza sui media:
L'adozione di questo documento è dunque un nuovo passo non trascurabile. Ne manca un altro: in tutto il farraginoso sistema degli "aggiornamenti" obbligatori per il giornalisti, inserire qualcosa di obbligatorio, e di serio, su questo tema. Per non parlare di eventuali sanzioni in caso di comportamenti inaccettabili: in questi casi, l'Ordine dei Giornalisti che fa??? al momento un bel niente, praticamente.
Ma partiamo da qui; come scrive il Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti stesso, il documento richiama i giornalisti all'uso di un linguaggio corretto, cioè rispettoso della persona, scevro da pregiudizi e stereotipi, ad una informazione precisa e utile alla comprensione delle vicende e della loro dimensione sociale: adottando nei casi di femminicidio anche il punto di vista delle vittime (anziché centrarlo sulla personalità dell'omicida) e salvaguardando la loro privacy; fornendo dati e pareri di esperti utili a collocare gli atti di violenza nel loro contesto storico e culturale, contro la convinzione che "la violenza sulle donne sia una tragedia inesplicabile e irrisolvibile".
Riportare notizie sulla violenza: Linee Guida della Federazione Internazionale dei Giornalisti
1. Identificare la violenza inflitta alla donna in modo preciso attraverso la definizione internazionale contenuta nella Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1993 sull'eliminazione della violenza nei confronti delle donne.
2. Utilizzare un linguaggio esatto e libero da pregiudizi. Per esempio, uno stupro o un tentato stupro non possono venire assimilati a una normale relazione sessuale; il traffico di donne non va confuso con la prostituzione. I giornalisti dovranno riflettere sul grado di dettagli che desiderano rivelare. L'eccesso di dettagli rischia di far precipitare il reportage nel sensazionalismo. Così come l'assenza di dettagli rischia di ridurre o banalizzare la gravità della situazione. Evitare di suggerire che la sopravvissuta è colpevole o che è stata responsabile degli attacchi o degli atti di violenza subiti.
3. Le persone colpite da questo genere di trauma non necessariamente desiderano essere definite "vittime", a meno che non utilizzino esse stesse questa parola. Venir etichettati può infatti far molto male. Un termine più appropriato potrebbe essere "sopravvissuta".
4. La considerazione dei bisogni della sopravvissuta quando la si intervista consente di realizzare un reportage responsabile. Può trattarsi di un dramma sociale. Permettere alla sopravvissuta di essere intervistata da una donna, in un luogo sicuro e riservato, fa parte della considerazione di questo dramma. Si tratta di evitare di esporre le persone intervistate ad abusi ulteriori. Certi comportamenti possono mettere a rischio la loro vita e la loro posizione in seno alla comunità d'appartenenza.
5. Trattare la sopravvissuta con rispetto; rispettando la sua privacy e informandola in maniera completa e dettagliata sugli argomenti che saranno trattati nel corso dell'intervista e sulle modalità d'uso dell'intervista stessa. Le sopravvissute hanno il diritto di rifiutarsi di rispondere alle domande e di divulgare più informazioni di quanto non desiderino. Rendersi disponibile per un contatto ulteriore con la persona intervistata e lasciare le proprie generalità le permetterà di restare in contatto con il/la giornalista se lo vuole o ne ha bisogno.
6. L'uso di statistiche e informazioni sull'ambito sociale permette di collocare la violenza nel proprio contesto, nell’ambito di una comunità o di un conflitto. I lettori e il pubblico devono ricevere un'informazione su larga scala. L’opinione di esperti, come quelli dei DART (Centri post-traumatici), permette di rendere più comprensibile al pubblico l’argomento, fornendo informazioni precise e utili. Ciò contribuirà ad allontanare l'idea che la violenza contro le donne sia una tragedia inesplicabile e irrisolvibile.
7. Raccontare la vicenda per intero: a volte i media isolano incidenti specifici e si concentrano sul loro aspetto tragico. La violenza potrebbe inscriversi in un problema sociale ricorrente, in un conflitto armato o nella storia d'una comunità.
8. Preservare la riservatezza: fra i doveri deontologici dei giornalisti c'è la responsabilità etica di non citare i nomi e non identificare i luoghi la cui indicazione potrebbe mettere a rischio la sicurezza e la serenità delle sopravvissute e dei loro testimoni. Una posta particolarmente importante allorché i responsabili della violenza sono forze dell'ordine, forze armate impegnate in un conflitto, funzionari di uno stato o d'un governo o infine membri di organizzazioni potenti.
9. Utilizzare le fonti locali. I media che assumono informazioni da esperti, da organizzazioni di donne o territoriali su quali possano essere le migliori tecniche d'intervista, le domande opportune e le regole del posto, otterranno buoni risultati ed eviteranno situazioni imbarazzanti o ostili; come accade quando un cameraman o un giornalista s'introducano in spazi privati o riservati senza alcuna autorizzazione. Da qui l'utilità d'informarsi precedentemente su costumi e contesti culturali locali.
10. Fornire informazioni utili: un reportage che citi i recapiti di persone qualificate da contattare, così come le generalità delle organizzazioni e dei servizi d'assistenza, sarà d’aiuto fondamentale alle sopravvissute, ai testimoni e ai loro familiari, ma anche a tutte le altre persone che potranno venire colpite da un'analoga violenza.