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sabato 19 novembre 2016

Stati Uniti: la rivalsa della supremazia maschilista. Ma gli uomini non si illudano

Autoritarismo, razzismo e maschilismo sono strettamente intrecciati; ne scrive Guido Viale nel pezzo Stati Uniti: la rivalsa della supremazia maschilista, ove osserva come l’affermazione di uomini come Trump e dei suoi omologhi europei siano segni del ripiegamento verso un fondamentalismo occidentale nei cui confronti la partita decisiva non si potrà giocare senza una vigorosa ripresa del movimento femminista. 


Lea Melandri commenta, in risposta, che di appelli simili, a un femminismo ignorato o dato per morto, ne abbiamo già sentiti: chi ha dimenticato la chiamata di politici e media perché il "movimento delle donne" scendesse in piazza contro il governo Berlusconi? In piazza ci saremo, il 26 novembre, contro una cultura maschile che passa per normalità e rispetto a cui il virilismo (razzista, omofobo, xenofobo, nazionalista, fondamentalista, ecc) non è che l'espressione manifesta.
Ma, aggiunge: gli uomini non si illudano che sarà il femminismo, nostrano o di altre culture, a salvarli dalla rimonta maschilista - da Trump ai movimenti xenofobi e di destra in Europa - dal momento che è proprio l'avanzamento della libertà delle donne, nel privato come nel pubblico, a scatenare le reazioni violente dei loro simili. Il virilismo, dalle origini ai giorni nostri, è "invenzione" e fondamento primo di tutte le civiltà conosciute finora, cioè della visione del mondo con cui il sesso maschile ha imposto il suo dominio e il suo privilegio. Per questo, capovolgendo le attese di Viale, dirò che contro razzismo, maschilismo e fondamentalismi di ogni tipo la partita decisiva non si potrà giocare senza una vigorosa presa di responsabilità degli uomini riguardo alla violenza dei loro simili e senza una critica alla "naturalizzazione" che il sessismo ha fatto del rapporto di potere tra i sessi e di tutte le disuguaglianze che la storia vi ha costruito sopra.

Che sia sponsorizzato da fondamentalismi islamici o da suprematisti bianchi, oggi come ieri il virilismo è tossico e, alla lunga lo è per tutti. Svegliatevi, maschi, prima che quel piatto di lenticchie vi vada di traverso definitivamente, finendo per strozzare anche voi.


domenica 23 ottobre 2016

Caro Emis, cara Cristina, caro Emis. Caro Emis again. 4 messaggi in segreteria

Volevo abbassare le armi ora dovrò spararti / non mi dire di calmarmi, è tardi stronza / fanculo al senso di colpa, non ci saranno sbocchi / voglio vedere la vita fuggire dai tuoi occhi

ma cos'hai capito? ma quale violenza? ma anche un bambino capisce che "è il contrario"! 

Vale la pena leggere la lettera di Cristina, la risposta di Emis (che pare di sentirle, le unghie sul vetro, il rumore che fanno), e la contro-risposta di Cristina, in fondo allo stesso post (che il tuo “dovere di artista” non ti stimoli ad occuparti di migranti altrimenti potresti spaziare con «Muori profugo di merda alzo il muro e vaffanculo»).
Però, il coro dei fan dice che quelle come lei non capiscono.

Ma non capiscono cosa? che non è Emis a pensare quelle parole? [eppure lei l'ha specificato come prima cosa: non ho mai pensato che quel pezzo fosse autobiografico; e allora di che parliamo?] no, di cosa pensa Emis qui importa poco; quello che importa è cosa pensano masse di potenziali assassini; è questo il punto. E allora gridare all'artista incompreso è alquanto peloso.
Fare l'artista incompreso, che fa finta di non comprendere l'obiezione mossa, ancora di più. Ma secondo Emis anche grazie a questa polemica tanti giovani si stanno confrontando con una realtà che magari ignoravano fino a ieri; si, certo: l'esistenza di Emis, i suoi dischi e i suoi concerti.
Non ci piove che, in rapporto a questo, il marketing del prodotto Emis ha centrato l'obiettivo. Ma non è certo quello che dice Emis.

Secondo lui quella canzone è il suo modo di esprimere dissenso sul femminicidio; e come lo esprime? gridando (con forza) tutto, e solo, il punto di vista del femminicida. E nella sua risposta a Cristina le dice anche che la reazione di chi non condivide quel modo di esprimere dissenso (nel caso lei) dimostra che il suo intento era corretto.
Ah, bè.
Ora, Emis, anche una canzonetta di un po’ di tempo fa, diceva prendi una donna, trattala male - lascia ti aspetti per ore, non farti vivo e quando la chiami fallo come fosse un favore / e allora sì vedrai che t'amerà - chi è meno amato più amore ti dà. lallallààà... Ma poi un contro-pensiero aggiungeva: caro amico non sono d'accordo - parli da uomo ferito - non esistono leggi d'amore, basta essere quello che sei... senza l'amore un uomo che cos'è? E' questa l'unica legge che c'è.
Così, tanto per fare un esempio. 
Invece tu di contro-pensiero ne hai messo zero; hai deciso (dici) di raccontarlo in una maniera diversa, più d’impatto, dal punto di vista di chi ammazza (parole tue); ecco, appunto: un punto di vista unilaterale. E siccome il punto di vista sparato nel mondo è solo quello di chi ammazza, quell’impatto è solo sulle donne - contro di loro; e solo contro di loro; il pugno nello stomaco pure, fattene una ragione.
Scrivi non riesco proprio a pensare che qualcuno pensi ad emulare il personaggio che interpreto, come non penso che la gente cominci ad emulare personaggi negativi di film, libri e via dicendo; ah si??! ma dove vivi?
Le canzoni ispirano, non lo sapevi? e le canzoni, per i fan, non sono una fiction (come Gomorra): ognuna è un manifesto, un richiamo a una filosofia di vita. Vaglielo a spiegare, a migliaia di persone da qui all'eternità, che scherzavi; anzi, che criticavi; che volevi dire il contrario.

Ai coglioni predisposti al femminicidio quella canzone ispira solo pensieri tossici; ed è dai pensieri che nascono le azioni. A noi donne, che veniamo fatte a pezzi da quelli come il tizio a cui dai voce tu, la tua “canzone” può ispirare solo un controcanto.

Non mi dire di calmarmi è tardi, stronza 
Non ci dire di calmarci è tardi, sei un mandante 

Fanculo il senso di colpa non ci saranno sbocchi 
Fanculo la tua “buona fede” non chiedere sconti

Voglio vedere la vita fuggire dai tuoi occhi 
Voglio vedere ritirata la tua canzone

Io c’ho provato e tu mi hai detto no
perché nessuna è “mia” e quella non è musica ma istigazione 

E ora con quella cornetta ti ci strozzerò
e per la sua ispirazione, il peso di ogni donna morta anche su te resterà


Strozzatici tu invece, con quella cornetta; fanculo lo diciamo noi Emis; la vita dagli occhi è fuggita a troppe donne - e continua a farlo - un fiume di vite che scorre verso il nulla senza soste; strappate a forza da uomini che avevano quegli esatti pensieri. Vuoi provare a metterti, per una volta, nei pensieri delle donne? allora, per favore, prova a leggere anche un'altra lettera, questa > lettera a oscar Pistorius.
Al momento tu la voce non l’hai data alle uccise, ma solo a loro, agli assassini. Che tu abbia il discernimento per capirlo o no, quella canzone è e resta un peana di guerra, un megafono da cui risuona un inno alla mascolinità tossica; e fa ridere, ridere, di un riso amaro, che chi l’ha scritta, e lanciata nel mondo come una bomba a chiodi, osi aggiungere la beffa di reclamarla come un atto contro il femminicidio
Se sei un uomo - uno di quelli che non hanno paura di chiedere scusa, quella canzone ritirala; è meglio. Fanne una seconda versione; cambia le parole, introduci la voce delle donne.

DI MESSAGGI IN SEGRETERIA METTINE 4.

Perché tutto il resto, ricamarci intorno, arrampicarsi sui vetri, non serve; così com'è quella canzone è un pericolo.



sabato 25 giugno 2016

Femminicidi e stragi: qual è il nesso?

A proposito del pezzo uscito ieri sulla mascolinità tossica (a mio avviso quanto mai necessario e attuale); a proposito del rapporto fra femminicidio ed eccidi di massa (prima di quell’articolo mai indagato e messo a fuoco da nessuno!! smentitemi se sbaglio) - vi ricordate la strage a Milano del 12 giugno scorso? Vi ricordate l'immobile completamente sventrato, come abbattuto da una bomba?


Peccato sia stato presto chiaro che la “fuga” era dolosa: dunque una bomba come un’altra.

E messa da chi? A quanto pare, stando alle tracce biologiche su un tubo del gas trovato svitato dal rubinetto a sfera sul muro e allacciato soltanto al piano cottura, tutti gli indizi portano al marito di quella signora, il quale, guarda caso, non si voleva affatto separare.
E così, pur di fargliela pagare alla sua amata, avrebbe pensato bene di farla saltare in aria con tutta la casa, ammazzando 3 persone e ferendone altre 9, alcune molto gravemente: incluse le sue piccole bambine di 7 e di 11 anni, che ora sono coperte di ustioni. Il presunto bombarolo, invece, pur ferito se l'è cavata, proteggendosi dietro un materasso.


Tale sig. Giuseppe Pellicanò è ora indagato per strage.
La manomissione del tubo ha causato la fuoriuscita di 6 metri cubi/ora, e al momento dell’esplosione in casa Pellicanò c'erano 47 metri cubi di gas metano; considerato che per provocare un'esplosione basta 1,5 metro cubo, poteva perfino uscirne un disastro ben peggio.
I giornali, naturalmente, mettono l’accento sulla “depressione” del poveraccio, che rischiava di restare solo. Così, per inciso, stava frequentando un professionista che si occupa di mediazione familiare per rendere meno traumatica la separazione. Sarebbe interessante sapere se i discorsi vertevano sul ricucire, o sul rispettare la volontà della donna.



Ma sarebbe ancor meglio ricordare che in questi casi, anziché fermarsi a discutere troppo, le donne devono telare, svignarsela! prima che sia troppo tardi. 

E sarà sempre troppo tardi quando inizieremo ad affrontare seriamente l’analisi di questi fenomeni, chiedendoci, seriamente, dove stanno i nessi?

Tutti voi maschi "non maschilisti", voi "non violenti" siete chiamati a partecipare: perché anche se vi credete assolti,  anche voi siete per sempre coinvolti. E, ancora per inciso, stando alla statistica di questa infografica (fonte: Toxic masculinity in the US gun Phallocracy), gli uomini italiani (già noti per essere in prima fila nel turismo sessuale e pedofilo) appaiono coinvolti a un livello da paura:






venerdì 24 giugno 2016

La mascolinità tossica: parla un uomo. Per esempio James Hamblin

Dopo Orlando, e a proposito di eccidi di massa, violenze incontrollate (e quindi, aggiungiamo, di femminicidi), possiamo parlare di uomini? chiede James Hamblin, facendo su Atlantic una interessante disamina di cosa è la mascolinità o virilità tossica, cioè infarcita di dettami su come un uomo dovrebbe e non dovrebbe essere; dettami che sono poi alla base di quella violenza maschile che pervade il mondo intero, dominando ogni modalità di relazione, e che per inciso fa si che anche i killer di massa siano, praticamente, tutti maschi. Non un tema qualunque, ma il tema: eppure sempre trascurato. Perché? 


Già, perché?? anche su quest'omissione Hamblin dice qualcosa.
La virilità tossica è il tema per eccellenza - quella cosa, la sola cosa che accomuna, in effetti, tutte le violenze misogine e di massa, dal killer di Orlando allo stupratore di Stanford  


Qualcosa di cui grazie a Dio si inizia a parlare [in fondo a questo pezzo una serie di link] anche nei media che di solito liquidano le cause con le peggiori banalità, tutte come incidenti di percorso, ma se ne parla ancora troppo poco, e soprattutto non si agisce
Dopo il massacro di Orlando, alla veglia di Brooklyn, Hamblin nota che vicino al palco improvvisato, spiccava una scritta leggera: l’amore vince l'odio. E nota che, in effetti, arginare la violenza significa de-costruire l’odio; considerare ogni elemento che lo origina e consente ci siano tanti psicopatici. E il fatto stranoto, ma a malapena considerato, è che praticamente tutti gli assassini di massa, semplicemente, sono tutti uomini: maschi. Nel suo pezzo “perché gli assassini di massa sono sempre maschi”, il Time citava la percentuale del 98%. Scrive dunque James Hamblin che questa statistica rende la mascolinità stessa la sola caratteristica davvero comune a tutti i killer, l'unica rispetto a tutti gli altri elementi che vengono di solito citati: religione, razza, nazionalità, appartenenza politica, o storie di malattia mentale. Su Salon la scrittrice Amanda Marcotte sostiene che l'attaccamento nazionale a modelli di virilità dominante è uno dei motivi principali per cui in USA c'è un tasso così alto di violenza, prendendo ad esempio anche la storia del killer di Orlando: l’indagine condotta su di lui dall'FBI per minacce a un collega di lavoro, la sua rabbia alla vista di uomini che si baciano, gli abusi fisici che commetteva sulla moglie, costretta a chiedere l’aiuto dei genitori per riuscire a sfuggirgli.
Quello del killer di Orlando è un caso da manuale di quel fattore oggi noto come mascolinità tossica: cioè di quello specifico modello di virilità orientato al dominio e al controllo. E quando, da uomini, cerchiamo il controllo, quando sentiamo in noi che dobbiamo ottenerlo, possiamo risentirci e odiare: la mascolinità tossica alimenta in noi aspettative che ci predispongono alla delusione, e noi trasformiamo quella delusione in rabbia e odio e la scarichiamo sugli altri.
Il Washington Post cita lo psicologo Arie Kruglanski, secondo cui l'atto più primordiale a cui ricorre un essere umano che si sente debole è esercitare un potere su altri esseri umani; come disse anche un certo piccolo filosofo non-virile, la paura porta alla rabbia; la rabbia porta all’odio; l’odio conduce alla sofferenza...



Scrive ancora Marcotte: diverso se la mascolinità tossica si limitasse un atteggiarsi ridicolo fra uomini!


... ma la continua pressione a dover costantemente dimostrare virilità e a guardarsi da tutto ciò che è considerato femminile, o femminilizzante, è la principale ragione per cui negli Stati Uniti abbiamo tante maledette sparatorie.

Si, di certo siamo in grande ritardo nell’esaminare il ruolo della mascolinità nella  genesi dell’odio. Come ricorda ancora Hamblin: c'è stata una certa discussione dopo che, nel suo manifesto di 137 pagine, il killer di Santa Barbara ha letteralmente dichiarato il mio problema sono le ragazze, in quanto gli negavano quello che lui riteneva gli fosse dovuto. E dopo la sparatoria Washington Navy Yard nel 2013, in mezzo al dibattito sul dare la colpa alla diffusione delle armi piuttosto che alla malattia mentale, la NPR si limitò a chiedere: ma perché questi feroci sparatori sono sempre maschi? (e in effetti, dal 1982, su 60 sparatorie di massa una sola volta fu coinvolta una donna).



Tuttavia, poi, il pezzo prende una piega sbagliata: citando la sociologa Lin Huff-Corzine che dice che gli uomini preferiscono le armi da fuoco, mentre le donne sono più propense a scegliere i coltelli (!!, ndr). La criminologa Candice Batton ha suggerito che, rispetto alle donne, gli uomini hanno più probabilità di sviluppare attribuzioni negative di colpa esterne, che si traducono in rabbia e ostilità verso gli altri. Le donne, invece, attribuiscono più facilmente le colpe a sé stesse, dirigendo la rabbia al proprio interno, sotto forma di senso di colpa e depressione
Il che è più vicino a una sorta di spiegazione - in effetti la depressione colpisce le donne il doppio degli uomini. Ma anche qui si sorvola su qual è la ragione per cui gli uomini e le donne tendono a far fronte alle difficoltà in modo diverso: il ruolo della mascolinità nell'insegnare agli uomini ciò che ci si aspetta da loro e che loro sono tenuti a fare. E se questo modo di far fronte alle cose non è di per sé necessariamente violento, certo l’ignoranza non si abbina bene con le armi da fuoco.   
Nel suo insieme, per la sua intolleranza verso gli omosessuali l’assassino di Orlando è anche un caso da manuale di proiezione verso l'esterno del disgusto di sé. Ma se una cultura diversa della mascolinità lo avesse incoraggiato ad accettare la propria sessualità, avrebbe accumulato una simile rabbia? Scrive ancora la Marcotte: avere armi sempre più grandi e pistole più terrificanti è la semplice e innegabile sovra-compensazione con cui uomini insicuri cercano di dimostrare quanto sono virili. Non è una discussione da tenere sul piano razionale, ma attiene al dramma psicologico sui loro timori di castrazioneMa questo è anche il punto in cui l'argomento rischia di perdere aderenza, in quanto mette gli uomini sulla difensiva. Non tutti gli uomini è la replica costante a (presunte) critiche becere della mascolinità. Nessuno vuole essere associato a questa violenza: nessuno fra tutti i possessori di armi, tutti i pazienti bipolari, tutte le persone che si identificano con una religione, e nemmeno tutti gli uomini. In tutti questi casi, la stragrande maggioranza del gruppo sono persone umane e compassionevoli, inorridite dalla violenza a portata di mano.



Il peggior rischio di qualsiasi analisi preventiva è di dividere ulteriormente la gente; il pericolo, nell'analisi della violenza, è quindi nel quadro troppo estesoO, almeno, nel fatto che il quadro sia percepito come tale.

(...) Quando l'autore Sam Harris ha tentato di focalizzare il ruolo della teologia nelle sette violente è stato bollato come demagogo frusta-musulmani (…); ma dopo una sparatoria è altrettanto difficile parlare di prevenzione in termini di salute mentale: essendo la malattia mentale già stigmatizzata è complicato menzionarla nei dibattiti sulla violenza. La condizione di emarginazione delle persone affette da disagio mentale, così come quella degli americani non-cristiani, compromette in partenza qualsiasi discussione.

In confronto, intervenire sulla mascolinità è semplice. Gli uomini non sono il genere discriminato e ciò che chiamiamo mascolinità è soggetta a molte variabili; in gran parte malleabile, per molti versi si può o non si può insegnare. Se qualcuno sembra condannare la mascolinità in generale (e Marcotte chiarisce  esplicitamente che non è il suo caso), allora la discussione regredisce. Ma l'idea di mascolinità tossica, criticamente, non è un atto d'accusa radicale degli uomini o del genere. E solo l’ammissione che la mascolinità può essere tossica, a volte.
La tossicità di qualsiasi cosa è sempre e solo una questione di contesto; e il contesto odierno è quello in cui una pericolosa setta militante sta cercando di radicalizzare le persone influenzabili nel paese più abbondantemente provvisto di armi del mondo. Il contesto di oggi è che, in cima a tutto questo, ci sono uomini traboccanti di insicurezza da cui ci si attende che si esprimano solo in certe ristrette modalità.
Nessuna causa è l’unica, e ogni incremento avviene un po’ per volta: prevenire l'abuso di armi da fuoco non sembra immediatamente politicamente realistico; le divisioni create dalle religioni persisteranno; nessun sistema sarà presto in grado di fornire un’assistenza completa alla salute mentale. L'arbitrarietà e la pervasività della mascolinità, invece, rendono questo strumento particolarmente efficace su scala personale, di giorno in giorno, minuto per minuto. [testi in rosso tratti dal pezzo di Hamlin che trovate qui].

La conclusione è che la mascolinità tossica è precisamente il terreno più importante, ma anche il più efficace, su cui è necessario intervenire. E invece non si fa un bel niente. Cosa aspettiamo? L'intera cultura occidentale si fonda sullo stupro!


Addirittura i dibattiti a Montecitorio si svolgono sotto a una scena di violenza misogina e stupro (il fregio del Sartorio che celebra il ratto delle Sabine), da sempre interpretata non come abominio, ma come atto epico fondativo. Ancor oggi nelle scuole tutta questa violenza viene presentata acriticamente, come fatto, appunto, fondativo (come in effetti è)! E nessuno si sogna di metterla in discussione. Cosa aspettiamo?? saremo sempre indietro,  di certo in ritardo sui seminatori di odio.

Ben conoscono, invece, il valore di questo tema i reclutatori dell'orrore, che comprano emarginati con le promesse di schiave sessuali, la moneta più ambita dall'uomo debole: il dominio sulle donne.