E ora basta! Dall'Irlanda alla Polonia le donne scendono in piazza per dire stop a divieti e condanne penali per quelle che abortiscono, chiedendo riconoscimento della autodeterminazione.
Ieri, lunedì 3 ottobre, le polacche, nella giornata che è stata chiamata blackmonday - per il colore nero dei vestiti, a simboleggiare la collera e il lutto per le donne morte di aborto clandestino e di parto - hanno riempito le strade di Varsavia, Cracovia, Danzica e più di altre 20 città, contestando il progetto di legge promosso dalla maggioranza assoluta del partito conservatore Diritto e giustizia (Pis), capeggiato da Jaroslaw Kaczynski.
Progetto che intende limitare l'attuale legge sull'aborto, già molto restrittiva, rendendolo totalmente illegale e punendo con il carcere fino a 5 anni le donne che abortiscono; ma non solo: addirittura prevedendo il carcere per le donne incinte che vanno in bicicletta! Lo hanno chiamato #CzarnyProtest: la Protesta nera. Vestite di nero hanno manifestato e indetto anche uno sciopero, lasciando i figli a casa con nonni e mariti, per far assaggiare il peso del lavoro delle donne, quello produttivo ma anche quello di cura, non pagato. Come le donne islandesi che nel 1975 paralizzarono il loro Paese con uno sciopero per battersi per i loro diritti.
Ieri, lunedì 3 ottobre, le polacche, nella giornata che è stata chiamata blackmonday - per il colore nero dei vestiti, a simboleggiare la collera e il lutto per le donne morte di aborto clandestino e di parto - hanno riempito le strade di Varsavia, Cracovia, Danzica e più di altre 20 città, contestando il progetto di legge promosso dalla maggioranza assoluta del partito conservatore Diritto e giustizia (Pis), capeggiato da Jaroslaw Kaczynski.
Progetto che intende limitare l'attuale legge sull'aborto, già molto restrittiva, rendendolo totalmente illegale e punendo con il carcere fino a 5 anni le donne che abortiscono; ma non solo: addirittura prevedendo il carcere per le donne incinte che vanno in bicicletta! Lo hanno chiamato #CzarnyProtest: la Protesta nera. Vestite di nero hanno manifestato e indetto anche uno sciopero, lasciando i figli a casa con nonni e mariti, per far assaggiare il peso del lavoro delle donne, quello produttivo ma anche quello di cura, non pagato. Come le donne islandesi che nel 1975 paralizzarono il loro Paese con uno sciopero per battersi per i loro diritti.
Oggi le polacche possono abortire solo in caso di stupro, incesto, malformazioni del feto e pericolo per la salute; ma solo dopo la verifica di un procuratore. La legge di Kaczynski, se sarà approvata, sarà liberticida al punto di imporre alle donne addirittura verifiche sugli aborti spontanei. Una vera e propria moderna inquisizione. Il partito di maggioranza polacco (Pis) ha risposto col pugno di ferro contro una richiesta di maggiore libertà delle donne ,perchè il parlamento polacco aveva anche discusso e bocciato altre proposte di legge che andavano nella direzione di riconoscere l'autodeterminazione delle donne in tema di aborto. Del resto la stima degli aborti clandestini a cui le donne polacche devono purtroppo ricorrere si aggirerebbe intorno ai 150mila contro i 1500 all'anno che vengono eseguiti nel rispetto dell'attuale legge.
Le irlandesi hanno manifestato invece il 24 settembre scorso, scendendo in piazza a Dublino in 25mila (un numero significativo per una popolazione di 5milioni di abitanti) per chiedere l'abrogazione dell'8°emendamento della Costituzione che venne introdotto nel 1983 equiparando i diritti del feto a quelli della madre. Attualmente in Irlanda è possibile abortire solo in caso di imminente pericolo per la madre ma la legislazione non tutela comunque la vita delle donne nemmeno in casi di gravidanze che ne mettano a rischio la vita. Nel 2012 Savita Halappanavar morì di setticemia dopo giorni di sofferenze in cui chiese ai medici di effettuare un'aborto per salvarle la vita. I medici intervennero solo quando il cuore del feto smise di battere. Fu troppo tardi.
Le donne spagnole dovettero fare la loro resistenza. Io Decido fu la parola d'ordine del movimento di donne che si oppose ai tentativi del governo Rajoy di abrogare la legge sulla Ivg approvata dal governo Zapatero. La proposta presentata dal Alberto Ruiz Gallardon nel dicembre 2013 era restrittiva: se fosse stata approvata avrebbe permesso l'aborto medicalmente assistito solo in caso di stupro o per la salvaguardia della vita fisica o psichica della donna; ma il colpo di coda reazionario di Rajoy si arrestò sulle forti proteste delle spagnole.
Le irlandesi hanno manifestato invece il 24 settembre scorso, scendendo in piazza a Dublino in 25mila (un numero significativo per una popolazione di 5milioni di abitanti) per chiedere l'abrogazione dell'8°emendamento della Costituzione che venne introdotto nel 1983 equiparando i diritti del feto a quelli della madre. Attualmente in Irlanda è possibile abortire solo in caso di imminente pericolo per la madre ma la legislazione non tutela comunque la vita delle donne nemmeno in casi di gravidanze che ne mettano a rischio la vita. Nel 2012 Savita Halappanavar morì di setticemia dopo giorni di sofferenze in cui chiese ai medici di effettuare un'aborto per salvarle la vita. I medici intervennero solo quando il cuore del feto smise di battere. Fu troppo tardi.
Le donne spagnole dovettero fare la loro resistenza. Io Decido fu la parola d'ordine del movimento di donne che si oppose ai tentativi del governo Rajoy di abrogare la legge sulla Ivg approvata dal governo Zapatero. La proposta presentata dal Alberto Ruiz Gallardon nel dicembre 2013 era restrittiva: se fosse stata approvata avrebbe permesso l'aborto medicalmente assistito solo in caso di stupro o per la salvaguardia della vita fisica o psichica della donna; ma il colpo di coda reazionario di Rajoy si arrestò sulle forti proteste delle spagnole.
In Italia sappiamo come va. La strategia di limitare l'autodeterminazione delle donne non è stata frontale e diretta ma attuata con lo svuotamento della legge 194 fatta ad arte con l'obiezione di coscienza. Oggi in alcune regioni italiane non è difficilissimo abortire a causa dei medici obiettori arrivati ad essere il 90% del personale medico. Mentre l'aborto torna ad essere clandestino, il Ministero della Salute continua a negare stime e denunce di disapplicazione della legge.
Dopo le donne irlandesi, polacche e spagnole, sta a noi riprenderci la forza e lo potremo fare a Roma, il 26 novembre prossimo alla manifestazione nazionale contro la violenza sulle donne. Perché è violenza anche contrastare l'autodeterminazione in tema di procreazione e mettere a rischio la salute riproduttiva delle donne, violenza di Stato.
@nadiesdaa
pubblicato anche su Il porto delle nuvole
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