venerdì 24 giugno 2016

La mascolinità tossica: parla un uomo. Per esempio James Hamblin

Dopo Orlando, e a proposito di eccidi di massa, violenze incontrollate (e quindi, aggiungiamo, di femminicidi), possiamo parlare di uomini? chiede James Hamblin, facendo su Atlantic una interessante disamina di cosa è la mascolinità o virilità tossica, cioè infarcita di dettami su come un uomo dovrebbe e non dovrebbe essere; dettami che sono poi alla base di quella violenza maschile che pervade il mondo intero, dominando ogni modalità di relazione, e che per inciso fa si che anche i killer di massa siano, praticamente, tutti maschi. Non un tema qualunque, ma il tema: eppure sempre trascurato. Perché? 


Già, perché?? anche su quest'omissione Hamblin dice qualcosa.
La virilità tossica è il tema per eccellenza - quella cosa, la sola cosa che accomuna, in effetti, tutte le violenze misogine e di massa, dal killer di Orlando allo stupratore di Stanford  


Qualcosa di cui grazie a Dio si inizia a parlare [in fondo a questo pezzo una serie di link] anche nei media che di solito liquidano le cause con le peggiori banalità, tutte come incidenti di percorso, ma se ne parla ancora troppo poco, e soprattutto non si agisce
Dopo il massacro di Orlando, alla veglia di Brooklyn, Hamblin nota che vicino al palco improvvisato, spiccava una scritta leggera: l’amore vince l'odio. E nota che, in effetti, arginare la violenza significa de-costruire l’odio; considerare ogni elemento che lo origina e consente ci siano tanti psicopatici. E il fatto stranoto, ma a malapena considerato, è che praticamente tutti gli assassini di massa, semplicemente, sono tutti uomini: maschi. Nel suo pezzo “perché gli assassini di massa sono sempre maschi”, il Time citava la percentuale del 98%. Scrive dunque James Hamblin che questa statistica rende la mascolinità stessa la sola caratteristica davvero comune a tutti i killer, l'unica rispetto a tutti gli altri elementi che vengono di solito citati: religione, razza, nazionalità, appartenenza politica, o storie di malattia mentale. Su Salon la scrittrice Amanda Marcotte sostiene che l'attaccamento nazionale a modelli di virilità dominante è uno dei motivi principali per cui in USA c'è un tasso così alto di violenza, prendendo ad esempio anche la storia del killer di Orlando: l’indagine condotta su di lui dall'FBI per minacce a un collega di lavoro, la sua rabbia alla vista di uomini che si baciano, gli abusi fisici che commetteva sulla moglie, costretta a chiedere l’aiuto dei genitori per riuscire a sfuggirgli.
Quello del killer di Orlando è un caso da manuale di quel fattore oggi noto come mascolinità tossica: cioè di quello specifico modello di virilità orientato al dominio e al controllo. E quando, da uomini, cerchiamo il controllo, quando sentiamo in noi che dobbiamo ottenerlo, possiamo risentirci e odiare: la mascolinità tossica alimenta in noi aspettative che ci predispongono alla delusione, e noi trasformiamo quella delusione in rabbia e odio e la scarichiamo sugli altri.
Il Washington Post cita lo psicologo Arie Kruglanski, secondo cui l'atto più primordiale a cui ricorre un essere umano che si sente debole è esercitare un potere su altri esseri umani; come disse anche un certo piccolo filosofo non-virile, la paura porta alla rabbia; la rabbia porta all’odio; l’odio conduce alla sofferenza...



Scrive ancora Marcotte: diverso se la mascolinità tossica si limitasse un atteggiarsi ridicolo fra uomini!


... ma la continua pressione a dover costantemente dimostrare virilità e a guardarsi da tutto ciò che è considerato femminile, o femminilizzante, è la principale ragione per cui negli Stati Uniti abbiamo tante maledette sparatorie.

Si, di certo siamo in grande ritardo nell’esaminare il ruolo della mascolinità nella  genesi dell’odio. Come ricorda ancora Hamblin: c'è stata una certa discussione dopo che, nel suo manifesto di 137 pagine, il killer di Santa Barbara ha letteralmente dichiarato il mio problema sono le ragazze, in quanto gli negavano quello che lui riteneva gli fosse dovuto. E dopo la sparatoria Washington Navy Yard nel 2013, in mezzo al dibattito sul dare la colpa alla diffusione delle armi piuttosto che alla malattia mentale, la NPR si limitò a chiedere: ma perché questi feroci sparatori sono sempre maschi? (e in effetti, dal 1982, su 60 sparatorie di massa una sola volta fu coinvolta una donna).



Tuttavia, poi, il pezzo prende una piega sbagliata: citando la sociologa Lin Huff-Corzine che dice che gli uomini preferiscono le armi da fuoco, mentre le donne sono più propense a scegliere i coltelli (!!, ndr). La criminologa Candice Batton ha suggerito che, rispetto alle donne, gli uomini hanno più probabilità di sviluppare attribuzioni negative di colpa esterne, che si traducono in rabbia e ostilità verso gli altri. Le donne, invece, attribuiscono più facilmente le colpe a sé stesse, dirigendo la rabbia al proprio interno, sotto forma di senso di colpa e depressione
Il che è più vicino a una sorta di spiegazione - in effetti la depressione colpisce le donne il doppio degli uomini. Ma anche qui si sorvola su qual è la ragione per cui gli uomini e le donne tendono a far fronte alle difficoltà in modo diverso: il ruolo della mascolinità nell'insegnare agli uomini ciò che ci si aspetta da loro e che loro sono tenuti a fare. E se questo modo di far fronte alle cose non è di per sé necessariamente violento, certo l’ignoranza non si abbina bene con le armi da fuoco.   
Nel suo insieme, per la sua intolleranza verso gli omosessuali l’assassino di Orlando è anche un caso da manuale di proiezione verso l'esterno del disgusto di sé. Ma se una cultura diversa della mascolinità lo avesse incoraggiato ad accettare la propria sessualità, avrebbe accumulato una simile rabbia? Scrive ancora la Marcotte: avere armi sempre più grandi e pistole più terrificanti è la semplice e innegabile sovra-compensazione con cui uomini insicuri cercano di dimostrare quanto sono virili. Non è una discussione da tenere sul piano razionale, ma attiene al dramma psicologico sui loro timori di castrazioneMa questo è anche il punto in cui l'argomento rischia di perdere aderenza, in quanto mette gli uomini sulla difensiva. Non tutti gli uomini è la replica costante a (presunte) critiche becere della mascolinità. Nessuno vuole essere associato a questa violenza: nessuno fra tutti i possessori di armi, tutti i pazienti bipolari, tutte le persone che si identificano con una religione, e nemmeno tutti gli uomini. In tutti questi casi, la stragrande maggioranza del gruppo sono persone umane e compassionevoli, inorridite dalla violenza a portata di mano.



Il peggior rischio di qualsiasi analisi preventiva è di dividere ulteriormente la gente; il pericolo, nell'analisi della violenza, è quindi nel quadro troppo estesoO, almeno, nel fatto che il quadro sia percepito come tale.

(...) Quando l'autore Sam Harris ha tentato di focalizzare il ruolo della teologia nelle sette violente è stato bollato come demagogo frusta-musulmani (…); ma dopo una sparatoria è altrettanto difficile parlare di prevenzione in termini di salute mentale: essendo la malattia mentale già stigmatizzata è complicato menzionarla nei dibattiti sulla violenza. La condizione di emarginazione delle persone affette da disagio mentale, così come quella degli americani non-cristiani, compromette in partenza qualsiasi discussione.

In confronto, intervenire sulla mascolinità è semplice. Gli uomini non sono il genere discriminato e ciò che chiamiamo mascolinità è soggetta a molte variabili; in gran parte malleabile, per molti versi si può o non si può insegnare. Se qualcuno sembra condannare la mascolinità in generale (e Marcotte chiarisce  esplicitamente che non è il suo caso), allora la discussione regredisce. Ma l'idea di mascolinità tossica, criticamente, non è un atto d'accusa radicale degli uomini o del genere. E solo l’ammissione che la mascolinità può essere tossica, a volte.
La tossicità di qualsiasi cosa è sempre e solo una questione di contesto; e il contesto odierno è quello in cui una pericolosa setta militante sta cercando di radicalizzare le persone influenzabili nel paese più abbondantemente provvisto di armi del mondo. Il contesto di oggi è che, in cima a tutto questo, ci sono uomini traboccanti di insicurezza da cui ci si attende che si esprimano solo in certe ristrette modalità.
Nessuna causa è l’unica, e ogni incremento avviene un po’ per volta: prevenire l'abuso di armi da fuoco non sembra immediatamente politicamente realistico; le divisioni create dalle religioni persisteranno; nessun sistema sarà presto in grado di fornire un’assistenza completa alla salute mentale. L'arbitrarietà e la pervasività della mascolinità, invece, rendono questo strumento particolarmente efficace su scala personale, di giorno in giorno, minuto per minuto. [testi in rosso tratti dal pezzo di Hamlin che trovate qui].

La conclusione è che la mascolinità tossica è precisamente il terreno più importante, ma anche il più efficace, su cui è necessario intervenire. E invece non si fa un bel niente. Cosa aspettiamo? L'intera cultura occidentale si fonda sullo stupro!


Addirittura i dibattiti a Montecitorio si svolgono sotto a una scena di violenza misogina e stupro (il fregio del Sartorio che celebra il ratto delle Sabine), da sempre interpretata non come abominio, ma come atto epico fondativo. Ancor oggi nelle scuole tutta questa violenza viene presentata acriticamente, come fatto, appunto, fondativo (come in effetti è)! E nessuno si sogna di metterla in discussione. Cosa aspettiamo?? saremo sempre indietro,  di certo in ritardo sui seminatori di odio.

Ben conoscono, invece, il valore di questo tema i reclutatori dell'orrore, che comprano emarginati con le promesse di schiave sessuali, la moneta più ambita dall'uomo debole: il dominio sulle donne.

9 commenti:

  1. ecco, per la serie unite i puntini e vediamo cosa esce: faccio notare che mentre esce questo articolo scopriamo che la recente strage di via brioschi a milano è probabilmente stata causata da un femminicida: per far fuori la moglie ha fatto fuori mezzo quartiere

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  2. Mi chiedo, esiste una mascolinità sana ( da contrapporre alla tossicità? Credo di sì. gli uomini che fanno stragi o femminicidi non sono "virili" lo sembrano ma in realtà sono bambini mai cresciuti, piagnucoloni, vittimisti distruttivivittimisti distruttivi

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    1. hai colto il punto Paolo, e ovviamente il concetto stesso di mascolinità "tossica" prevede quello di mascolinità sana - che è quella che dovremmo coltivare!
      ma hai presente, in una sola serata, davanti a qualsiasi canale tv, quanta violenza mostruosa siamo tutte e tutti costretti a inghiottire?
      in quella marea di violenza una mitragliata ininterrotta di modelli maschili spaventosi: sono tutti varianti dello stesso tipo: il maschile dominatore, distruttore, che "non deve chiedere mai", un pirla, insomma.
      Quanti uomini meravigliosi esistono, che con le loro vite espandono attenzione, cura, bellezza? ma quelli a chi interessano? mica fanno audience!
      di loro, quasi quasi, parliamo solo noi donne, nei nostri focolai di resistenza, dove i pirla vengono a darci la caccia chiamandoci "nazifemministe", "odiatrici di maschi", "misandriche" e via con le cazzate in libertà.
      Fanno molto rumore, ma purtroppo per loro solo gli uomini sani sono davvero sexy
      :-))

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    2. io guardo molti telefilm e serie tv anche violenti (la violenza esiste e va raccontata) e no non è vero che c'è solo il maschile distruttore e prevaricatore. Anche telefilm all'apparenza molto "machi" come Spartacus hanno personaggi femminili e maschili interessanti e non banali E inoltre penso che il problema non sia neanche il maschio "aggressivo". l'aggressività e anche le pulsioni violente ce le abbiamo tutti e tutte in misura minore o maggiore dobbiamo solo imparare a incanalarle e gestirle. E dirò di più: non credo che un uomo dal temperamento aggressivo sia necessariamente lo stesso uomo che picchia la moglie il tipo di uomo che fa a botte nei pub con altri uomini non è per forza lo stesso che picchia o ammazza la compagna, in certi casi lo è ma non è detto. Prendi Fabrizio Corona, all'apparenza sembra l'incarnazione di quel maschile deteriore che descrivi: arrogante, strafottente, cinico, superficiale, aggressivo (tra i suoi reati c'è anche aggressione a pubblico ufficiale) eppure non si ha notizia che sia stato violento verso le sue partner (non è sicuramente il fidanzato ideale ma che si sappia non è un violento, non con le donne almeno) viceversa ci sono uomini che sembrano tranquilli e gentili e forse fuori casa lo sono anche ma poi....
      E io sono molto lontano dal macho aggressivo quindi non parlo pro domo mea.
      In ogni caso non credo che chi agisce violenza lo faccia perchè imita la tv, la agirebbe anche senza la tv

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    3. vabbè, ribadisco (e in questo confermo che avevi "colto il punto") che il concetto stesso di mascolinità "tossica" prevede quello di mascolinità sana, e che è questa, la mascolinità che dovremmo coltivare.
      Ma come? chi? quando? da dove partire? come si fa, se nemmeno si ammette il problema?

      questa tua digressione è sconsolante, per varie ragioni (riferimento a Corona incluso); ma, ad esempio, cito testualmente: "penso che il problema non sia neanche il maschio 'aggressivo'. l'aggressività e anche le pulsioni violente ce le abbiamo tutti e tutte in misura minore o maggiore dobbiamo solo imparare a incanalarle e gestirle".
      Vero, in teoria. Nella pratica, invece, se pure l'aggressività è potenzialmente in tutti e tutte, gli assassini seriali sono sempre uomini, a uccidere la partner sono sempre uomini, a pestare e perseguitare sono sempre uomini. Esistono anche donne violente! per carità: ma a distinguersi in tali attività sono talmente poche (nell'ordine dallo 0,2 al 2%??) da essere le classiche eccezioni che confermano la regola. E allora, come nel gioco dell'oca, si torna al punto di partenza: il problema è maschile.
      Gli uomini se ne facciano una ragione e, invece di continuare a negare, magari contribuiscano a cambiare, e a far cambiare, mentalità.

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    4. ho forse negato che il problema di come gestire l'aggressività è principalmente maschile?
      Volevo solo mettere in discussione il luogo comune secondo cui l'uomo maltrattante verso le donne corrisponde sempre e solo al "macho sfrontato e aggressivo"

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  3. avevo già commentato questo pezzo appena uscito, mi è piaciuto molto;
    ora vi rimando anche al pezzo uscito oggi qui:

    https://femministerie.wordpress.com/2016/07/16/per-combattere-il-terrore-cominciamo-dalla-violenza-sulle-donne/

    ciao, Mari

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  4. Grazie a tutte e tutti per i commenti e i link di approfondimento. Segnalo anche QUESTO: http://nymag.com/thecut/2016/07/mass-killers-terrorism-domestic-violence.html
    da aggiungere ai link utili

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