lunedì 26 agosto 2013

La Siria specchio del mondo e di una politica universale: il vero colpevole da avversare

Per giovedì 29 agosto è indetta a Roma una mobilitazione "in sostegno del popolo siriano" (vedi sotto). Una tragedia su cui proponiamo qui una piccola riflessione.
L'immane pasticcio siriano non è che un tassello nell'immenso pasticciaccio mondiale, risultato attuale della guerresca politica maschile che infuria da sempre sul pianeta. Shimon Peres ha dichiarato che "gli stranieri non sono in grado di comprendere quello che succede in Siria", suggerendo che l'Onu deleghi alla Lega Araba il compito di occuparsi di un governo provvisorio siriano, previa rimozione delle armi chimiche (si, ma come?). Forse ha ragione, ma in questo torbido, incomprensibile orrore, una sola cosa risulta chiara: i protagonisti delle possibili decisioni, da qualunque lato li si guardi, fanno tutti paura. Mentre gli estromessi, da qualunque lato si guardi la cosa, sono sempre gli stessi, e i soli che potrebbero pervenire a soluzioni sensate: le persone pacifiche, i cittadini ovunque schiacciati, le donne, le famiglie, i bambini. I contendenti, con i loro colpevoli litigi o inazioni, li travolgono in massa, passando come un carrarmato su tutte le persone inermi, sugli animali, la terra, la vita selvatica.
Gli estromessi di oggi sono, soprattutto, i protagonisti della rivolta pacifica che a suo tempo ha destabilizzato Assad: lì era il momento di intervenire, e di farlo in tutt'altro modo.

Comprendiamo molto bene le parole di Eva Ziedan, nell'indignata "lettera ai pacifisti italiani" di oggi: da mesi leggo del vostro sostegno al “laico” Asad, contro gli estremisti religiosi (anche quando non erano ribelli armati). Ma non avete speso mai una parola per i pacifisti siriani – quelli sì veri pacifisti – arrestati, torturati, alcuni anche uccisi, per aver chiesto la libertà nel Paese, o per aver raccontato le violenze del regime.
Non è del tutto vero: la rete di parole ne ha spese... ma certo i giornali che possono muovere l'opinione se ne sono lavati le mani, perché questi giornali appartengono agli stessi che ovunque comandano. E purtroppo fra chi comanda nessuno pensa a loro - alla gente che soffre, ai Siriani, a noi, a se stesso - all'umanità come a un organismo che ha bisogno di pace.
Tutti costoro pensano invece a come attivarsi per arraffare qualcosa nell'immenso saccheggio che è l'esercizio del potere. E anche per il futuro la loro lungimiranza guarda a un solo scenario: come diventare più potenti, come imporre se stessi ancora più forti e di più, dove e quanto arraffare di più e meglio. Chissenefrega se il mondo nel frattempo viene eroso alla velocità della luce? Si andrà su Marte - il pianeta perfetto per loro. Noi, che andremmo più volentieri su Venere, non contiamo di poterci arrivare. E così oggi eccoci di nuovo qua.
Déjà vu dell'Iraq di 10 anni fa (e della Libia di 2 anni fa, e della tragedia afghana: quante volte dovremo rivedere lo stesso film? Come al solito la solita politica - guerresca e machista - delle convenienze e delle alleanze ai fini più bassi non è stata capace di nessuna diplomazia per contenere la tragedia siriana, tutti hanno sguazzato nella melma di conflitti incrociati in cui la corruzione domina e i peggiori faccendieri si arricchiscono e finanziano sempre, a qualunque livello, la stessa politica, in un diabolico circolo senza fine. Così la situazione è deflagrata al punto che oggi ci troviamo di fronte all'ennesimo rebus impossibile, la cui soluzione è sempre: guerra; guerra, guerra. L'industria che non va mai in crisi, il business perfetto. Con il rischio di infiammare il mondo intero. 
Sul fronte del regime di Assad - impresentabile e sanguinario - si schierano dittature altrettanto spaventose: l'Iran (che minaccia forti reazioni), la Russia e la Cina. Ma non possono certo rassicurare nemmeno quelli che sono contro Assad: a partire dalla Lega Araba (con Qatar, Arabia Saudita ed Emirati Arabi), né le ragioni degli interventismi: a partire dalla Turchia, con Francia e Gran Bretagna. O degli Stati Uniti, che pur tergiversano, con Italia e Germania.  
Dopo la notizia diffusa il 21 agosto dalla controversa Coalizione nazionale siriana (Cns), di circa 1.300 morti causati da un presunto raid dell'esercito con gas nervino la temperatura è andata alle stelle. Il regime nega, Amnesty international e Medici senza frontiere stanno cercando di verificarla, ma le potenze interventiste sono convinte che sia vera: avremmo dunque raggiunto «la linea rossa dell'impiego di armi chimiche» oltre la quale gli Usa hanno dichiarato un intervento non più rimandabile. 
E lo spettro di un Iraq/Afghanistan al cubo si avvicina sempre più. In un solo anno, dal 2003 al 2004, l'operazione Iraqi Freedom ha sterminato circa 150.000 iracheni, 4.500 militari Usa e centinaia di altre vittime provenienti dai pù diversi paesi.
Ma, soprattutto, tutto ciò non è valso a risolvere la situazione: l'Iraq (come l'Afghanistan) è oggi un campo di battaglia che gronda ancora sangue e pieno di insidie. Cosa garantisce che in Siria non accada anche di peggio?
Il presidente della Coalizione Nazionale Siriana è un ultrareligioso antisemita e amico di fondamentalisti. L'opposizione al sanguinoso regime di Assad è impestata di figure sordide, anch'esse impegnate solo a versare altro sangue, a ribaltare il dittatore per instaurare un'altra dittatura, se possibile anche peggiore perché religiosa e volta alla guerra totale con l'Occidente. Alla fine, una versione peggiorata di quanto sta accadendo anche in Egitto.
In tutto ciò, oltre alla corruzione e ai fiumi di denaro mossi dall'industria della guerra, i soli fenomeni che lievitano paurosamente sono il fondamentalismo, la miseria, le ondate di profughi.
E la mattanza reciproca, scatenata gli uni contro gli altri da sciiti e sunniti, ma uniti contro ebrei, cristiani, drusi, curdi. 
La nostra ministra degli Esteri, Emma Bonino, invita a "pensare mille volte" alla gravità delle possibili conseguenze di un intervento. E suggerisce che si potrebbe tentare una campagna internazionale per l'esilio del presidente siriano Bashar al Assad o il suo deferimento alla Corte penale internazionale. Si, pensiamoci mille e mille volte, ma soprattutto ripensiamo la politica.
Non c'è più tempo, il mondo è alla frutta. Salga dal basso una nuova coscienza, una coalizione di pace che tolga il mazzo alla coalizione internazionale del machismo guerresco e distruttivo.

Sit in per la Siria
Per giovedì 29 agosto è indetta a Roma una mobilitazione "in sostegno del popolo siriano", appuntamento  alle 18.00 in Piazza Santi Apostoli. L'invito è a portare tutti un lenzuolo bianco con cui coprirsi e a stendersi a terra uno di fianco all'altro, con un cartello bianco con questi due versi: io amo la vita /sulla terra tra i pini e gli alberi di fico/ ma non posso arrivarci così (Mahmud Darwish, Martire).
L'intento dichiarato dagli organizzatori è sollevare l'attenzione sul dramma della Siria e sull'immobilismo internazionale. Ecco: un'ottima iniziativa, che dovrebbe avere la massima partecipazione. Ma forse la scelta di  altri versi sarebbe stata migliore. 
Mahmud Darwish è un grande poeta ma scegliere proprio le 2 righe pronunciate, in una sua poesia, da un martire a giustificazione del proprio martirio.. bè, data la situazione appare un po' equivoco.  
I versi - tratti dalla poesia Stato d'assedio - nel loro contesto più ampio sarebbero:
Il martire mi spiega: non ho cercato al di là della spianata
le vergini dell’immortalità, perché amo la vita
sulla terra, fra i pini e gli alberi di fico,
ma era inaccessibile, così ho preso la mira
con l’ultima cosa che mi appartiene: il sangue
nel corpo dell’azzurro.

Perciò chiediamo: non sarebbe stato meglio evocare la pace, invece che la (santa) guerra?
Obbligatorio, se considerariamo quello che sta succedendo in Siria, ove fazioni fondamentaliste hanno messo a tacere i rivoltosi pacifici, imponendosi come leadership dei resistenti.  
Ma soprattutto se capiamo che cercare ragioni per scegliere fra diverse fazioni della guerra è il terreno stesso su cui tutto questo si riproduce.

Claudia, all'evento su fb ha mandato questa osservazione:
E perciò...

2 commenti:

  1. come ha scritto Elias Khoury, siriani siete soli.
    "La rivoluzione siriana non è un terreno di lotta tra Iran, Arabia Saudita e Qatar, una lotta che nasconde una scissione dottinaria e settaria e che non fa altro che gettare benzina sul fuoco dell'occupazione israeliana, qualsiasi siano le posizioni dichiarate. La rivoluzione siriana è un progetto di libertà e dignità, per questo rimane sola e senza un vero appoggio da parte di nessuno... Le OPZIONI CHE SI CONFRONTANO SONO LA RIVOLUZIONE O LA GUERRA CIVILE, MA LA RIVOLUZIONE E' ORFANA E SENZA ALCUN SUPPORTO ESTERNO, nonostante tutto ciò che viene detto e ripetuto, MENTRE LA GUERRA CIVILE HA A DISPOSIZIONE TUTTI I COMBATTENTI E LE ARMI NECESSARIE. Questo è il grande punto di svolta siriano, e in esso vediamo ancora le braci della speranza accese dalla rivoluzione che ancora ardono negli occhi delle/degli attiviste/i che la stanchezza ha esaurito e il mondo ha abbandonato. Si trovano di fronte alla necessità di scontrarsi contro il progetto di guerra settaria che è l'anticamera della trasformazione della Siria in un campo in cui i paesi colonialisti possano recuperare il loro dominio sotto la bandiera della tutela delle minoranze".

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  2. la sola cosa da dire, quando si parla di guerre, dovrebbe essere questa: http://www.youtube.com/watch?v=xNsZBJbZx0w
    ma è anche vero che (come NON viene trascurato da questo video) a volte la resistenza richiede anche le armi. Solo che qui appunto non c'è una "resistenza" pura e semplice riconoscibile come tale, ma i veri resistenti sono sopraffatti da contendenti tutti orribili: il post ha perfettamente ragione. Comuqnue delle soluzioni vanno cercate, fuori dalle armi (o nei termini appena detti). Vi segnalo questo post: http://www.partitoumanista.it/3.0/le-nostre-idee-posizioni/103.html#.Uh33XyYfdb4.facebook
    NON so chi siano gli "umanisti", né come si possa andare a parare, concretamente, per ottenere quanto si spera - ma quello che dicono qui mi sembra sensato. Ciao :-)

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