Dilva Giannelli, recentemente citata come la “donna che ha contestato la Camusso”, scrive pubblicamente alla Segretaria Generale della CGIL. Noi eravamo presenti, alla suddetta contestazione; e abbiamo notato che Camusso non si è sottratta. Ha difeso il sindacato, ricordando le sue specificità e quali richieste vanno rivolte alla politica; ma ha ascoltato a lungo le ragioni di Dilva, mostrando molta attenzione.
Però lei alla fine ha commentato: "c'è una cosa che mi aspettavo da Camusso, e che non ha fatto: che mi invitasse a un incontro, mi dicesse va bene, parliamone". Da qui la decisione di una lettera pubblica; eccola:
Martedì 15 luglio 2013, ero alla Camera del Lavoro di Milano per assistere al Convegno: "La violenza sulle donne è un’emergenza. L'immagine e il potere. Istituzioni e Media verso il cambiamento".
Letto il titolo, per tutta la mattinata ho sperato di poter ascoltare, oltre alla giusta denuncia delle violenze fisiche che le donne subiscono dall’altro sesso in ambito privato, sicuramente istigate dall’immagine delle donne promosse dai media, una altrettanto giusta denuncia della violenza subita nell’ambito pubblico da parte dei poteri politici, istituzionali e culturali, consolidata nel medesimo modo dall’immagine prevalente della donna proposta dal potere dominante.
Sono consapevole che la violenza fisica sulle donne si realizza prevalentemente in situazioni private, ma l’ambito politico odierno, in Italia, non solo non mette argine a queste situazioni, ma non fa niente per eliminarne alla radice le cause e, aspetto ancor più grave, rappresenta un concreto canale attraverso il quale la violenza sociale e simbolica si perpetua.
Contrariamente alle mie aspettative ho tristemente assistito alla messa in scena della colpevolizzazione unicamente della... pubblicità.
C’è stato un solo, lucido e graffiante intervento che nessuno di coloro che erano sul palco, nemmeno tu Susanna, avete raccolto: l’intervento di Massimo Guastini, presidente dell’Adci:
«In estrema sintesi: perpetuare stereotipi di genere è sicuramente una forma di violenza che ostacola il pieno sviluppo della persona e, in accordo a quanto recita la Costituzione Italiana, (art. 3 e art 4) è compito della Repubblica rimuovere questi ostacoli, promuovendo migliori e più libere condizioni sociali. Negli ultimi 30 anni questa violenza è stata commessa a danni delle donne dall’intero sistema dei Media e dalle Istituzioni stesse.
indicare nella pubblicità l’unico colpevole, può essere comodo ma è poco utile.»
Tranne che per queste sane e verissime parole, ho dovuto assistere per l’ennesima volta, ad uno spettacolo di banale e arretrata denuncia retorica senza alcuna volontà di incidere.
E invece avrei voluto sentire anche un’altra storia. Quale?
Quella recentemente subita dalle donne nelle attività legate al lavoro produttivo (lasciamo perdere in questo frangente quello riproduttivo) e alle relative violenze (le vogliamo chiamare fisiche? O simboliche? Dimmi tu Susanna), in ogni caso, sicuramente reali e oggettive.
Io negli anni ’70 sono stata presente in tutte le lotte prima studentesche, femministe e poi “operaie”, io che a poco più di vent’anni (circa quaranta anni fa) andai a vivere da sola in un piccolo monolocale perché avevo fortissimamente voluto emanciparmi e lavorare subito dopo il liceo e, esistendo il lavoro, a diciotto anni iniziai, dal basso e percorrendo tutta la “gavetta” allora indispensabile, il lavoro che volevo fare...
Io che ho fatto la professione che ho voluto fare... dopo circa 25 anni in “regola” (tranne alcune distrazioni di un datore di lavoro...), sono stata espulsa dal mondo del lavoro, a 40 anni e nel 1993, perché ormai troppo vecchia.
Parentesi, una domanda:
Susanna Camusso, sei a conoscenza che da vent’anni vige questa realtà nel “mercato del lavoro”, la realtà che, se non sei del pubblico impiego o se non sei super raccomandato, a 35/40 anni vieni buttato fuori dal mondo del lavoro e non ci rientri più? Qualsiasi sia il tuo livello di professionalità e bravura personale?
Continuo il racconto: negli anni ’90 l’applicazione delle ideologie neoliberiste ebbe inizio, con il pacchetto Treu, con i governi di centro-sinistra e con l’avvio alla precarizzazione. non si trattò di flessibilità perché in assenza di qualunque tutela universale presente in tutti gli altri paesi europei, era solo precarizzazione del lavoro/vita precaria senza, diciamo la verità, più nessuna speranza di poter avere un contratto a tempo indeterminato e quindi, diritti.
Dopo circa 25 anni “regolari”, e dopo aver subito i primi esperimenti di mobbing, ebbero inizio i miei vent’anni di vita precaria fatta di cambi di regione, cambi di città, cambi di lavori, cambi di “tipologie” contrattuali: nero, ritenuta d’acconto, tempo determinato, fino all’obbligo, una volta tornata a Milano, della Partita IVA, quella di nuovo conio perché nata per professionisti senza Ordine, senza Albo e senza Cassa, la P.IVA con la tristemente famosa Gestione Separata Inps inventata ad hoc per le “nuove” figure professionali che, dopo decenni, ancora vengono chiamate “nuove”, con contributi obbligatori altissimi che, in realtà, esprimono solo una delle più spregiudicate e discriminatorie truffe inventate dallo Stato italiano.
E veniamo al tragico epilogo: l’estromissione definitiva e l’attesa della pensione.
Dal 1992 assistiamo al continuo spostamento in avanti dell’età pensionabile anche per le donne che già con la penultima controriforma erano state ampiamente penalizzate e che, con la controriforma previdenziale denominata Fornero, approvata da tutto l’arco parlamentare, ha definitivamente determinato la condanna a morte di tutti ma, in modo particolare delle donne e, la mia, perché senza reddito e senza pensione, come decine di centinaia di migliaia di altre persone.
Mentre io rivendico, dopo più di 40anni di lavoro reale, di ricerca del lavoro e a prescindere dai contributi, il diritto alla pensione, cioè il diritto al riposo.
Le donne che in questo paese non hanno servizi di alcun genere; le donne che svolgono almeno tre tipologie di lavoro nell’arco di una giornata di cui almeno due non retribuite e probabilmente una totalmente precaria; le donne che devono supplire a tutte le mancanze istituzionali; le donne che nonostante tutte le lotte continuano ad essere vittime di una cultura medioevale e di un trattamento economico sul lavoro (quando il lavoro esiste, dato che l’occupazione femminile è la più bassa in europa, mentre la disoccupazione femminile è superiore a quella maschile ed in continuo aumento) di almeno un terzo inferiore a quello maschile (trattamento anch’esso unico in europa, e che quindi rende l’ammontare delle nostre pensioni più povero); le donne vittime di violenza fisica e psichica soprattutto familiare, le donne che - di nuovo e dopo più di quaranta anni - come primo passo verso la liberazione dalle violenze avrebbero diritto almeno all’emancipazione economica, cioè all’autonomia economica, ebbene a queste donne viene riconosciuta la “parità” solo per l’età della pensione che se di vecchiaia, sarà a 67, 70 anni, se saranno ancora vive naturalmente.
Vita che certamente non ci augurano i governi attuali e precedenti, avendo promulgato questa infamia.
Queste donne che per tutto quanto sopra detto, nella stragrande maggioranza dei casi, MAI riusciranno a raggiungere o addirittura a superare i 20, 30, 35, 40, 44... anni di contributi richiesti per ottenere una pensione ridotta del 30%-40% grazie al sistema totalmente contributivo previsto per tutti dalla controriforma previdenziale Fornero.
Tutto questo con il beneplacito dei sindacati e, soprattutto della CGIL che per “opporsi” all’approvazione di questo scempio, ha indetto tre, dico tre, ore di sciopero e che da diciannove mesi, si occupa solo degli “esodati” che sono SOLO coloro che hanno firmato “accordi per l’accompagnamento alla pensione” e che, infatti sono stati tutti, giustamente “salvaguardati”.
Ma, è forse giusto che per tutti gli altri, per noi che siamo almeno 900.000 (inclusi i circa 260.000 ex mobilitati e tutti gli ex tutelati che i sindacati, tu Susanna e i media abituati agli ordini di regime, chiamate ingannevolmente “esodati” ma che “esodati” non sono affatto essendo, come siamo sempre stati noi e non solo da ieri, senza più reddito, senza più tutele e senza più pensione), è giusto ti domando, che si debba essere completamente ignorati?
Se ha avuto valore “l’accordo di accompagnamento alla pensione” per i 130.130 veri “esodati”, perché non deve valere il timbro sul mio libretto di lavoro risalente al 1971 e quello di tutti gli altri? Se il lavoro non esiste, e non esiste, se siamo buttati fuori a 40 anni perché troppo vecchi, com’è possibile che un sindacato, soprattutto la CGIL, non si opponga fino alla morte se necessario, all’allungamento dell’età pensionabile per tutti e, soprattutto per le donne?
Susanna Camusso, donna e Segretario generale della CGIL, è mai possibile che rifiuti di capire che quel potere di cui tu e altre donne vi fate portavoce, è maschile e potenzialmente portatore di violenza?
Tanto è vero che tu Susanna, ti sei accorta di me perché un poliziotto ha tentato, fisicamente, di impedirmi di parlare e solo la mia tenacia, nonostante il dolore alla spalla e al braccio, ha fatto sì che il poliziotto in abiti borghesi mi lasciasse andare, dimmi Susanna, non è forse una doppia violenza questa?
Durante il convegno, era stato detto che le donne devono poter parlare, devono potersi esprimere, come mai allora alla fine di quel convegno si è voluto impedire alle donne di parlare e di esprimersi liberamente anche attraverso un piccolo (4 formati A4 incollati tra loro...) e innocuo cartello, trattenendole addirittura con la forza?
Susanna, mi hai detto di parlare “serenamente” ebbene, nonostante l’impossibilità di essere sereni dopo un “confronto” con un agente di polizia in borghese (che una volta uscita dalla CdLM ha chiesto a me e alla mia amica, i documenti...) e quando si è senza reddito e senza pensione a sessanta anni, in modo educato ti chiedo:
Vorresti ascoltare qualche portavoce della realtà di almeno 900.000 NON “esodati” o di, almeno, 6/700.000 NON “finti esodati”, ormai noti come quelli senza alcun potere?
Susanna, resto in attesa di tuo cortese riscontro anche nei riguardi del precedente appello.
Grazie, Dilva Giannelli
Aderiscono all’appello (in ordine alfabetico):
Adele Maria Picco
Alessandro Radici
Angela Sala
Antonella Delle Ave
Ariosto Rubino
Bruno Maffina
Camilla Mian
Caterina Brancaleone
Cinzia Poetto
Claudio Ceresani
Daniela Pizzamiglio
Domenico Garavaglia
Elena Tribia
Eleonora Boffelli
Eleonora Galliani
Elsa Clotilde Galli
Fabrizia Ciprianetti
Floriana Pizzo
Franco Ciglioni
Giampiero Ricolfi
Gino Tessari
Grazia Ronzi
Ignazio Grammatico
Leonardo Franchi
Loretta Zecchillo
Luisa Atzori
Maria Grazia Spaccasassi
Maurizio Bausi
Mauro Bianchi
Nicola Radici
Nadia Iavarone
Paola Francioni
Patrizia Bianchi
Patrizia Rampa
Raffaella D’Alessandro
Riccardo Garofoli
Roberto Aldo Mangiaterra
Rosa De Luca
Rosa Maria Zecchillo
Sergio Monzani
Sergio Valentini
Vincenzo Robustelli... e altre decine di centinaia di migliaia di donne e di uomini che vivono, che condividono il medesimo dramma.
Dilva Giannelli, 23 Luglio 2013
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