sabato 20 aprile 2024

Il tuttimaschi dalla Rai al CDA AIFA alla Commissione Paesaggio della città di Milano

Dalla trasmissione più potente di Rai1 con commentatori solo maschi in tema di aborto al tuttimaschi del CDA della Commissione Italiana del Farmaco e della Commissione Paesaggio della città di Milano... non sono tutte situazioni contestabili sul piano legale?



Parlando di mansplaining ogni donna sa di cosa si tratta, ma se credete di non saperlo è solo perché ancora non avete dato un nome all’onnipervasiva situazione in cui uomini spiegano alle donne, anche ove esse siano più competenti di loro. E ancor più interessante è quando si discetta, solo fra maschi, su ciò che concerne o riguarda solo le donne: ad esempio i diritti delle donne, le simbologie del femminile, l’aborto, la salute femminile e via dicendo.
 

Gli enti e le commissioni, così come le trasmissioni di informazione politica, ove siano composte solo da maschi sono a tutti gli effetti delle situazioni sconvenienti, e ancor più lo sono se in quelle sedi si parla di donne.

Ma più in generale, la Carta Costituzionale disegna la nostra democrazia come paritaria tra uomini e donne, applicando tale principio:

1. in ottemperanza del principio di eguaglianza (art. 3) 

2. come regola generale per l’accesso ai pubblici uffici (art. 51), 

3. come criterio informatore del canone di buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97). 

La parità di genere si deve quindi considerare come un principio generale dell’ordinamento cui tutti gli atti delle amministrazioni dello Stato si dovrebbero uniformare.

Gli enti e le commissioni pubbliche, dunque, così come le trasmissioni di informazione politica sul servizio pubblico, ove siano solo maschili, non sono a tutti gli effetti delle situazioni non solo sconvenienti, ma anche illegali? Certo sono, come minimo, improntate a valori non condivisibili. Eppure queste situazioni continuano a ripetersi. 

Se poi ci portiamo a Milano, da cui è partita la polemica che ancora infuria perché a una statua di donna (priva di qualunque connotazione sessista) è stata negata collocazione nello spazio pubblico, notiamo quanto segue.

Nella parte dedicata all’enunciazione dei diritti e delle libertà fondamentali poste a cardine dell’amministrazione della città, lo Statuto Comunale prevede che la parità fra i sessi sia criterio di equilibrio da rispettare per la nomina della Giunta e a fondamento delle necessarie azioni da mettere in atto da parte del Comune, prescrivendo (art. 5 comma 4 Statuto Comunale): “negli organi collegiali non elettivi, nonché negli enti, aziende ed istituzioni dipendenti deve essere garantito l’equilibrio di genere”.

Ci si chiede dunque come, anche qui, la Commissione Paesaggio, ente a quanto pare deputato anche alla valutazione dei monumenti, possa essere un organismo nominato all’insegna del più classico criterio tutti-maschi. 


Commissione che (senza entrare minimamente nel merito della qualità artistica) ci spiega come un’opera che rappresenta un archetipo femminile del generare e del nutrire "non rappresenti valori universalmente condivisi”; e che, si suppone per proteggerci dallo stereotipo della donna-mucca, suggerisce di nascondere la statua; salvo poi, dopo il montare delle polemiche, concedere di esporla là dove si partorisce (e si abortisce). 

Poco importa se contro il parere di autorevoli associazioni femministe che la pensano del tutto diversamente.

QUI > Comunicato di Toponomastica Femminile

QUI > Comunicato di DonneinQuota

domenica 14 aprile 2024

La scultura “dal latte materno veniamo” stia nella piazza Eleonora Duse. Comunicato di Donneinquota

DonneinQuota, che dal 2006 si occupa di rappresentanza politica femminile e di rappresentazione della donna, è fra le associazioni che sostengono il progetto di installare in un luogo pubblico di Milano l’opera “Dal latte materno veniamo” dell’artista Vera Omodeo. 
Relativamente alla sua collocazione, ringraziando il sindaco e l’assessore alla cultura per avere respinto il primo diniego della commissione, ribadiamo la richiesta iniziale condivisa fra la famiglia donante, le associazioni e il gruppo spontaneo statue di donne che hanno dall’inizio accompagnato questo iter, perché la scelta cada su piazza Eleonora Duse

Questa piazza è luogo certamente raccolto, come auspicato dalla commissione, ma anche pubblico e inoltre intitolato a una grande donna realmente esistita che rappresenta un modello di rottura rispetto alle costrizioni patriarcali.
A suo tempo, dopo avere attentamente valutata la proposta nei suoi aspetti artistici e di significato, DonneinQuota l’aveva già anticipata alla Presidente del Consiglio Comunale di Milano, Elena Buscemi, con lettera del 14 settembre 2023, che conteneva anche l’elenco di donne meritevoli che ogni anno sottoponiamo per il Famedio del Cimitero Monumentale; elenco in cui nel 2023 figurava anche il nome dell’artista di Dal latte materio veniamo.
Queste azioni fanno parte di un lungo e paziente lavoro per aumentare la visibilità della figura femminile, senza connotazioni sessiste, nella società e il riconoscimento a donne meritevoli. Lavoro che relativamente al Famedio è iniziato nel 2015, quando la presenza di donne era intorno al 10%. La stessa sproporzione che com’è noto troviamo nella toponomastica.
Riguardo all’opera in oggetto, ricordiamo che un archetipo femminile quale quello qui espresso, dai significati ben più complessi della mera maternità o del semplice atto naturale dell’allattare, non deve essere grossolanamente associato allo stereotipo femminile della donna oggetto o relegata ad attività familiari


Stereotipo che è mission della nostra associazione sradicare a favore di una narrazione equa e improntata all’empowerment femminile.
La Presidente, Donatella Martini 

Dal 2006 DonneinQuota si occupa di rappresentanza politica femminile (ricorso del 2010 al TAR della Lombardia che ha contribuito alla caduta della Giunta Formigoni; doppia preferenza nelle leggi elettorali regionali di Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Valle d'Aosta) e di rappresentazione delle donne nei media (lavoro pluriennale sul Contratto di Servizio Rai, la cui ultima edizione 2018-2022 ancora in vigore rappresenta la più avanzata dal punto di vista di genere nella storia della tv pubblica).

sabato 13 aprile 2024

Statua "dal latte materno veniamo": comunicato di Toponomastica Femminile

La proposta di installazione della statua di Vera Omodeo nella piazza Eleonora Duse a Milano scaturisce da un progetto più ampio sostenuto fin dall’inizio dalla nostra e da altre associazioni femminili. 







Toponomastica femminile ha deliberato di accompagnare l’iter con decisione del direttivo del 31 maggio 2023. Con decisione del direttivo del 26 luglio 2023 ha approvato poi la promozione di un progetto più ampio per l’adozione di una call for artists rivolta ad artiste (viventi o a famiglie di artiste non più in vita o a collezionisti), finalizzata a selezionare un preciso numero di donazioni di opere di donne da installare in diversi quartieri della città di Milano, riservandosi di proporre la stessa iniziativa anche ad altre città. A margine, con decisione del direttivo del 20 settembre 2023 Toponomastica femminile ha infine approvato la lista delle donne da proporre per essere inserite nel Famedio, fra le quali figurava quest’anno anche il nome dell’artista Vera Tiberto Omodeo Salè, in quanto a nostro parere figura di donna di rilievo per la sua storia e per aver eseguito il portale bronzeo della chiesa seicentesca Santa Maria della Vittoria a Milano. 

In seguito al recente dibattito, Toponomastica femminile ha apprezzato la posizione assunta dal sindaco di Milano Sala e dall’assessore alla cultura Tommaso Sacchi. In particolare, riguardo all’assessore Sacchi (di cui conosciamo l’impegno già messo in atto negli ultimi anni per valorizzare sia l’arte delle donne sia l’incremento di figure femminili negli spazi pubblici), abbiamo valutato positivamente l’impegno assunto in consiglio comunale, in data 8/4/2024 relativo a voler trovare una collocazione pubblica adeguata alla statua di Vera Omodeo, nonché la sua favorevole accoglienza al progetto di una call rivolta alle artiste. 

Premesso quanto sopra, si apre qui la fase in cui valutare una collocazione adeguata. 

A proposito del contesto architettonico, e relativamente a piazza Duse, ci uniamo alle valutazioni positive già espresse da alcuni autorevoli storici e critici d’arte, fra i quali  Federico Giannini e Vittorio Sgarbi. Citiamo testualmente: 

una commissione tecnica dovrebbe produrre un parere squisitamente tecnico. Ogni altro tipo di valutazione, che finisce poi per fornire scontati pretesti per strumentalizzazioni (...) dovrebbe esulare dalle sue competenze. (..) un parere valuti l’opera in sé, la sua collocazione rispetto all’arte del periodo e rispetto agli artisti di riferimento per Vera Omodeo, le sue qualità formali, il suo posizionamento all’interno del percorso dell’artista, l’eventuale capacità di reggere la sistemazione nel contesto urbano (...) considerando che un monumento di queste proporzioni (...) e che s’inserisce nella tradizione del classicismo novecentista cui guardava Messina non andrebbe ad alterare, o peggio a deturpare, il contesto di piazza Duse, vale a dire il luogo pensato per accoglierla, una piazza silenziosa e   raccolta, che risale agli anni Trenta del Novecento (la scultura si può dire sia figlia, o forse nipote, di quell’epoca storica), e quindi non andrebbe a inficiare la compiutezza del contesto urbanistico”. (Federico Giannini

Vera Omodeo è una buona artista (...) e la valutazione deve essere estetica: ha i requisiti Vera Omodeo perché una sua scultura possa stare in piazza Duse? Ritengo di si. È un’artista degna (...) e sul piano contenutistico l’opera ha valore universale. (...) la scultura va messa in piazza Duse o concordando con la famiglia altro luogo ma non (..la bella idea di) clinica Mangiagalli o i giardini che circondano l’ospedale per salvare il fatto che non in molti la vedano, se non chi va alla Mangiagalli, e che stia all’aperto come vuole la famiglia. (Vittorio Sgarbi).


Riguardo, invece, alla prima valutazione resa dalla commissione per ragioni di “valori non condivisibili da tutti” e “urbanistiche”, ci trova concordi quanto scrive Urbanfile: "secondo noi e secondo molti altri si è trattato di uno strano rifiuto, perché l’opera, realizzata da una donna, raffigura un momento fondamentale dell’essere umano, che trascende ogni credo religioso, ogni ideologia politica. “La maternità, come espressione di amore e libertà, è un valore da celebrare”. L’allattamento è certamente, se non l’unica, una delle pochissime azioni che accomuna tutte, ma proprio tutte, le culture. Quale motivo in più per donare alla città un’altra rappresentazione dell’universo femminile, anche perché, come ormai è ben noto, a Milano di statue femminili ce ne sono ben poche. (...) a nostro avviso (piazza Duse è) proprio una piazza adeguata per un’opera come questa, delicata e umana, immersa nel giardinetto realizzato una quindicina d’anni fa al centro della piazza". 


Riteniamo ancora infatti che questa prima scelta, scaturita nell’ambito del nostro gruppo non casualmente ma da valutazioni di carattere estetico e simbolico, sia ancora la più adeguata. Ed elenchiamo qui brevemente le ragioni: 

- "dal latte materno veniamo" è un’opera che può ascriversi alla serie delle tante “Madonne del latte”, iconografia di figura femminile che risale all'Antico Egitto, epoca in cui erano diffusissime le immagini della dea Iside intenta ad allattare il figlio Horus; sono p oiseguite in età cristiana tante rappresentazioni iconografiche della "Madonna che allatta", da Ambrogio Lorenzetti, attraverso Orazio Gentileschi, Adriano Cecioni, a Mary Cassat, Picasso, Tamara de Lempicka, e il tema esprime l’amore universale, primigenio senza contenuti ideologici, religiosi o sessisti; 

- al contrario di ospedali o aree verdi nei pressi di ospedali, la piazzetta Duse è un luogo davvero pubblico, anche se poco frequentato in quanto privo di negozi;

- la piazza, nel cosiddetto "quadrilatero del silenzio" caratterizzato da piccole aree verdi, è molto raccolta e di dimensioni contenute. La statua, a grandezza naturale e non monumentale, qui non si perderebbe e, a sua volta, non determinerebbe nessun impatto invasivo; 

- non solo per dimensioni ma anche per tipologia, l’opera dialoga in modo equilibrato, e diremmo anche armoniosamente, con gli edifici circostanti, e in particolare con le sculture figurative che si affacciano dai due edifici di carattere eclettico ai numeri civici 1 e 4;

- la piazza è dedicata a una figura femminile realmente esistita che incarna in modo netto una sorta di resistenza attiva ai modelli patriarcali della donna relegata al mero ruolo di moglie e di madre. Una donna di forte personalità, che si è affermata attraverso il lavoro e la creatività. E infine una donna che (pur dichiarandosi a suo tempo “non femminista”), seppe manifestare nella sua vita la più intensa empatia e capacità di relazionarsi ad altre donne, attraverso amicizie, scambi intellettuali e creativi e anche rapporti amorosi. Questa resilienza femminile, di una donna reale, è il simbolico che, a nostro avviso, meglio dialoga con un contraltare rappresentato invece dall’archetipo femminile della potenza generatrice e del nutrire: non solo fisicamente, ma anche attraverso l’amore e la cura. 

Respingiamo invece ogni interpretazione per cui l’archetipo della donna, anche colta nell’atto di generare o di nutrire e accudire i propri figli, debba essere banalizzato e ridotto alla mera funzione di donna-moglie e madre, quindi implicitamente incapace, o non autorizzata dalla società e dal maschile, a svolgere qualunque altra funzione e ad affermarsi anche socialmente, artisticamente o scientificamente ai massimi livelli. 

Per questo chiediamo con forte convinzione che, per l’installazione dell’opera di Vera Omodeo nella città di Milano, prima di qualunque altra destinazione sia riconsiderata con criteri e processi più approfonditi e oggettivi, la proposta originaria della piazza Duse

Il Direttivo di Toponomastica femminile, Roma, 13 aprile 2024 


di seguito 2 articoli usciti sul Corriere della Sera e alcune foto di altre opere di Vera Omodeo











 

domenica 17 marzo 2024

Sciopero planetario contro la guerra

Puoi aderire scrivendo una mail a assembleaperlapace@gmail.com 

Ci rivolgiamo a chi ha milioni di contatti con il mondo, a un movimento, una rete, un hacker che abbia a cuore la nostra sopravvivenza e la disfatta di chi la sta mettendo in pericolo. Chi è nato durante la seconda guerra mondiale è cresciuto pensando “mai più”. Mai più una guerra. 50 milioni di morti sembravano aver fatto rinsavire il mondo. Da allora guerra e genocidi non sono mai finiti. Gli ultimi li abbiamo sotto gli occhi: l’avanzata inarrestabile della Nato; l’invasione russa dell’Ucraina; l’atroce attacco di Hamas e la risposta inumana di Israele; il martirio infinito delle genti di Gaza. Stragi, stragi, stragi. Quando vedo la gente mitragliata mentre va a prendere la farina penso che loro siamo noi. Non in senso evangelico, ma storico. Nessuno ci vuole salvi. Tutti ci vogliono armati. C’è una fame di guerra che somiglia ai prodromi della prima guerra mondiale e annuncia la terza, e veramente ultima. Ho paura.

Abbiamo tutti paura, ma crediamo che armandoci ci difenderemo. No, armandoci ci consegneremo alla guerra, al nemico, alla morte. Abbiamo un sogno. Che qualcuno che abbia i mezzi di comunicazione adeguati a svegliare la terra, dichiari uno sciopero mondiale contro la guerra. Per un giorno incrociamo le braccia. Per un giorno non si produce e non si consuma. Se anche il 20 per cento aderisse, anche solo per qualche ora, produciamo un danno economico come dieci guerre. 

Così il mondo si accorgerà che esistiamo: noi che vogliamo la pace, perché la pace è vita. Certo, ogni sciopero ha un costo. Ma niente costa come la guerra. Come questa guerra. L’ultima.

[puoi aderire scrivendo una mail a assembleaperlapace@gmail.com 

appendi una bandiera per la pace a ogni finestra, 

appendi uno straccio di pace alla bici o alla borsa ndr] 


Primi firmatari:

Barbara Alberti
Ginevra Bompiani
Amitav Ghosh
Raniero La Valle
Massimiliano Fuksas
Luca Guadagnino
Margherita Buy
Gianni Dessì
Viola Di Grado
Vauro
Simonetta Sciandivasci
David Riondino
Lidia Ravera
Valerio Magrelli
Chiara Barzini
Fiamma Satta
Michelle Müller
Virginia Raffaele
Sabrina Giannini
Geneviève Makaping














sabato 9 marzo 2024

La storica orazione di Ortensia, cancellata dalla Storia: riscritta nel 2012, rappresentata al Colosseo nel 2024

Nel 42 A.C., dopo che i senatori tentarono di tassare pesantemente le ricche matrone romane per finanziare l'ennesima guerra, Ortensia pronunciò in Senato una memorabile orazione in loro difesa, sancendo il principio "no tassazione senza rappresentanza" ben noto ai moderni, e ottenendo il ritiro della tassa. I quali moderni conoscono questo principio più che altro come sancito dai coloni americani contro l'Inghilterra ("No taxation without representation"). Meno noto (anzi, del tutto ignorato) il fatto che il concetto fu introdotto da una donna e soffocato dagli uomini. Infatti, in seguito alla vittoria legale ottenuta da Ortensia, lo stesso Senato, allarmato dalle conseguenze del dar voce al punto di vista femminile, corse ai ripari sancendo da lì in avanti il divieto alle donne di intervenire in giudizio (in difesa di se stesse e di chicchessia), garantendo così continuità all'assoluta unilateralità maschile in ogni luogo ove si decide. 

Di questa orazione, di cui nessuno ci parlò mai a scuola, restarono solo le scarne citazioni storiche. Nel 2012 un gruppo di donne decise di riscriverla in base alle notizie che se ne hanno, e di rappresentarla in occasione della "conferenza-stampa teatrale" organizzata per la nascita della Rete delle Reti femminiliL'idea si deve alla giornalista Cinzia Romano, il testo e la regia si devono alla studiosa Giuliana NuvoliOrtensia fu interpretata dall'attrice Giulia Fossà; e potete rivederla qui:

Ora, per l'8 marzo di 12 anni dopo, la memorabile orazione di cui a scuola, a tutt'oggi, nessuno parla mai, è riemersa nuovamente e, per iniziativa del Parco archeologico del Colosseo, è stata rappresentata proprio in Curia Iulia; con un'accurata presentazione preliminare e una suggestiva cornice scenica. È possibile vedere la rappresentazione nel post su Facebook del Parco, QUI


Dispiace solo che alla fine della rappresentazione vengono ringraziati tutti tranne l'autrice stessa del testo (citata solo fugacemente all'inizio) e chi decise, già 12 anni fa, di far riemergere e rappresentare questa orazione.  E ricordiamolo, invece, tanto per non cancellare le donne dalla Storia come al solito.



domenica 25 febbraio 2024

Sperando che non ti servirà mai.. scarica Where Are U

L’app ufficiale Where Are U è collegata al Numero di Emergenza Europeo 112 (che riunisce in una sola centrale operativa il Soccorso Sanitario, Vigili del Fuoco e Forze dell’Ordine), ed è collegata anche con sistemi di soccorso all'estero. 

Scaricala per avere, in caso di bisogno, una connessione immediata con i soccorsi, inviando automaticamente la tua localizzazione e le altre informazioni che deciderai di includere nell'app.

Puoi decidere quali modalità scegliere tra chiamata normale, chiamata silenziosa o chat e aggiungere i contatti di riferimento in caso di emergenza. 
Where Are U ti consente di:

• salvare oltre ai tuoi dati i numeri ICE (In Case of Emergency) da chiamare in caso di necessità;


• inviare con precisione la tua posizione geografica alla Centrale Operativa 112 di competenza;


• utilizzare la “chiamata silenziosa”, che permette anche a chi non può parlare di contattare il servizio di emergenza;


• selezionare il tipo di servizio richiesto (Soccorso Sanitario, Vigili del Fuoco, Forze dell’Ordine);


• passare dal 112 al numero di emergenza di altro Paese in cui ti trovi (ad es. in U.S.A., l’app chiamerà il 911, invece del 112);


• chattare con il 112, funzione vitale per i non udenti e in ogni situazione in cui non si può parlare;


• gestire l’interfaccia per ipovedenti.


Visiona guida e tutorial che trovi nel menu dell'app.

giovedì 15 febbraio 2024

Le ecofemministe ripudiano la guerra: fuori la guerra degli uomini dalla Storia!

Dichiarazione del Coordinamento nazionale ecofemministe

Le donne, in generale, sono contrarie a ricorrere alle guerre perché danno la vita e ne curano altre: questo le porta a detestare la sola idea che molte vite vengano recise indiscriminatamente per interessi di pochi decisori. 



Le femministe in particolare sono da sempre dichiaratamente pacifiste

Le ecofemministe, ancora più profondamente, non violente, ripudiano tutte le violenze contro gli umani, contro gli altri animali, le piante e l'ambiente, e naturalmente contro le guerre, dichiarate sempre da maschi con la connivenza di donne di potere omologate. Sono anche contro la violenza di ogni livello ed ogni parte: famiglia, religione, polizie e Stati. La guerra appartiene alla mentalità predatoria maschile patriarcale, come la volontà di possesso, l'onore patriarcale, lo stupro anche domestico, etnico e di guerra, la mascolinità militarizzata, tipicamente di estrazione di destra. La Costituzione italiana è stata emanata, dopo una guerra mondiale tragica ed all'uscita da una lunga dittatura fascista e maschilista, da parte di una Assemblea composta finalmente anche da donne; a loro seppure fossero solo 21, si devono i principi fondamentali e l’art. 11: “la Repubblica ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”. Noi ecofemmministe italiane siamo quindi coerenti con i principi costituzionali nel denunciare non solo l'aggressione di Hamas ma anche massacri che il governo Netanyahu sta facendo nei confronti della popolazione palestinese, costretta ad assieparsi a Gaza. Alcuni Palestinesi convivono in Cisgiordania con coloni sempre più aggressivi e oggi spinti anche dal Governo ad occupare la gran parte dei loro territori.

La narrazione autoassolutoria da parte del Governo di estrema destra israeliano sull'origine del suo attacco massiccio sia a Gaza che in Cisgiordania è stata da subito condivisa dai media internazionali, su pressione delle lobby industriali, finanziarie e politiche a influenza ebraica, soprattutto nordamericane. Nessuno e nessuna, tantomeno noi Ecofem, può giustificare e perdonare l'attacco, militare e sanguinoso, della formazione di Hamas del 7 ottobre 2023, contro quello che inizialmente era un rave internazionale di giovani, molti dei quali israeliani. Non si può non notare però che la reazione crudele e spropositata contro i civili palestinesi ammassati nei loro residui spazi veniva rivendicata come diritto di difesa conseguente al sanguinoso attacco terrorista. Chi denunciava l'invasione di ulteriori terre palestinesi cisgiordane da parte di coloni armati, le distruzioni a Gaza, già una prigione a cielo aperto con milioni di abitanti, e lo sterminio di decine di migliaia di civili e minori incolpevoli, veniva pubblicamente tacciato di collusione con i terroristi e di antiebraismo. Erano invece oscurate dai media le manifestazioni internazionali oceaniche di protesta contro i massacri ai civili palestinesi, mentre si dava riscontro ai pericoli di eventi antiebraici senza parlare di una deprecabile posizione di molti ebrei all'estero, che difendevano a priori le azioni del governo di Israele che diffondeva notizie di azioni aberranti di miliziani palestinesi come infanticidi, stupri, taglio di teste, poi ritrattate. Solo in notizie o articoli di nicchia si potevano riscontrare dettagli più scabrosi per Israele. Come il fatto non verosimile che i suoi Servizi segreti, onnipotenti e onnipresenti, non fossero a conoscenza dell'organizzazione dell'attacco di Hamas: ed infatti pare ormai accertato che l'informazione sia stata volutamente trascurata. Il fatto che il governo stesso finanziasse Hamas dalla sua nascita, nel 2006, se inizialmente aveva avuto lo scopo di indebolire l'OLP e le forze moderate, più di recente, probabilmente ha inteso favorire una ribellione, l'alibi perfetto per la “soluzione finale”: liberare dai Palestinesi l'intero territorio, con qualsiasi mezzo e, grazie alla supremazia bellica, bombardando, affamando, assetando, sottraendo mezzi e medicine, impedendo rifornimenti umanitari, accusando l'UNRWA di collusione per impedirne i finanziamenti e suggerendo la deportazione dei sopravvissuti nel desertico Sinai egiziano o in altre regioni africane. Altre informazioni, non facilmente disponibili nei media, riguardano grandi interessi economici di Israele pronti ad appropriarsi di risorse energetiche rinvenute nel territorio attuale della Striscia di Gaza, che le consentirebbero l'autonomia economica: giacimenti di petrolio nella parte a Nord, e di gas naturale a 30 chilometri dalla costa; in quest'ultimo affare è coinvolta ENI. 

Lo scambio concordato di prigionieri israeliani rapiti da Hamas con altri fra le migliaia di palestinesi già detenuti, pur se in proporzione maggiore, è stato seguito dalla carcerazione, come sempre senza garanzie ne’ prove, di altrettanti civili, compresi donne e minori, nonostante le continue proteste e richieste di non belligeranza dei parenti dei rapiti israeliani.

Nonostante la propaganda retorica israeliana, l'isolamento della Striscia, sotto apartheid e circondata da un muro con pochi varchi controllati, l'impedimento provocato ai mezzi di comunicazione e l'uccisione di un grande numero di giornalisti, la misura della crudeltà è emersa. A distanza di quattro mesi, un solo Stato, il Sud Africa, ha reagito con uno strumento di ricorso di diritto internazionale, appellandosi alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja, accusando Israele di genocidio. Il 26 gennaio 2024 la Corte si è espressa accettando di valutare il ricorso, in quanto non manifestamente infondato, e dettando allo Stato di Israele prescrizioni di interrompere con immediatezza le ostilità: non avendo altri poteri impositivi, la direttiva è stata prevedibilmente ignorata, nonostante diversi Stati sudamericani abbiano ufficialmente appoggiato il ricorso del Sud Africa, come loro segnato di recente da regimi ed apartheid. A questo proposito, chiediamo al nostro governo di unirsi al sostegno al ricorso presso la Corte dell'Aja, riconoscendo la necessità immediata di uno Stato Palestinese, anche sotto il profilo della legittimità a stipulare accordi, concessioni e contratti. Pur se rappresenta un passo avanti, non è sufficiente la mozione parlamentare sul cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi, raggiunta su accordo Schlein Meloni. Come prevedibile, le azioni del Governo israeliano mettono a rischio anche la stabilità di più Paesi: oltre ai territori palestinesi, sono state bombardate zone degli Stati limitrofi. Già negli anni ‘70 Israele si era del resto appropriata di territori in Egitto, Siria e Libano e non aveva poi rispettato gli accordi di Oslo con l'OLP del 1993, in cui i due Stati si riconoscevano vicendevolmente, con il diritto della Palestina a propri territori in Cisgiordania e Gaza, dimostrandosi ancora inaffidabile. Sussiste per noi ecofemministe e non solo, il timore che Stati bellicosi prendano ad occasione la difesa della popolazione araba per scatenare conflitti in un Medio Oriente instabile, in primis l'Iran, o influiscano nell'economia mondiale come avviene già con i blocchi nel Mar Rosso, o si rivitalizzi il terrorismo internazionale con il reclutamento di fanatici e mercenari.

Gli incalcolabili danni di guerra non verranno probabilmente mai risarciti, neppure a responsabilità conclamata; sappiamo che non esiste tale obbligo, nel pure ignorato diritto internazionale, se non per accordi di pace tra gli Stati belligeranti, che nella situazione attuale sono improponibili, anche per l'espediente di Israele di non riconoscere uno Stato palestinese, contraddicendo anche sé stessa.

Oltre ai danni materiali, come la distruzione quasi totale della Striscia, risultano devastanti i danni emotivi, incalcolabili ed irrimediabili dovuti ai continui esodi, alle deprivazioni, morti, malattie, ferite e invalidità permanenti che lasceranno segni indelebili: ci si riferisce anche agli shock subiti dai molti minori sopravvissuti, spesso rimasti orfani, per i quali il futuro sarà privo di prospettive e certezze, il che favorirà cinismo, fanatismi ed integralismi sfruttabili. Gli esodi tanto temuti saranno inevitabili e tragici, perché difficilmente ai Palestinesi sarà riservato il diritto di asilo concesso ai profughi Ucraini, un’azione che, come ecofemmministe, reclamiamo fin da ora per equità dall'Europa.

Sotto il profilo ambientale, il costo causato dall’azione bellica in Palestina è pesantissimo. Per i primi due mesi, le emissioni di gas climalteranti derivanti dalla guerra e dalla catena di approvvigionamento bellico sono state calcolate in due milioni di tonnellate di CO2 equivalente; a Febbraio 2024 possiamo quindi ritenerne 4 milioni, quanto prodotto in due anni dal Niger; nel calcolo sono compresi anche i viaggi aerei sia dei cargo USA che trasportano rifornimenti bellici che degli aerei israeliani, le esplosioni di bombe, razzi e munizioni. Resteranno sul terreno per anni le sostanze inquinanti conseguenti al conflitto; anche la rimozione dei detriti e la ricostruzione degli edifici distrutti avranno un peso ambientale enorme, ed il tutto peserà sul resto del mondo, anche se non considerato nei trattati sul clima. 

Noi ecofemmministe facciamo quindi appello ai leader nazionali ed europei, che finora non hanno attuato strategie efficaci nel por fine ai conflitti in corso, di non rimanere più impassibili a fronte di stragi di soldati e di civili e a devastazioni di città e territori. Occorrono quanto prima proposte convincenti di negoziazione. Smettiamo di affidare le sorti di interi popoli all’esito ottenuto attraverso l'uso massiccio di armi.

Da parte nostra diciamo che il solo riconoscimento generico dello Stato Palestinese non risolverà il problema di chi lo governerà, e non potrà certo essere Hamas, ma nemmeno una corrotta e poco credibile Autorità Palestinese intrisa di machismo e di una cultura patriarcale. Bisognerà occuparsi subito di promuovere una maggiore partecipazione femminile nei luoghi di potere.

Coordinamento nazionale ecofemministe

14 febbraio 2024