sabato 6 settembre 2014

Sognare: di liberare il presidente Obama; e quelli come lui

Caro Presidente Obama,
(…) Tutti noi ricordiamo ancora le sue parole, nel lontano 2009 all’Università del Cairo, che annunciavano un nuovo inizio nelle relazioni tra gli USA e gli altri paesi, per la ricerca della pace e per il rispetto dei diritti universali, tanto da conquistare un Premio nobel per la Pace alle sue intenzioni. La speranza di tutti era che quelle parole avessero dietro la volontà e la decisione di un radicale cambiamento di politiche, di strumenti e di investimenti. I fatti succedutisi da allora ad oggi, affermano che ci eravamo sbagliati: ancora si pensa che pace, sviluppo, sicurezza siano raggiungibili con più armi. Più guerre, più morti, più profughi, più occupazioni.
La vera verità, quella che non si può dire, è che il nostro sistema politico, ahimè lei compreso, dipende da un potere che sovrasta le nostre democrazie, fatto di lobby potenti che hanno nell’industria degli armamenti il mezzo per condizionare l’economia, l’accesso alle fonti energetiche e la vita di uomini e donne. 
Queste lobby ed i loro interessi impediscono di fare la cosa giusta: impediscono il consolidamento della democrazia, del diritto internazionale e della soluzione politica dei conflitti. Lei, come Presidente degli Stati Uniti d’America non può mantenere le promesse e le aspettative che la sua elezione e rielezione hanno generato nel mondo perché deve percorrere una strada già disegnata da altri e con pilota remoto. (…)
Di fronte alla crisi economica del suo paese lei non ha perso tempo, investendo miliardi di dollari nella creazione di nuovi investimenti produttivi per ricreare occupazione. Ha sfidato altre lobby ed il Congresso americano per estendere l’assistenza sanitaria a tutti i cittadini americani, per garantire maggiori diritti agli immigrati, per ridurre le disuguaglianze.
Perché, quindi, non fare lo stesso a livello globale, e non investire in una economia globale sostenibile per sconfiggere la povertà, le ingiustizie, le guerre, anziché richiedere più armi per la nostra sicurezza?
La storia ci insegna che pace, sviluppo, sicurezza si raggiungono e si mantengono se le istituzioni nazionali e sovranazionali riescono a dare risposte concrete a uomini e donne che soffrono perché senza lavoro, senza assistenza sanitaria e sociale, senza possibilità di esprimersi liberamente, senza più un futuro per i loro figli o senza una patria. Le sole armi che dovremmo usare sono quelle della ragione, del diritto e del rispetto reciproco.
Non ci chieda d’investire ancora in armi, non lo possiamo più fare, noi e gli altri non ce lo possiamo più permettere. Siamo circondati da guerre, da uomini e donne che fuggono in cerca di una nuova vita, le nostre economie sono al collasso. Ogni euro deve essere investito per il bene, per la giustizia, per la pacificazione e per lo sviluppo sostenibile, per tutti e per tutte. Non per difenderci da un nemico che alla fin fine non è altro che la nostra ombra, la cui distruzione è anche la nostra. Ci permetta una metafora: abbiamo gli stessi obiettivi, i suoi sogni e le sue speranze sono le nostre. Lei però è in ostaggio e la nostra missione è di liberarla, per il bene e per la pace del pianeta.

Questa lettera è stata scritta nel marzo scorso dalla Rete della Pace, in occasione di una visita europea del presidente Obama. Riguarda non solo lui, ovviamente; dice cose molto vere e non è mai scaduta.
Ricordiamo qui la manifestazione nazionale del 21 settembre 2014, indetta a Firenze per la soluzione pacifica dei numerosi conflitti che stanno devastando il pianeta.
Comitato Promotore:  
• Per contributi alla realizzazione della manifestazione:  IT27U0501803000000000163157
E a tutti diciamo - pace, sostenibilità, equità di genere: ora di creare un solido asse fra questi attivismi.

Nessun commento:

Posta un commento