Vergogna, ignoranza e la solita vigliaccheria di tirare affondi alla chetichella: in quel vuoto che si crea sull'orlo delle vacanze. Ecco come disinvoltamente si cancella a Roma anche la storia e la cultura del movimento delle donne in Italia. E colmo dell'ironia ci voleva la "prima sindaca di Roma", una donna! per fare questo scempio? Su questo punto viene proprio da dare ragione a Natalia Aspesi, che scrive: care donne, vi propongono di spartire il potere? non cascateci! il potere che ci tocca è solo una presa in giro.
Dopo tante promesse di garanzie, e di voler dare alla storia della Casa il suo giusto valore, è stato invece scelto il giusto momento per cancellarlo: giusto giusto in vista delle chiusure di agosto viene respinta in toto la memoria consegnata dalla Casa a fine gennaio 2018, proposte di riduzione del debito comprese.
Nel corso dell’incontro tra il direttivo della Casa e le assessore Castiglione, Baldassarre e Marzano, con la consigliera Guerrini, l’assessora Castiglione ha infatti annunciato la revoca immediata della Convenzione che regola il rapporto fra la Casa internazionale delle donne e Roma Capitale. Eppure era stata proposta una transazione per chiudere la questione del debito. L'attacco della giunta di Roma alla Casa, con tutte le attività e servizi erogati dal Buon Pastore, è un attacco diretto al femminismo e alla vita associativa della città.
Un attacco che invece lascia indenni situazioni (e non discutiamo in merito alla loro qualità) ben più gravi sul piano economico; come riporta correttamente l'Espresso: il palazzo sede ufficiale di CasaPound è un edificio pubblico occupato senza titolo dal 27 dicembre 2003. In più di 14 anni neanche un tentativo di sgombero. E non si tratta di un appartamentino popolare in uno dei quartieri periferici (..). Si tratta invece di 60 vani, almeno una ventina di appartamenti in una zona dove i prezzi di mercato sono tra i più alti di Roma. Sei piani, una quarantina di finestre con affaccio sulla centralissima via Napoleone III, una terrazza con vista mozzafiato. Una sala per gli incontri politici all’ultimo piano dove ospitare presentazione di libri, conferenze stampa e confronti in diretta streaming con le star del giornalismo. Il Grand Hotel dei neofascisti non ha prezzi popolari. «Un appartamento normale per una famiglia con due camere da letto in via Napoleone III? Non meno di 1.100 euro al mese», spiega all’Espresso una agenzia immobiliare di piazza Vittorio. Un valore sul mercato degli affitti di circa 25 mila euro al mese - includendo anche gli spazi per le iniziative politiche - 300 mila all’anno, più di quattro milioni nei 14 anni di occupazione abusiva. Soldi che ha perso il Demanio, ovvero lo Stato, proprietario dell’immobile. Il Comune di Roma nel 2007 aveva inserito il palazzo in una lista di occupazioni da parte di famiglie in emergenza abitativa. Nell’aprile del 2016 il commissario straordinario Francesco Tronca aveva compilato una shortlist di 16 immobili da sgomberare, rispetto ai quasi cento edifici occupati abusivamente nella capitale. La sede di CasaPound, però, era inclusa in una più ampia lista, non interessata in quel momento da operazioni di sgombero. La decisione su questi altri immobili era rinviata a «successivi provvedimenti». Da allora nulla è accaduto, qui.
A maggior ragione è grave e inspiegabile questo accanimento contro la Casa delle donne, e dunque a tutte le donne di Roma.
Rilevando che questa revoca senza appello avviene proprio alla vigilia di agosto, nella peggiore tradizione di ogni vertenza pubblica e privata nel nostro paese, le donne della Casa presenti alla riunione (la presidente Francesca Koch, Lia Migale, Giulia Rodano, Maria Brighi, Loretta Bondì), hanno dichiarato che faranno "opposizione a tutto campo"; e chiedono il sostegno di tutte e tutti; ove possibile anche con un contributo economico [qui l' IBAN: IT38H0103003273000001384280].
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