giovedì 31 ottobre 2013

Cara senatrice, caro senatore: una lettera di Sandra Bonsanti

Cara senatrice, caro senatore,
vorrei chiederti se quando pronunci in aula o davanti alle telecamere, oppure anche soltanto davanti allo specchio della tua stanzetta la parola “regola”, un fremito ti attraversa il cuore.
Una sorta di sentimento di vergogna, che ti fa arrossire, nella tua solitudine di parlamentare della Repubblica.
Mai come in questi giorni, in queste ore, hai dedicato tanto tempo allo studio, si fa per dire, delle regole: incandidabilità, voto segreto e così via. Per arrivare alla sacrosanta conclusione: le regole sono regole e vanno sempre rispettate.
Peccato che solo pochi giorni orsono hai votato per tradire la Regola delle Regole. E non ci hai fatto nemmeno un pensierino, ti è venuto spontaneo, facile, ascoltare le parole dei capigruppo e obbedire. “Per questa volta, solo per questa volta” l’articolo 138, messo a baluardo della Costituzione, non conta, se ne può fare a meno. Lo dicono tutti, che si può fare: il ministro Quagliariello e le larghe intese, i saggi e Luciano Violante, il presidente del consiglio Enrico Letta e anche il Quirinale, che se tace su questo punto specifico, vuol dire che acconsente altrimenti si sarebbe fatto sentire. Per 4 miseri voti, cara senatrice, caro senatore, avete consentito che si stabilisse questo precedente foriero di futuri disastri.
Adesso aspettiamo trepidamente di ascoltare di nuovo il coro sulle regole appena voteranno i deputati, tra la fine di novembre e il 10 dicembre. A meno che allora non vinca il pudore, si rinunci del tutto a parlare di regole e di partecipazione (se non avessero i due terzi potrebbe esser concesso ai cittadini di esprimersi in un referendum).
Tranquilli tutti. Alla Camera i voti assicurano al governo Letta un iter sereno. La Regola sarà dichiarata infranta, ma “solo per questa volta” che si intende cambiare 65 articoli della Costituzione.
Peccato. Sono abbastanza sicura che questo referendum sulle regole poteva esser vinto. 
Alla domanda: vuoi tu che il governo delle larghe intese ti scippi, oltre a tutto il resto, anche la somma REGOLA della Repubblica? Molti italiani avrebbero risposto di NO, costringendo così chi vuole cambiare la Costituzione (e alcune cose da aggiornare ci sarebbero) a farlo rispettando le regole.
Come pensate invece che risponderanno gli italiani a quell’ultimo referendum che ci sarà concesso e che andrà all’incirca così: volete che ad eleggere il Presidente della Repubblica siano questi politici, o volete scegliervelo da soli?
Indovinate come risponderanno gli italiani. E indovinate anche chi vincerà.
Allora, davanti allo specchio della vostra stanzetta romana, care parlamentari e cari parlamentari, qualcuno di voi si chiederà: chi è stato? 
Perché siamo arrivati a questo punto? Arrossirete, forse, ma nessuno lo saprà mai. Statene certi: nessuna Tv di Stato, nessun grande commentatore. Le regole del Palazzo sono regole. E l’altra, quella che scrissero i costituenti, l’articolo 138 per il quale si batteva Costantino Mortati non ricorderete nemmeno più cosa prescriveva. Forse niente, forse non era nemmeno una regola.
Sandra Bonsanti (Presidente di Libertà e Giustizia)



La Costituzione

Articolo 138
Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione [cfr. art. 72 c.4].
Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare [cfr. art. 87 c.6] quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge sottoposta a referendum non è promulgata [cfr. artt. 73 c.187 c.5 ], se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi.
Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.


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