A questo punto della mattinata avrete già fatto il pieno di analisi post-elettorali. Non aggiungerò la mia. Chi segue questo blog sa, o ha intuito, come la penso, e immagina anche che non correrò in soccorso né del vincitore né dello sconfitto.
Ho poche cose da dire, e riguardano le questioni sul tappeto: quelle che ci toccano tutti, qualunque sia il genere sessuale di appartenenza, qualunque sia il voto espresso da ciascuno tra domenica e lunedì. Perché - e neanche questa è una novità - considero la cosiddetta questione femminile un apriporte, attraverso il quale prendere atto delle disuguaglianze, delle ingiustizie, della negazione dei diritti.
Diritti, questa è la parola, questa è la misura. Chiunque governerà, o si proporrà di farlo, ha sul famigerato tappeto una serie di emergenze:
• occupazione femminile, tutela dei lavoratori atipici e precari, articolo 18
• welfare (asili nido, tempo pieno scolastico, assistenza agli anziani e alle persone non autosufficienti, congedo di paternità)
• finanziamento dei centri antiviolenza
• educazione sessuale nelle scuole
• applicazione della legge 194
• revisione della legge 40
• nascite sicure e libertà di scelta in materia (epidurale gratuita, rimborsi per chi sceglie il parto in casa)
Sono i cosiddetti fondamentali, infinite volte ripetuti, infinite volte giudicati non prioritari. La discussione è su questo, su questo l’azione.
Il resto è silenzio.
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