Scrive il Sole24ore (articolo di Laura Galvagni del 10/8/2022) che nel primo semestre del 2022 le catastrofi ambientali hanno già causato 75 miliardi di perdite; e in questa cifra ancora non sono inclusi i danni causati dal caldo torrido e dalla siccità degli ultimi mesi. Per non parlare delle "perdite" in termini di sofferenza ed estinzione del vivente; costi che nessuno cita mai; e quindi restiamo anche qui, per ora, sul bilancio meramente economico.
«Dobbiamo adattare i nostri territori, l’agricoltura, le attività produttive, le città a quegli eventi climatici che abbiamo sperimentato negli ultimi anni e che ci saranno anche in futuro. Oltre a ridurre i gas serra e perseguire la carbon neutrality per il 2050. È una chiamata all’azione affinché i partiti ci facciano vedere programmi seri per contrastare il cambiamento climatico. E la popolazione possa scegliere di votare chi dà la priorità a questi temi. Vedo una maggiore sensibilità sul tema; la lettera sul clima rivolta alla politica ha avuto una grande risposta da parte della gente comune; dai politici no. In campagna elettorale, anche in quelle del passato, si è parlato pochissimo di clima. Ma quest’anno il cambiamento lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle. Noi siamo interessati a sostenere soluzioni scientificamente fondate su una maggiore efficacia. Ad esempio, a livello globale ci siamo dati l’obiettivo di non superare l’aumento di 1,5°C della temperatura rispetto al periodo pre industriale. Ora siamo già a un aumento di 1,2-1,3°C. Anche se la temperatura rimanesse quella di oggi i ghiacciai alpini perderebbero il 30% della propria massa entro la fine del secolo perché stanno rispondendo lentamente al riscaldamento degli anni passati; di conseguenza perderemmo il 30% della disponibilità d’acqua. Dobbiamo dunque pensare a nuovi invasi, a irrigazioni a goccia, a una sistemazione degli acquedotti colabrodo. Dobbiamo gestire questa cosa che è inevitabile e allo stesso tempo scongiurare scenari molto peggiori. Se nel 2100 avremo raggiunto i 4-5°C di aumento i ghiacciai alpini perderanno il 90-95% di superficie e volume attuali, generando una situazione ingestibile per l’agricoltura del Nord Italia. L’economia, nei propri conti, deve valutare i danni ambientali, non esternalizzarli. Ci sono ecosistemi che se muoiono ci tolgono servizi fondamentali. Pensiamo a quelli che filtrano e depurano l’acqua, per esempio. Dobbiamo mettere in sicurezza territori e attività produttive investendo con decisione e celerità le risorse disponibili del Pnrr. È in atto una tendenza: gli ultimi anni sono stati storicamente i più siccitosi. I nostri modelli ci fanno vedere come questo sia legato strettamente alle attività antropiche. Conosciamo le cause di ciò che avviene. È il momento di passare alle azioni. Non possiamo più nasconderci dietro a un dito».
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