giovedì 18 agosto 2022

Catastrofi ambientali: in soli 6 mesi perdite per 75 miliardi

Scrive il Sole24ore (articolo di Laura Galvagni del 10/8/2022) che nel primo semestre del 2022 le catastrofi ambientali hanno già causato 75 miliardi di perdite; e in questa cifra ancora non sono inclusi i danni causati dal caldo torrido e dalla siccità degli ultimi mesiPer non parlare delle "perdite" in termini di sofferenza ed estinzione del vivente; costi che nessuno cita mai; e quindi restiamo anche qui, per ora, sul bilancio meramente economico.

Già il 2021, secondo le stime di Swiss Re (gruppo riassicurativo che ogni anno produce un corposo studio sugli impatti del cambiamento climatico), era stato un anno di intensa attività catastrofale in tutto il mondo con alluvioni, temperature estreme, uragani, incendi e tornado (oltre al tremendo terremoto ad Haiti), che hanno provocato perdite economiche globali per 280 miliardi di dollari (217 miliardi nel 2020); fra questi eventi i soli fenomeni alluvionali colpiscono circa il 29% della popolazione in tutto il mondo. L’istituto stima inoltre che se le temperature continueranno a crescere e se entro il 2050 non si raggiungerà l’obiettivo “emissioni zero” il mondo intero perderà l’11% del Pil.
E purtroppo niente fa pensare a un'inversione di tendenza; e infatti le catastrofi sono in costante incremento.
Intervistato da Sara Deganello, sempre per Il Sole, sull’iniziativa #unvotoperilclima, il climatologo Antonello Pasini ha dichiarato:

«Dobbiamo adattare i nostri territori, l’agricoltura, le attività produttive, le città a quegli eventi climatici che abbiamo sperimentato negli ultimi anni e che ci saranno anche in futuro. Oltre a ridurre i gas serra e perseguire la carbon neutrality per il 2050. È una chiamata all’azione affinché i partiti ci facciano vedere programmi seri per contrastare il cambiamento climatico. E la popolazione possa scegliere di votare chi dà la priorità a questi temi. Vedo una maggiore sensibilità sul tema; la lettera sul clima rivolta alla politica ha avuto una grande risposta da parte della gente comune; dai politici no. In campagna elettorale, anche in quelle del passato, si è parlato pochissimo di clima. Ma quest’anno il cambiamento lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle. Noi siamo interessati a sostenere soluzioni scientificamente fondate su una maggiore efficacia. Ad esempio, a livello globale ci siamo dati l’obiettivo di non superare l’aumento di 1,5°C della temperatura rispetto al periodo pre industriale. Ora siamo già a un aumento di 1,2-1,3°C. Anche se la temperatura rimanesse quella di oggi i ghiacciai alpini perderebbero il 30% della propria massa entro la fine del secolo perché stanno rispondendo lentamente al riscaldamento degli anni passati; di conseguenza perderemmo il 30% della disponibilità d’acqua. Dobbiamo dunque pensare a nuovi invasi, a irrigazioni a goccia, a una sistemazione degli acquedotti colabrodo. Dobbiamo gestire questa cosa che è inevitabile e allo stesso tempo scongiurare scenari molto peggiori. Se nel 2100 avremo raggiunto i 4-5°C di aumento i ghiacciai alpini perderanno il 90-95% di superficie e volume attuali, generando una situazione ingestibile per l’agricoltura del Nord Italia. L’economia, nei propri conti, deve valutare i danni ambientali, non esternalizzarli. Ci sono ecosistemi che se muoiono ci tolgono servizi fondamentali. Pensiamo a quelli che filtrano e depurano l’acqua, per esempio. Dobbiamo mettere in sicurezza territori e attività produttive investendo con decisione e celerità le risorse disponibili del Pnrr. È in atto una tendenza: gli ultimi anni sono stati storicamente i più siccitosi. I nostri modelli ci fanno vedere come questo sia legato strettamente alle attività antropiche. Conosciamo le cause di ciò che avviene. È il momento di passare alle azioni. Non possiamo più nasconderci dietro a un dito». 

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