giovedì 12 marzo 2020

Questo ti voglio dire / ci dovevamo fermare

Anche da noi un grazie, per queste parole, alla poetessa Mariangela Gualtieri. Le dedichiamo, da qui, a tutte le persone che sotto la pressione del Coronavirus si sentono sole, spaventate e confuse. Specialmente a quelle che sono costrette a essere sole davvero; a quelle che si ritrovano separate e lontane dalle persone che amano.
Fate un respiro, fate fluire dentro di voi queste parole, come una verità che vi giunge insperata; da qualcuno che nell'universo vi vede, e vi vuole bene.
Chiudete gli occhi; ditevi che forse è vero: chissà che in tutta questa immensa prova, che costerà cara, non troveremo alla fine qualcosa di prezioso davvero.
Si, può essere difficile, difficilissimo.
Per tante persone l'orizzonte mentale, ora, è ingombrato solo da buio e paura; ma è proprio sostituire il panico con l'ascolto, la pazienza e la fiducia, quello che serve. Serve comprendere, e convincersi, che la pazienza che ci terrà fermi a casa ci sta tenendo al sicuro, proteggerà la nostra salute fisica; lo farà davvero. Ma, in tutta questa lunga attesa per la guarigione, che fare? Di nuovo, serve sostituire il panico con l'ascolto, la pazienza e la fiducia. Proprio nascosta in questa lunga quarantena forzata, in questo brutto buco dove non vorremmo stare, proprio lì potremo forse trovare la chiave per salvare noi stessi e il mondo. Provarci dipende da noi, proviamoci.







Questo ti voglio dire / ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso / il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi. / Agitare ogni ora – farla fruttare.

Ci dovevamo fermare / e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme. / Rallentare la corsa. / Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano / che ci potesse bloccare.

E poiché questo / era desiderio tacito comune
come un inconscio volere - forse la specie nostra ha ubbidito
slacciato le catene che tengono blindato / il nostro seme. Aperto
le fessure più segrete / e fatto entrare.
Forse per questo dopo c’è stato un salto / di specie – dal pipistrello a noi.
Qualcosa in noi ha voluto spalancare. / Forse, non so.

Adesso siamo a casa.

È portentoso quello che succede. / E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
Forse ci sono doni. / Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
C’è un molto forte richiamo / della specie ora e come specie adesso
deve pensarsi ognuno. Un comune destino / ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.
O tutti quanti o nessuno.

È potente la terra. Viva per davvero. / Io la sento pensante d’un pensiero
che noi non conosciamo.
E quello che succede? Consideriamo / se non sia lei che muove.
Se la legge che tiene ben guidato / l’universo intero, se quanto accade mi chiedo
non sia piena espressione di quella legge / che governa anche noi – proprio come
ogni stella – ogni particella di cosmo.

Se la materia oscura fosse questo / tenersi insieme di tutto in un ardore
di vita, con la spazzina morte che viene / a equilibrare ogni specie.
Tenerla dentro la misura sua, al posto suo,
guidata. Non siamo noi / che abbiamo fatto il cielo.

Una voce imponente, senza parola / ci dice ora di stare a casa, come bambini
che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa, / e non avranno baci, non saranno abbracciati.
Ognuno dentro una frenata / che ci riporta indietro, forse nelle lentezze
delle antiche antenate, delle madri.

Guardare di più il cielo, / tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
il pane. Guardare bene una faccia. Cantare 
piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
stringere con la mano un’altra mano / sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.
Un organismo solo. Tutta la specie / la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.

A quella stretta / di un palmo col palmo di qualcuno
a quel semplice atto che ci è interdetto ora -
noi torneremo con una comprensione dilatata.
Saremo qui, più attenti credo. Più delicata / la nostra mano starà dentro il fare della vita.
Adesso lo sappiamo quanto è triste / stare lontani un metro.

Mariangela Gualtieri Nove marzo duemilaventi

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