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venerdì 6 marzo 2015

Donne con la A: nominare il femminile. Una campagna per l'8 marzo 2015

Ciò che non esiste non viene nominato. Le donne oggi sono presenti anche in importanti ruoli istituzionali, nelle professioni, ai vertici di aziende pubbliche e private; eppure si preferisce continuare a nominarle con sostantivi e articoli al maschile. E' per infrangere questa incomprensibile distorsione della lingua italiana  che Se Non Ora Quando? lancia la campagna "donne con la A". Maestro/maestra, chirurgo/chirurga, sindaco/sindaca, avvocato/avvocata: in italiano le parole che finiscono in o, se declinate al femminile prendono la a. Restano invece invariate quelle che finiscono in e, anche se prendono l'articolo  femminile, ad esempio la giudice,  la presidente. Lo dice la grammatica italiana e lo sostiene anche la prestigiosa Accademia della Crusca.

Ma in nome di un presunto neutro, che l'italiano non ha, si continua a fare resistenza nel declinare al femminile molti titoli professionali: ministra, deputata, funzionaria, ingegnera, assessora. E' invece normale dire commessa, postina, operaia, infermiera.
Le donne, presenti oggi in tante professioni fino a poco tempo fa appannaggio solo degli uomini, vogliono la A: chiedono di essere riconosciute. 
Per questo 8 marzo  alle  istituzioni, alla pubblica amministrazione, alla  scuola, alla politica, all’informazione, chiediamo di usare il femminile ogni volta che si parla di una donna, qualunque ruolo o incarico ricopra. Siamo convinte che sia un passo necessario per garantire la rappresentazione dei due generi di cui è fatto il mondo: le donne non sono l'altra metà del cielo, sono una delle due metà.


Il movimento delle donne di Snoq ha anche inviato alla Presidente della Rai Anna Maria Tarantola. questa lettera:

Gentile Presidente, 
La nostra societa’ sta attraversando una fase di grande trasformazione e le donne hanno giocato e giocano un ruolo molto importante che purtroppo non è adeguatamente riconosciuto dai mezzi di comunicazione.
Oggi le donne occupano ruoli decisivi in politica, nelle istituzioni e nel mondo del lavoro ma si continua a parlare di loro al maschile in nome di un “neutro” che la nostra lingua non prevede.

Basta applicare le regole dell’italiano per il femminile per dar conto della loro presenza : se una donna guida un ministero e’ una ministra, se guida una città una sindaca, se presiede una corte di giustizia una giudice. Lo sostiene anche l’autorevole Accademia della Crusca, lo scrivono i nuovi dizionari.

Siamo convinte che Lei, nel ruolo che ricopre in Rai, possa dare un contributo fondamentale affinché nei programmi radio televisivi come nell’informazione del servizio pubblico, quando si parla di donne sia usato il femminile.

Rappresentarle e definirle in modo corretto favorirà il superamento degli stereotipi che ostacolano la crescita culturale e sociale del nostro paese. Crediamo che la reale parità dei diritti e delle opportunità passi dal riconoscimento delle differenze del genere.
La Rai, importante motore di cultura , nella sua funzione di servizio pubblico, puo’ e deve farsi interprete di questo cambiamento.
SENONORAQUANDO? 

domenica 2 novembre 2014

E i media decidono che le donne non possono insegnare all'università



E da quando le donne possono insegnare solo alle medie e al liceo? E perché se insegnano all’Università la qualifica di professoressa sparisce e diventano maschi col titolo di professore? Insomma, sostantivi e aggettivi devono seguire le regole della grammatica italiana solo per posizioni sociali e professionali di livello basso?
Sembrerebbe di sì secondo l’Ansa e la maggior parte dei quotidiani come Corriere della Sera, La Repubblica, Il Messaggero e via continuando.
Ci rendono infatti noto che forse saranno due donne le candidate di nomina parlamentare per la Corte Costituzionale. Scrivono tutti che si tratta di Silvana Sciarra, professore ordinario di Diritto del lavoro nella Facoltà di giurisprudenza dell'Università di Firenze, e Maria Alessandra Sandulli, professore ordinario di Diritto Amministrativo e Giustizia amministrativa presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Roma III.
Un gran pasticcio grammaticale. Al punto che i due “professori” tornano al loro genere quando l’Ansa avverte che “quelle delle due professoresse non sono, infatti, candidature politiche“.
Eppure tutti i vocabolari, dizionari e Accademia della Crusca sono concordi: in italiano sostantivi e aggettivi devono rispettare il genere maschile e femminile e il loro uso non è un optional. Per i sostantivi epicèni (invariati al maschile e femminile, come giudice o giornalista) è l’articolo che indica se ci si riferisce a un uomo o una donna.
La lingua si evolve, al pari della società, e cariche un tempo precluse alle donne, come ministro o sindaco devono rispettare il genere.
Sono passati trenta anni dalle “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana” di Alma Sabatini ed ora il testo “Donne, grammatica e media”, scritto dalla professoressa Cecilia Robustelli, docente di Linguistica italiana all’università di Modena, consulente dell’Accademia della Crusca, indica i termini corretti nella lingua italiana

La pubblicazione è stata voluta dall’associazione di giornaliste Gi.U.Li.A. e sostenuto anche da noi, del Comitato Se non ora, quando? Donne e informazione.
Ma basteranno libri e vocabolari per combattere la discriminazione di genere e l’uso sessista nel linguaggio? Sembrerebbe di no, se si arriva a negare anche l’esistenza della professoressa!