di Giuliana Nuvoli • Il Palazzo dei Congressi, a Verona, ha chiuso i battenti; le camionette della polizia e dei carabinieri si sono allontanate; i turisti sono tornati i signori di piazza dell’Arena. La tre giorni del Congresso delle famiglie ha lasciato strascichi fastidiosi e un profondo senso di disagio. Per molti motivi: una informazione superficiale; una moltitudine di racconti viziati; concetti arbitrariamente deformati; linguaggi impropri, offensivi e inopportuni.
In primo luogo è falso che vi siano state due diverse visioni del mondo e della famiglia a confronto: una delle due parti condannava l’altra, senza alcuna forma di comprensione o di rispetto. Se non sei come me andrai all’Inferno: la diversità non era contemplata. E la zona laica, dove ogni credenza è accettata e dove tutti sono dialoganti alla pari; quella zona laica, che dovrebbe coprire l’intero globo terracqueo, semplicemente non esisteva.
L’ ”Avvenire” ha pubblicato queste parole: “Se la questione famiglia è diventata divisiva […] è evidente che qualcuno ha sbagliato a dosare toni e parole, non ha avuto cura di costruire alleanze di pace ma solo piani di battaglia […] privilegiando scelte oltranziste ed estremiste”. Le scelte oltranziste ed estremiste di cui parla non appartengono solo a questo Congresso: sono un’ombra nera che sta prendendo corpo in modo consistente nei cinque continenti, e con modalità disparate. Due macro-sistemi sono entrati in crisi: il potere patriarcale e il capitalismo. E stanno arrivando i colpi di coda del dragone che muore: velenosi, violenti, disperati. E la disperazione è, non di rado, letale.
A Verona la vera novità è stata la forza del “trans-femminismo”, che ha visto la presenza di attiviste dalla Croazia, dalla Polonia, dall’Argentina, e da altri paesi ancora, che hanno sfilato sabato con almeno 100.000 persone, e che si sono riunite in assemblea domenica, per tirare le somme di tre giorni di dibattiti, in cui ricercatrici da Berlino, Belgrado, Varsavia e Parigi, hanno tenuto panel di discussioni non solo di stampo femminista.
La liberazione del genere femminile (ancora lontana!) è la liberazione di tutti gli oppressi. E saranno le donne a compiere questa trasformazione necessaria per la sopravvivenza del genere umano: e lo dico con serena certezza e senza retorica, ormai da decenni.
I penosi tentativi di chi ha cercato di bollare la manifestazione di sabato come “presenza di femministe pagate” e “turismo organizzato” (parlo del ministro Salvini) non possono intaccare in alcun modo la bellezza e l’intensità di quella festa. C’era un sole caldo e una Verona festante. Dal giorno precedente polizia e carabinieri presidiavano il Palazzo dei Congressi; alle 14 la piazza era stata chiusa per l’arrivo di esponenti di governo e di leader politici. Poco importava: il corteo avrebbe percorso un’altra strada, partendo dalla stazione di Porta Nuova. Eravamo una marea, che si muoveva fra gli applausi e i sorrisi della gente sui marciapiedi; chi era alle finestre cantava e ballava; e bambini, disabili in carrozzina, coppie anziane, studenti dei due sessi, signore composte dal passo deciso seguivano le ragazze (venti? trenta?) variamente dipinte che, danzando, aprivano il corteo.
E il corteo era composto da decine di migliaia di persone che erano società civile, lì, sotto il sole, a difendere i diritti di tutti. Di ogni singolo individuo perché potesse essere ciò che desiderava, nelle modalità che gli erano necessarie e nel territorio di sua appartenenza.
Nel pomeriggio di domenica c’è stato il corteo dei sostenitori del Congresso: molto meno numeroso e certo non altrettanto ben accolto dai cittadini.
E’ questo che conforta: dietro le finestre abbiamo visto una città che pareva svegliarsi dal torpore di provincia benestante, per aprirsi su un mondo dove tutti abbiano spazio e accoglienza.
“Non una di meno. Insieme siam venute, insieme torneremo”. Le donne sapranno cambiare il mondo. Tutte, insieme. Perché tutti possano avere una vita vera, insieme.
Giuliana Nuvoli
Giuliana Nuvoli
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