lunedì 23 novembre 2015

Arabia Saudita: nel paese dove sono vietate le donne anche la poesia è condannata morte

Basta un secondo del vostro tempo: a questo LINK offrite una firma per la vita di Ashraf. O anche qui.
Noi, che come lui siamo vietate, stiamo con il poeta Ashraf Fayadh e invitiamo a sostenerlo con ogni mezzo - incluso rilanciare la campagna #AshrafFayadh promossa su twitter da @MonaKareem.



Si, nessuna esagerazione: ogni donna, in paesi come l'Arabia Saudita o gli Emirati, è una potenziale criminale; così pericolose che non è permesso loro nemmeno denunciare uno stupro. Sarà per questo che le donne vi sono in tutto e per tutto cancellate, censurate, rinchiuse, zittite, imbavagliate, nascoste: insomma: vietate. Così vietate che l'Ikea le dovette perfino cancellare dai propri cataloghi destinati alla sede saudita. E' proibita ogni libertà, sono proibiti i diritti,  e anche la poesia è proibita. Sono invece leciti gli assassini e le torture di Stato, condanne che vengono inflitte con le scuse più ignobili. Dove ogni Bellezza è vietata, perfino essere belli è una colpa imperdonabile: frustate per le donne, se dagli occhi che spuntano dai miseri buchi delle prigioni di stoffa tentano i poveri maschi innocenti, ma anche espulsioni dal paese per gli uomini, se "troppo belli".
Ed è così che un poeta può finire arrestato, frustato e condannato a morte, per la surreale colpa di "non credere in Dio". Ma quale Dio? può esistere un Dio che ispira simili condanne? molto più facilmente esistono uomini (incredibilmente tanti, purtroppo) abitati da demoni al punto di osare scaricare su un Dio la colpa delle loro efferatezze. 
Arrestato nel gennaio 2014, condannato a 4 anni di prigione e 800 frustate, il 17 novembre scorso Ashraf è stato anche condannato a morte con queste accuse: aver promosso l’ateismo con testi inclusi in una sua antologia poetica del 2008, Instructions within; e - ovviamente - relazioni illecite, mancanza di rispetto al Profeta e minaccia alla moralità saudita (e no comment su una moralità che consente condanne come questa).


Bontà sua, la  "giustizia" saudita lascerà la testa sul collo al condannato per almeno 30 giorni: questo il tempo concesso per presentare appello.
Come possiamo definire tutto questo? come, se non terrorismo? legale, ma non meno terrorista di quello illegale.
Il terrorismo islamista, dunque, non è solo l'Isis: ma per esempio un paese ricco e potente, solido "alleato" dell'Italia, grade acquirente di armi italiane (che poi in buona parte finiscono, appunto, all'Isis): l'Arabia Saudita.
Fayadh, (per sua sfortuna) nato qui da genitori palestinesi, ha 35 anni; era tra i curatori della mostra Rhizoma alla Biennale di Venezia, nel gruppo di artisti britannico-saudita Edge of Arabia di cui fa parte.
Stiamo al suo fianco, e non dimentichiamo Raif Badawi - è questo il solo modo di stare al fianco anche di tutti gli Ashraf e i Raif di cui non sapremo mai nulla.  

1 commento:

  1. "La barbarie dell’Arabia Saudita e il silenzio dell’Italia" articolo su La Stampa:
    http://www.lastampa.it/2015/12/03/cultura/opinioni/editoriali/la-barbarie-e-il-silenzio-dellitalia-rlKQa1FTmnk4UpHy9yvVUK/pagina.html

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