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lunedì 22 aprile 2013

Elena Passerini. Lettera aperta agli onorevoli della Segreteria del Pd: perché non vi siete parlati?


Le domande di questa lettera aperta (che a caldo era stata inviata a Bersani), focalizzano un tema centrale nelle relazioni umane e dunque in politica: le modalità di gestire i conflitti. Forse non è un caso che (nel frangente che ha portato i partiti a chiedere a Napolitano di accettare un secondo mandato) l'unica che una telefonata l'abbia tentata sia stata una donna. E notiamo come, il giorno dopo, un'altra donna del Pd abbia definito l'atteggiamento tenuto dal suo stesso partito, contro il nome di Rodotà, "da bambini dell'asilo" (parole testuali di Debora Serracchiani). Non sono questioni di lana caprina ma aspetti concreti da considerare per un modo nuovo modo di far politica. Ecco la lettera:   
Gentili onorevoli,
vorrei proprio capire una cosa che mi pare importante.
Al di là delle polemiche politiche sulla mancata elezione di Prodi e sulla spaccatura, del PD, vorrei una risposta precisa a una domanda molto precisa sul piano dei modi di gestire il conflitto tra le persone, ad esempio tra Bersani e Rodotà, candidato alla Presidenza della Repubblica non vincente.
Chiedo: perchè non vi siete parlati?
Rodotà si è lamentato di non aver ricevuto chiamate dal PD, se non dalla neoeletta Laura Puppato (come a dire: nemmeno lui ci ha provato).

Chiedo: perchè non avete comunicato direttamente con lui, vis a vis?
Se un movimento come il M5S, facilmente attaccabile per molti motivi, ha l'intelligenza o la fortuna di proporre un candidato come Rodotà (che per certo non è "grillino", data l'età se non altro), questo poteva essere visto come simbolo della possibile collaborazione proprio tra M5S e PD (non alleanza: ma collaborazione, per ottenere in pratica alcuni o pochi risultati concreti).

Peccato per la mancata telefonata.
Io non ho il numero di Rodotà e nemmeno voce in capitolo (però ho sempre votato alle primarie), altrimenti lo avrei chiamato 2 volte:
1. una per dirgli perchè il PD non lo voleva/poteva votare (quali ricatti o veti lo impedissero, io non lo posso dire perchè non lo so, ma è evidente che ci sono);
2. una seconda volta - dopo la quarta o quinta fumata nera, per chiedere a lui stesso di ritirarsi in favore di Prodi.
In questo caso forse lo avrebbe fatto, e forse i grillini lo avrebbero accettato se chiesto da lui, visto che erano nella stessa lista "grillina".
Ma aspettarsi che Rodotà lo facesse senza nemmeno chiederglielo, è chiedere troppo a una persona, ed è anche fallire il risultato.
Il fatto è che fare telefonate così significa passare dal "tu devi" all' "io posso".

Bisognerebbe imparare a litigare bene, soprattutto con chi ci è meno lontano, ma questa è una lunga storia...

Buona fortuna e grazie dell'attenzione

Elena Passerini, 22 aprile 2013

domenica 21 aprile 2013

Concita De Gregorio: se Berlusconi ride e Bersani piange

Sono le sei e dieci di sabato pomeriggio quando Berlusconi e Bersani rientrano in aula per essere lì nel momento in cui Laura Boldrini leggerà per la cinquecentoquattresima volta il nome di Napolitano, confine numerico della rielezione.
Berlusconi ride, giù in basso a destra. Bersani piange, in alto a sinistra. 
Applaudono, entrambi felici di essere stati riportati in vita dalla concessione del vecchio Presidente: va bene, se non trovate altro, se proprio non c’è altro modo allora accetto. Alle mie condizioni: per un tempo limitato e con un consenso ampio. Berlusconi esulta circondato dalle sue ragazze elette in Parlamento, perché se fossero passati Prodi o Rodotà sarebbe stato fuori dai giochi, dal governo prossimo venturo, da tutto. Così invece si farà un governo all’antica maniera, che sia del presidente o politico non importa: quello che importa è che Berlusconi sarà lì, protagonista di nuovo, resuscitato ancora. Sarà molto pesante, per giunta, nel nuovo governo perché senza l’appoggio di Sel la delegazione Pdl-Lega avrà anche alla Camera la maggioranza, rispetto al Pd. Amato premier Alfano vice, si dice. O forse Letta-Letta, zio e nipote, coi “saggi” dentro. Il Pdl conterà e deciderà parecchio. Bersani piange di commozione attorniato dai suoi Speranza e Gotor, da Stumpo e da tutto il gruppo dirigente di un partito dissolto in un rivolo di correnti assetate l’una del sangue dell’altra, morto nel minuto esatto di venerdì 19 in cui il fondatore Romano Prodi è stato affondato, dopo essere stato acclamato, da 101 voti occulti in dissenso. Per spregio, per vendetta, per antichi rancori personali e politici. Un segretario e un gruppo dirigente dimissionari, responsabili di una clamorosa serie di fallimenti che hanno lasciato sul selciato di questa corsa al Colle i nomi di anziani e rispettabili leader come Marini, Prodi, indirettamente Rodotà che sarebbe stato presidente se il Pd non avesse deciso di escluderlo per una ripicca ancora oggi inspiegata: doveva telefonare lui per primo, doveva dichiarare di essere uomo del Pd e non solo di Grillo, si sente dire come fosse la storia di un’amicizia contesa tra adolescenti e non invece una vecchia resa dei conti politica che ha origine nel ’92, come vedremo, e che ha sbarrato la strada ad un’alternativa di campo tutta a sinistra: Rodotà, spiega bene Vendola che da oggi con Fabrizio Barca diventa il perno dello spazio a sinistra lasciato sgombro dal Pd, avrebbe «cambiato schema di gioco, avrebbe consentito di fare un governo con le forze di questo parlamento, avrebbe tagliato fuori Berlusconi. Hanno avuto paura, sono tornati indietro invece di andare avanti. Siamo fermi a metà del 900, una restaurazione. Preferiscono governare con Alfano pur di restare vivi. Ma è un’illusione. E’ solo una proroga dell’agonia ».
Una restaurazione. Una proroga. Una scena anni Novanta che si ripete qui, in aula, oggi, mentre nel mondo fuori i circoli del Pd sono in rivolta e le piazze in ebollizione. Una foto in bianco e nero, un fermo immagine con Berlusconi e Bersani nascosti dietro la sagoma grande di Napolitano, chiamato a colmare il vuoto della politica. Nascosti dietro una figura inattaccabile, richiamata in servizio alla soglia dei 90 anni facendo leva sul suo amore per l’Italia: che ha bisogno di stabilità, di un governo, di un credito internazionale. E, ipocritamente, nascosti dietro al fatto che nessuno potrà osare dire una sola parola contro di lui, il Presidente, non una di quelle che avrebbero detto contro di loro. Come i bambini dietro al fratello grande. Salvo che si tratta appunto «di una sconfitta della politica, questo è chiaro», dice Anna Finocchiaro. Di un’ammissione di impotenza. Di un certificato di morte di partiti che non sono stati in grado di dar vita a una maggioranza parlamentare capace di esprimere un presidente prima e un governo poi. Si celebra dunque la fine della democrazia parlamentare, oggi. Dopo il funerale del Pd, le esequie di un sistema «che non rappresenta più né il Paese né se stesso – dice Roberto Morassut, pd – e si va diritti verso il presidenzialismo, sperando almeno che sia fatto con buone regole. L’elezione diretta del capo dello Stato, in effetti, ha ormai solo bisogno di norme che la sottraggano al web». Il Parlamento è impotente, paralizzato, barricato dentro le sue mura.
Sono le sei e dieci del pomeriggio, e i Cinquestelle sono i soli che restano seduti e non applaudono. Vergognatevi, alzatevi, gli gridano da destra – a destra sono in effetti i più entusiasti. Non si vergognano né si alzano. Pippo Civati, che ha votato scheda bianca e che per settimane ha fatto la spola fra i dirigenti Pd e i cinquestelle, dice: «Mi hanno mandato da loro a trattare e poi mi hanno lasciato lì come il soldato Ryan. Nessuno voleva avere notizie. A nessuno interessava niente, dei cinquestelle, in realtà. Volevano solo l’eterno ritorno dell’uguale». Alessia Rotta, neoeletta pd di Verona, dice che «i vecchi del pd hanno fatto come le murene dietro gli scogli, hanno affossato Prodi per i loro calcoli, non hanno voluto Rodotà per la loro sopravvivenza e poi hanno provato a dare la colpa a noi, dicendo che sono i giovani incontrollabili che danno retta al web, quelli eletti dalle primarie, ad aver tradito. Ma non è così, non è vero. Io ho votato Prodi, e poi Napolitano: la resa dei conti è tutta roba loro». Altre schede bianche, nel voto a Napolitano, sono arrivate da Tocci, da Antonio Decaro deputato barese che ha proprio scritto “Bianca”, il nome di sua figlia. Corradino Mineo aveva votato contro già nella riunione mattutina del gruppo, unico no.
Civati era un ragazzino, dice che se lo ricorda di quando nel ’92 Rodotà scrisse un testo durissimo contro la corruzione a Milano, contro i miglioristi del Pci lombardo. Si ricorda che poi, subito dopo, gliela fecero pagare eleggendo alla presidenza della Camera un migliorista del Pci, appunto, e non lui: l’eletto era Giorgio Napolitano. Hanno la memoria lunga, gli eredi del Pci. Racconta Laura Puppato che venerdì mattina è andata nella stanza di Bersani, al piano terra di Montecitorio, a dirgli: per quel che sento dai cinquestelle si può provare a chiedere a Rodotà di ritirarsi di fronte alla candidatura Prodi, lo vuoi chiamare tu, segretario? Bersani ha risposto no, io non lo chiamo, parlaci tu. E così nessuno degli anziani compagni di partito ha chiamato Rodotà, hanno mandato avanti la neoeletta Puppato. «Doveva essere lui a chiederci i voti», dice il “giovane turco” Matteo Orfini. Chiami tu, chiamo io, no chiama lui. Una candidatura naufragata così, le vere ragioni occultate dalle presunte buone maniere.
Una rielezione, questa di Napolitano, che nasce – dice Walter Verini, veltroniano – «dalla Capaci della politica come quella di Scalfaro nel ’92 fu determinata dalla morte di Falcone. Solo che oggi la voragine è qui dentro».
Tutta la manfrina sui nomi “divisivi” non era altro che un modo per occultare – male, tra l’altro – l’incapacità dei tre blocchi usciti dalle elezioni di allearsi alla luce del sole: Pd-Pdl era un inciucio, e così è morto Marini, Pd-Cinquestelle era una resa, e così è morto Rodotà. Prodi è stato ucciso invece per mano del Pd, che ha fatto al tempo stesso harakiri. Si torna ora alle case madri, come da anni invoca D’Alema: un partito nettamente di sinistra che vedrà protagonisti Vendola e Barca, quest’ultimo ieri tardivamente intervenuto a sostegno di Rodotà. E poi il sindaco Emiliano, e i tanti altri che dal Pd in tutta Italia hanno chiesto invano un cambio di passo. «Chiederemo di entrare nell’internazionale socialista», ha detto Vendola. Chiarissimo: saremo la sinistra in Europa. Dall’altra un partito di centro con una lieve propensione a sinistra, con Renzi alla guida. La scissione è ormai alle porte. Chi ieri ha votato “Francesco Guccini”, nell’urna, dice che «non si può andare avanti guardando all’indietro». Dice anche che quando cadono gli equilibristi, al circo, entrano in scena i clown. Ma non c'è niente da ridere, perchè «siamo come funamboli che camminano sulla fune, in bilico sul baratro, e l’idea di restare immobili fermando il film di Napolitano non può funzionare a lungo». Perché, come tutti sanno, quando si è sulla fune a restare immobili si cade. La paura paralizza, poi uccide.
Concita De Gregorio; La Repubblica, 21 aprile 2013

martedì 26 marzo 2013

Fiorella Mannoia a Grillo: non è il momento di vendette

Ho aspettato, ho aspettato di vedere che cosa succedeva, ho lasciato passare un po' di tempo per vedere se, passata l'euforia e lo stordimento del risultato elettorale, si potesse finalmente ragionare sulle sorti del paese con responsabilitá e senso dello Stato. 
Sono convinta che l'avvento di Grillo abbia costretto la sinistra ad affrettarsi a riprendere il suo ruolo, appannato da questi anni di torpore e di appiattimento alle logiche della politica. Ho ripetuto, e lo sostengo ancora, che il successo del M5S non é dovuto ai meriti di Beppe Grillo, che pure ha un grande talento di comunicatore, ma per demerito della sinistra che non ha saputo cogliere il malessere che pervadeva il Paese, incapace di rinnovamento, con scarsa attenzione alla comunicazione dalla quale oggi volente o nolente non si puó prescindere, della perdita di contatto con i cittadini, della sua ambiguitá..
tutte cose che ho giá spegato su queste pagine (anche la presidenza della Camera a Laura Boldrini, non so se sarebbe stata cosí scontata senza questo ciclone che si é abbattuto, ma questo é un mio pensiero).
Per questo sono convinta che tutto questo non puó fare che bene a questo paese che si ritrova ad affrontare temi sopiti come la scuola pubblica, i costi degli armamenti, della politica degli sprechi il conflitto d'interessi, la legge elettorale eccetera.
Detto questo ora è il momento di agire. Il Movimento 5 Selle é andato al governo; "ci vediamo in Parlamento" diceva Grillo, bene, ora ci sei andato! 
Ora che cosa si fa? Si sta a guardare il paese andare a fondo o si dialoga? 
Io penso che sia meglio dialogare con l'unica forza con la quale si può pensare di trovare un accordo che è quella del PD. Almeno per un anno e poi tornare semmai ad elezioni. 
Questo non è tradire il movimento, cari Grillo e Casaleggio, questo è senso della responsabilità che i cittadini hanno riposto nelle vostre mani. Voi troverete divertente vedere il PDL cercare di formare un governissmo con il PD e stare a guardare che cosa succede! 
Noi no. Noi non ridiamo affatto.
I cittadini vogliono che qualcuno si adoperi per risolvere i problemi del paese adesso, anche se si trattasse di scendere a qualche compromesso, non per stare a guardare vederlo affondare per poi dire "vedete che fine hanno fatto? Noi siamo piú bravi". 
No, caro Beppe, mi dispiace ma non sono d'accordo, e ti assicuro che ci sono molte persone che la pensano come me, piú di quante immagini. 
Non è tempo di vendette e soddisfazioni personali. Se pensi che il "tanto peggio, tanto meglio" ti porti ad avere, se si tornasse ad elezioni, il 100% dei voti penso che ti sbagli di grosso, perché tutto l'elettorato di sinistra, che è la percentuale piú alta del tuo, ti volterá le spalle.

E chiarisco ancora meglio.

Se ci fosse stata una situazione chiara di governo, se per esempio il PD fosse stato in grado di governare, avrei capito la decisione del M5S di non appoggiare nessun governo e decidere di valutare di volta in volta l'approvazione delle leggi. Ma la situazione in cui ci troviamo é del tutto ingestibile.
Siamo in uno stallo. Nessuno governa, ad elezioni non si può andare, c'é anche il problema dell'elezione del nuovo Capo dello Stato, e se anche andassimo ad elezioni in questo momento temo che ci ritroveremmo nella stessa situazione in cui ci troviamo oggi.
Allora, visto che non era prevedibile quello che è successo, non sarebbe meglio trovare un compromesso transitorio solo per traghettare il paese a nuove elezioni, magari fra un anno?
Il M5S potrebbe avere il potere di mettere sul piatto il suo programma e obbligare il PD ad affrontare tutto quello che in questi anni non ha fatto. 
Conflitto d'interesse, legge elettorale ecc ecc. E noi avremmo una finestra aperta nei palazzi del potere. Non mi pare che questo ragionamento sia poi cosí folle per il Movimento. O no??? I privilegiati come me possono anche aspettare gli eventi e stare a vedere quello che succede, ma tutta quella fascia di popolazione senza lavoro, senza speranza che cosa fa? Meriterebbero uno sforzo da parte di tutti.


Fonte: Fiorella Mannoia, 25 marzo 2013

sabato 2 marzo 2013

Nuovo Governo Pd-Pdl? Scrive Gioia

Ho una sola cosa da mandare a dire al PD, da donna (certo), e da elettrice del PD, e la ribadisco qui: PD, NON TI AZZARDARE!
Non ti azzardare a propagandare, e ad accettare, questo genere di "consigli".
Che Grillo NON ha mai dato!!  Se Grillo non accetterà nessuna mediazione con il PD, se ne assumerà la responsabilità. E anche dell'aver dato certi "consigli", se li avesse dati, ma non l'ha fatto. Ha invece dimostrato nei fatti di sapere fare alleanze se viene rispettato. Se fosse vero che è disposto a dare fiducia a qualcuno, allora non si vede perché non darla al PD, specie su intenti seri. Questi intenti vanno però discussi, e fra persone che abbiano un minimo di considerazione reciproca.

Magari Bersani accetti dunque qualche consiglio dalla base: faccia un passo indietro all'interno del suo stesso partito, e mandi a trattare con Grillo qualcuno che NON fa parte dell'establishment tradizionale, qualcuno che abbia (già) dimostrato di saper fare politica per servizio. Qualcuno che abbia dimostrato nei fatti di avere nel proprio DNA molti fra i temi che sono cari a Mov 5 Stelle (e ai cittadini): la Puppato, per esempio. 
Puppato chi??? Forse Bersani non sa chi è, ma noi si, e Grillo anche.
Non era lui che l'aveva definita (a suo tempo, certo) "primo sindaco a 5 stelle"?
Ora gli sarà pure antipatica, perché non c'è dubbio che al PD sia fedele; ma intanto lei a sfidare Bersani, per un nuovo modo di far politica, almeno ci aveva provato, candidandosi alle primarie.
E non è, pure, anche una donna?? vorrei ricordare che, con tutte le sue promesse elettorali, e tutti gli allarmi al Grillo "misogino", in quanto a democrazia paritaria il PD è un bel passo indietro ai risultati del Mov. 5 Stelle (dati vostri).

E ribadisco: se non vuoi suicidarti, PD non ti azzardare!! Sul perché e sul percome vi rimando anche qui e qui.

Grazie per l'ospitalità!
Gioia, 2 marzo 2013