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lunedì 22 giugno 2020

Temperatura in Siberia fino a 38°C: il servizio pubblico informi subito sull'emergenza surriscaldamento

Il 18 giugno un gruppo di studiosi ha organizzato un webinar informativo urgente dal titolo: cosa è successo il 29 maggio? Qui si può seguire nella sua versione integrale:




Prendendo spunto dalla catastrofe in Siberia del 29 maggio, il webinar voleva avvisare che quel disastro petrolifero si deve all'accelerarsi dello scioglimento del permafrost, a causa delle temperature che per 3 mesi sono andate ininterrottamente in crescendo, raggiungendo picchi oltre le previsioni più nere. Nel frattempo, in quella che dovrebbe essere la zona più fredda della Terra, a causa del caldo si susseguono roghi e incendi.

Anche il rapporto ambientale ONU del 2019 metteva per l'ennesima volta in guardia sui gravi aumenti delle temperature invernali nell'Artico, il luogo ove il surriscaldamento può scatenare gli esiti più catastrofici proprio a causa dello scioglimento del permafrost. 
Ma questo seminario ha indicato il disastro del 29 maggio come potenziale “paziente1 nel default del Pianeta” anche per altre ragioni, in quanto la grave anomalia di calore potrebbe ora scatenare altri eventi simili in successione: sul permafrost siberiano, infatti, poggiano anche altre centinaia di strutture come quella già crollata. 
Solo due giorni dopo questo webinar, il 20 giugno, la temperatura in Siberia, che ormai in ampie zone era già sui 30-35°C, a Verkhoyansk è salita addirittura a 38°C. Un luogo ad alte escursioni termiche nel nord della Siberia, nella valle dello Yana, in cui, forse è meglio dirlo, le temperature possono scendere in inverno fino a -70°, mentre a luglio la media può attestarsi a +17°C. Normalmente. Ma è ancora giugno, e se siamo già a +38°C, non è normale affatto.


Questo precipitare di eventi non accade "in Siberia" ma qui, sull'organismo unico "pianeta" sovraffollato da noi umani, e ci riguarda molto da vicino qui e ora: in Italia. Avrà conseguenze dirette su tutti, e rapidamente; altrettanto rapidamente, quindi, serve una vera svolta nel servizio pubblico, che ha il dovere di mettere in primo piano l'emergenza climatica come un fatto che sta precipitando e alla cui soluzione tutti dobbiamo concorrere con urgenza.


Tocca ai legislatori prendere subito iniziative concrete e sempre più drastiche. Ma intanto, senza perdere tempo, il servizio pubblico deve agire esattamente come è già stato fatto per il Covid19: deve spiegare il pericolo che si sta correndo, deve dare il bollettino quotidiano delle temperature in Siberia e delle medie del pianeta, deve diramare informazioni precise sui comportamenti individuali urgenti da tenere per ridurre il surriscaldamento, subito.

Per maggiore informazione riportiamo di seguito anche alcuni estratti da quanto scritto ieri dal noto climatologo Luca Mercalli su Il Fatto quotidiano. Qui Mercalli, notando che, benché in Siberia si siano raggiunti i  38 gradi, e il solstizio d'estate non appaia da noi particolarmente caldo, spiega perché è proprio "il Mediterraneo l’hotspot più grave":

(...).  Assai colpito il Piemonte: lunedì 15 giugno in serata nubifragio di insolita violenza a Nord di Torino, 81 mm di pioggia e grandine a Venaria, di nuovo allagati gli edifici di San Mauro Torinese già evacuati l’8 giugno. Martedì sera 10 cm di grandine sulle strade di Suno (Novara), mercoledì pomeriggio allagamenti a Torino-Sud (in città per ora sono caduti 215 mm in giugno, il doppio del normale) e giovedì sera grandine come uova ha distrutto i frutteti del Saluzzese (Cuneo). Intensi rovesci con allagamenti anche nel Senese martedì, in Lucchesia mercoledì e nell’Udinese giovedì. Il Cnr-Isac comunica che maggio 2020 è stato “solo” il quindicesimo più caldo in due secoli in Italia (anomalia +1,1 °C), ma il periodo gennaio-maggio è da record nella serie dal 1800 (+1,3 °C) per la straordinaria persistenza di temperature sopra media. 
Il lockdown per il Covid-19 ha migliorato la qualità dell’aria, anche se per poche settimane. Lo indica un’indagine nel quadro del progetto “PrepAir” a cui hanno partecipato le Arpa di tutte le regioni padane. I modelli al calcolatore dicono che, a parità di condizioni meteo, rispetto a una situazione senza restrizioni al Nord Italia le concentrazioni di ossidi di azoto a fine marzo erano dimezzate, in quanto direttamente legate al traffico che si è ridotto anche dell’80% nel caso dei veicoli leggeri. 
Invece le polveri sottili sono calate meno (15-30%) perché vi contribuisce soprattutto il riscaldamento degli edifici, invariato. 
Ma è importante ricordare che alle polveri sottili contribuiscono anche gli allevamenti intensivi in modo determinante: pari a quello del traffico e superiore a quello dell'industria. Un apporto più che rilevante (noto da tempo), che è rimasto invariato anche durante il lockdown. Aggiungiamo anche che resta invariato, e cioè in crescita, il consumo di carne: con il relativo sistema produttivo che incide sul riscaldamento globale addirittura come seconda causa, dopo energia e riscaldamento. Causa importantissima che tuttavia viene inspiegabilmente ancora trascurata dalle azioni per il GreenNewDeal e nelle priorità di investimento. Al punto che gli allevamenti intensivi non vengono nemmeno citati nel documento dell'ASviS del 20 maggio 2020, "Per un pacchetto di investimenti a favore dello sviluppo sostenibile delle città e dei territori".  

L'articolo di Mercalli fornisce poi i dati per comprendere come lo sconvolgimento stia colpendo tutte le aree del mondo, e conclude spiegando come proprio l'Italia, trovandosi nel Mediterraneo, si venga a trovare fra le zone del mondo più a rischio:
Il Mediterraneo è tra le zone al mondo che sono e saranno più colpite dai cambiamenti climatici, ed entro fine secolo le preziose piogge invernali potranno ridursi anche del 40% dalla Turchia al Nord Africa. Nell’articolo Why Is the Mediterranean a Climate Change Hot Spot? sul Journal of Climate, Alexandre Tuel e Elfatih Eltahir del Massachusetts Institute of Technology dimostrano come questa tendenza sia l’effetto di cambiamenti nella circolazione atmosferica e nella temperatura del mare a seguito del riscaldamento planetario, con sviluppo di alte pressioni più forti. Così, aree che già ora hanno una società e un’economia tra le più instabili del pianeta, diverranno ancora più povere e conflittuali per il tracollo dell’agricoltura.
Un rischio che, come si può comprendere, per l'Italia non è solo climatico, ma anche di grave intensificarsi di ondate migratorie, per l'avanzare del deserto e l'accentuarsi di povertà e fame da cui sempre più grandi masse di persone si troveranno a dover fuggire.

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