martedì 27 settembre 2016

Lesbiche contro l'utero in affitto: nessun regolamento sul corpo delle donne

Questo è un testo contro i regolamenti volti a introdurre la GPA [utero in affitto, ndr], invocati da più parti specialmente nella sinistra. Non è un testo proibizionista, ma è contrario ai contratti e agli scambi di denaro per comprare e vendere esseri umani.


Scambi ora illegali in Italia, perché il contratto non è valido (non per la proibizione della legge 40, è una questione di molto più lunga data). Questa presa di posizione è necessaria, in un momento in cui l'intero movimento gay lesbico e trans sembra militare sotto le bandiere del presunto "dono" dovuto alla grande generosità femminile, e avallare così il commercio di bambini. 

Lesbiche contro la GPA: Nessun regolamento sul corpo delle donne 
La maternità surrogata, detta gestazione per altri (GPA), praticata in alcuni paesi, è la messa a disposizione del corpo di una donna che genera bambini su commissione. 
Solitamente si impiantano nell’utero delle madri surrogate embrioni di ovociti prelevati da altre donne, al fine di recidere il legame genetico tra la gestante e chi nascerà. Chi organizza questa attività spera così di recidere anche il legame affettivo tra madre surrogata e neonato/a, come se il legame dipendesse dal codice genetico e non dalla gravidanza e dal parto. Si tratta di metodiche invasive e pericolose per la salute materna su cui si sorvola, così come si tace del fatto che di norma si impedisce l’allattamento al seno del/neonato/a per interrompere l’attaccamento. 
Lungi dall’essere un generoso gesto individuale questa pratica sociale è limitata ai pochi paesi che hanno introdotto la validità del contratto di surrogazione, proposto da imprese che si occupano di riproduzione umana in un sistema organizzato che comprende cliniche, medici, avvocati, agenzie, tutti mossi dal proprio interesse monetario. Nella maternità surrogata non ci sono né doni né donatrici, ma solo affari e attività lucrative promosse dal desiderio genitoriale di persone del primo mondo. 



Questo sistema ha bisogno di donne come mezzi di produzione, in modo che la gravidanza e il parto diventino un mestiere (nemmeno riconosciuto come tale, in nessun luogo) e i neonati dei prodotti con un valore di scambio. 


L’invasione del mercato in tutti gli ambiti della vita - sanità, istruzione, servizi una volta detti pubblici - con la globalizzazione rischia così di arrivare alla riproduzione umana
Diciamo no a prestazioni lavorative che invadono il nostro stesso corpo e mercificano un nuovo essere umano, che diventa il prodotto della gravidanza. 


Certe donne acconsentono a impegnarsi in tale contratto che aliena la loro salute, la loro vita e la loro persona (ad esempio attribuendo la decisione su eventuali aborti al medico che risponde ai committenti) sotto pressioni multiple: i rapporti di dominazione famigliari, sessisti, economici, geopolitici, e la sempreverde mistica della maternità - questa volta per altri - con la glorificazione dell’autosacrificio femminile, che rende felici i committenti - molto più spesso eterosessuali, in minore proporzione gay. 
Le madri surrogate infatti privilegiano il proprio rapporto con i committenti a quello con la loro creatura, rimanendo comunque prive di diritti rispetto alla frequentazione o all’informazione sul futuro dei figli che hanno affidato ad altri. 
Non è accettabile diventare madre per altri obbligate da un contratto né seguendo le norme di regolamenti che normalizzano questa pratica avendo come conseguenza ultima la creazione di una sottoclasse di fattrici, che non possono considerare propria la creatura il cui sviluppo nutrono, anche con l’influenza epigenetica. 



I neonati nati da contratto sono programmati per essere separati dalla madre alla nascita, non per cause di forza maggiore come quando la madre viene a mancare o decide di non riconoscerli causandone la messa in adozione, ma in modo predeterminato, togliendo loro la fonte ottimale di nutrimento e interrompendo la loro relazione privilegiata con la donna che li ha generati, fonte anche di rassicurazione. 
Le convenzioni internazionali come la Convenzione ONU sui diritti del bambino (Stoccolma 1989) e la Convenzione sull’adozione internazionale (l’Aja 1993) garantiscono la continuità della vita familiare, cioè il diritto dell’infante a stare con la donna che lo ha partorito (cioè la madre), cui si può derogare solo nelle adozioni. La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla biomedicina (Oviedo 1997) rende inoltre indisponibili al profitto le parti prelevate del corpo umano, come ad esempio gli ovociti. 

Di conseguenza, in nome dell’autodeterminazione delle donne e dei diritti dei neonati, noi, firmatarie della dichiarazione: 
RIFIUTIAMO:
• la mercificazione delle capacità riproduttive delle donne;
• la mercificazione dei bambini;
CHIEDIAMO A TUTTI I PAESI:
di mantenere la norma di elementare buon senso per cui la madre legale è colei che ha partorito e non la firmataria di un contratto né l’origine dell’ovocita;
• di rispettare le convenzioni internazionali per la protezione dei diritti umani e del bambino di cui sono firmatari e di opporsi fermamente a tutte le forme di legalizzazione della maternità surrogata sul piano nazionale e internazionale, abolendo le (poche) leggi che l’hanno introdotta.

[Vi ricordiamo, in tema, anche la Carta per l'abolizione della maternità surrogata, che potete firmare qui; promossa dalle associazioni femministe francesi che trovate qui; ndr] 

Le prime 50 firme: Lorenza Accorsi (attivista e disegnatrice di architettura e arredamento); Claudia Barilla (La Porta); Edda Billi (lesbofemminista); Svetlana Blokhina (ingegnera); M. Pia Brancadori (docente di filosofia, Cagliari); Cinzia Bucchioni (bibliotecaria); Giovanna Camertoni (operatrice Centro antiviolenza); Paola Cavallin (autrice e attrice di Solo queer shows); Alessandra Cenni (scrittrice); Anna Chiodi (pediatra di famiglia, attivista Arcilesbica); Lucilla Ciambotti (fisioterapista); Antonia Ciavarella (bibliotecaria e attivista); Yvette Corincigh (attivista); Ana Cuenca (La Porta); Eleonora Dall’Ovo (insegnante e giornalista di Radio Popolare); Daniela Danna (ricercatrice in scienze sociali); Teresa de Lauretis (Distinguished Professor of the History of Consciousness, University of California, Santa Cruz www.teresadelauretis.com); Amalia dell’Aquila (naturopata e insegnante di danza ); Rosaria D’Emilio (insegnante); Sabrina Di Lenardo (educatrice); Silvia Dradi (responsabile Comunità di accoglienza minori); Gloria Fenzi (danzattrice); Flavia Franceschini (femminista e attivista lesbica); Raffaella Gallerati (femminista); Lucia Giansiracusa (attivista); Cristina Gramolini (insegnante e attivista); Jacqueline Julien (Bagdam Espace lesbien, Toulouse, Francia); La Carlina (Carla Benvenuti, lesbostar); Lucy Lanfranconi (impiegata); Rosa Maria Lettieri (imprenditrice); Satia Marchese Daelli (consulente direzionale responsabilità sociale d'impresa); Carmela Mendola (medico); Cristina Moretti (attivista); Alessandra Novelli (Prato); Rosanna Palla (manager artistica/pubblicitaria, attivista femminista); Mariagrazia Pecoraro (insegnante e artista); Daniela Pellegrini (60 anni di impegno politico nel movimento delle donne); Marcella Pirrone (avvocata); Chantal Podio (psicoterapeuta, responsabile progetto “Uomini non più violenti si diventa”); Francesca Polo (editrice e attivista di ArciLesbica); Valeria Santini, project & event manager e attivista di Azione Gay e Lesbica); Simonetta Spinelli (insegnante in pensione (militante lesbo-femminista); Annarita Silingardi (commerciante); Anna Maria Socci (redattrice giuridica); Mafalda Stasi (sociologa, Università di Coventry); Maria Elisabetta Vendemia (insegnante); Luisa Vicinelli (libera ricercatrice di studi delle donne); Stella Zaltieri Pirola (attivista); Anna Zani (bibliotecaria); e Tu? 
Sostengono l’iniziativaAurelio Mancuso (giornalista e blogger, presidente Equality Italia); Gianpaolo Silvestri (fondatore di Arcigay, ex senatore dei Verdi). Inoltre, fra alcune femministe di fama internazionale: Silvia Federici, attivista femminista e Emerita presso l’Hofsra University, New York; Ariel Salleh (scrittrice ed attivista femminista, Sydney University); Barbara Katz Rothman (autrice di studi sulla maternità, City University of New York); Silvia Federici (Italian American scholar, teacher, and activist from the radical autonomistfeminist Marxist tradition). 
Contatti stampaDaniela Danna, 3405398566 [autrice di Contract Children, Questioning Surrogacy (Ibidem, Stoccarda, 2015 - e di molti altri lavori: Amiche compagne amanti. Storia dell’amore tra donne (Mondadori 1994), Stato di Famiglia. Le donne maltrattate di fronte alle istituzioni (Ediesse 2009), curatrice di Crescere in famiglie omogenitoriali (FrancoAngeli 2009)].

mercoledì 21 settembre 2016

22 settembre: con le guardiane della Terra in piazza! denunciamo l'assenza di politiche ambientali per la salute

Proprio il 22 settembre 2016, la data scelta dal governo per celebrare il maldestro Fertility Day su cui già molto si è detto, eventi di controinformazione e di protesta Fertility Fake denunceranno come l'impianto del Piano Nazionale per la Fertilità trascuri platealmente i veri contenuti da considerare quando si parla di fertilità, a partire dalla salute e dalle condizioni ambientali, oltre che da quelle sociali.

La denuncia del #FertilityFake non si limita a contestare, ma pone sul piatto i contenuti ineludibili, quelli su cui, appunto, il Fertility Day invece glissava. Le Guardiane della Terra sono donne al lavoro sulla salute delle donne e della Terra, e su welfare, reddito, equità di genere: siamo le donne che ovunque combattono per la giustizia climatica; siamo le donne che chiedono un Piano di Emergenza Nazionale (e internazionale) per l'ambiente; siamo le donne che aderiscono alla Campagna Nazionale Guardiane della Terra - la salute delle donne è il futuro del pianeta, lanciata da oltre 50 realtà associative tra comitati territoriali, organizzazioni ecologiste, società scientifiche e istituti di ricerca; e saremo in piazza, il 22 settembre e nei prossimi mesi (cliccate QUI per tenerVi in contatto e organizzare) con lo slogan #siamoinattesa. Come dice Marica Di Pierri, presidente del CDCA (Centro di documentazione sui conflitti ambientali): siamo in attesa! Non ancora di figli, ma ancora in attesa di bonifiche, reddito, welfare, asili nido, lavoro, diritti.

Sia il Manifesto per la Salute delle Donne lanciato dalla Ministra Lorenzin nella 1° Giornata Nazionale per la Salute delle Donne (celebrata lo scorso 22 aprile), sia l'infelice idea del Fertility Day testimoniano l'assenza di ogni attenzione per la prevenzione primaria, tesa all'eliminazione alla fonte delle cause delle malattie. Per questo le guardiane della Terra, denunciando il vuoto, nelle politiche ministeriali a tutela della salute femminile e riproduttiva, di ogni cenno alle tematiche ambientali, contrappongono un altro manifesto per la salute delle donne, chiedendo al governo, e alle istituzioni preposte, di cambiare rotta.


E' un'emergenza rivelata da una miriade di dati; quali l'80% in più di tumori al collo dell'utero a Taranto rispetto alla media di riferimento; aumento della abortività spontanea correlata a inquinamento atmosferico, PM10 e ozono; perdita di 13 milioni di punti di quoziente intellettivo in Europa a causa dell'esposizione del feto a pesticidi; perdita, tra il 2004 e il 2013, di ben 10 anni di vita in salute per le donne italiane (e di 7 per gli uomini).


Patrizia Gentilini è oncologa membro del Comitato Scientifico di ISDE Italia (Associazione medici per l'ambiente): La contaminazione ambientale è ormai un'emergenza nazionale che compromette non solo la salute riproduttiva ma anche la salute complessiva della popolazione e delle future generazioni. Se non interveniamo tempestivamente sulle cause delle malattie (come cancro, patologie ormonali, abortività spontanea, infertilità, autismo, diabete, obesità etc), se non si migliora la qualità dell'aria, dell'acqua e del cibo, riducendo  l'esposizione a veleni come metalli pesanti, diossina, pcb, particolato ultrafine, si rischia di condannare all'inefficacia ogni politica di salute pubblica.

Laura Greco è Presidente di A Sud, associazione per la cooperazione e il riequilibrio fra il Nord e il Sud del mondo: Mentre da un lato cresce l'attenzione della popolazione e delle comunità locali - a partire da quelle impattate - riguardo ai determinanti ambientali della salute, le politiche governative vanno in tutt'altra direzione e bonifiche e tutela ambientale sono fanalino di coda nella lista delle priorità di governo.

Marzia Caccioppoli, è presidente dell'associazione Noi Genitori di Tutti, che riunisce i genitori che hanno perso i propri figli per tumori connessi alla contaminazioni ambientale: La Terra dei Fuochi ha dimostrato che la contaminazione ambientale provoca malattie gravi, infertilità e patologie tumorali che colpiscono sempre di più i bambini. In Campania, regione con la popolazione più giovane d'Italia, i tagli alla sanità sono enormi. Non solo manca la prevenzione primaria, che è fondamentale, ma anche le possibilità di curarsi. E la Campania è solo la punta dell'iceberg dell'emergenza ambientale diffusa in tutto il paese.




Le mobilitazioni di piazza del 22 settembre 2016 non sono che le prime azioni di una campagna che intende promuovere azioni di pressione istituzionale e di visibilità, portando avanti proposte concrete come la chiusura di fonti contaminanti, bonifiche di territori inquinati, istituzione di meccanismi di partecipazione popolare alle politiche ambientali, riforma del sistema di monitoraggi ambientali e sanitari, al fine di renderli davvero terzi e efficaci. E' una #FertilityIdea permanente: contenuti per riempire il vuoto del #FertilityDay.

giovedì 15 settembre 2016

Melito: cultura mafiosa e violenza di genere sono legate

Cultura mafiosa e violenza di genere sono fortemente legate [vedi anche "il gioco dello stupro e dell'omertà"]. Ci sono storie che si ripetono, lo spiega la deputata Celeste Costantino, nata a Melito per caso, e cresciuta a Reggio Calabria: "E siamo a tre! Questa vicenda si inscrive in una situazione particolare che è quella di un territorio fortemente compromesso con la ndrangheta ed è necessario che intervenga la commissione antimafia. C'è la violenza di genere, quella subita da una giovanissima ragazza in un contesto mafioso che ricorda la vicenda di Anna Maria Scarfò e di un'altra ragazza a Pimonte (Campania). Storie di violenze che si somigliano e si ripetono in contesti di ndrangheta e camorra e per questo andrebbe fatta una riflessione approfondita. Dobbiamo anche farci carico della dimensione del sequestro della propria libertà che vivono i cittadini di Melito e tutti quelli che vivono nei contesti di mafiosi, per renderli liberi"Anna Maria Scarfò come la ragazza di Pimonte e quella di Melito. A  13 anni  si innamora di un ragazzo che le promette amore ma la attira in una trappola facendola finire in una spirale di violenze di un gruppo di giovani legati alla ndrangheta. Va avanti tutto per tre anni ma quando Anna Maria capisce che i suoi aggressori stanno prendendo di mira la sorellina, rompe il silenzio e denuncia le violenze. Seguono insulti della comunità dove vive, l'ostracismo, le minacce ma lei non molla. Oggi vive sotto protezione insieme alla sorella che ha salvato, ed ha scritto Malanova insieme alla giornalista Cristina Zagaria.
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Celeste Costantino deputata Sel
Eppure sia a Melito che a Taurianova che a Pimonte è stato possibile che ragazze vittime di violenza svelassero le violenze e ricevessero aiuto nonostante le minacce e il contesto mafioso. I dati della violenza contro le donne comunque ci parlano di un fenomeno trasversale. In Italia, secondo l'Istat, le donne che prima dei sedici anni hanno subito violenza sessuale sono 2milioni 284mila e di queste, quasi 200mila hanno subito stupro e circa 650mila sono state costrette a toccare le parti intime dell'aggressore e 2milioni e 154mila hanno subito palpeggiamenti e altre molestie. Il problema è far emergere il problema; perché confrontando i dati delle ricerche Istat con le denunce si capisce che il fenomeno è ancora sommerso.
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Melito di Porto Salvo - Stazione
Dopo la denuncia di stupro della giovane di Melito, la Regione Calabria ha indetto per il 21 ottobre prossimo una  manifestazione nazionale contro la violenza sule donne; da parte del movimento delle donne c'è una  forte  adesione e si stanno organizzando pullmann da diverse regioni italiane. Matteo Renzi ad Uno Mattina ha definito finalmente la violenza maschile contro le donne un problema nazionale, un problema di tutti e non solo del mondo femminile: le donne di D.i.Re chiedono che quelle parole si trasformino in atti politici e amministrativi e che non cali più il sipario del silenzio sul fenomeno come accaduto troppe volte una volta spento il clamore dei media.
Oggi Maria Elena Boschi, ministra per le Riforme con delega per le Pari Opportunità, ha incontrato in prefettura, a Reggio Calabria, alcune associazioni legate all'Arcidiocesi che si occupano anche di violenza contro le donne. Ed è un peccato che all'incontro non siano state invitate le donne di altri centri antiviolenza calabresi tra cui quelle del centro anti-violenza Roberta Lanzino di Cosenza che ha intenzione di costituirsi parte civile nel processo contro gli uomini arrestati con l'accusa di violenza sessuale. Da mesi  le attiviste cosentine erano in contatto con le donne della Fidapa di Melito che avevano chiesto aiuto   per l'apertura di uno sportello antiviolenza [vedi anche la citazione che, a queste attiviste, fa  qui Titti Di Salvo nella lettera alla Ministra Boschi, ndr].


Antonella Veltri, presidente del Roberta Lanzino confida che dopo la manifestazione del 21 ottobre  seguano azioni efficaci " non basta l'eco mediatico,  abbiamo chiesto  al presidente della Regione Calabria di fare una mappatura dei centri antiviolenza in modo da rendere chiari i criteri di assegnazione dei  fondi della legge regionale 20 e quelli della legge 119 e di implementare i progetti di contrasto alla violenza di genere". 
Ben venga quindi la manifestazione del 21 ottobre, ma poi è importante che seguano interventi adeguati: contrasto alla criminalità organizzata,  cultura della legalità, mappatura e rafforzamento dei centri antiviolenza ma anche progetti contro la violenza di genere per contrastarla e capire che cos'è. Ieri l'arcivescovo di Reggio Calabria, monsignor Fiorini Morosini ha puntato il dito contro una concezione troppo edonistica della sessualità. Se si confonde la misoginia e lo stupro con una qualche attività ludica vuol dire che c'è molto da fare ancora. [Pubblicato anche su Il porto delle nuvole]
@nadiesdaa

mercoledì 14 settembre 2016

I social, Tiziana Cantone e l'errore umano

Ennesimo linciaggio mediatico di una donna, che viene perseguitata a morte: Tiziana non ce l'ha fatta e si è uccisa. Non si può non notare che, mentre lei si uccide, su Facebook (che nulla ha fatto e nulla fa per censurare i misogini e i violenti) è viva la querelle per la censura implacabile contro una celeberrima foto di guerra, forse la più straziante e famosa foto che esista contro le guerre. Perché? bè, ragazzina-nuda-che-brucia-al-napalm, sarà scattato l'algoritmo anti porno e anti pedofilia! what else? Ma, contemporaneamente, esattamente come avvenuto durante la lunga persecuzione del branco scatenato sul web (non solo su fb ma su tante altre piattaforme) Facebook ancora non ferma gli oltraggi a Tiziana Cantone. Nemmeno dopo la sua tragica morte per suicidio causata dall'efficace e reiterato linciaggio mediatico. Che continua. Mentalità violenta, misoginia, mascolinità tossica? macché. Contro questi contenuti l'algoritmo non scatta.
E' l'errore umano, bellezza.

Il solo fatto che possa esistere un sito deputato a distruggere qualcuno per vendetta è folle.
Il fatto poi che tale sito, fondandosi su vendette pornografiche, abbia come ovvia conseguenza di distruggere prevalentemente (se non quasi esclusivamente) donne, è l'incarnazione mediatica dell'odio contro il genere femminile.  Il ripetersi di suicidi che ne derivano (l'ultimo dei quali, appunto, quello di Tiziana) non riesce a impedire tutto questo e, anzi, scatena l'odore del sangue. Non paghi, gli odiatori di donne vanno in delirio vomitando commenti pieni di scherno e di violenza agli articoli che parlano delle vittime, e addirittura creano pagine Facebook dedicate alle stesse attività contro le ragazze appena uccise. Perché questo sono: non morte accidentalmente, ma condotte al suicidio.
Per algoritmi; per errori umani; per complicità e scaricabarili.
Non sono altro che nuove pagine che si aggiungono alle migliaia di pagine Facebook esplicitamente deputate alla misogina; fenomeno che viene ben spiegato a questo LINK..
Facebook e gli altri social se ne facciano una ragione: i mezzi per inventare algoritmi migliori, e controlli umani più efficienti, li hanno; gestire in questo modo la violenza rappresenta una scelta. 

lunedì 12 settembre 2016

Ministra Maria Elena Boschi: chiediamo la sua presenza al più presto a Melito di Porto Salvo

Ministra Boschi, vada a Melito di Porto Salvo il prima possibile. Nel paese italiano dove una ragazza di 16 anni, di 1 metro e 55 per 40 chili, è stata violentata da un branco di 9 giovani maschi fin da quando era una bambina di 13. Lei è appena stata a Milano, al Tempo delle Donne, a dire che delle donne le importa, che farà fruttare a vantaggio di tutte la delega al Ministero delle Pari Opportunità. Allora adesso vada a Melito di Porto Salvo, dove fra gli stupratori c’erano il figlio di un maresciallo e il fratello di un poliziotto, oltre al figlio di un uomo di cui tutti in paese hanno molta paura. 


Le donne della Fidapa di Melito (artiste, professioniste, imprenditrici) preoccupate per il clima di violenza e intimidazione, pochi mesi fa hanno convocato le operatrici del Centro Antiviolenza Roberta Lanzino di Cosenza per un corso di formazione, volendo aprire al più presto uno sportello di ascolto e sostegno alle donne. Anche la scuola ha fatto il suo dovere, accorgendosi della tragedia che accadeva alla ragazzina violentata dal branco, a ascoltarla, a crederle, a denunciare [e anche le forze dell'ordine, ndr].


Eppure queste cittadine e questi cittadini ora rischiano l’isolamento. Il sindaco insulta i giornalisti, il parroco consiglia di tacere, e viene biasimata da molti una fiaccolata di solidarietà con la bambina stuprata cui hanno partecipato 1000 persone [secondo La Stampa, in verità, erano 400, e secondo il Corriere erano addirittura solo 100, ndr], molte venute dal resto della Calabria. 
Questi orrori succedono dappertutto, non solo a Melito. Qualche anno fa, nel 2007, a Montalto di Castro, c’è stata una vicenda simile e il paese ha difeso gli stupratori invece della ragazza stuprata. A Melito la delegittimazione della denuncia non è solo sessuale: c’è chi ha interesse a mantenere i cittadini di questo territorio sotto il tallone della criminalità. 
Ma se lei va a Melito di Porto Salvo le cittadine e i cittadini che hanno a cuore la legalità, quelli che sono inorriditi dell’accaduto, che sospettano non si tratti di un caso isolato, avranno il coraggio di uscire di casa per venire ad ascoltarla. Le attiviste, le associazioni, le femministe, le donne dei Centri Antiviolenza come noi saranno tutte con lei. Titti di Salvo (Presidente di D.i.Re, Rete nazionale dei Centri Antiviolenza)


domenica 11 settembre 2016

Il gioco dello stupro e dell'omertà

A Melito di Porto Salvo, 400 persone hanno portato la loro solidarietà alla ragazzina stuprata dal branco per 3 anni, con una fiaccolata. Se fossero stati tutti di Melito, che conta 14.000 residenti, quei 400 sarebbero il 2,8%.  Ma, in buona parte, vengono da fuori; dunque sono ancora meno. 




Dov’era il 98-99% degli abitanti di Melito? Forse ha avuto paura? o aveva altro da fare? oppure è d’accordo? D’accordo con questa mentalità, con questa sporcizia, con questa puzza insopportabile?
Avete presente quelli che, indifferenti a ogni sopruso sulle ragazze dei racket, scrollano le spalle borbottando che la prostituzione è il mestiere più antico del mondo? Sono gli stessi del maschio è cacciatore; sono gli stessi del quandu a fimmana camina e abbatti l'anca, se buttana non è, pocu 'nci mancaE delle frasi raccolte (anche) a Melito di Porto Salvo:
1. se l’è cercata
2. ci dispiace per la famiglia, ma non doveva mettersi in quella situazione
3. era una ragazza un po’ movimentata
4. non sa stare al posto suo
5. non è un caso isolato. C’è molta prostituzione in paese.

Melito di Porto Salvo; inizia la partita
si preparino le squadre: puttanella-13enne contro bravi-ragazzi.

puttanella-13enne: la squadra ha 1 giocatore, e gioca fuori casa
bravi-ragazzi: la squadra ha 9 giocatori, svariati allenatori e sponsor, e gioca in casa.

La prima partita dura 2 anni
Lei ha 13 anni e pesa 40 kg. 
Inizio dei giochi: la bambina è con Davide, che crede il suo fidanzato; ora della prova d’amore! ma poi: «questo suo amico si mette dove era prima Davide, cioè sopra di me. Però io faccio di tutto per andarmene perché non volevo e mi ero già rivestita. Così Davide ha aiutato questo suo amico a riscendermi i pantaloni. E con questo Lorenzo abbiamo avuto un rapporto, ma proprio un attimo, perché non stavo ferma, dopo di che hanno iniziato ad insultarmi…». Pian piano i pantaloni glieli riscende tutta la squadra bravi-ragazzi, a turno o in compagnia. 


Vanno a prenderla all’uscita della scuola (la media Corrado Alvaro, proprio davanti ai Carabinieri), e la portano in qualche posticino; lì la tengono ferma per i polsi, e la violentano finché gli pare; poi la obbligano a riordinare e a rifare il letto (che aveva la coperta rosa), e intanto la insultano. Si voi vidiri un masculu valenti, mentici na fimmina davanti. E tutti fanno del loro meglio.
La bambina cade in uno stato di ansia costante; non mangia più; si taglia le braccia, spesso manca da scuola. Stuprata, fotografata, ricattata, e minacciata; non da “ragazzi”, ma dalla vendetta di ‘ndrangeta, la ragazza finisce in un vicolo cieco, dove nessuno le chiede come va. Nessuno fa una piega.
Anzi no, dopo 2 anni di questa vita un ragazzo che le viene in aiuto c’è; forse inizia a volerle bene, e comunque a sottrarla alla routine; e finisce violentemente pestato, come si merita un ladro; la refurtiva viene riportata a casa e rimessa al posto suo
E poi c’è una insegnante, che decide di non stare zitta. Alla fine anche il padre si decide a prendere posizione, e viene allo scoperto per difendere la figlia.

La seconda partita  
La seconda partita dura il tempo delle indagini; stesse squadre, più quella degli inquirenti; i terzi incomodi. Giocatori di punta della squadra bravi-ragazzi: Davide, fratello di un poliziotto, con il suo amico Lorenzo, che si aiutano fraternamente nel darsi il cambio nel primo stupro di gruppo; Giovanni, «figlio del capo di una cosca di ’ndrangheta locale». Antonio, figlio di un maresciallo dell’esercito. Poi PasqualeBenedettoDanieleMicheleDomenico Mario, e un certo G.GCome i giocatori della storica squadra bravi-ragazzi-del-massacro-del-Circeo: nel loro piccolo mondo, a modo loro, sono rampolli della buona società. Fra gli allenatori: il fratello di Davide (poliziotto), che lo istruisce: «Quando ti chiamano, tu vai e dici: non ricordo nulla! Non devi dire niente! Nooooo Davide, non fare lo stortu. Non devi parlare. Dici: guardate, la verità, non mi ricordo. E come fai a non ricordare? Devi dire: sono stato con tante ragazze, non mi ricordo!» (da intercettazione) 
Le prove portano a incriminare tutti, per uno o tutti i seguenti reati: violenza sessuale di gruppo aggravata, atti sessuali con minorenne, detenzione di materiale pedo-pornografico, violenza privata, atti persecutori, lesioni personali aggravate, favoreggiamento personale.
Lei ha 15 anni e pesa ancora 40 kg.

La semifinale
Una signora intervistata per strada: «Sono vicina alle famiglie dei figli maschi. Per come si vestono, certe ragazze se la vanno a cercare» (servizio di Giusy Utano, TGR Calabria). 
Il sindaco Giuseppe Meduri (parlando del servizio al TG) «Certe ricostruzioni uscite sul servizio pubblico ci hanno offesi» (ma è quello che ha detto la passante omertosa, o il fatto di farlo emergere, che offende?).
Il parroco Domenico De Biase: «Sono tutte vittime, anche i ragazzi. E poi, io credo che certe volte il silenzio sia la risposta più eloquente». 
Il preside Anastasi: «Una situazione squallida, ma all’omertà non ci credo»
Il preside Sclapari: «La scuola non c’entra, ognuno deve pensare alla sua famiglia»
Ma cosa dobbiamo intendere, che i panni sporchi si lavano in famiglia?
Il procuratore capo di Reggio Calabria dice: «Anche i genitori [anche se per paura, ndr] sono stati omertosi. Tutti sapevano».
Di certo, anche se ancora non possiamo giudicare niente nei dettagli, qui si è aspettato troppo, troppo a lungo, e la solitudine in cui la ragazzina si trova ora lascia basiti.

Per fortuna non tutti i poliziotti (o carabinieri) sono come il fratello del generoso fidanzato della ragazzina. Per fortuna non tutti gli insegnanti sono come i presidi che non credono all'omertà. Per fortuna non tutti elogiano il silenzio. Ma chi starà, ora, al fianco di chi dovendo affrontare un processo come vittima, si ritroverà a sua volta biasimata?

La finale
Al momento, le cose sembrano tutte chiare. Nel bene e nel male; ma ci chiediamo cosa dobbiamo aspettarci nel periodo che separa l'oggi dal processo. Buone condotte? bravi ragazzi fraintesi, pentiti? Scarcerazioni? arresti domiciliari? E cosa, al momento del processo? Cosa, al momento dei soliti, buoni, vecchi argomenti del processo per stupro? La necessità di porci queste domande, sig. sindaco di Melito, ci offende tutti.
Fonte: politicafemminile Calabria

PS - e non siamo in un lontano "paese arabo", siamo in Italia! dove episodi simili e altrettanto gravi si ripetono. Vi ricordate della ragazzina di Montalto di Castro?



INSEGNANTI DI OGNI ORDINE E GRADO; E NEL QUADRO DELLE PIU' SVARIATE MATERIA (STORIA, EDUCAZIONE SESSUALE, COSTUME, LETTERATURA, FILOSOFIA...); INTRODUCETE QUESTO VIDEO STORICO NEI VOSTRI PROGRAMMI:

sabato 10 settembre 2016

Mentoring o networking per giovani donne: doppio appuntamento a Milano e Roma

Networking o mentoring, Milano o Roma? Per accontentare tutte, Young Women Network organizza un aperitivo di networking a Roma e una colazione di mentoring a Milano.

L'appuntamento a Roma è per martedì 20 settembre 2016 alle 19.30 al bistrot Assaggi d’Autore (Via dei Lucchesi 28, Roma), a due passi dalla suggestiva Fontana di Trevi. Questa volta l’incontro sarà dedicato al tema della leadership e in particolare alla sua declinazione al femminile. Le partecipanti avranno dunque l’opportunità di partecipare ad un aperitivo con Raffaella Luglini, Head of Investor Relations per Leonardo-Finmeccanica, orgoglio italiano nel settore aerospaziale, di difesa e sicurezza.



L’appuntamento a Milano è per giovedì 22 settembre 2016 alle 8.30  da Princi (Piazza XXV aprile 5, Milano). All’evento, che fa parte del ciclo “Breakfast con”, si propone come occasione di mentoring per le socie di Young Women Network, che avranno l’occasione di incontrare Antonella Pannullo, Manager of Finance – S&D and Consolidation per IBM.
Le iscrizioni gratuite e aperte fino ad esaurimento posti. Il costo della consumazione è a carico dei partecipanti.

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