sabato 25 aprile 2015

25 aprile. Resistenza ogni giorno; e quello che per 70 anni fu dimenticato ricordiamolo noi

La Liberazione è soprattutto gioia. 
Ma, a 70 anni dal 25 aprile della Liberazione dal fascismo e dal nazismo, difendiamo la memoria di quello che fu, perché è lì che possiamo comprendere quello che accade oggi. La Liberazione dagli anni difficili che stiamo vivendo, a livello globale, dipenderà da noi. E noi umanità non siamo nulla senza le donne; solo un organismo vulnerabile alla mercé di tutti i dittatori. Se l'Isis è alle porte, anche Kobane è dietro l'angolo: quel luogo-simbolo di una bruciante sconfitta dell'Isis, la cui battaglia vittoriosa si deve tanto proprio al ruolo delle donne.  
E così, come fu per la nostra Resistenza e Liberazione dal fascismo, a maggior ragione è anche oggi: la grande verità che una Umanità abituata a pensarsi al maschile fa ancora fatica a introiettare, è che senza le donne - o lasciando le donne ai margini (che è la stessa cosa) non si va da nessuna parte. Come dice bene Marisa Rodano, che c'era, quando ricorda: senza le donne la lotta di Liberazione non sarebbe stata vittoriosa.
E allora, quello che per 70 anni fu dimenticato, non stianchiamoci di ricordarlo noi: no women, no 25 aprile.

Vi riproponiamo qui un video che abbiamo montato utilizzando contributi da molte fonti (e tra cui il solo documentario che conosciamo realizzato sul tema, che era di Liliana Cavani) e con contributi originali, quali pezzi di interviste inedite da noi condotte, che documenta non solo la storia delle donne nella Resistenza - ma soprattutto come questa storia sia stata volutamente taciuta e ignorata da tutti. A partire dall'indicazione data da Togliatti, che decretò che le donne non dovessero sfilare alle manifestazioni seguite alla Liberazione: "il popolo non avrebbe capito" (leggi: le avrebbe considerate presenze sconvenienti, probabilmente "prostitute" dei partigiani maschi).
Una proibizione ad ennesima testimonianza che, secondo la narrazione patriarcale, le donne possono e devono attraversare il mondo, come oggetti, ma non debbano esistere davvero, come soggetti. Per questo una storia non la possono avere; e tantomeno attendibile.

mercoledì 22 aprile 2015

Earth Day. Fermiamo il matricidio





Il Pulitzer vince il premio Politicafemminile e Retedellereti

Premio PoliticafemminileRetedellereti al Pulitzer per aver premiato il Post and Courier, testata locale di Charleston, nella Carolina del Sud, per i suoi servizi sul femminicidio. E non nella sezione dell'informazione locale, ma nella sezione più importante di tutte: quella per il pubblico servizio, o del giornalismo per il bene pubblico. 
Il Pulitzer è stato riconosciuto per l'inchiesta sulla violenza contro le donne Till Death do us part - finché morte non ci separi.

Questo lavoro, mostrando il vero senso di una realtà che viene normalmente tollerata come un fatto statistico, astratto e inevitabile, e come le autorità dello Stato abbiano fatto poco o niente per prevenire, né per proteggere le donne o soccorrerle, ha anche messo in evidenza la necessità di mettere in agenda forti azioni di contrasto.
La serie di servizi prende le mosse da un fatto che - è importante rilevarlo - si ripete in tutti i paesi del mondo: il massacro costante di moltissime donne da parte degli uomini. Solo nel South Carolina oltre 300 donne sono state uccise negli ultimi 10 anni tra le pareti domestiche - strangolate, accoltellate, colpite con armi da fuoco, bruciate - una ogni 12 giorni. Impressionante, se si considera che tutta la popolazione di quello Stato non raggiunge i 4milioni di persone. Una tragedia sociale che (come nota l'inchiesta premiata) affonda le sue radici nella devastazione culturale pervasa da sessismo violento.
Una ogni 12 giorni - e ricordiamo che la media italiana è di 1 donna ogni 2-3 giorni. Eppure i media (e non solo i nostri) si limitano in genere a relegare la faccenda nella cronaca, dedicano al massimo servizi pietistici, grondano di interpretazioni sciatte, terminologie conniventi, allusioni ad "atti passionali". E poi non parliamone troppo, che dopo un po' anche stufa - femminicidio, che barba - per non parlare dei campioni del negazionismo, che, in rete, intasano i post sul tema di commenti patologici.
Bene dunque la scelta del Pulitzer: puntando il dito sulla guerra contro le donne, dall'alto della sua autorità l'ha puntato anche sull'incapacità della grande informazione di essere all'altezza del problema.
Un esempio?
Si, facciamo un esempio per tutti: proprio all'ultimo 25novembre, nella giornata mondiale contro la violenza maschile sulle donne, Giovanni Minoli - direttore di Rai 2, Rai 3, Rai Educational; che ha ideato e prodotto tra gli altri Mixer, Blitz, Quelli della notte, La Storia Siamo Noi, Un posto al Sole eccetera, che oggi conduce Mix24 e Mix24 La Storia - che spazio ha dedicato all'argomento in Mix24, il suo programma quotidiano su Radio24? una pillola denominata "quota rosa", di pochi secondi. Recitata dalla sua quotarosa personale Sara Tardelli, che ogni giorno ha il compito di liquidare in poche battute i temi che si ritengono "femminili". Ecco: il Pulitzer 2015 ha posto all'attenzione mondiale non solo una delle più gravi malattie che affligge le nostre società, ma anche la colpevole, sciatta connivenza di un'informazione anacronistica e miope, se non complice.




Pulitzer prizes 2015 - Ecco l'elenco di tutti i premi conferiti

Giornalismo

• Sezione  Public Service – Giornalismo per il bene pubblico - The Post and Courier, giornale locale della South Carolina, per la serie di servizi “Till Death Do Us Part” sulla violenza contro le donne nello Stato.

• Sezione Breaking News Reporting - Seattle Times per i servizi sull’enorme frana a nord di Seattle del marzo 2014.

• Sezione Investigative Reporting/giornalismo investigativo - a Eric Lipton del New York Times per l'inchiesta sull'influenza da lobby su procuratori e politici per dare impunità ai potenti; e alla redazione del Wall Street Journal per l'inchiesta “Medicare Unmasked” sulle assicurazioni sanitarie USA.

• Sezione Explanatory Reporting/rapporti esplicativi - a Zachary R. Mider di Bloomberg News per aver spiegato in modo semplice e interessante come le grandi aziende evadono il fisco.

• Sezione Local Reporting/notizie locali - Rob Kuznia, Rebecca Kimitch e Frank Suraci del Daily Breeze (giornale locale della California), per un’inchiesta sulla corruzione in un distretto scolastico.

• Sezione National Reporting/notizie nazionali - Carol D. Leonnig del Washington Post, per aver trattato gli scandali del Secret Service statunitense (il servizio di agenti che si occupa di proteggere il presidente degli Stati Uniti), e averne svelato le inefficienze.

• Sezione International Reporting/notizie internazionali - La redazione del New York Times per l'informazione su Ebola.

• Sezione Feature Writing/giornalismo di qualità - Diana Marcum del Los Angeles Times per l'informazione sulla siccità in California.

• Sezione Commentary/editoriali - Lisa Falkenberg dello Houston Chronicle per i suoi articoli di opinione sulla malagiustizia USA e le condanne di innocenti.

• Sezione Criticism/analisi critica - Mary McNamara del Los Angeles Times per aver indagato e spiegato come la TV influenza lo scenario culturale USA.

• Sezione Editorial Writing/editoriali - Kathleen Kingsbury del Boston Globe per aver scritto sugli operatori della ristorazione evidenziando le diseguaglianze economiche e il rovescio della medaglia dei "Menu economici".

• Sezione Editorial Cartooning/Cartooning editoriale - Adam Zyglis del Buffalo News.

• Sezione Breaking News Photography/fotografia informativa - I fotografi del St. Louis Post-Dispatch (giornale locale del Missouri), per l'informazione sulle proteste di Ferguson.

• Sezione Feature Photography/fotografia di qualità - il fotografo Daniel Berehulak, per le immagini sull’epidemia di Ebola per il New York Times.


Letteratura, musica e teatro

• Sezione Fiction/narrativa - "All the Light We Cannot See "di Anthony Doerr (pubblicato in Italia con il titolo Tutta la luce che non vediamo).

• Sezione Drama - "Between Riverside and Crazy" di Stephen Adly Guirgis.

• Sezione History/Storia - "Encounters at the Heart of the World: A History of the Mandan People" di Elizabeth A. Fenn.

• Sezione Biografia/autobiografia - "The Pope and Mussolini: The Secret History of Pius XI and the Rise of Fascism in Europe", di David I. Kertzer (pubblicato in Italia con il titolo Il patto col diavolo).

• Sezione Poetry/poesia - "Digest" di Gregory Pardlo.

• Sezione General non-fiction/saggistica - "The Sixth Extinction: An Unnatural History" di Elizabeth Kolbert (pubblicato in Italia con il titolo La sesta estinzione).

• Sezione Musica - "Anthracite Fields" di Julia Wolfe.




lunedì 20 aprile 2015

Sette volte cento. Fossa comune Mediterraneo



19aprile 2015; la più grave e disastrosa perdita di vite umane nel Mediterraneo.

La passività dell'Europa di fronte a tutto questo diventa sempre più scandalosa e insopportabile. Se non si garantiranno ricerche e soccorso efficaci lungo la rotta marittima più mortale del mondo continueremo a perdere centinaia, se non migliaia di vite umane; vite di persone che, dopo aver scampato alla morte di fame o di guerra, l'hanno trovata annegando mentre chiedevano aiuto all'Europa (Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia)
Prima le persone, poi le frontiere: firma l'appello














domenica 19 aprile 2015

Elezioni di giugno in Turchia: se un Partito decide di candidare solo donne

Presentiamo alle elezioni solo donne, perché solo le donne possono rappresentare la nostra rivolta contro l'ordine stabilito oggi in Turchia.
Secondo questa nota stampa 550 nomi nella lista elettorale, e sono tutti femminili. E perché alle prossime elezioni nazionali turche (il 7 giugno), per il Partito comunista KP si presenteranno solo candidate donne? "Presentiamo solo donne, perché solo loro possono rappresentare la nostra rivolta contro l'ordine stabilito in Turchia. Non si tratta solo della partecipazione delle donne alla politica. Il fatto è che quest'ordine imposto si fonda sull'oppressione femminile: non può esistere senza l'uccisione e l'umiliazione quotidiana delle donne".
Un discorso interessante! perché questi concetti fanno fatica a farsi largo, quanto quello che non esistono "diritti umani" senza diritti (anche) delle donne.
In verità, visto dall'Italia il quadro politico non è ancora chiarissimo; diverse dichiarazioni per le prossime elezioni puntano su donne e giovani - ma aspettiamo conferme. Se questa notizia verrà confermata, però, potremo parlare di scoperta e riconoscimento del patriarcato politico. 
Ecco, la motivazione di questa scelta.
Se davvero sarà questa, la scelta, eccola: l'idea innovativa. Eccolo, il segnale forte. Solo donne: e non certo per bellezza: ma perché - come ben dice questa acuta analisi -  (anche) le donne sono un sistema politico. Ed è ora di riconoscere gli obiettivi strategici dei sistemi politici; solo così certe "strane" alleanze non appariranno più così strane. 
Le donne sono un sistema politico che si contrappone, direttamente e frontalmente, a dittature e integralismi. E' talmente ovvio.. eppure stupisce che, per una volta, un'organizzazione politica abbia saputo (voluto) comprendere l'ovvio e tirare le dovute conseguenze.
E' quello che ha fatto la differenza in Kurdistan, e che lì ha consentito di respingere l'Isis
Tornando alla Turchia - si tratta più di un messaggio, un segnale politico, che di una vera occasione.. perché il KP è un partito di assoluta minoranza, che presumibilmente non potrà ottenere in Parlamento nemmeno un seggio. Alle ultime elezioni, le regionali del 2014, aveva solo 19.245 voti, appena lo 0,04%. Tuttavia il segnale che mandano è forte, non dubitiamo che avrà effetto sulla Turchia e nel mondo.
E il resto dei partiti turchi cosa fa? esattamente all'opposto del KP c'è il famigerato AKP, il partito islamico del premier Erdogan; sostenuto da un cantante (una specie di Apicella turco, ma purtroppo più popolare!): è Ugur Isilak, che il 7 giugno addirittura per il partito repressivo-religioso si candiderà. Uno che, sul fatto che partite si giocano proprio sulle donne, non si nasconde dietro a un dito. Ecco infatti il suo programma politico: “è nella natura della donna appartenere all’uomo. Nel profondo del suo cuore, se ogni femminista non si sente incatenata a un marito, o a un uomo, non sente di essere la sua schiava e di appartenergli, che venga a dirmelo in faccia: perché essere proprietà di un uomo è nella natura di ogni donna. Le femministe non possono essere felici perché negare di appartenere agli uomini è contro natura. Al contrario un uomo non appartiene a una donna, ne è il proprietario”. E per completare il pateracchio di balle assurte a verità assolute, questo simpatico portatore di disvalori sub-umani ha stravolto un canto popolare dell’Anatolia, per farne in inno elettorale che definisce Erdogan “luce della speranza per milioni” di turchi, “il leader che abbiamo atteso per anni” e “l’incubo degli oppressori”.
Tornando agli altri partiti turchi: i principali partiti di opposizione dicono di puntare sulle donne; il solo che presenterà liste paritarie (con il 50% di candidate donne), è il Partito Democratico del Popolo (partito di sinistra vicino al popolo curdo); e si tratta già di una scelta dirompente e di assoluta novità.
Tutti gli altri, complessivamente, presentano una componente femminile intorno al 20%. Ma se sono state lavate nel cervello al punto di aderire alle tesi del partito islamico, meglio sarebbe se fossero zero.

sabato 18 aprile 2015

Perché opporsi al TTIP: il trattato transatlantico voluto dalle multinazionali

Il 18 aprile è giornata di azione globale; e allora parliamone. "Noi: donne, giovani, associazioni della società civile; sindacati, agricoltori, movimenti locali e semplici attivisti - invitiamo tutti a partecipare alle azioni globali per fermare le trattative sulla liberalizzazione degli scambi commerciali e degli investimenti, e per promuovere una economia sana, che serva davvero allo sviluppo dei popoli e del pianeta". 
Questo l'invito del movimento anti-TTIP. E cos'è? Nel recente passato, sotto la pressione delle grandi imprese e relative lobby ai Governi, sono stati imposti accordi segreti sul commercio e sugli investimenti, calpestando i nostri diritti e danneggiando l’ambiente; fra questi il TTIP, o TTTP, o Trattato Transatlantico USA/UE per il libero com­mer­cio e la libertà degli inve­sti­menti i [bè… aiuto!]. 
In realtà il trattato si basa su accordi segreti che giovano solo alle multinazionali - e cioè in soldoni: le aziende sta­tu­ni­tensi potranno chie­dere il dra­stico abbas­sa­mento degli standard euro­pei in mate­ria di precauzione ambientale e diritti del lavoro; mentre le aziende euro­pee tendono ad allentare le più severe nor­ma­tive Usa sui medi­ci­nali, i test e in merito a rego­la­men­ta­zione finanziaria. In questo video il Nobel per l'Economia Joseph Stiglitz sintetizza questo concetto in poche parole:
.  [NB • la conferenza completa aveva titolo "Crisi dell'euro, cause e rimedi", lectio magistralis tenutasi alla nuova aula dei gruppi parlamentari e introdotta da Laura Boldrini,  la trovate QUI]. 
Il TTIP: un trattato di cui vi abbiamo già parlato QUIUn trattato che preoccupa non poco per le gravi implicazioni che comporta per la democrazia. Per questo, per iniziare, invitiamo a firmare QUI la petizione europea
In questi ultimi anni ci ritroviamo a combattere per la libertà dei semi e per la sovranità alimentare, addirittura stanno consentendo i brevetti sulla vita! per difendere il diritto all'acqua e per i beni comuni, per promuovere un'idea di economia non predatoria, per difendere il lavoro, i territori, la libertà della rete e insomma - in sostanza - per i più basilari diritti alla democrazia
Ecco perché serve più alleanza fra gli attivismi. Ecco perché serve un'alleanza fra gli attivismi. Ecco perché serve una VERA alleanza fra gli attivismi.
E ora scopriamo che questa battaglia è peggio di una guerra: che viene condotta soprattutto contro l'ambiente per costringerci a una resa

Prendiamo l'esempio della tragedia che investe oggi i preziosi ulivi del Salento, e che porta a chiederci: è nata prima la Xylella o la Monsanto..?? 

La Procura apre inchieste, ma l'istituto indiziato "gode di immunità", e inoltre il timore è che sia troppo tardi.
Come scrive Marco Bersani il TTIP comporta "una minac­cia per la sovra­nità dei popoli: pre­vede infatti la pos­si­bi­lità, per le mul­ti­na­zio­nali, di denun­ciare a loro nome (presso una Corte spe­ciale com­po­sta da tre avvo­cati d’affari rispon­denti alle nor­ma­tive della Banca Mon­diale), un paese fir­ma­ta­rio la cui poli­tica avrebbe un effetto restrit­tivo sulla loro vita­lità com­mer­ciale; poten­dolo san­zio­nare con pesan­tis­sime multe per avere, con la pro­pria legi­sla­zione, ridotto i pos­si­bili futuri pro­fitti della mul­ti­na­zio­nale denunciante. Per fare un esem­pio con­creto, se il governo ita­liano dovesse appro­vare la legge d’iniziativa popo­lare del Forum ita­liano dei movi­menti per l’acqua, rico­no­scendo final­mente l’esito del voto refe­ren­da­rio del 2011, ad accordo vigente potrebbe tro­varsi san­zio­nato per aver impe­dito, con la ripub­bli­ciz­za­zione del ser­vi­zio idrico, futuri pro­fitti alle mul­ti­na­zio­nali del settore. Siamo di fronte ad una vera e pro­pria guerra alla società, gio­cata con l’alibi della crisi e con il ten­ta­tivo di ren­dere strut­tu­rali le poli­ti­che di auste­rità, ridu­cendo il lavoro, i beni comuni, la natura e l’intera vita delle per­sone a fat­tori per la valo­riz­za­zione dei grandi capi­tali finanziari".
Ma non dobbiamo rinunciare a resistere: per questo, da queste pagine noi donne torniamo a chiamare a un asse fra gli attivismi, in difesa di una vera democrazia. 

Tutti insieme possiamo fermare gli accordi che multinazionali e governi stanno negoziando in segreto e rovesciare le pesanti conseguenze degli accordi già presi. Tutti insieme possiamo realizzare modelli di società basati sui diritti delle persone e non sui privilegi dei gruppi di potere.
Per questo rilanciamo l'appello del movimento contro il TTIP a cittadini, organizzazioni e associazioni a partecipare alla Giornata di azione globale, aderendo agli eventi in corso - QUI tutte le iniziative in Italia - e organizzando localmente nuovi eventi ovunque: è benvenuta ogni tipo di iniziativa e di azione a livello mondiale in grado di far crescere la consapevolezza, di coinvolgere e mobilitare dovunque le persone per costruire nuovi modelli di sviluppo commerciale ed economico, a favore delle persone e del pianeta.

venerdì 17 aprile 2015

Nel 70esimo della Resistenza ricordiamolo: senza le donne la lotta di Liberazione non sarebbe stata vittoriosa.

Ringrazio per l’invito a questa solenne celebrazione. E’ per me un grande onore parteciparvi e sono commossa ed emozionata per essere rientrata in quest’aula, nella quale ho trascorso tanti anni della mia vita parlamentare. Mi si consenta di dedicare brevi parole al ruolo delle donne nella Resistenza.

• Fu lo sciopero delle lavoratrici torinesi, nel marzo del 1943, a suonare la campana a morto per il regime fascista.
• L’8 settembre, nella battaglia in difesa di Roma, centinaia di donne spontaneamente scesero in strada ad aiutare i combattenti e furono ben 28 le cadute in quella battaglia! le donne romane aprirono la porta delle loro case ai fuggiaschi: li rivestirono, nutrirono, li nascosero, accolsero come figli i prigionieri alleati, Russi, Americani, Inglesi, Iugoslavi.
• Furono le donne, a Napoli, dal 26 settembre al 1 ottobre del 1943, a dare un contributo determinante all’insurrezione che costrinse l’esercito nazista a lasciare la città.
• E’ a una donna, la dottoressa Marcella Monaco, che due futuri Presidenti della nostra Repubblica, Sandro Pertini e Giuseppe Saragat, debbono la vita e la liberazione dal carcere di Regina Coeli, con falsi ordini di scarcerazione.
• Fu una donna, Giulietta (Lina) Fibbi, che con un viaggio avventuroso recapitò l’ordine dell’insurrezione del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia al CLN dell’Emilia.
Per unanime riconoscimento sia del CLN che degli stessi comandi nazisti, senza la partecipazione di massa delle donne, compresa quella alla lotta armata, (si pensi ai reparti delle Volontarie della libertà e alle staffette) la lotta di Liberazione non sarebbe stata vittoriosa [e noi qui aggiungiamo: oggi, che tante Resistenze sono in atto contro il nuovo nazismo, non è un caso che contro l'Isis vediamo vincere Kobane, proprio grazie alla presenza attiva delle donne. Né è un caso che l'avanzata di quei barbari sia più facile nelle regioni ove le donne sono costrette a subire condizioni di soggezione, ndr].
Le cifre sicuramente sono approssimative – si è detto che le donne combattenti fossero 35.000, 70.000 le partecipanti ai Gruppi di Difesa della Donna, 2900 le donne giustiziate o uccise in combattimento. Vorrei in primo luogo, ricordare le eroine, cadute in combattimento o uccise tra atroci sofferenze dai nazisti o morte, dopo la deportazione, nei campi di sterminio; 
...e le decorate di medaglia d’oro alla memoria, da Gabriella degli Esposti a Ines Versari, da Anna Maria Enriquez a Norma Pratelli Parenti, da Irma Bandiera a Maria Assunta Lorenzoni, solo per citarne alcune.
Ma come erano giunte le donne italiane a schierarsi dalla parte giusta?
E’ nella Resistenza che le donne italiane - quelle di cui Mussolini aveva detto “nello stato fascista la donna non deve contare”; alle quali tutti i governi avevano rifiutato il diritto di votare e la possibilità di partecipare alle decisioni da cui dipendeva il loro destino e quello dei loro cari - entrano impetuosamente nella Storia e la prendono nelle loro mani.
Nel momento in cui tutto è perduto e distrutto – indipendenza libertà pace – e la vita, la stessa sussistenza fisica sono in pericolo, ecco le donne uscire dalle loro case, spezzare vincoli secolari, e prendere il loro posto nella battaglia, perché combattere era necessario, era l’unica cosa giusta che si poteva fare.
Nel moto resistenziale si saldarono la tradizione socialista delle lotte nelle fabbriche e nelle risaie; le idealità politiche dell’antifascismo; e l’opposizione segreta, ma profonda che tante donne avevano coltivato in modo più o meno tacito contro il fascismo, il regime delle cartoline-precetto che strappava loro i figli e che aveva fatto della violenza e della guerra un cardine della propria politica e ideologia.
Dalle masse femminili veniva al moto resistenziale un patrimonio di valori e ideali tramandati nella famiglia e confluì nella Resistenza, in un comune impegno con le forze laiche e socialiste, la tradizione del mondo cattolico.

Un innesto di valori e tradizioni diverse, di esperienze tra loro lontane che, nella Resistenza si venne strutturando come movimento unitario, nazionale: i Gruppi di difesa della donna e per l’assistenza ai combattenti della libertà (GDD).

Gli scopi dei GDD, definiti nel programma appello costitutivo, approvato nel ’44 a Milano: erano finalizzati alla lotta contro il nemico invasore, cioè a un obiettivo generale e comune a uomini e donne, ma l’appello conteneva in nuce alcune delle future rivendicazioni delle donne, in particolare delle lavoratrici, quali la proibizione del lavoro notturno, del lavoro a catena e del lavoro nocivo alle donne, un salario femminile (per lavoro eguale) uguale a quello dell’uomo e un’adeguata assistenza alle madri, E comunque, allora battersi per tali obiettivi diveniva allora un atto di guerra.
La Resistenza ha contribuito a far sorgere una comune coscienza nazionale tra donne di differenti ceti sociali, di diverso livello culturale e orientamento ideale, e, al tempo stesso, a far loro acquisire una nuova consapevolezza del proprio ruolo sociale e l’aspirazione a conseguire pienezza di diritti e di cittadinanza.
Non a caso i GDD affermavano che logica conseguenza della partecipazione delle donne alla Resistenza dovesse essere il diritto di voto.
La partecipazione delle donne alla Resistenza è stata dunque il fondamento per la conquista dei loro diritti civili, sociali e politici.
E’ conferma che il cammino delle donne italiane verso la conquista di piena cittadinanza, che vede oggi tante donne ricoprire cariche di responsabilità nel governo, nel parlamento, nelle Regioni e negli enti locali, e svolgere ruoli importanti nella vita culturale, economica e produttiva, ha le radici nella loro partecipazione alla Resistenza.
Marisa Rodano, 16 aprile 2015
Appunti per il 70esimo della Liberazione; intervento alla Camera dei deputati
Onorevole Presidente della Repubblica
Onorevole Presidente della Camera dei Deputati
Onorevole Presidente del Senato della Repubblica
Onorevoli Parlamentari
Cari amici e compagni partigiani,
ringrazio per l’invito a questa solenne celebrazione. E’ per me un grande onore parteciparvi e sono commossa ed emozionata per essere rientrata in quest’aula, nella quale ho trascorso tanti anni della mia vita parlamentare.

sabato 11 aprile 2015

Quando nasce una mamma le ostetriche siano dalla parte della salute! e non delle aziende

Con una petizione che richiama una nuova trasmissione televisiva, le Ostetriche per la buona pratica fanno appello alla deontologia delle ostetriche.

E scrivono: 
"Abbiamo visto la trasmissione “Ostetriche: quando nasce una mamma” trasmessa giovedì 26 marzo 2015, e che andrà in onda ogni giovedì alle 22.10 su Real Time, canale 31. Non ci riconosciamo nei contenuti e nella modalità proposte perché:
• i suggerimenti e le pratiche professionali mostrate non sono coerenti con le raccomandazioni e le evidenze scientifiche attuali sull'accompagnamento al percorso nascita e sulla buona pratica ostetrica che, invece, tante ostetriche mettono in atto quotidianamente in una relazione con le donne basata sulla fiducia e sulla valorizzazione delle competenze della madre, del bambino e del nucleo parentale;
la sponsorizzazione del programma da parte di un’Azienda che produce prodotti che rientrano nel campo di applicazione del Codice Internazionale per la commercializzazione dei sostituti del latte materno non è compatibile con le attuali linee d’indirizzo internazionali, con quelle del Ministero della Salute e con il Codice Deontologico dell’ostetrica e pone un grave problema di conflitto d’interesse.
La stessa FNCO, organo di rappresentanza delle ostetriche, in un comunicato stampa del 23 marzo scorso, ricorda che “gli operatori sanitari non devono accettare compensi o farsi promotori di alimenti per lattanti o di altri prodotti, come presidi e attrezzature per la loro preparazione e consumo, eccetto quando necessario nell’ambito di una valutazione professionale o ricerca a livello istituzionale e che la partecipazione al programma televisivo delle tre ostetriche, riprese con in mano prodotti del marchio sponsor, lede l’immagine stessa della professione veicolando un messaggio sbagliato e violando palesemente il Codice Internazionale per la Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno, elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dall’Unicef.”
VISTO CHE
i documenti di riferimento in materia di allattamento al seno e di pubblica amministrazione si esprimono chiaramente a favore di un’etica professionale come presupposto fondamentale per la protezione della salute, in particolare:
1. il Codice Deontologico dell’ostetrica/o prevede:
• Art. 3.6 L’ostetrica/o favorisce l’attaccamento precoce madre/padre e bambino, promuove l’allattamento al seno e supporta il ruolo genitoriale. L’ostetrica sostiene e diffonde la donazione volontaria del latte materno. L’ostetrica/o altresì aderisce al Codice Internazionale per la Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno, ne promuove il rispetto delle norme e si impegna a denunciarne eventuali violazioni;
• Art. 5.3 L'ostetrica/o respinge qualunque tentativo di imposizione di comportamenti non conformi ai principi e ai doveri deontologici, dandone immediata notizia al Collegio professionale;
• Art. 5.4 L’ostetrica evita ogni conflitto di interesse economico e non, che si può manifestare nei rapporti individuali, nella prescrizione, nei rapporti con enti, organizzazioni, istituzioni ed industrie;
2. il Codice Internazionale per la commercializzazione dei sostituti del latte materno,
promosso da OMS e UNICEF nel 1981 per proteggere madre e bambino in tutela dell’allattamento al seno e redatto assieme alle stesse ditte che avrebbero dovuto successivamente rispettarlo, non impedisce la produzione o la vendita di sostituti del latte materno o di ausili per l’alimentazione complementare, inclusi biberon e tettarelle, ma ne regolamenta il marketing. Esso prevede:
• Art. 6.5 Un’alimentazione a base di alimenti per lattanti, sia di produzione industriale che di preparazione casalinga, dovrebbe essere mostrata esclusivamente dal personale sanitario, o da altri operatori sociali e soltanto alle madri o ai membri della famiglia che hanno necessità di ricorrervi; l’informazione data dovrebbe includere una chiara spiegazione dei rischi di un uso improprio;
• Art. 7.3 Nessun incentivo finanziario o materiale diretto alla promozione dei prodotti cui si applica il presente Codice dovrebbe essere offerto da produttori o distributori al personale sanitario o membri delle loro famiglie, né dovrebbero essere accettati dal personale sanitario o da membri delle loro famiglie;
• Art. 7.4 Campioni di alimenti per lattanti o di altri prodotti contemplati dal presente Codice, o di attrezzature e utensili per la loro preparazione e consumo, non dovrebbero essere forniti al personale sanitario eccetto quando necessario nell’ambito di una valutazione professionale o ricerca a livello istituzionale. Il personale sanitario non dovrebbe consegnare campioni di alimenti per lattanti a donne in gravidanza, madri di lattanti e bambini o membri delle loro famiglie;
• Art. 7.5 Produttori e distributori dei prodotti contemplati dal presente Codice dovrebbero dichiarare all’istituzione di appartenenza degli operatori sanitari qualsiasi contributo erogato ad un operatore o in suo favore per borse e viaggi di studio, assegni di ricerca, partecipazioni a conferenze professionali o simili iniziative. Tali dichiarazioni dovrebbero essere rese dal beneficiario;
3. le Linee d'Indirizzo nazionali sulla protezione, la promozione ed il sostegno dell'allattamento al seno prevedono:
• che "i servizi sanitari e sociali, con i loro operatori, ed i produttori e distributori di sostituti del latte materno, di biberon e di tettarelle, rispettino pienamente lo spirito e la lettera del Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno";
- il Tavolo Tecnico del Ministero della Salute sia incaricato di "promuovere, facilitare e monitorare l’applicazione delle raccomandazioni indicate nelle Linee di indirizzo nazionali”;
4. il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici prevede che il dipendente:
• rispetti i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza, agendo  in  posizione  di  indipendenza  e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi;
• si  astenga  dal  prendere  decisioni  o  svolgere attività inerenti alle sue  mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali;
• nei rapporti privati non assuma comportamenti che possano nuocere all'immagine dell'amministrazione.
Nel rispetto delle direttive citate, che vanno nella direzione della salute collettiva, chiediamo
1. ai Collegi di appartenenza delle Colleghe coinvolte nella trasmissione:
l’invio di una lettera di richiamo, l’invito alla sospensione della propria partecipazione alla trasmissione e l’attivazione di tutte le misure che si renderanno necessarie e opportune;
2. alla Federazione Nazionale dei Collegi delle Ostetriche e a tutti i Collegi sul territorio nazionale:
• di farsi promotori presso i Collegi nel biennio 2015-2016 di formazione ECM obbligatoria per tutte le proprie iscritte sull’etica professionale, il conflitto d’interesse, il Codice Deontologico e il Codice Internazionale per la Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno e successivi aggiornamenti internazionali e nazionali nonché sulle linee di indirizzo del Ministero della Salute [5];
• di vegliare affinché siano rispettati i principi sanciti nel codice deontologico dell’ostetrica;
• di promuovere eventi di rilevanza mediatica per promuovere la figura dell’ostetrica come portatrice di buone pratiche professionali;
3. al Tavolo Tecnico del Ministero della Salute:
• un richiamo forte a tutti gli Ordini Professionali e alle Associazioni di categoria che si occupano di percorso della nascita sul tema del conflitto d’interesse, del Codice Internazionale e del rispetto “dello spirito e la lettera del Codice Internazionale”, come previsto dalle Linee di Indirizzo nazionali, in particolare ostetriche, pediatri, infermieri e ginecologi;
• che le società scientifiche e gli ordini professionali siano invitati a seguire l’esempio della FNCO e ad inserire nel proprio codice deontologico il rispetto dello spirito e della lettera del Codice, vigilando affinché questo aspetto sia rispettato;
• che, sull’esempio del Corso di laurea in Ostetricia dell’Università di Milano-Bicocca, che lo scorso 14 dicembre è stato il primo in Italia a ottenere dall'UNICEF Italia il riconoscimento di “Corso di laurea amico dell’allattamento materno”, titolo attribuito per avere adottato nell'offerta formativa e nei tirocini curriculari gli standard previsti dall'UNICEF, le Università siano invitate ad adottare tali standard nei percorsi curriculari previsti per ostetriche, infermieri, infermieri pediatrici, assistenti sanitarie, dietiste, farmacisti, medici e nelle scuole di specializzazione in pediatria e ostetricia-ginecologia.
Ci rendiamo disponibili a sostenere ulteriori iniziative istituzionali in questa direzione intraprese dalla FNCO, Collegi e Università, nell’interesse dell’immagine della professione ostetrica e soprattutto della salute della mamma, del bambino e del nucleo parentale.
Ostetriche per la buona pratica ostetrica, 31 marzo 2015

sabato 4 aprile 2015

Kobane has been saved from ISIS, here’s why we must talk about Kobane.

Testo italiano qui • I want to celebrate you, women of Kobane, because the Kurdish Resistance is saving every one of us. Because you have won, but your victory is hardly spoken of.  Your smiles are more credible, now. The women of Kobane have been resisting for months and have kept smiling throughout, even in the most devastating – apparently desperate – situations.  
Love is how every superiority is called, every ability to understand, to smile when in pain. It is love for ourselves and for our destiny, it’s a loving adherence to what the inscrutable has in mind for us – even when we can’t see or understand it, yet. It is what we aim for". (Herman Hesse).
Is this what it is? Love?
Some say that the opposite of fear isn’t courage at all, it’s love – precisely – and we better believe them. There’s nothing like love, for somebody or for oneself that gives us the guts to react, no matter what’s at stake. In celebrating these brave and intelligent women, I’ll also try to explain why we must talk about Kobane, speaking in a loud voice and passing on current factual and significant information, and we must keep doing it.


Women in those regions have been fighting fundamentalism not just in the last few months against ISIS: they’ve been engaged for years on the front line of their exhausting battle. The following video, shot in 2012, is one of three making up a documentary meant to introduce the viewer to the Female Fighters in Kurdistan and the environment they operate in:


Kobane has been freed from ISIS now. But how much coverage did this victory get from international media? Virtually none, if one considers what’s at stake here, something concerning all of us. Yes, virtually none, really, if one thinks of the horrific rise of ISIS, a very real threat to all of us.
And, look out: we’re not simply threatened by a bunch of cutthroats, rather by a continuously expanding economic power. A world power, maybe the richest terrorist party in history, past or current:  it is fed billions by some entities that profit from its growth. They are the breed of powers that has declared the third world war. And not to one or a few countries, to everyone of them, to everybody. This war is waged against the very concept of democracy.
Given all this (do journalists who write for major multinational newspapers know all this? Or is it only girlies who know such stuff?), given all this, - I was saying -, does it make sense that so little is written about this victory?
Virtually no coverage, really, if you consider that the Kobane fighters are defending all of us, as Charb – Charlie Hebdo’s editor -, aptly wrote: Aujourd’hui, je suis kurde. Je pense kurde, je parle kurde, je chante kurde, je pleure kurde – today I am Kurdish. I think Kurdish, I speak Kurdish, I sing Kurdish, I cry Kurdish. The Kurds besieged in Syria are not “Kurds”, they are the whole of Humanity, resisting darkness. They fight to defend their life, their families, their country all right, but – willy-nilly – they are the only bastion against the progress of the “Islamic State”. They are protecting us all, not so much against the blurred Islam that the Daech terrorists do not represent, rather against the most barbarian of gangsterisms. How can we trust the so-called coalition against the slaughterers when many of its members have shared with same slaughterers strategic, political and economical interests? And often still do? Today, against cynicism and death stands only the Kurdish people. This is what Charb was writing, before being himself wiped out by that very danger that he had recognised so well.
And he was right. Yes, they are saving us too. Had they lost, it would have been a mighty problem, wouldn’t it? Still, all of that has passed by barely noticed. Try and ask your plumber or a friend who’s not on twitter, what they know about it.
This is weird. It’s weird this story didn’t make the news: when you look at the disparity in strength between winners and losers it looks like a miracle.

And somebody did notice! Somebody who, back in November, was writing: ISIS is about to be beaten by lightly armed, tea-drinking feminists. If this doesn’t prove God’s existence... what does?

The town has won its resistance but has paid a dear price: it’s virtually flattened – just like many cities at the end of WWII.
But it pulled through, and this is some kind of miracle, considering that nobody – or very few – provided any real help. On one side there was an army armed to the teeth with heavy weaponry provided by powerful allies (many of them from the western world) and on the other side just civilians, poor in resources, lightly armed, with little late help form outside.

Small strategic Kobane was squeezed between ISIS’ cutthroats and Turkey, a traditional enemy of the Kurds, whose pro-Islam government is even thought to be one of the financial backers of the “Islamic State” in Iraq and Syria. Seriously, how could they prevail? Their hopes rested on the courage of an extraordinary people, an equalitarian cohesive society, where women count.



The press at that moment jumped at the opportunity of emphasizing the folkloric sides of this desperate battle. While the true supporters of the Kurd people looked on in great apprehension, sending their pledges of solidarity, bearing no hope. Bernard Henry-Levy wrote, on October 12th 2014: Kobane will fall, it’s a matter of hours, days maybe. And he went on explaining what a catastrophe this fall was going to be for the western world.

 Distruzioni e lutti si sono susseguiti a lungo...











And against all odds, Kobane resisted. The hopeless battle has been won, in such a heroic way as to be epic, in such an epic way as to appear as a sort of mocking prove of God’s existence, in the face of those bloody murderers, claiming to be God-sent, they thought they were taking a stroll.





ISIS beaten by lightly armed, tea-drinking feminists. This is something worth celebrating!



The news of this wonderful victory against this new Nazism was confirmed on January 27th 2015, the Day of Remembrance. A splendid piece of news that should have sparked fever and fireworks in the media and among the peoples, and was instead kind of muted, disposed of in cursory reports.
Yes, it was hardly talked about, if one considers that the recent carnage in Paris is but a small sign of how close and serious the threat of this fundamentalism is, one which has already sparked a new world war. It is not a conventional war, it’s fought on different fronts and with different methods, as compared to the ones in the past century.
Some independent newspapers have talked about it (but not very much) and the keen “peones” of the net – we’re proud to be counted among them.







Among the latter somebody took the trouble to go and see, some sent us news, some have provided us with documentary evidence.

And some harboured hope to the point of believing: at the beginning of the siege, Malali Joya wrote to the women of Kobane: you’re not alone in this challenge, all the people who love freedom and progress are with you. With your fight against oppression, you women are a kick in the stomach of ISIS and all medieval minded fundamentalists who value women half of what they value men, and consider them tools for their own beastly cravings’ satisfaction. (…) Today our people, inspired by your fearless fight and in order to be at your side, will rub the taleban and jihadi terrorists’ snouts in the dirt, the snouts of these bloody and cruel creatures of the United States. Your nation, one whose brave women take up arms and fight side by side with its men against oppression and colonisation will never be conquered. Victory is yours. In the past you already squashed and humiliated the brutal ISIS, and all progressive people stand in awe of you.
All of this was true and while the battle seemed to be a lost one some newsmakers paid some attention. But why is it then that once victory had been secured, all major media outlets were distracted and silent about a victory that should be considered historic?

Thank God for twitter that keeps us abreast. The media, absent-minded as they have been, were also inappropriate because they didn’t understand – or pretended not to – the extraordinary role women played in this battle. Women and ISIS are systems, two political systems deeply set against one another.
This is news: ISIS was defeated by neither the United States nor by the powers within Muslim territories that have declared war on it: neither Iran, nor Saudi Arabia have done anything. Isis was defeated by a persecuted people, one that those same powers have a hard time recognising, let alone thanking; a very advanced people in terms of their political vision, when it comes to inter-gender relations. This is why nobody, really nobody, is keen on celebrating this victory. Women’s role is at the heart of what’s at stake in the current world war, a war that has women as its primary targets, whether the war wagers are aware of it or aren’t. And if you don’t agree, before you hang on to your prejudice, before you formulate hasty judgements, take the time to read the links provided here, for a little more in depth understanding. This post is very much based on images, but there’s a lot of content. It’s just a matter of feeling a little curiosity.

By the way there’s people – even among men – who already understand these issues. Some do sense something and, not without some confusion, clearly relate the concept of how “opposites” can in fact be very close to one another. 
Bottom line, the stakes here are high and they concern each and every one of us. They demand that we explore the roots and heart of patriarchal violence in order to understand it, as the only way to defeat and overcome it.

The struggle here  – as Charb had understood – is between giving re-birth to a possible civilisation and letting all justice be defeated.
This worldwide struggle is going to be long, bloody and hard. In Kurd lands the fight is certainly not over, it’s fully ablast (and luckily Isis seems to keep losing ground).
This struggle is also among us: it concerns us and we too are fighting it every day: by being or not being there, by paying or not paying attention, we are choosing sides, and we count.
With the victory in Kobane a very important challenge has been overcome, a seed has been planted that could save us all.

Thank you, you Kurd resistants. To you, women of Kobane, a very special thank you. I want to thank you, celebrate you, remind the whole world about you.
Traduzione di Francesca M. (grazie Francesca!)
Fonte: Kobane è salva, parliamo di Kobane / politicafemminile