venerdì 20 febbraio 2015

La lettera del giovanissimo Saman Naseem, fra i curdi condannati a morte in Iran

La lettera di Saman non è personale, come quella che Reyaneh (giustiziata in Iran pochi mesi fa) aveva indirizzato alla mamma.
E' una fredda accusa che fa la cronaca di un trattamento disumano da parte di un sistema giudiziario dittatoriale - e particolarmente crudele.  
Saman doveva essere "giustiziato" (che ridicola parola) ieri, ma l'impiccagione sembra reinviata a sabato 21 febbraio. Al momento non si sa dove sia Saman [vedi aggiornamento a fondo pagina], e si teme una esecuzione in segreto, alla larga dalle proteste.
Esecuzione data per certa da diversi messaggi sui social, ma che per ora non trova conferme: le organizzazioni umanitarie stanno indagando. Nel frattempo di lui dobbiamo parlare, come di molte altre cose importanti e correlate. E prima di tutto bisogna dire che la resistenza curda va sostenuta dal basso, perché chi ha potere i Curdi li ignora, sul piano delle notizie, e li perseguita, nei fatti: e se tutti - Iran incluso - attaccano i Curdi dobbiamo chiederci il perché. Ricordando che, contro l'abominevole minaccia dell'Isis, e della Jihad sanguinaria, i Curdi stanno difendendo tutti.
Cara madre, Sholeh dal cuore tenero, nell'altro mondo siamo tu ed io gli accusatori, e gli altri gli accusati. Vedremo quale sarà la volontà di Dio. Così si concludeva la lettera di Reyaneh, anche lei arrestata giovanissima, e poi condannata a morte - non dall'Isis, ma dallo stesso regime chiamato in causa oggi. E questo è l'atto di accusa di Saman:
La tortura è iniziata immediatamente, con l'arrivo nell'isolamento. Una cella dalle pareti trattate con materiali speciali e progettata espressamente per torturare. Dopo un solo assaggio degli strumenti usati per la mia tortura, quelle terrificanti esperienze hanno iniziato a ripetersi nella mia mente come un film in replay. Le celle della prigione sono così piccole che ci si può appena sdraiare, con il WC separato da un muro aperto: la superficie della stanza è solo 2 metri di lunghezza e 50 centimetri di larghezza. Tutto appariva diverso, con una videocamera sopra la mia testa che registrava tutti i miei movimenti, anche nel bagno. Era l'inizio di 97 giorni di torture e sofferenze. In questo periodo sono stato torturato in ogni modo, con tutto. Nei primi giorni le torture erano talmente pesanti che non ero in grado di camminare. Tutto il mio corpo era nero e blu. Per ore stavo appeso al soffitto per le braccia e le gambe. Durante la tortura e l'interrogatorio mi tenevano gli occhi bendati e non potevo vedere i miei torturatori. Hanno tentato con ogni mezzo disumano di ottenere una confessione. Continuavano a dire che avevano arrestato la mia famiglia, che mi avrebbero seppellito con un caricatore come avevano già fatto ai miei compagni, che mi avrebbero ammazzato qui e fatto una tomba di cemento. Di notte, quando cercavo di dormire, facevano forti rumori che me lo impedivano. Avevo solo 17 anni quando mi hanno arrestato. Per tutto questo tempo non ho mai avuto alcun contatto con la mia famiglia. Hanno registrato il mio interrogatorio mentre ero sotto questa pressione e tortura, bendato e semi-inconscio. Io dichiaro che riprese e intervista sono state fatte in queste condizioni. 
Più tardi, quando un programma di news della TV nazionale iraniana (canale 1) ha trasmesso il mio appello, sono stato liberato e mandato a casa. Ma era solo una bugia e una messa in scena per il pubblico: dopo la quale mi hanno riarrestato e condannato a morte.
Il processo e ogni difesa in tribunale sono stati del tutto superficiali, perché i miei avvocati non potevano difendermi, il giudice mi ha perfino minacciato più volte di pestaggio. I miei avvocati ha dovuto dimettersi a causa delle pressioni dei servizi segreti iraniani. Alla fine, sono stato condannato a morte; e dopo la condanna della Corte di Mahabad, il 16 febbraio 2013 sono stato trasferito da Mahabad nella prigione centrale di Orumiye. Dopo 2 anni la sentenza di morte è stata confermata dalla Corte suprema. La possibilità di un nuovo processo non è ancora chiara, ma poiché la mia sentenza è definitiva la possibilità della mia esecuzione è  imminente.
Saman Naseem, prigioniero politico curdo nel braccio della morte, carcere centrale di Orumiye, Iran
Febbraio 2015
Che ne è, oggi, di Saman? Firmiamo l' appello di Amnesty per la sua salvezza, e quest'altra petizione in suo favore - mentre le speranze sono sempre più esili.
NB - a poche ore da questo post, la notizia dell'avvenuta esecuzione di Saman -  e purtroppo anche dei 2 fratelli Ali Efşarî e Habîbullah Efşarî ! è data per certa dal sito inglese di ANF News.



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