sabato 25 ottobre 2014

Impiccata Reyhaneh. Sconvolte ci chiediamo: è questo il nuovo corso dell'Iran? e l'Italia dov'è?

Mia figlia con la febbre ha ballato sulla forca: con queste parole che grondano amarezza e dolore la madre di Reyhaneh ha annunciato l'impiccagione di quella figlia che fu incarcerata quand'era poco più che una bambina, e che da 5 anni marciva in un braccio della morte. 
Il 5 ottobre la Rete delle Reti femminili invitava a partecipare al tweetstorm in suo soccorso: 
e a diffondere la petizione che ha raccolto oltre 240.000 firme. Da Amnesty a Papa Francesco moltissimi sono intervenuti per lei, ma non c'è stato niente da fare.  Oggi la ministra degli Esteri Mogherini ha espresso dolore per questo crimine - ma qualcosa, nelle sue dichiarazioni, manca: è un dolore profondissimo, avevamo sperato tutti che la mobilitazione internazionale potesse salvare la vita di una ragazza che invece è vittima due volte, prima del suo stupratore poi di un sistema che non ha ascoltato i tanti appelli, a conferma che è proprio sulla difesa dei diritti fondamentali che il dialogo tra i Paesi resta più difficile. Eppure, la difesa dei diritti umani e l'abolizione della pena di morte sono battaglie fondamentali che l'Italia non rinuncerà mai a portare avanti in tutte le sedi.

Però, ci chiediamo: il buon esito era delegato alla mobilitazione internazionale? di chi? In effetti noi non troviamo notizie chiare: a parte le dichiarazioni ai giornali, e l'appello dell'ambasciata - a parte lo sperare, cosa ha fatto, concretamente, il nostro Governo, dopo il disperato appello della madre alle autorità italiane, il 30 settembre? in quell'occasione la nostra ministra aveva dichiarato: L'appello della madre di Reyhaneh non può lasciarci indifferenti. L’Italia è per tradizione contraria alla pena di morte e per questo ci stiamo battendo da tempo anche alle Nazioni Unite. Mi auguro dunque, nel pieno rispetto delle procedure iraniane, che la sentenza possa essere riesaminata. Già ieri l'ambasciata italiana a Teheran ha trasmesso questo auspicio alle autorità iraniane. Sono certa che le parole della madre di Reyhaneh saranno ascoltate con attenzione anche in un Paese, come l’Iran, di cui ho avuto modo in più occasioni di apprezzare una cultura millenaria che tanto valore ha sempre dato alla vita umana.
Si, ma poi? poi, cosa è stato fatto? ci si è affidati alle certezze della speranza? alla cultura millenaria che non sembra di nessun aiuto alle donne, e tantomeno nell'Iran di oggi? non sono un po' generici gli argomenti di queste dichiarazioni?

Agli immancabili che penseranno bene di commentare che qui è peggio che là, che quella era colpevole di omicidio, che cosa vogliamo sindacare sulla giustizia di un paese sovrano e simili argomenti a cui siamo avvezze, ricordiamo che:
1. Nel 2007, quando aveva solo 19 anni, Reyhaneh era stata convocata nell'appartamento di un ex-agente dei servizi segreti iracheni, Morteza Abdolali Sarbandi; qui costui - secondo il suo racconto di cui è davvero difficile dubitare (né altri moventi sono mai emersi) ha tentato di abusare di lei e nel tentativo di difendersi lei lo ha colpito, e ucciso accidentalmente
2. Secondo la giustizia iraniana il perdono della famiglia del morto avrebbe potuto salvarla, ma la condizione che le è stata posta è stata di ritrattare la propria versione, negando il tentativo di stupro. Questo lei si è sempre rifiutata di farlo. 
3. Quando ancora aveva speranze, la madre aveva detto: la famiglia di Sarbandi pone condizioni sempre diverse: chiede che mia figlia ammetta i suoi errori; che faccia il nome di un uomo che loro sono convinti abbia partecipato all'omicidio. Ma quali errori ha commesso mia figlia? Di consegnarsi spontaneamente alle autorità? Di subire ogni forma di pressione fisica e psicologica per anni? Di aver accettato tutte le imputazioni?
Sta di fatto che lei non ha ritrattato, e per questo è stata impiccata.
La vera colpa delle donne, in certi frangenti è di esistere - e da certe colpe non c'è salvezza né redenzione - né mai ci sarà: fino a quando non si riconoscerà che i diritti delle donne sono diritti umani.

1 commento:

  1. Chi l'ha detto che è innocente? L'Ufficio del Procuratore Generale, tra l'altro, dichiara che:

    la Jabbari è stata indagata come persona sospetta in base alla sua ultima telefonata fatta al telefono cellulare della vittima. La polizia ha trovato una sciarpa insanguinata, un coltello insanguinato e il fodero originale del coltello in casa della Jabbari.
    la Jabbari ha riconosciuto di aver acquistato il coltello 2 giorni prima dell'omicidio
    la Jabbari aveva inviato un SMS a un suo amico 3 giorni prima dell'accaduto, in cui aveva scritto: "Penso che lo ucciderò stanotte"
    la Jabbari dapprima parlò del coinvolgimento di un altro uomo, chiamato "Sheikhi". Dopo, a causa dell'impossibilità di identificarlo, la donna avrebbe detto che la sua dichiarazione iniziale era falsa e che con essa aveva provato a sviare l'indagine
    Ciò che la Jabbari disse nei mesi finali che precedettero l'esecuzione, furono soltanto una ripetizione delle sue precedenti dichiarazioni, su ognuna delle quali la polizia aveva investigato ed erano state riconosciute come infondate da parte di 5 giudici della Corte penale della provincia e dai giudici della Corte Suprema nazionale. Malgrado tutto ciò, l'Ufficio della Procura aveva fatto del suo meglio per far trovare un accordo che salvasse la vita della Jabbari alla famiglia di lei e a quella della vittima, che tuttavia non aveva voluto concedere il suo perdono.

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