domenica 12 ottobre 2014

Alle combattenti di Kobane: prendendo a prestito le parole di Malalai Joya

ARCHIVIO/DOCUMENTI - Grazie, grazie, grazie alle combattenti curde, e al loro popolo, a cui tutto il mondo sta guardando con speranza. Alcune di queste donne abbiamo avuto occasione di conoscere da vicino, ieri a Roma - [qui l'intervento integrale di una di loro, Havin Guneser].
Ci uniamo alle parole di Malalai Joya, e le facciamo nostreUn ardente saluto alle donne coraggiose di Koubane. In questi giorni, il loro coraggio e la loro resilienza ha stupito tutto il mondo. 
Per difendere il loro territorio dai criminali assassini dell'ISIS, loro non hanno sperato negli Stati Uniti e nella NATO, né - per difendere la loro terra da terroristi e stranieri, come i gruppi di analisti mercenari in Afghanistan - hanno chiamato in aiuto l'Occidente e gli USA. I nobili abitanti di Koubane, uomini e donne, generosamente difendono la loro dignità, la libertà e la loro patria con le loro proprie mani, accettando ogni genere di sacrifici per farcela. Eroine di Koubane, io appoggio profondamente la vostra ispirata resistenza contro i criminali di Isis e umilmente imparo dalla vostra orgogliosa dedizione al paese. Voi siete un'invincibile bandiera di coraggio e fierezza. Con la vostra implacabile battaglia contro questi criminali ignoranti voi siete assurte a simbolo universale di umanità e di lotta per la libertà.

Non siete sole in questa gloriosa sfida. Tutte le persone del mondo che amano la libertà e il progresso sono con voi. Con la vostra lotta contro l'oppressione, voi donne siete un calcio nella pancia del'ISIS e di tutti i fondamentalisti dalla mentalità medievale, che valutano le donne la metà degli uomini, e le vedono come oggetti per soddisfare la loro brame animalesche. 
Voi avete dimostrato come le donne siano capaci di stare al fianco dei loro fratelli, anche con le armi, nelle circostanze più difficili e terribili, per difendere la libertà e la giustizia e affrontare nemici armati fino ai denti. Negli ultimi decenni il popolo afghano ha sofferto per la dominazione della mentalità di tenebra dei famigerati fondamentalisti fratelli di Isis. Oggi la nostra gente, ispirata dalla vostra lotta senza paura, per stare al vostro fianco strofinerà nella polvere il muso dei terroristi talebani e Jehadi, queste efferate e crudeli creazioni degli Stati Uniti.
Una nazione in cui donne coraggiose prendono le armi per combattere accanto agli uomini contro l'oppressione e la colonizzazione non sarà mai sconfitta. La vittoria è vostra! Già in passato avete schiacciato e umiliato i bruti ISIS e tutta l'umanità progressista vi ammira per questo.

Nel nome delle donne e degli uomini che vogliono la libertà, vi invio il mio caldo saluto e offro la mia piena solidarietà a ciascuna e ciascuno di voi, care persone, e con calore vi stringo forte le mani.
Non dobbiamo dubitare: sconfiggeremo i fondamentalisti barbarici e i loro padroni occidentali.
Malalai Joya, Afghanistan 12 ottobre 2014

Come ha scritto Fabio Marcelli, queste donne hanno consapevolmente imbracciato le armi in mancanza di alternative. Uccidere è sbagliato, dicono, ma non abbiamo altra possibilità. 


Criticano la società patriarcale e il capitalismo
Rivolgono un appello alle donne europee che sanno soffrire un’oppressione per molti versi simile a quella che vivono loro. Demistificano il discorso razzista di chi afferma che l’Islam è una religione oppressiva e misogina, affermando che la folle e mortifera linea dell’Isis non ha nulla in comune con la religione. Le radici dell’oppressione nei confronti della donna, sia essa velata o esibita come oggetto sessuale in vendita al miglior offerente (o entrambe le cose insieme, soluzione a quanto pare preferita dai terroristi), sono in un sistema mondiale di dominazione ed oppressione che prescinde da ogni discorso religioso, usato strumentalmente solo come specchietto per le allodole. 
Una trappola nella quale cadono i giovani europei che si arruolano sotto le bandiere di Al Baghdadi, così come gli scellerati che parlano di “scontro di civiltà” e si illudono che il problema sarà risolto con qualche bombardamento. (…) Il progetto che queste donne portano avanti va ben al di là della necessaria e prossima sconfitta delle orde di terroristi drogati che fanno parte dell’Isis

Esso comprende una società nuova, caratterizzata dal recupero delle radici culturali umiliate dall’oppressione dei regimi e dal superamento dei vecchi modelli feudali e patriarcali, così come da quello del capitalismo da rapina che opera nella zona. A un compito così vasto e profondo possono provvedere, con buona pace dei maschilisti che proliferano nell’attuale società italiana e sono nascosti, ahimè, all’interno di ciascuno di noi maschi, solo delle donne. Donne armate, non solo di kalashnikov (strumenti che pure in certe situazioni risultano assolutamente indispensabili), ma anche e soprattutto di una forte consapevolezza di sé, merce purtroppo sempre più rara dalle nostre parti. Donne che, anziché attendere passivamente che qualcuno, magari rivestito da qualche bandiera occidentale, venga a salvarle, si armano e provvedono in prima persona alla sicurezza propria e dei propri concittadini. 


E, provvedendo alla sicurezza, gettano anche le basi per una società autenticamente democratica basata sull’eguaglianza effettiva fra i generi.
Grazie Fabio Marcelli, non avremmo saputo dirlo meglio.
A tutto il popolo di Kobane, ma soprattutto alle donne combattenti che, con ogni mezzo, dall'Irak alla Siria, si sono poste in prima linea contro la barbarie, tutta la nostra vicinanza, con l'affetto più profondo e sincero.


In tutto il mondo rimbalzano le notizie relative agli attacchi dell’ISIS nel Sud del Kurdistan e nei territori di Rojava. Si tratta di una violenza sistematica di matrice terroristica che colpisce indiscriminatamente la popolazione, ed in particolare è rivolta nei confronti dei curdi yezidi, una popolazione che già nei secoli ha subito persecuzioni e lutti in grande quantità. Quello in atto nei confronti degli yezidi, dopo l’eccidio di Şengal, non può che essere definito un genocidio, che ad oggi conta più di 20mila vittime tra i civili. Anche in questa guerra, l’uomo ha ordinato di attaccare prima e soprattutto le donne, barbaramente massacrate, indotte al suicidio, vendute da quella che è stata definita da alcuni analisti “la forza distruttiva del capitalismo”
Un vero e proprio femminicidio di massa. Come Fondazione Internazionale delle Donne Libere abbiamo organizzato conferenze in materia di femminicidio in numerose capitali europee: il 23 novembre 2011 a Parigi, il 3 dicembre 2011 a Stoccolma, il 14 gennaio 2012 a Londra e l’11 febbraio 2012 a Ultrecht. In collaborazione con le avvocate dei Giuristi Democratici, abbiamo organizzato anche varie iniziative sul femminicidio a Ginevra, alle Nazioni Unite. La conferenza di Roma dell’11 ottobre 2014, in continuità con quelle organizzate dalla Fondazione Internazionale delle Donne Libere negli anni precedenti, vuole parlare di femminicidio, calandolo nella dimensione del conflitto in atto. A supportare la Fondazione Internazionale delle Donne Libere nell’organizzazione del convegno sono intervenute anche la rappresentanza del movimento delle donne curde, che ha sede a Ginevra, l’ufficio informazioni del Kurdistan UIKI ONLUS, e le avvocate dei Giuristi Democratici. Hanno fornito il loro sostegno all’iniziativa anche la Casa Internazionale delle Donne di Roma, che ospita il convegno, l’associazione Senza Confine, il Centro Ararat, l’associazione Donna Diritti e Giustizia. 
La conferenza vuole creare una rete internazionale di informazione e cooperazione per azioni concrete di sostegno alle donne vittime di femminicidio nel conflitto ed alle donne protagoniste della resistenza nel conflitto. In particolare si vuole attivare la comunità internazionale per la liberazione delle donne rapite dall’ISIS e per fermare il femminicidio ed il genocidio in atto. Fermare il femminicidio è possibile solo se si affronta il problema unite, a livello internazionale. Per questo motivo, ci auspichiamo una grande partecipazione agli spazi di dibattito previsti in entrambe le sessioni del convegno da parte di tutte le associazioni e i gruppi che si occupano di violenza maschile sulle donne e di diritti umani.
Un'immagine dall'incontro (ph. Paola Mazzei):

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