mercoledì 14 maggio 2014

#Expo2015: imparare e cambiare, non tirare dritto

Scrive oggi l’Unità che Matteo Renzi respinge gli attacchi concentrici sull'Expo e ribadisce con forza la sua centralità: «Non ci lasceremo rubare il futuro dai ladri [ma, pare, glielo abbiamo già lasciato fare, ndr] Chi ruba va fermato ma non si fermano le opere, si fermano i ladri. Sono qui [in riunione nella sede dell'Expo, con Raffaele Cantone pres. Autorità Anticorruzione, ndr] per dire che il governo farà la sua parte. Non bisogna mollare, bisogna vincere la sfida dell'Expo, che deve diventare fiore all'occhiello del Paese, perché se ci tiriamo indietro non saremmo più coerenti con i nostri valori. Milano è un punto di riferimento per l'intero Paese, grazie a tutti coloro che non mollano e ci credono. L'Expo è una strepitosa opportunità». Ma forse no - forse c'è qualcosa da approfondire meglio.
Come scrive invece Beltrami Gadola, autorevole voce della vita sociale e politica milanese: “No, non si può dire 'the show must go on' e tirare diritto”. 
E perché non si possono arginare arginare così facilmente “gli attacchi concentrici sull'Expo”? perché quanto emerso dalle indagini era chiaro a molti e da tempo, trattati come sempre da Cassandre iettatrici. Per questo ha ragione Beltrami Gadola a dire che Renzi non può minimizzare e, scendendo la scala gerarchica della politica, non lo può fare nessuno: perché i cani abbaiavano (da tanto) e speravano di non abbaiare alla luna.

E perché:
"chi accetta il potere lo sa che non è una sine cura: le difficoltà sono il suo pane quotidiano. Nessuno può dire: ci sono ovunque mele marce… ne abbiamo abbastanza di questo repertorio buono per ogni scandalo. Né si può dire che quel che è saltato fuori lo si debba ai controlli milanesi: è una vicenda che viene da lontano come ricaduta di altre indagini: i controlli milanesi riguardavano le infiltrazioni mafiose ma per gli ultimi arresti si tratta di associazione a delinquere mafia free - e che poi questa delinquenza sia la pronuba della mafia lo abbiamo detto da sempre".
In un Paese normale il presidente della società Expo spa darebbe le dimissioni. 
Non così la presidente Diana Bracco, che raccoglie le parole di Renzi; eppure - come osserva Gadola, anche se estraneo ai fatti, chi accetta simili cariche ha gravi responsabilità non solo onori: in questi frangenti, scusandosi dovrebbe lasciare la scena - e: ..a seguire si accodino tutti quelli che avevano e lasciavano intendere di avere qualche potere decisionale nella macchina infernale che si è rivelata essere Expo. 
L'editoriale di Gadola è molto amaro, ma la sua amarezza è la stessa di tutti quelli che aspettano invano segnali forti per un modo di fare politica e impresa radicalmente diverso in quanto in grado di respingere il parassitismo della corruzione, che pesa per 60miliatdi di euro - e vale dunque tutta la nostra povertà. Ecco perché qui lo richiamiamo con tutte le sue riflessioni:
"E delle imprese che sono lì a fare lavori acquisiti con l’imbroglio cosa ne vogliamo fare? Un buffetto sulla guancia? Un piccolo rimpasto in consiglio di amministrazione tanto per mostrare facce nuove? Ma in quelle aziende le cattive abitudini normalmente scendono per i rami il che equivale a dire pessimi lavori.
Veniamo ai cani che abbaiano (inutilmente) alla luna, che per definizione non reagisce. Da tempo su queste colonne si denunciavano condizioni generali inaccettabili, a cominciare dall’articolo di Emilio Battisti, del 26 marzo 2009, “Expo cavallo di Troia della ‘ndrangheta“. Siamo spesso tornati alla carica anche dicendo che, indipendentemente da Expo, la legislazione sui lavori pubblici è un colabrodo e che malgrado l’aspetto di un’architettura legislativa articolata e pignola lascia varchi aperti alle più spudorate manipolazioni, in particolare quando si decide dell’assegnazione dei lavori secondo la formula della “offerta economicamente più vantaggiosa” (per chi?). Solo gli sciocchi ritenevano questo essere il rimedio contro la corruzione che si nascondeva dietro le offerte al massimo ribasso. Potete starne certi, se la cosiddetta offerta economicamente più vantaggiosa non fosse stata il varco perfetto per le manipolazioni più spudorate con i suoi criteri discrezionali, si sarebbe fatto in modo di non poterla utilizzare, invece è piaciuta a tutti: bipartisan.
Ma prima ancora bisogna che i lettori sappiano che la tecnica è anche quella di bandire gare con un capitolato fatto come un vestitino su misura per qualcuno, magari cercando di ridurre al minimo consentito dalla legge il tempo per studiare un’offerta, tempo spesso chiaramente insufficiente. Ma “qualcuno” sa tutto da molto prima e non viene colto “impreparato”. Non vorrei dover qui fare il manuale del perfetto manipolatore ma quello che è successo, e le intercettazioni ne sono la conferma, lo avevamo detto per tempo. I rimedi? C’erano nella stessa legislazione se la si fosse applicata come forse immaginava il legislatore, che però non conosceva fino in fondo tutte le trappole che evidentemente la lobby dei disonesti aveva teso: troppi varchi aperti.
E allora? Stiamo aspettando per vedere se dal cilindro esce un coniglio (con le manette) o qualcosa di buono. Per il futuro immediato si potrebbe cominciare col far approvare i bandi e i capitolati dalle associazioni di categoria interessate che, forse pensando a evitare favori ora a questo ora a quello, farebbero l’interesse dell’insieme dei loro associati e contemporaneamente del bene comune. Una rivincita della mano invisibile? 
E poi rimettiamo mano all’intera legislazione sugli appalti e non solo in edilizia. A quando?

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