sabato 8 marzo 2014

Se migliora la vita delle donne migliora la vita del Paese. Se non ora quando? lo ripete al nuovo governo

Se  migliora la vita delle donne migliora la vita del paese: torniamo a ripeterlo oggi  al nuovo governo.
Abbiamo considerato un primo passo verso una democrazia migliore la nomina di otto ministre, ma ci chiediamo che fine abbia fatto poi la parità di genere nella scelta dei sottosegretari. E' tempo di  passare dai numeri alle politiche, che non sono neutre. Il verso va cambiato in profondità.
La battaglia per la parità di genere non deve essere affidata alla “buona volontà” o  alle convenienze contingenti; si sostanzia di politiche nuove.
Nonostante le politiche degli ultimi anni, “silenziose” se non addirittura ostili,  le donne sono andate avanti in forte solitudine, cercando di tenere insieme i piani di una vita da funambole: lavoro, figli, cura. Ma ora chiedono che i loro bisogni reali, la loro vita materiale siano riconosciuti cosi come la loro forza,  i loro talenti e le loro competenze e professionalità.

Molte le  priorità  che chiediamo al neonato governo di mettere al centro della sua azione:
• Occupazione delle donne:              
tutti gli studi affermano che sul mercato del lavoro è necessario “sommare due donne per fare un uomo”  perché ancora oggi le retribuzioni femminili sono più basse; le donne fanno più fatica ad entrare nel mercato del lavoro e a rimanerci, a fare carriera, a raggiungere posizioni apicali.
• Precarietà:
Sta diventando per le donne l’unica dimensione di attività sul mercato del lavoro. Attuare politiche per il lavoro delle donne significa non solo ridurre la precarietà ma innalzare il benessere collettivo; le politiche di risanamento della finanza pubblica hanno finora pesato soprattutto sulle donne e sulle fasce più povere.
• Dimissioni in bianco: 
La precarietà che ottunde l'orizzonte esistenziale di milioni di giovani si abbatte con una specificità tutta particolare sulle donne: su di loro pesa  l'incivile minaccia di perdere il posto di lavoro se decidono di diventare madri. Chiediamo una legge sulle cosiddette dimissioni in bianco.
• Welfare:
La rete dei servizi, unica garanzia per le donne (su cui ancora oggi grava il peso delle famiglie) di poter condurre un ritmo di vita umana, è oggi in Italia sempre più povera, sempre più carente.
Sulle spalle delle donne ricade tutto il peso della cura della famiglia, dei figli piccoli, degli anziani, dei malati. Molte giovani madri devono scegliere tra la realizzazione di se attraverso il lavoro o la realizzazione del proprio desiderio di maternità.
Molte donne devono votare la propria intera esistenza al lavoro di cura della famiglia e degli anziani . Chiediamo risorse e miglioramento per la rete dei servizi.
• Tutela della maternità:
deve essere  estesa a tutte le donne. Un Paese che guarda al futuro deve trovare le  risorse per corrispondere un assegno di maternità universale, a carico della fiscalità generale,  a tutte le nuove madri.
• Condivisione:            
 la strada dei congedi parentali è stata percorsa per un tratto troppo breve. Chiediamo che si vada molto più avanti . Per superare gli stereotipi di genere  il mondo del lavoro va ripensato oltre i ruoli tradizionali dei due sessi.
• Violenza di genere:
Il contrasto della violenza sulle donne non si può fermare alle misure di pubblica sicurezza: occorre finanziare i piani esistenti e agire sulle radici. Significa operare concretamente  per riconoscere e raccontare la forza delle donne prima di tutto nella scuola: l'educazione, su cui si spendono molte parole, deve essere davvero al centro di un progetto di risanamento del Paese; i programmi scolastici non possono continuare a descrivere un mondo creato e gestito da uomini, in cui le donne stanno a guardare. Pretendiamo che trovino cittadinanza nella scuola italiana le poetesse, le storiche, le scienziate, le filosofe che hanno fatto la storia di ieri e di oggi così che le ragazze possano specchiarsi in loro, e i ragazzi arricchirsi e non avere paura, attraverso la conoscenza della differenza. La cultura di genere deve partire dalla scuola
• Piena applicazione della legge 194:
Nata per garantire la tutela della maternità, e ai diritti alla salute e all'autodeterminazione, da anni questa legge è vuotata del suo contenuto attraverso un uso improprio dell'obiezione di coscienza [e fortunatamente questo ha condotto oggi a un richiamo europeo], che da atto individuale è diventato fenomeno di massa. Per noi è inaccettabile che la parola "vita" venga contrapposta alla maternità consapevole e responsabile che è una delle più serie difese della vita. Rivendichiamo con forza il diritto all’autodeterminazione intesa come libertà,  possibilità, affermazione di piena cittadinanza. Nella libertà, il riconoscimento verso la madre che ci ha partorito è una radice di senso per tutti, uomini e donne. Anche per questo è tempo che in Italia si possa trasmettere alle figlie e ai figli il cognomedella madre.
• Impatto di genere di tutte le proposte di legge:
Chiediamo a questo Governo e a questo Parlamento di verificare sempre, attraverso la costituzione di un gruppo di lavoro composto da esperte, l’impatto di genere di tutte le proposte di legge e dei  provvedimenti di tutti i Ministeri. Chiediamo di rendere tali verifiche trasparenti.  Le conseguenze delle scelte politiche non sono uguali per tutti i cittadini, perché le donne e gli uomini sono diversi. Lo chiediamo a partire dalla nuova legge elettorale che deve garantire i principi democratici contenuti nella nostra Carta Costituzionale, con l'alternanza donna-uomo nelle candidature e pari-capilista, e per la quale vogliamo un voto palese in Parlamento.
Perché lo ribadiamo: senza le donne il Paese non potrà MAI uscire dalla crisi e crescere.    
E torniamo a chiedere: se non ora, quando?

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