lunedì 5 agosto 2013

Legge statutaria della Sardegna: il governo si ricordi nei fatti delle pari opportunità. Su cui spende belle parole

Il 2 agosto abbiamo pubblicato un post che ricordava il termine per impugnare davanti alla Corte Costituzionale la Legge Statutaria elettorale sarda - allegando una lettera al Presidente del Consiglio in cui l'Accordo per la Democrazia Paritaria chiedeva di provvedere in merito al contrasto espresso, da questa legge, sulle pari opportunità. E la cosa interessante è che la legge è stata impugnata. Si: ma NON sul tema delle pari opportunità. 
Il Consiglio dei Ministri ha impugnato la legge in merito all'art. 22 comma 3 (incandidabilità/ineleggibilità del presidente della Regione in caso di dimissioni prima della fine naturale della legislatura): muovendosi dunque in difesa di chi copre cariche istituzionali, e ignorando invece, completamente, le gravi irregolarità riguardo alle questioni di genere. Qualcosa di inaccettabilmente discriminatorio (e oltremodo imbarazzante - considerate le belle parole spese dal premier sulle pari opportunità: belle ma vuote, se non seguite dai fatti. Le associazioni firmatarie della prima lettera hanno scritto nuovamente al premier, ricordando adesso che è dovere del Governo integrare l'atto di impugnazione: cosa che c'è il tempo di fare ancora fino a fine agosto. 

Al Presidente del Consiglio Enrico Letta
e p.c. al Segretario Generale della PCdM Cons. Roberto Garofoli

Oggetto: Impugnativa davanti alla Corte costituzionale della Legge statutaria sarda

Gentile Presidente,
nonostante il tempestivo invio, da parte di numerose Associazioni sarde e nazionali, della richiesta di sollevare la questione di costituzionalità della legge statutaria elettorale sarda (lettera del 24 luglio inviata anche al Segretario Generale della PCdM Cons. Roberto Garofoli), il Consiglio dei Ministri  il 2 agosto si è espresso per il sì all'impugnativa davanti alla Corte costituzionale ma non per l’incompletezza della legge, che con l'art. 4 comma 4 introduce soltanto un tetto alle candidature di ciascun genere, disattendendo varie norme costituzionali.

L’unica norma nel mirino è l'art. 22 comma 3, che riguarda la previsione dell'incandidabilità / ineleggibilità del (della) presidente della Regione in caso di sue dimissioni prima della fine naturale della legislatura, segnalata dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Graziano Delrio.

Ma c’è ancora l’intero mese di agosto per integrare la decisione del Consiglio dei Ministri. Potrebbe così rimediare al primo, grave e clamoroso effetto della delega alle Pari Opportunità a una viceministra, i cui limiti le Associazioni avevano subito evidenziato. E non ha neanche funzionato, com’era facilmente prevedibile, il pubblico impegno da parte Sua a farsi carico nel CdM delle questioni per le Pari Opportunità e a invitare la viceministra ogni volta che tali questioni sarebbero state trattate.

Il colmo è che il contrasto individuato dal Ministro Delrio, riferito all'articolo 22, comma 3, riguarda due articoli (3 e 51 della Costituzione) che sono tra quelli da considerare, secondo le nostre associazioni, ai fini del ricorso alla Corte costituzionale ma con riferimento all’articolo 4 comma 4.

Il Suo Governo, quindi, si è mosso solo per difendere i diritti di chi copre cariche istituzionali, trascurando del tutto le questioni di genere. Un’occasione persa ma, se vuole, fa ancora in tempo a provvedere: è quanto ci aspettiamo.

Le inviamo i nostri cordiali saluti e rimaniamo inattesa di un riscontro.

Le Firmatarie dell’Accordo di Azione Comune per la Democrazia Paritaria
Roma, 4 agosto 2013

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