mercoledì 12 giugno 2013

Sesso o stupro? Ancora sui processi mediatici

Il quotidiano giuridico Studiocataldi.it ci ha inviato un pezzo che entra nel merito del dibattito sollevato dalla lettera di alcune blogger donne indirizzata al direttore di Italia Uno, Luca Tiraboschi, riguardo al servizio de Le Iene, di cui abbiamo parlato QUI, e QUI. Un pezzo che entra nel merito, appunto, dei risvolti giuridici. Eccolo:

Dopo aver scritto un pezzo sul femminicidio ho ricevuto da una lettrice un tema estremamente interessante, sia perché affronta tematiche femminili sia perché implica alcune riflessioni sulle responsabilità dei media nei giudizi penaliTutto parte da un servizio de Le Iene, all'interno della puntata del 2 giugno, dal titolo significativo "Sesso o stupro?", nel quale sono stati intervistati due uomini di Uras (Oristano) condannati in primo grado per violenza di gruppo, commessa contro una ragazza nell'estate del 2010.
La sentenza è stata emessa recentemente e pare destinata a non avere un epilogo in tempi brevi, soprattutto a causa del polverone mediatico che ha scatenato. Per farla breve, i due, durante una festa di addio al celibato in una discoteca, hanno conosciuto una ragazza, che è finita con l'essere la vittima di una violenza all'interno del parcheggio del locale.

referti medici parlano di tumefazioni al volto ed escoriazioni e gli esami del sangue hanno dimostrato che la ragazza non fosse in uno stato di alterazione da sostanze allucinogene, mentre è certo uno stato di ebbrezza. Eppure i due si sono dichiarati, e continuano a farlo, innocenti. Il parere del giudice è invece assolutamente inequivocabile, i due "hanno approfittato delle sue condizioni di inferiorità, derivate dallo stato di ebbrezza alcolico che ne limitava fortemente la capacità di autodeterminazione e di reazione".

Eppure l'intervista rischia di far apparire i due uomini come vittime e la ragazza come una sorta di ninfomane affamata di droga e soldi (pare infatti che i due le abbiano offerto, in cambio di un rapporto a dir loro consenziente, la rispettabile cifra di...50 euro), anche se a risentire bene le frasi del suo commentatore, la Iena Mauro Casciani, dei dubbi sui due sorgono. Ma siccome non tutti gli spettatori, forse, sono andati a rivedersi l'intervista per più di una volta, ciò che purtroppo resta in maniera preponderante è il solito refrain di retaggio bigotto: donna ubriaca ergo lecito approfittarne. Insomma la vittima, per come appare di primo acchito, sembra realmente che più che stuprata si sia solo voluta dare alla pazza gioia. Per poi pentirsene il giorno dopo e decidere di denunciare una violenza.

Questo mette in luce, quale che sia la verità, un paio di problemi di fondo. Innanzitutto il problema della sottile linea tra liceità e non di alcuni atti, come quello di fare sesso con una persona non perfettamente cosciente. Che sia ubriaca, mentalmente offuscata o ritardata, poco cambia: approfittarsi è da perseguire perché non ci può essere consenzienza da parte di chi subisce l'atto sessuale. In secondo luogo, uno dei grandi handicap del nostro paese, cioè quello dei processi fatti dai media, e a cui è ora di dire basta. Abbiamo appurato che la televisione, o internet, è un mezzo potentissimo per plasmare le idee di chi la subisce. Mandare in onda un servizio del genere, che in embrio poteva essere anche interessante, rischia di annullare anni di lavoro di magistrati e di avvocati, di screditare le vittime, di beatificare i carnefici. 
Sarebbe forse il caso che i processi si facessero nelle aule, ma siccome l'informazione è un diritto di tutti basterebbe semplicemente tentare la via della maggior neutralità, perlomeno nei casi più delicati, come quello delle violenze sessuali appunto.

Barbara Sordi, 12 giugno 2012



2 commenti:

  1. chi ha bevuto così tanto da non reggersi in piedi non è in grado di dare il consenso a nulla, questo è ovvio

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  2. finalmente un pezzo che affronta il problema sul piano giuridico, anche se non chiarisce se questo tipo di servizi sia suscettibile di esposti alla magistratura
    io penso di si, se non altro per la violenza morale esercitata sulla ragazza già oggetto di stupro, e dunque anche relativamente a eventuali conseguenze su di lei, aggressioni o atti di autolesionismo ad esempio
    Elena

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