mercoledì 27 febbraio 2013

Elezioni 2013: quante elette in regione Molise?

Per i partiti della sinistra, alle Regioni Lazio e Molise...  prove di Conclave. Con il voto di preferenza, infatti, nelle due regioni che saranno governate dal centrosinistra, il PD, Sel, Partito socialista e Comunisti unitari non hanno eletto nessuna donna.

Vediamo il Molise:
grazie al listino del presidente Paolo Frattura, l’unica donna tra i 12 consiglieri della maggioranza di centro sinistra è Nunzia Lattanzio dell’Udeur, ripescata come prima dei non eletti, con una presenza femminile  dell’8,3%.

Rappresentanza paritaria invece per Il Movimento 5 Stelle che elegge una donna e un uomo.
L’opposizione di Centrodestra elegge 5 consiglieri, fra loro una sola donna (20%).

In tutto le consigliere regionale del Molise sono 3, il 14,2%.

Elezioni 2013: quante elette in Regione Lazio?

Per i partiti della sinistra, alle Regioni Lazio e Molise...  prove di Conclave. Con il voto di preferenza, infatti, nelle due regioni che saranno governate dal centrosinistra, il PD, Sel, Partito socialista e Comunisti unitari non hanno eletto nessuna donna.

Vediamo il Lazio:
Con la vittoria di Zingaretti, nel consiglio regionale del Lazio sono scattati i dieci eletti del listino e fra di loro ci sono 5 donne: il centrosinistra avrà così 5 elette su 28 consiglieri, con una percentuale del 17,8%.
Bene il Movimento 5 Stelle, che su 7 consiglieri ha eletto 3 donne (42,8%). 
Una sola donna invece per il centrodestra (7,6%).

In tutto le consigliere regionali del Lazio sono 9: solo il 18% del totale.

Elezioni 2013: quante elette in Lombardia?

Prove di Conclave nelle Regioni, a partire dalla Lombardia, in cui ha vinto il centrodestra

Vediamo nel dettaglio:
Lista Maroni 
elegge 4 donne su 12 (il 33,33%)

Movimento 5 stelle 
3 su 9 (33,33%)

Patto civico per Ambrosoli 
1 su 5 (20%)

Lega Nord 
3 su 15 (20%)

PD
2 su 17 (11,76%)

PDL
1 su 19 (5,26%)

Partito dei pensionati 
1 sola consigliera donna

Fratelli d'Italia 
0 su 2 (0%)

In tutto le consigliere regionali della Lombardia sono 15 su 80 eletti: solo il 13,63% del totale.

Elezioni 2013: scrive Assunta Sarlo

Un paradosso chiamato porcellum
C'è un vero paradosso: il porcellum (di queste elezioni, ndr) di fatto assicura il parlamento più rosa della storia (circa il 30 per cento) grazie soprattutto alla capacità di negoziazione dentro i partiti della sinistra e ai grillini che hanno candidato molte donne in posizione eleggibile. 
Laddove ci sono preferenze prevalgono altre logiche (anche tra donne) e il risultato in Lombardia è quello fotografato da Cristina Pecchioli. Oltre al dispiacere per donne di valore  (e parte del movimento delle donne) che non entrano in consiglio regionale, il numero delle elette ci fa capire quanto sia impervia la strada e necessaria una riflessione. 
Insomma le donne passano quasi solo se sono scelte o imposte? 

Elezioni 2013: scrive Cristina Pecchioli

A proposito del voto alla Regione Lombardia
Tra i tanti che meriterebbero, voglio sottolineare un dato: oltre ad avere come presidente Maroni, la Lombardia avrà in consiglio complessivamente 15 donne su 80 eletti (il 18,75% circa). Il Pdl ne elegge 1 su 19 (5,26%), Lista Maroni 4 su 12 (il 33, 33%), Lega Nord 3 su 15 (20%), Fratelli d'Italia 0 su 2, partito dei pensionati 1 sola consigliera donna. Movimento 5 stelle 3 su 9 (33,33%), Patto civico per Ambrosoli presidente 1 su 5 (20%), Pd 2 su 17 (11,76%). 
3 donne in tutto espresse dallo schieramento di centrosinistra su 22 consiglieri, appena il 13,63%.....! 
Credo che bisognerebbe aprire una riflessione su questo. Almeno qui in Lombardia, le promesse elettorali non sono state mantenute.

Elezioni 2013: scrive Barbara Spinelli

La cosa più difficile, dopo il gran botto delle elezioni, è districare il groviglio di luoghi comuni, frasi fatte, formule-slogan che ci accompagnano da mesi e anni. La parola populismo innanzitutto. Ovvero quest'accusa lanciata disordinatamente contro chiunque abbia l'ardire di accusare i politici regnanti e le loro vaste provinciali inadeguatezze. Ma anche vocaboli come sacrifici, austerità: presentati come nobili porte strette che ci avrebbero restituito prestigio europeo, e che dovevamo alle generazioni future. Infine il concetto-chiave: governabilità.
Parola un po' irrisoria, quando il termine oggi preferito non è governo ma l'inafferrabile governance tecnica. 
Si sono accartocciate come foglie, queste frasi fatte, trascinate da un vento che non sappiamo dove andrà ma sappiamo da dove viene, sempre che si voglia reimparare non solo la politica, ma anche la geografia di un'Italia così poco perlustrata, e compresa.
Ilvo Diamanti ha detto una delle cose più sensate, constatando lunedì lo straordinario successo di Grillo e la non meno portentosa ripresa di Berlusconi. Ha detto, quasi smarrito: "Non sappiano quale sarà la prossima storia d'Italia". È uno smarrimento salutare: sospende il giudizio davanti al monumentale evento. Comunque non lo interpreta ricorrendo ai luoghi comuni su cui tanta parte della politica, della stampa, della Tv, da tempo sono adagiati. È vero: c'è del populismo in Grillo come in Berlusconi. C'è l'antico ribrezzo provato dalla democrazia sostanziale (il paese reale) verso la democrazia formale, rappresentativa (il paese legale). Se però l'avanzata di Grillo e la rivolta fiscale berlusconiana fossero un vento solo distruttivo, la storia sarebbe prevedibile. Non lo è affatto invece. Anche se dissimili, i populismi non sono oggi solo furia e raptus. 
Altro s'intuisce, specie nel voto a Grillo. C'è il desiderio del popolo di farsi cittadino, anziché massa informe, zittita, spostabile. E c'è una vera e propria esplosione partecipativa: non un fuoriuscire dalle istituzioni pubbliche, come in Forza Italia o Lega, ma una presa di parola. Qualcosa di simile all'Azione popolare che Salvatore Settis chiede ai "cittadini per il bene comune", al loro spirito comunitario. Il cittadino dipinto da Grillo non intende annientare lo Stato: "si fa Stato", vuol essere ascoltato, contare. Diffida di un patto con le generazioni future che "salti" quella presente.
Non fu Monti a dire, senza arrossire, che esisteva una generazione perduta di 30-40enni? Citiamo quel che disse al Corriere il 27 luglio 2012: "Esiste un aspetto di 'generazione perduta', purtroppo. Si può cercare di ridurre al minimo i danni, di trovare formule compensative di appoggio, ma più che attenuare il fenomeno con parole buone, credo che chi (...) partecipa alle decisioni pubbliche debba guardare alla crudezza di questo fenomeno e dire: facciamo il possibile per limitare i danni alla generazione perduta, ma soprattutto impegniamoci seriamente a non ripetere gli errori del passato, a non crearne altre, di 'generazioni perdute'". Non facile, per tale generazione, votare senza far deflagrare questa disinvoltura.
Viene poi l'austerità: la condanna di gran parte dei votanti è detta irresponsabile, come se le elezioni fossero una tavola rotonda fra massimi esperti e massime dottrine. Ma un paese deciso a prender la parola non disquisisce calmo: ne va della sua pelle. Qui è l'aspetto più sconvolgente del voto, a mio parere. È l'abissale ignoranza di quel che bolliva nei nostri sottofondi: non da mesi, ma dall'inizio della crisi e forse prima. Le prime iniziative civiche nascono negli anni '90, così come i Verdi tedeschi son figli di Iniziative cittadine (Bürgerinitiativen) che negli anni '70 immaginarono un altro sviluppo economico, un vivere più austero, e nuovi diritti civili (comunità familiari, unioni analoghe ai matrimoni, anche omosessuali).
Il sottosuolo italiano era ignoto a quasi ogni partito, e la lotta elettorale non sarà dimenticata: chi è andato a parlare al Sulcis o a Taranto, chi ha scandagliato la Sicilia città dopo città, come i comunisti d'un tempo, se non Grillo? Gridava slogan, ma era lì dove si soffriva, l'occhio fisso sulla crisi. Grillo non nega il baratro, a differenza di Berlusconi. Guarda in faccia le paure annunciando guerre, ma il legame crisi-guerra è innegabile. Non solo. È stato l'unico a dire l'acre verità, per noi e i paesi industrializzati: "Saremo tutti più poveri, forse, ma almeno saremo più solidali". All'Economist ha confidato: "Il mio movimento è un antidetonante: regola la paura". Difficile confutare il suo presagio: senza M5S, l'ira popolare secernerebbe un'Alba Dorata greca o il dispotismo ungherese di Orbán.  Si è parlato più volte del New Deal di Roosevelt, per vincere una crisi che ricorda il '29. Nulla di analogo viene proposto, né dai governi né dall'Europa, che se solo lo volesse potrebbe lanciare un piano simile. Vorremmo ricordare tuttavia che il New Deal non costruì solo strade, ponti, scuole, università. Roosevelt era convinto che il governo dell'economia aveva fallito, cedendo ai mercati, per un'altra ragione, non contabile ma culturale: l'immane continente americano era ignoto, oscurato da stampa, libri e cinema. Il gran pentolone andava scoperchiato: primo perché chi vive nel cono d'ombra  -  se visto  -  si sente riconosciuto, riconquista dignità; secondo perché i governanti correggono i mali solo se li discernono.

Nacque così negli anni '30 il WPA (Work Progress Administration), finanziato dal pubblico e incaricato di esplorare i recessi dell'America. Senza quel programma non avremmo avuto Il Furore di Steinbeck; le emissioni radio e le messinscene teatrali di Orson Welles (fra il '36 e il '37); le musiche popolari raccolte in tutta America da Nicholas Ray; i documentari e fotoreportage sul continente invisibile. Venne poi il Living Newspaper: i fatti del presente venivano inscenati in teatri molto popolari, promuovendo la partecipazione sociale (senza remore ideologiche si imitò il teatro-agitprop sovietico).
C'è chi parla di macerie: tale sarebbe l'Italia dopo il voto. Ma anche questo è luogo comune. Le macerie già c'erano, affastellate da partiti chiusi nei recinti e da regioni (la Lombardia, non esclusivamente la Sicilia) prive di senso dello Stato da un secolo e più. In tutta la campagna, Bersani non ha trovato un solo progetto forte, che oltrepassasse la propria cerchia e si mettesse in ascolto di rivolte e paure. Tanto temeva il populismo che ha sottostimato la rivolta contro le tasse, quasi non sapesse che pagare un'Imu altissima in piena crisi era impossibile a persone con una casa, ma senza soldi. Ha minacciato di tassare i patrimoni superiori a 1,3 milioni, impaurendo le classi medie più che i veri ricchi. Vuol vietare i pagamenti in contante oltre i 300 euro, e ironizza sulla "storiella delle vecchiette" senza carta di credito. Tutt'altro che storiella in un paese vecchio, non abituato alla credit card. Non sono certo lì gli evasori.
L'ignoranza del paese ha distrutto partiti-padroni, e tutto diventa davvero imprevedibile. Ma l'imprevedibilità può essere anche un'enorme occasione: incita a cambiamenti sociali profondi. I progetti alternativi ai dogmi dell'austerità possono sortire effetti negativi: tanti lo temono, insieme al governo tedesco. Ma anche l'anticipazione di effetti perversi può fallire. Se ci precludessimo ogni sperimentazione saremmo paralizzati, prede di ricette che già annientano la Grecia. Nella vita individuale come in quella collettiva vale la pena buttarsi nell'ignoto, riconoscere che certe cure sono mortali. In Italia vale la pena tentare alleanze inedite (l'accordo prospettato da M5S sulle idee: conflitto d'interessi, corruzione, costi della politica), perché solo osando e provando tramuteremo la crisi in una trasformazione. E non è una trasformazione, ciò cui aspiriamo?
Fonte: La pentola scoperchiata, 27 febbraio 2013

Elezioni 2013: scrive Cinzia Romano

Le donne elette prendano la parola e l’iniziativa
Forse sarà proprio il caso di sforzarci di vedere  i risultati elettorali con occhi nuovi, liberandoci delle  analisi che finora ci hanno accompagnato e guidato, mi viene da dire, a non capire quello che ci capitava intorno. Penso ai partiti ma anche al mondo dei media che tanto si somigliano: tutti a parlarsi sempre e solo fra loro, pensando che il loro tinello o salotto sia il mondo. Così, capita che Pd e Sel scambino le primarie per le elezioni vere, mentre i media spacciano la loro smaccata propaganda per notizie vere. E stendiamo un velo pietoso sui sondaggisti, perché metterli alla berlina  è ormai come sparare sulla croce rossa.
Consapevole che del senno del poi sono piene le fosse, non voglio infierire e mi limito  a ricordare che le parole sono importanti, fondamentali, e devono corrispondere a comportamenti coerenti. Altrimenti diventano chiacchiere in libertà, che non producono affatto rassicurazioni  ma irritazione, rabbia e ribellione per una politica svuotata del suo significato. E il voto ce lo ha mostrato chiaramente!
Tutti a parlare di rinnovamento, di ruolo insostituibile di giovani e donne, di riforma della politica e delle istituzione. E poi? Se oggi abbiamo più donne e giovani è  soprattutto grazie al Movimento 5 stelle e, se domani avremo le riforme sempre sbandierate, sarà perché lo tsunami elettorali ha messo i partiti con le spalle al muro.
Nel nuovo Parlamento abbiamo più donne e ne sono lieta. Ma dobbiamo nasconderci quanti anni, quanta resistenza, quanta fatica anche nel centrosinistra c’è voluta per arrivare alla soglia del 30%? Il Pd stavolta l’ha superata mentre Sel, che aveva speso più parole,  ne ha invece elette davvero pochine. Dobbiamo far finta di dimenticare come il Movimento 5 stelle sia stato messo all’indice anche da organizzazione e movimenti delle donne perché nel suo programma non aveva il capitolo “politica delle donne” e poi ne ha elette alla Camera il 34,2% e al Senato il 38,8% ? E i primi dati delle preferenze nelle regionali sono sconfortanti: sembra lo scrutinio del Conclave, tanto per restare alla cronaca!
Oggi sui giornali tutti ci magnificano il modello Sicilia. Bene! Ottimo. Peccato che nessuno ci racconti che, dalle elette del Movimento 5 Stelle alla Regione, viene anche la richiesta di una stella in più del movimento, per avere nuove politiche e diritti di pari opportunità. Vedi la locandina qui sotto...

Possibile che a nessuna-nessuno venga mai il dubbio che è la struttura dei partiti, saldamente in mano agli uomini (di solito di una certa età), ad allontanare o relegare a un ruolo insignificante le donne e i giovani che invece, in un movimento riescono ad esserci, a proporsi e a contare? 
Io resto convinta, e i dati elettorali mi incoraggiano, che la struttura del potere piramidale non funziona più. E che le donne elette hanno oggi il compito maggiore: dare l’ultimo scossone ai corpaccioni anziani e malati dei partiti, per rifondarli.
Il nuovo Parlamento dovrà subito eleggere i presidenti di Camera e Senato, di commissioni e poi il Presidente della Repubblica.
E’ troppo chiedere di risparmiarci dai soliti noti, da gratificare per il passato di chiara fama che si auto attribuiscono? E’ utopico eleggere delle donne? Perché no, anche una come Presidente della Repubblica? Giuro che non penso, anche se la stimo, alla solita Emma Bonino.
E’ ora di allargare lo sguardo anche fuori dal Palazzo, perché solo così avremo l’imbarazzo della scelta. 

Elezioni 2013: scrive Giovanna Cosenza

Elezioni 2013: perché il centrosinistra ha perso voti a favore di M5S?
Le ragioni sono tante e se ne parlerà per giorni. Propongo una prima lista di perché:

1. Bersani e i suoi hanno continuato (sordi a ogni suggerimento contrario) a demonizzare la comunicazione, ostinandosi a pensare che sia roba “da imbonitori” (leggi: Berlusconi) o “da uomini di spettacolo” (leggi: Grillo). Invece – lo ripeto fino alla nausea – comunicare è entrare in relazione con gli altri, stabilire un contatto con loro, saperli coinvolgere, esistere innanzi tutto per gli altri.
Che in politica vuol dire: entrare in relazione con gli elettori e le elettrici, stabilire un contatto eccetera. 

Chi non capisce questo concetto elementare si condanna a perdere le elezioni. È successo finora e succederà sempre, perché la democrazia funziona così: per governare occorre che la maggioranza ti dia il voto, e per ottenere i voti della maggioranza, devi persuaderla. D’altra parte, pensaci, accade anche nella vita: chi non riesce a entrare in relazione con gli altri che fine fa? Non solo resta isolato, ma perde progessivamente la capacità di accogliere il nuovo, di capire il mondo.

2. Il Pd ha stretto un’alleanza con Sel (bene bravo bis: la sinistra non vince le elezioni spostandosi al centro, ricorda la lezione di Lakoff). Ma invece di usare l’alleanza per spostare il baricentro della coalizione a sinistra ha spostato Sel al centro, con continui ammiccamenti a un Monti che per giunta perdeva credibilità minuto dopo minuto. Risultato: Sel è quasi sparita e molti elettori ed elettrici di Sel sono confluiti nel M5S.

3. Invece di cercare di capire le ragioni per cui Grillo ha riempito le piazze, i dirigenti di centrosinistra si sono ostinati a ripetere come un mantra, a turno: (1) “Le piazze le riempiamo anche noi”, senza vedere che le differenze di quantità e qualità erano enormi; (2) “Grillo è populista”, senza capire che la parola è ormai vuota, visto che in politica tutti accusano tutti di populismo; (3) “Grillo è fascista”, senza rendersi conto che a sinistra, da molti anni, si usa la parola “fascista” per etichettare ciò che non si capisce, che non si riesce a inquadrare in schemi familiari.

4. Invece di usare la rete come ulteriore e fondamentale mezzo per gestire e alimentare il contatto capillare con gli elettori e le elettrici, sondare i loro umori, capire se si disaffezionano o sono scontenti, coinvolgere e convincere gli indecisi, il centrosinistra ha finito per usare siti web e social media in modo autoreferenziale, cercando di ottenere attenzione “virale” su immagini e audiovisivi scherzosi, parodistici e autoironici che possono funzionare su chi è già convinto, ma allontanano i delusi e indecisi. Detto in altri termini: i Fantastici 5 avevano funzionato per le primarie (e favorito Bersani) perché si rivolgevano solo all’elettorato del Pd più convinto (che votava Bersani), ma giochetti analoghi – e l’avevo scritto – sarebbero stati un boomerang per le elezioni politiche: non convinci un/a indeciso/a mostrandoti spiritoso, lo convinci se unisci al buon umore una proposta chiarissima e concreta. Che non c’è stata (né online né offiline).

5. Dopo la sparata di Berlusconi sull’Imu, il centrosinistra avrebbe dovuto (a) fare finta di niente e parlare di altro per qualche giorno; (b) focalizzare due o tre proposte spicciole e concrete, facili da ricordare e rapide da monetizzare (sì, monetizzare!) per le fasce sociali più penalizzate dalla crisi economica: dai pensionati alle piccole imprese, dai dipendenti pubblici alle partite Iva. Invece: (1) ha continuato a parlare di lavoro e economia in termini generalissimi, astratti, lontani dalla vita quotidiana; (2) ha continuato a bollare come “ridicola”, “irrealizzabile”, “demagogica” e “populista” la sparata di Berlusconi, facendo sempre scattare il paradosso: dici che qualcosa non vale niente, ma ci giri attorno come una mosca sul miele. In special modo, poi, ha continuato a dire che la proposta di Berlusconi era “irrealizzabile”, senza però mai spiegare con chiarezza perché (leggi: in modo spicciolo, facile da ricordare). E allora?

6. Nelle ultime due settimane prima delle elezioni – oggi cruciali in tutte democrazie, e a maggior ragione in questa nostra tornata elettorale, in cui largo spazio era lasciato all’incertezza e alla decisione dell’ultimo secondo – il centrosinistra ha inanellato l’errore più grave di tutta la campagna: invece di farsi più incisivo e concreto, si è fatto sempre più evanescente, sempre ammiccando al centro e mai chiarendo nulla. E nel gran finale ha ridotto tutto allo slogan preso da Crozza: «Smacchiamolo». Con tanto di pupazzo-giaguaro consegnato a Porta a porta (mica scemo Vespa). Cosa vuol dire «smacchiamolo»? Intanto implica la solita ossessione per Berlusconi, la stessa che fece perdere Veltroni. E poi che fai? Critichi il comico, l’imbonitore, e giochi sul loro terreno senza saperlo fare? Infine ripeto: in politica la battuta, il gioco, l’autoironia funzionano solo se affiancate a una proposta concreta. Senza quella fai solo una figuraccia.
Dice: ma dall’altra parte le proposte sono fintamente concrete, perché in realtà sono menzogna, manipolazione, inganno. Certo, ma se dalla tua parte la proposta manca (o non è chiara, non è concreta), gli elettori e le elettrici si orienteranno altrove. Per esempio verso Grillo, che combina linguaggio concreto, capacità di entrare in relazione con gli altri e per giunta, guarda un po’, fa pure ridere. E mentre tu ti chiudi a teatro con Nanni Moretti che dice (aridàje) «Ti voto nonostante il giaguaro» (come dire: ti voto nonostante il vuoto), Grillo infiamma un’affollatissima piazza San Giovanni a Roma, luogo storico della sinistra italiana. Gran finale per Grillo, non certo per il Pd.
PS: tutto ciò non vuol dire che il Movimento 5 Stelle abbia guadagnato voti prendendoli solo da fuggitivi del centrosinistra, ovvio. Ha preso voti anche da altre parti, ma questa è un’altra storia.

Elezioni 2013: scrive Maria Clara Mussa

Cambierà la politica italiana?
Lo Tsunami Tour è stato un evento stradinario. L’Europa preoccupata per l’esito delle elezioni in Italia, i mercati reagiscono negativamente e in Italia ci si chiede come sarà possibile governare non essendoci una maggioranza in parlamento. E l’elenco dei trombati eccellenti rende felici molti Italiani.
Ma questi erano risultati prevedibili, per chi avesse partecipato agli incontri dei “grillini” nelle piazze italiane.

La Storia lo riporterà sicuramente e molti posson dire “io c’ero”.
Come Cybernaua.it, la cui redazione era in piazza san Giovanni la sera di venerdi 22 febbraio, con Grillo in chiusura della campagna elettorale. 
Piazza gremita, 850mila cittadini non solo romani, gente che assisteva educatamente composta e senza alcun problema di sicurezza.
I partiti son stati “spiazzati” nel vero senso della parola dalla gente in piazza con lo Tsunami tour.
Abbiamo avvicinato la giornalista del canale televisivo danese (ma c’erano molte tv e stampa internazionali):
“Si, la Danimarca è molto interessata al Movimento cinque stelle e a quanto succede in Italia, perché molto determinante per l’Eurozona” ci ha detto la giornalista danese.
Mentre dal palco, su cui si alternavano i volti nuovi della politica italiana, avvocate, ingegneri, agricoltori, giovani entusiasti, venivano espressi concetti molto chiari per tutti:
“Deve tornare di moda essere onesti”,
“Che bello vedere facce pulite. Che sanno quanto costa un kilo di pane ed un litro di latte”
"Io sono agricoltore, perché in Italia c'è l'agricoltura"
“Occorre poter credere di nuovo nelle istituzioni”.
Noi c’eravamo, abbiamo assistito ad una pagina di Storia che, comunque vadano le cose, che possa piacere o non piacere, non potrà essere ignorata nè cancellata.

Elezioni 2013: scrive Marina Terragni

Premessa: non è che mi importi poi molto dei partiti. Mi importa delle nostre vite, ecco di che cosa mi importa. Mi importa dei nostri figli. Ma a quanto pare il nostro destino e quello dei nostri figli dipende almeno in parte da faccende come quella che ci ossessionerà nei prossimi giorni, quella della governabilità o ingovernabilità del Paese. Se vi fate un giro sul questo blog vedrete che ho sempre dato la massima importanza al fenomeno 5 Stelle, invitando il Pd a farci molto seriamente i conti, e a ipotizzare un export a livello nazionale del modello Sicilia, giunta Crocetta e appoggio esterno dei grillini.
Alcuni giorni fa ho postato su Facebook che quello di Grillo sarebbe stato il primo partito. Si sarebbe potuto comprendere anche in extremis, non limitandosi a guardare compulsivamente i sondaggi ma andando carne-e-ossa in una delle piazze dello Tsunami, perché il corpo capisce: dopo aver visto la straordinaria piazza dell’algida Torino, ho preso il metrò e sono andata in Piazza Duomo, e poi mi sono vista Piazza San Giovanni in streaming. E non ho avuto più dubbi: primo partito. Sono stata massacrata e pomodorata, per averlo detto. Anzitutto da militanti, iscritti e simpatizzanti del Pd, che quello che io e altri avevamo visto e sentito non intendevano in alcun modo vederlo e sentirlo.

Il Partito Democratico ha perso, e questi, in ordine sparso, sono stati i suoi più gravi errori:
• 1. zero rinnovamento, o quasi. Il patrimonio messo insieme con le primarie per la premiership dello scorso autunno, che avevano notevolmente ridimensionato il potenziale del Movimento 5 stelle, è stato sperperato: le primarie di Capodanno sono state riservate ai parlamentari uscenti e ai funzionari di partito. La cosiddetta “società civile” non è passata di lì: chi non era del partito sarebbe stato impallinato dal voto disciplinato e intruppato degli iscritti. Il listino del segretario ha fatto il resto: una marea di derogati, amici e parenti, figlie, mogli di incandidabili… Risultato: le stesse facce di sempre, gente che sta lì da 4-5-6 legislature, una serie di new entry dalla batteria di allevamento, un bel po’ di familismo amorale, più qualche raro innesto “civico” che non poteva certo fare la differenza

• 2. non aver cambiato la legge elettorale, in modo da continuare a garantirsi la comodità dei listini bloccati, dopo non aver fatto la legge sul conflitto d’interessi, madre di tutti gli errori. C’è stato un anno di tempo per cambiarla, non si è voluto farlo

• 3. non aver compreso la politicità del Movimento 5 Stelle, liquidato alternativamente e sprezzantemente come antipolitica, fascismo, dilettantismo, populismo, poujadismo, antisemitismo, antifemminismo, emanazione della massoneria, di Rotschild, di J.P. Morgan (giuro, sono girati perfino saggetti e documenti per darne ampia e articolata dimostrazione)

• 4. sempre per quanto riguarda i 5 Stelle, averlo stigmatizzato come movimento di protesta e non di proposta: le proposte dei 5 Stelle saranno anche opinabili, ma sono chiarissime, disponibili da tempo a tutti gli interessati, e rese lampanti e comprensibili a tutti nel corso dello Tsunami tour. In gran parte, è un fatto inequivocabile, queste proposte sono largamente ispirate ai temi agitati dalle piazze di Occupy Wall Street, di Zuccotti Park, di Plaza del Sol a Madrid e così via, e largamente riconducibili, dallo stop al consumo di territorio alla politica dei beni comuni, a un ambientalismo radicale (contro un Pd che in molte regioni, mi viene in mente per esempio la Liguria, è a pieno titolo il partito del cemento)

• 5. non aver compreso il tema forte e unificante della visione grillina: quello di comunità solidale. Una visione, un orizzonte a cui il centrosinistra non ha saputo contrapporne di propri, ugualmente chiari e unificanti
6. aver lasciato a Berlusconi il monopolio della questione fiscale, fattore di enorme sofferenza per il Paese, e non avre compreso che il berlusconismo era ancora vivo e vegeto

• 7. persistere in un atteggiamento di paura e insofferenza nei confronti del Nord, per l’ennesima volta territorio non capito, esorcizzato, tenuto ai margini dei propri programmi e delle proprie iniziative politiche
8. non aver parlato con chiarezza alla piccola e media impresa, scheletro del Paese, a cui Grillo ha riservato il massimo di attenzione

• 9. non essersi impegnati in modo netto, come invece ha fatto Ambrosoli, candidato presidente in Regione Lombardia, per una drastica riduzione dei costi della politica -taglio degli emolumenti, dimezzamento dei parlamentari, abolizione di province e altri enti inutili-: qualcosa è stato detto, sul tema si è cincischiato, ma tenendolo sempre in ombra. E molto a suo tempo non è stato fatto. Niente a confronto dei parlamentari regionali siculi di Grillo, che già destinano il 75 per cento dello stipendio a un fondo per il microcredito alla piccola e piccolissima impresa

• 10. aver snobbato la tv, che resta il medium principale nelle campagne elettorali, e continuare a non capire affatto la rete. E non comprendere che produce molti più effetti il video stra-condiviso di Rosy Bindi che caccia da un convegno un giornalista di “Report”, che mille video propagandistici d’autore, peraltro davvero bruttini. La comunicazione del Pd resta molto difettosa: la sensazione è che alla professionalità e al merito si continui a preferire la fedeltà alla causa

• 11. persistere in una sindrome di superiorità -il solo voto utile e intelligente è quello per noi, chi vota diversamente è un cretino- che eccita e fa levitare comprensibili sentimenti di rivalsa. Essere incapaci di ascoltare le critiche amiche, iscrivendo d’ufficio tra i nemici ogni portatore di dubbi

• 12. non aver rinnovato la classe dirigente del partito: il vicesegretario Enrico Letta, tanto per dire, è uno che continua a scambiare nemico secondario e nemico principale, forse perché ci ha lo zio, tra i nemici principali, il che gli confonde un po’ le idee. Dopo aver detto nei mesi scorsi: “meglio i voti al Pdl che quelli a Grillo”, dimostrando una certa propensione consociativista e inciuciara, ieri (ore 16) ha affermato che l’unica soluzione era tornare al voto, quindi (ore 22) che al momento quella di tornare al voto non gli pareva la soluzione giusta. Il lamento di Nanni Moretti (“con questi dirigenti non vinceremo mai”) gli si attaglia alla perfezione

• 13. non capire che al Pd la gente chiede semplicemente di essere un partito di sinistra, che ha a cuore anzitutto l’interesse dei lavoratori, e legare invece fatalmente la prospettiva di governare a un accordo con Monti, che ai lavoratori ha fatto parecchio male, tenendo buono Vendola (che invece, a quanto pare, ha capito). Come se non il Pd non avesse mai davvero creduto alla possibilità di farcela da solo.

Potrei continuare, ad libitum (c’è la questioncina Mps, tanto per dirne una).
Serve a qualcosa piangere sul latte versato? Io dico di sì.

C’è da tracciare la rotta, nelle prossime ore. E mi permetto di indicare all’attenzione le poche parole di Grillo via web-radio: ne ha avute per tutti, certo, ma in particolare per Berlusconi, anche lui incredulo per la sua rimonta. Resto convinta che un dialogo tra Pd e Movimento 5 Stelle, modello Sicilia - l’ho scritto tante volte- possa essere una strada efficace. La sensazione - mi sbaglierò - è che anche per Grillo quel centrodestra resti il nemico principale.

P.S. Laura Puppato, capolista Pd al Senato in Veneto e già candidata alla premiership, potrebbe avere un ruolo decisivo in un eventuale dialogo con il Movimento 5 Stelle. 
Grillo la stima, da quando era sindaca civica di Montebelluna: l’aveva nominata “prima sindaca a 5 Stelle”. E poi questi eletti grillini dovrebbero essere in maggioranza elette. Il che dovrebbe facilitare il dialogo.

Fonte: I gravi errori del Pd, 26 febbraio 2013

martedì 26 febbraio 2013

Elezioni 2013: scrive Bia Sarasini

Provo a dire quello che vedo, di queste elezioni politiche 2013, in attesa dei risultati delle regioni.

• Una vittoria tecnica e ingestibile del centrosinistra, dietro la quale una classe politica malata fino al midollo di politicismo – e parlo anche e soprattutto per Sel, di cui faccio parte – nasconde la sconfitta sostanziale.

• Un Pdl ringalluzzito, che decide di giocarsi fino all’ultima carta, tutto. Ulteriore elemento che ci mostra chi è SB e il suo schieramento, le abilità (abilità rivolte al proprio esclusivo beneficio, ma abilità) che mette in campo, mai prese sul serio, gli interessi che mobilita a suo favore.

• Il fatto nuovo, epocale, di cambiamento storico. Il 25 per cento di Grillo. Più o meno la forza del glorioso Pci, ricordava Achille Occhetto.  Tutti ci si è fermati a guardarne con grande snobismo e luoghi comuni esclusivamente la superficie. Lui che urla, la mancanza di democrazia. Non si è guardato ai fattori aggreganti, che non sono così esteriori come la protesta urlata, rappresentata dal comico sul palco. Non solo sono nuovi, i grillini, sono disinteressati. È evidente – ci sono i comportamenti a dirlo, non solo le parole – che non vanno in parlamento per prendere soldi, ma per un progetto. Di quale partito, si può dire qualcosa del genere? Il progetto Rivoluzione civile – che intendeva raccogliere la protesta di sinistra – non è caduto proprio su questo? Troppi signori che volevano tornare a tutti i costi ai privilegi del Parlamento?
Naturalmente di Grillo, dei grillini – oltre che di tutto il resto – bisognerà occuparsi a fondo. Compresi gli aspetti contraddittori, poco chiari della loro proposta.

• In questo momento mi preme dire un’altra cosa. Per me la più importante, soprattutto alla luce del convegno di Bologna del 9 febbraio: Donne,vita,politica: cosa cambia? Se i calcoli della vigilia erano fondati, e credo lo siano, la rappresentanza del centrosinistra e anche dei grillini - non del centrodestra e di Monti - avrà una consistente percentuale di elette. 

La mia domanda è: avranno qualcosa di dire, da proporre, da agire, in questa situazione politica?

Fonte: Cosa cambia? qualche nota sulle elezioni

Elezioni 2013: scrive Loredana Lipperini

A questo punto della mattinata avrete già fatto il pieno di analisi post-elettorali. Non aggiungerò la mia. Chi segue questo blog sa, o ha intuito, come la penso, e immagina anche che non correrò in soccorso né del vincitore né dello sconfitto.
Ho poche cose da dire, e riguardano le questioni sul tappeto: quelle che ci toccano tutti, qualunque sia il genere sessuale di appartenenza, qualunque sia il voto espresso da ciascuno tra domenica e lunedì. Perché - e neanche questa è una novità - considero la cosiddetta questione femminile un apriporte, attraverso il quale prendere atto delle disuguaglianze, delle ingiustizie, della negazione dei diritti.
Diritti, questa è la parola, questa è la misura. Chiunque governerà, o si proporrà di farlo, ha sul famigerato tappeto una serie di emergenze:
• occupazione femminile, tutela dei lavoratori atipici e precari, articolo 18
• welfare (asili nido, tempo pieno scolastico, assistenza agli anziani e alle persone non autosufficienti, congedo di paternità)
• finanziamento dei centri antiviolenza
• educazione sessuale nelle scuole
• applicazione della legge 194
• revisione della legge 40
• nascite sicure e libertà di scelta in materia (epidurale gratuita, rimborsi per chi sceglie il parto in casa)
Sono i cosiddetti fondamentali, infinite volte ripetuti, infinite volte giudicati non prioritari. La discussione è su questo, su questo l’azione.

Il resto è silenzio.

Elezioni 2013: quante donne in Parlamento?

Vediamo cosa è cambiato, numericamente, rispetto alle presenze delle donne in Parlamento: quante sono le elette attuali, suddivise per i gruppi che si sono creati, e quante erano nella legislazione precedente. E anche su questo aspettiamo di sapere cosa ne pensate.  Dove è possibile il raffronto troverete tra parentesi la percentuale della presenza delle donne nella passata legislatura 

SENATOElette Senatrici  86 su 315; pari al 27,3% 
Nella precedente legislatura erano il 18,7%: l'aumento è dunque del 46%

CAMERA: Elette Deputate 198 su 630; pari al 31,4%
Nella precedente legislatura erano il  21,3%: l'aumento è dunque del 33,33%

Nel dettaglio dei partiti (dalle percentuali migliori alle peggiori):


• SENATO: DONNE ELETTE  

Movimento 5 Stelle
46,2%, con 25 elette su 54

PD
40,9%, con 43  elette su 105 (legislatura precedente: 31,1%)

Lega Nord
29,4%, con 5 elette su 17  (legislatura precedente: 16%)

SEL  
28,5%, con 2 elette su 7

Lista Civica Monti                      
16,6%, con 3 elette su 18

PDL
8,1%, con 8 elette su 98  (legislatura precedente: 9,2%)


• CAMERA: DONNE ELETTE  (Dati dal sito Camera dei deputati)


PD                                             
37,8%, con 111 elette su 293 (legislatura precedente: 30,1%)


Movimento 5 Stelle
31,4%, con 37 elette su 109
                                       

SEL                                           
27%, con 8 elette su 37


PDL                                           
26,8%, con 26 elette su 98 (legislatura precedente: 21%)

Lista Civica Monti                          
21,2%, con 19 elette su 47

Gruppo Misto
14,8% con 4 elette su 27


Lega Nord                           
Nessuna eletta su 18 (legislatura precedente: 18,6%)


Ripartiamo dalle elezioni 2013: cosa ne pensate?

Benvenute e benvenuti su politica femminile Italia, spazio trasparente di confronto e condivisione messo a disposizione di tutte le donne interessate a partecipare. Questo blog nasce il 26 febbraio 2013: nel giorno dei risultati alle elezioni politiche e regionali che ci hanno portati a uno scenario inedito.
Riguardo alla governabilità ci sono ragioni fondate di preoccupazione, ma il grande cambiamento dei tradizionali assetti della politica, quella fin qui conosciuta, può significare anche nuove occasioni di rinnovamento.
La prima cosa che faremo sarà di riportare su questo blog le reazioni delle donne che per prime si sono espresse su questi risultati: le analisi, riflessioni e proposte di quelle che si esprimono pubblicamente sui blog, oppure su fb, fino a quelle che, rispondendo al nostro invito, ci manderanno le loro considerazioni per email.
Scriveteci qui: politicafemminile@gmail.com : saremo felici di pubblicarvi.